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3 Luglio 2016 - 27 Sivan 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Jonathan Sacks,
rabbino
È l'autentico, l'unico, il diverso che ci fa sentire arricchiti quando lo incontriamo
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
"Nelle nostre preghiere delle grandi feste imploriamo il Signore di ricordarsi del mancato sacrificio di Isacco. Il Dio di Abramo, un semplice smemorato, è concepibile? In verità noi gli indirizziamo le nostre richieste in nome del ricordo per dimostrarGli che anche noi ce ne ricordiamo” (Elie Wiesel, Oblio, Bompiani 1991, p. 154). Il rapporto tra oblio e memoria è sempre molto complicato, e non è mai a somma zero.
Dacca, orrore jihadista Inviati gli ispettori
Lutto nazionale per i nove civili italiani trucidati a Dakka da terroristi islamici. Di fronte alla strage di italiani più grave dopo quella del novembre 2003 a Nassiriya in Iraq, il governo sceglie di essere in prima linea al fianco delle autorità bengalesi contro i fondamentalisti dell’Isis. Il primo ministro Matteo Renzi, per dare il segno del cambio di strategia, ha deciso di inviare sul posto un team investigativo. Una decisione, scrive tra gli altri il Corriere (Fiorenza Sarzanini), che arriva al termine di una notte di consultazioni tra lo stesso Renzi, il ministro degli Esteri Gentiloni e il sottosegretario all’intelligence Minniti.
“Siamo come una famiglia – ha detto Renzi, intervenendo a Palazzo Chigi – che ha subito una perdita dolorosa ma che non ha nessuna intenzione di darla vinta a chi pensa che la distruzione dei nostri valori sia l’obiettivo al quale consacrare la propria esistenza. Noi siamo più forti”.
Di ritorno in Italia il capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha interrotto la sua visita in America Latina e, nella giornata di ieri, si è limitato a incontri strettamente istituzionali a Città del Messico “per partecipare al lutto della nazione e rendere omaggio alle vittime”.
Intervenendo al termine dello Shabbat, il presidente UCEI Renzo Gattegna ha definito l’azione terroristica “un’azione sconvolgente che conferma la gravità di questa minaccia, in qualsiasi forma essa si manifesti, contro chiunque sia rivolta, e che non può che trovarci uniti in una risposta ferma e determinata”.
“C’è chi vuole sconvolgere la nostra quotidianità, facendoci precipitare in un abisso di paura, barbarie, violenza. C’è chi vuole distruggere tutti i nostri valori e tutte le nostre conquiste democratiche. Ma noi, istituzioni e comuni cittadini – ha sottolineato Gattegna – non glielo permetteremo”.
 
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  davar
il voto del nuovo consiglio
Unione delle Comunità Ebraiche, Noemi Di Segni alla presidenza
Nata a Gerusalemme, romana d'adozione, 47 anni, Noemi Di Segni è da oggi il nuovo presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Assessore al Bilancio nel passato quadriennio di governo UCEI, Di Segni ha ottenuto l'incarico nel corso della prima riunione del nuovo Consiglio dell'Unione, formatosi in seguito alle designazioni dei singoli Consigli comunitari e dalle consultazioni elettorali svoltesi nelle Comunità di Roma, Milano, Firenze, Livorno e Trieste in data 19 giugno.
“Rimarcare ancora di più il contributo valoriale che l'ebraismo italiano offre e condivide con la società esterna e il modo in cui l’ebraismo stesso è riconosciuto e tutelato. Ma la sfida è anche verso l'interno, il reciproco rispetto e la capacità di ascolto. È fondamentale – ha spiegato Di Segni in un recente intervento sul mensile UCEI Pagine Ebraiche – mantenersi ed evolversi nel rispetto e nella valorizzazione delle peculiarità culturali e ritualistiche di ogni comunità esistente, dell’emergente presenza ebraica nel Meridione, al contempo ridefinendo modelli di gestione e di governance che siano in grado di offrire e sostenere le molteplici esigenze”.
Presentatasi al voto in qualità di capolista del gruppo “Benè Binah”, formazione che un significativo consenso ha ottenuto tra gli ebrei romani, Noemi Di Segni succede a Renzo Gattegna, per 10 anni al vertice dell'ebraismo italiano.
Intervenendo tra l'altro nel corso della mattinata, Noemi Di Segni aveva affermato:
"Con grande commozione e con profonda consapevolezza di quanto sia importante questo momento e questo snodo istituzionale, rivolgo un saluto a tutti, e in particolare ai Consiglieri che per la prima volta partecipano a questa assise.
E allora il mio primo pensiero va alle parole di una canzone di Sarit Hadad, cantante Israeliana, bellissima e innovatrice della musica orientale:
“Un albero si trova solo nell’autunno
Non ha calore né ombra
Anche lui a volte vuole sentirsi al sicuro
E non come un fiore che appassisce
E a volte i tempi ci mettono sotto esame
Ci pongono le loro sfide e i loro intralci
Ma noi abbiamo le nostre forze. Facciamo vedere che noi possiamo.
Vedere il dolore e guardarlo negli occhi
Attaccarsi alla vista forte e non arrendersi
Credere con tutto il cuore che andrà bene “yehye tov” e che nonostante tutto noi ce la faremo.
Si rivolge a noi - come singoli - come Popolo. Forse anche come Comunità.
Essere una cittadina italiana
L’essere ebrea cresciuta in un ambiente religioso
L’essere israeliana, di Gerusalemme, e con l’incisiva esperienza del servizio militare
L’essere donna. Madre di tre figli, avviati due di loro ad una vita in Israele
L’essere figlia di italiani e parte di una comunità antica e proiettata con energia verso il futuro
Mi portano a stare qui con voi oggi e a condividere un percorso, anzi il percorso, che abbiamo tutti intrapreso assieme.

"Viviamo la nostra vita quotidiana correndo e curando i nostri affetti personali, ma sappiamo già - dai più piccoli ai più grandi - che la densa nuvola nera è arrivata anche sui cieli dell’Europa. E le sfide che abbiamo da anni imparato ad affrontare, come israeliani, come ebrei e come Comunità, sono divenute sfide anche dei Governi e delle Istituzioni europee.
L'Europa, dopo la tragica esperienza della seconda guerra mondiale, aveva finalmente capito la necessità di agire all'unisono per difendere i valori fondamentali di libertà, democrazia, uguaglianza e rispetto dei diritti umani. La cronaca di questi giorni dimostra purtroppo che è entrata in crisi la stessa identità dell'Unione Europea, all'interno della quale, ormai, nessuno può più dirsi al sicuro.
Oggi più che mai dobbiamo riaffermare i valori di democrazia e convivenza civile e sviluppare una strategia vincente per difendere le nostre Comunità dalla minaccia terroristica e da un antisemitismo sempre più aggressivo e subdolo. Sicurezza che va “gestita” – informando ma senza generare panico e terrore di vivere le nostre vite. Approntando ulteriori sistemi e misure di prevenzione con attenzione e di raccordo con le Forze dell’Ordine.  
L’Europa e Israele. Israele e l’Italia. Un rapporto a cui tutti noi teniamo immensamente.
Lo Stato di Israele si difende con la sua anima, con le sue istituzioni democratiche con e il suo incredibile esercito ed afferma il suo diritto ad esistere, difendendo l’esistenza fisica e combattendo la distorsione mediatica, i tentativi di boicottaggio e i continui attacchi ed isolamento. Sappiamo quanto la sopravvivenza di Israele rappresenti una garanzia per l’esistenza e aggiungerei oggi, resistenza, dell’Intera compagine europea. Siamo e dobbiamo essere al suo fianco, come sempre. Continueremo a difenderlo, mirando a farlo conoscere nelle sue molteplici realtà, come un luogo di eccellenza nello sviluppo etico, scientifico e tecnologico, culturale e sociale, unico nel Medioriente e con una sola capitale – Gerusalemme.
I nostri giovani: le Comunità che domani lasceremo loro dipende dalle nostre scelte di oggi. Tutti, ne sono certa, ci rendiamo conto di quanto sia urgente affrontare il tema dell’identità ebraica, da maturare e rafforzare in tutte le fasi evolutive. Con la formazione religiosa, con la scuola e con la socializzazione. Con l’ascolto dei giovani e con l’attenzione a coinvolgerli nelle scelte rendendoli capaci di rapportarsi con un mondo sempre più complesso e pieno di sfide. Trasmettiamo loro fiducia tenendoli per mano o a volte facendoci anche guidare da loro. Trasmettiamo, con l’ausilio dei nostri Rabanim e Maestri, i valori e la conoscenza della nostra millenaria cultura. Della nostra storia, la memoria e il vissuto della shoa. C’è un rischio di una banalizzazione di quanto appartiene alla nostra memoria, di volgarizzazione della cultura ebraica e dei suoi simboli portati all’esterno e vissuti come festival. Pensiamo in primis noi stessi, per noi e per i nostri figli, a costruire una forte identità ebraica, conoscere i nostri testi scari e saper bene la nostra lingua (pare siano 80.000 i vocaboli, molti ma meno di altre lingue). Ritengo varati gli articoli 29 e 30 dello Statuto, condivisi dal precedente Consiglio con tutta la Rabanut, e quindi ribadisco mio auspicio a darne concreta attuazione.
Le 21 Comunità, rappresentate tutte dall’Unione, formano il tessuto dell’Ebraismo Italiano, con propri Minaghim, tradizioni ed impronte culturali, arricchite inoltre, negli anni, dalla presenza di iscritti provenienti da altre parti del mondo, in particolare dalla Libia e della Persia; ogni Comunità sia essa grande, media, piccola o minuscola ha una specifica esigenza da soddisfare, una peculiare capacità e ricchezza culturale da valorizzare. Nel riaffermare la piena autonomia gestionale di ogni Comunità, credo si debbano definire modelli nuovi, di networking per una organizzazione sostenibile e sinergica dei servizi intra-comunitari. Il sistema di riparto dell’Ottopermille attualmente adottato è solo una parte di un’articolazione finanziaria che va ulteriormente rafforzata.
Le nostre Comunità risentono faticosamente della crisi economica del Paese e dell’Europa: nuove povertà e nuovi bisogni si affiancano a quelli del passato. E’ necessario che l’Ebraismo intero si mobiliti perché questa situazione d'emergenza venga affrontata e superata.
Questo Ente, è governato in base allo Statuto dal suo Consiglio. Sarà governato da questo Consiglio neo eletto, organizzato in diverse Commissioni, che ritengo debbano essere ridotte da dieci a sei, e concretamente amministrato da una Giunta. Ma tutti i nostri progetti e le nostre iniziative prenderanno corpo e concretezza grazie alle persone che ci lavorano. Sono 30 dipendenti e collaboratori che ho avuto l’onore di conoscere e con i quali ho lavorato in questi anni. A tutti i livelli ho riscontrato non solo il senso di responsabilità e impegno, rispetto alla posizione lavorativa ricoperta, ma consapevolezza e rispetto per l’Ente in quanto ente ebraico. Per la missione che siamo chiamati a realizzare, guardando vicino ma anche lontano.
A loro va la mia stima, il mio ringraziamento per quanto fatto e per quanto si adopereranno di fare affiancando tutti noi.
Per far fronte con efficacia a quanto appena accennato e che farà parte del nostro impegnativo percorso, è fondamentale che all’interno dell’ebraismo italiano, e dell’UCEI stessa vi sia unità, competenza, tenacia, energia e volontà di agire con onestà e spirito di servizio.
Questo Ente, a cui tengo e al quale ho dedicato giornate, lunghe notti di Giunte e riunioni assieme a tutti i Consiglieri uscenti e le loro Comunità, deve essere a mio avviso governato con la consapevolezza che la rappresentanza dell’Ebraismo intero, i rapporti con le Comunità e le Istituzioni richiedono impegno quotidiano, fatica e serietà. Richiedono ascolto attento e rispettoso. Pragmatismo abbinato ad una visione di medio lungo termine. Richiedono vicinanza non solo con le parole. Questo credo di poter fare mettendo a disposizione tutto il mio essere".

terrorismo islamico
"Uniti nella risposta all'odio"
"In queste ore l'intero paese è sconvolto dai drammatici fatti di Dacca, capitale del Bangladesh, dove tanti nostri connazionali hanno perso la vita sotto i colpi del terrorismo islamico. Un'azione sconvolgente che conferma la gravità di questa minaccia, in qualsiasi forma essa si manifesti, contro chiunque sia rivolta, e che non può che trovarci uniti in una risposta ferma e determinata". Così il presidente uscente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in una nota diffusa ieri sera al termine dello Shabbat.
"C'è chi vuole sconvolgere la nostra quotidianità, facendoci precipitare in un abisso di paura, barbarie, violenza. C'è chi vuole distruggere tutti i nostri valori e tutte le nostre conquiste democratiche. Ma noi, istituzioni e comuni cittadini - ha proseguito - non glielo permetteremo".

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LA SCOMPARSA DEL GRANDE testimone
Elie Wiesel (1928-2016)
"Credo nell’umanità contro l’umanità, credo in Dio contro Dio, perché cos’altro mi resta? Il mio scetticismo non li può fermare. Ho dubbi in molte certezze, ma poi mi dico ‘va bene’, ci sono bambini in tutto il mondo, e, per il loro bene, devo continuare ad avere fede”. Elie Wiesel non perse mai la sua fede, nonostante tutto. Non la perse in Dio e nemmeno nell’umanità, ma la sua vita fu segnata da sofferti interrogativi e non da certezze. Dov’era Dio ad Auschwitz? Dove era l’uomo? Le domande senza risposta che Wiesel, Testimone della Shoah, scrittore, voce morale del mondo contemporaneo, si è posto nel corso della sua vita.
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elie wiesel (1928-2016) - le prime reazioni
"Luce nel buio della notte"
Una guida, capace di vedere e far vedere la luce nella notte. Così molte voci ebraiche di tutto il mondo descrivono Eli Wiesel nei messaggi di cordoglio diffusi nell’apprendere la notizia della sua scomparsa ieri sera.
“Il mondo ha perso una delle sue voci morali più importanti“, le parole di Moshe Kantor, presidente dell’European Jewish Congress. “Ha vissuto i primi anni della sua vita nel buio, ma è riuscito a portare molta luce in questo mondo grazie alle sue parole di speranza e di pace“. Insieme a lui, a ricordare Wiesel sono stati tra gli altri anche il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il rabbino capo del Commonwealth Ephraim Mirvis e il gran rabbino di Francia Haim Korsia.
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elie wiesel (1928-2016) - parlano gli storici
"Simbolo eterno del Novecento"
Non solo le parole, ma anche l’azione e forse addirittura l’intera vita di Elie Wiesel sono state un costante monito sulla necessità impellente della trasmissione della Memoria e allo stesso tempo per renderla uno stimolo a migliorare il mondo. La sua scomparsa pone dunque degli interrogativi incalzanti su come il passaggio del testimone a una nuova generazione ne cambierà il significato e farà evolvere i modi di parlare della Shoah. “Spero che ci sbaglieremo così come si è sbagliato lui”, la risposta di Marcello Pezzetti (immagine in alto), direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah di Roma. “Wiesel affermava che della Shoah non si potesse dire nulla, e invece poi ne ha scritto cose incredibili – ha spiegato – e quindi spero che anche quelli che oggi affermano che senza Testimoni non si possa parlare di Shoah si sbaglino come
lui”.
“Viviamo un importante passaggio di generazione ma anche di responsabilità – concorda Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Biblioteca Renato Maestro di Venezia e direttore in pectore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – e mentre gli ultimi testimoni scompaiono dobbiamo ragionare su una nuova azione e sui nuovi strumenti che dovremo usare per non lasciare che anche la loro Memoria scompaia”. “La sua visione della realtà passava sempre attraverso la lente di ingrandimento della Shoah, e anche quando parlava di altri contesti, dal Rwanda alla Bosnia, dai curdi a Israele, Elie Wiesel era la voce della coscienza ebraica collettiva e sapevamo che non sarebbe rimasto inascoltato”, sottolinea infine la storica del Cdec Liliana Picciotto. “Il suo sguardo lucido e la sua capacità di scrittura sono stati riconosciuti un tutto il mondo – il suo commento – fino a diventare un simbolo del Novecento”.
“Di certo non possiamo e non dobbiamo imitare i Testimoni – prosegue Pezzetti – in quanto nessuno può essere un nuovo Testimone, e dobbiamo dunque fare altro, a partire dall’opera di Elie Wiesel”. Pezzetti lo conosceva di picciotto persona, e a Pagine Ebraiche ha raccontato di averlo incontrato la prima volta nel 1995, al cinquantenario dalla Liberazione di Auschwitz. “In quell’occasione – le sue parole – fece capire a tutti molte cose, e cioè che l’Europa non aveva ancora preso pienamente coscienza di quello che era avvenuto”.
Anche Picciotto ha conosciuto Elie Wiesel di persona, e con la sua scomparsa afferma di sentirsi “orfana di una persona speciale, di un intellettuale ebreo pronto a spendersi per la causa ebraica, per la Memoria, per lo Stato di Israele e per la difesa di tutti i popoli oppressi”.
“Wiesel ha riflettuto molto e raccontato spesso la sua vicenda – conclude quindi Luzzatto Voghera – ma soprattutto ha fatto della Memoria il centro della sua azione anche politica, lavorando sulle ingiustizie nel mondo fino a ottenere il premio Nobel per la Pace e sapendo fare della Memoria qualcosa di operativo e vivo”.
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elie wiesel (1928-2016) - la storia
L'intuizione di un editore

Così nacque la Giuntina
Giaceva anonimo su uno scaffale della Feltrinelli di via Cavour, nel reparto offerte dei libri esteri. Un volume come tanti altri, almeno apparentemente. E invece, tra quelle pagine scritte in francese, si nascondevano storie terribili e sconvolgenti che avrebbero lasciato il segno. Pagine sofferte di memoria, di verità e di coraggio che avrebbero conquistato milioni di lettori nel mondo. Se Elie Wiesel, il grande intellettuale, scrittore e Testimone della Shoah, il Premio Nobel per la pace riconosciuto universalmente come ambasciatore di umanità scomparso ieri sera all’età di 87 anni, ebbe così tanto successo in Italia lo si deve anche e soprattutto all’intuizione di un editore fiorentino di origine polacca, Daniel Vogelmann, che in questo modo incontrò «La notte», la sua straziante narrazione autobiografica dai campi di sterminio nazisti, un pomeriggio di 36 anni fa.


Adam Smulevich, Corriere Fiorentino
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QUI TORINO - FU EROE DELLA RESISTENZA
Ugo Sacerdote (1924-2016)
L’impegno per la Resistenza, nel partigiano Ugo Sacerdote, scomparso ieri a Torino all’età di 92 anni, è nato pochi mesi dopo l’8 settembre 1943 e da allora non si è mai più fermato. Negli anni successivi, a poco a poco infatti ne è diventato la memoria storica, per la quale si è sempre impegnato come presidente del Comitato di coordinamento delle associazioni partigiane piemontesi, ma anche distinguendosi come punto di riferimento per le giovani generazioni sui valori della libertà. Nato nel capoluogo piemontese il 25 ottobre 1924 in una famiglia ebraica, ingegnere di professione, dopo aver vissuto l’orrore delle leggi razziste, fu tra le valli piemontesi che prese parte alla lotta partigiana nelle brigate di Giustizia e Libertà, combattendo al fianco di Emanuele Artom, che fu catturato durante un rastrellamento nel marzo del 1944 proprio mentre era impegnato in un’azione con lui.
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Senza via d'uscita?
Non è che ci si possa dire contro un metodo e delle regole, altrimenti sottoscritte e comunemente praticate, solo ed esclusivamente quando l’uno e le altre non producono l’effetto desiderato. Al riguardo, Bertold Brecht soleva dire sarcasticamente: "Il Comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo". Si tratta della risposta che il drammaturgo tedesco aveva dato alle parole del segretario generale dell’Unione degli scrittori della Repubblica democratica tedesca il quale, di fronte alle rivolte degli operai di Berlino Est nel 1953, aveva perentoriamente affermato: "La classe operaia di Berlino ha tradito la fiducia che il Partito gli aveva riposto. Ora dovrà lavorare duro per riguadagnarsela!". Così, per venire a noi, anche nel caso della Brexit. Le spaccature territoriali e generazionali nel voto, quanto la maggioranza ristretta di assensi ottenuta alle urne da coloro che hanno perentoriamente sostenuto la necessità per il Regno Unito di congedarsi dall’Unione, peraltro nulla tolgono alla validità del risultato finale. In democrazia si contano le teste, non il loro peso. Semmai sarebbe tartufesco, se non truffaldino, trascinarla per le lunghe, trasformando la complessa ma comunque necessaria uscita degli inglesi in un lungo congedo dai tratti agonici.

Claudio Vercelli
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Il settimanAle - Start Down
Avi Hasson è da oltre cinque anni Chief Scientist del ministero dell’Industria israeliano e ha guidato col mitico Matimop, il suo braccio operativo, il miracoloso sviluppo dell’hi-tech nella “start-up nation”. Ha il titolo di scienziato (in Israele diversi ministeri hanno il loro Chief Scientist, ed il più importante, quello che non ha bisogno di ulteriori qualifiche, è proprio quello a capo del Matimop) ma in realtà viene da una ventina d’anni come manager nell’industria; e non è certo solito atteggiarsi a cassandra accademica.

Alessandro Treves, neuroscienziato
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