
Elia Richetti,
rabbino
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Di
fronte alla protesta di Qòrach e dei suoi accoliti, la prima reazione
di Moshè è quella di cadere col volto a terra. È una reazione nuova;
altre volte Moshè aveva affrontato le mormorazioni del popolo, ma non
si era mai abbattuto al punto di cadere col volto a terra, come privo
di ogni capacità di reazione. Che cosa aveva questa mormorazione che
non avevano le altre?"
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Citazioni
citabili: On. Manlio Di Stefano (M5S): "Il terrorismo islamico non
esiste. Spegnete la TV e la radio, chiudete i siti web della stampa
detta "main stream" e prendetevi qualche minuto per svuotare la testa
dalle immagini viste in questi ultimi anni e soprattutto delle parole
sentite. ..... Il dato di fatto incontrovertibile degli attentati di
[Dacca] è che non possono essere di matrice islamica anzi, ancora di
più, non esiste un Islam terrorista". Grazie, Onorevole, alla prossima.
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I Cinque Stelle in Israele
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È
partita oggi per Israele la delegazione del Movimento Cinque Stelle
guidata da Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, e vi rimarrà
fino a martedì. Secondo il Fatto Quotidiano, per di Maio, si tratta di
una “tappa considerata fondamentale per accreditare la propria
leadership a livello internazionale”, un passaggio obbligato per chi
vorrebbe sfidare l’attuale Premier Matteo Renzi alle prossime elezioni.
Al fianco di Di Maio anche Ornella Bertorotta e Manlio Di Stefano,
parlamentare pentastellato autore in passato di attacchi e pesanti
critiche nei confronti di Israele. La delegazione ha annunciato di
voler entrare a Gaza ma deve prima ottenere il permesso da parte delle
autorità israeliane, mentre sono previsti incontri a Ramallah, Hebron e
Betlemme. In Israele i Cinque Stelle incontreranno l’organizzazione
Breaking the silence, gli scrittori Abraham Yehoshua e Etgar Keret,
visiteranno lo Yad Vashem e la Knesset (il parlamento, dove non sono
previsti discorsi).
Blair e la guerra sbagliata in Iraq. Secondo la commissione britannica
Chilcot la guerra in Iraq, al momento in cui fu scatenata il 20 marzo
2003, non era necessaria perché “non vi erano minacce imminenti da
parte del dittatore Saddam Hussein” e non era giustificata perché non
vi erano prove, oltre ogni ragionevole dubbio, che Saddam stesse
producendo armi chimiche e biologiche. Per la Commissione il governo di
Tony Blair agì senza valutare le ricadute dell’azione militare al
fianco del presidente Usa Bush in territorio iracheno (Corriere).
Secondo Bernardo Valli di Repubblica la “la missione in Iraq ha
sconvolto il Medio Oriente e rafforzato il terrorismo”. “Ho agito in
buona fede per quello che ritenevo fosse l’interesse del paese”, la
replica a Repubblica di Tony Blair, che però ammette “avremmo dovuto
pianificare meglio il dopo guerra”.
L’esempio di Wiesel contro i genocidi. “Da operoso custode della
memoria della Shoah ha avuto anche il merito di stimolare l’ardente
solidarietà con tutte le vittime di tutti gli altri terribili crimini”,
scrive il filosofo francese Bernard-Henri Lévy nel suo ricordo,
pubblicato dal Corriere della Sera, di Elie Wiesel, il Testimone della
Shoah premio Nobel per la Pace scomparso di recente. “La grandezza di
Elie Wiesel, in verità, – scrive il filosofo – fu di essere rimasto
fino all’ultimo, e in ogni circostanza, uno dei piccoli ebrei che egli
riteneva fossero la corona dell’umanità. La sua immensa grandezza, la
sua nobiltà furono di non aver mai dimenticato la lezione del Rabbi di
Wishnitz che gli intimava, anche con il bell’abito del letterato, di
non dimenticare mai che era responsabile dei suoi fratelli dal caftano
e il copricapo di pelo che volevano farsi belli come i nobili polacchi
che li ‘pogromizzavano’”.
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polemiche su una corte rabbinica israeliana
Conversioni, dagli Usa a Israele
gli scontri interni all'ortodossia
Lo
scorso aprile un tribunale rabbinico di Petah Tikvah, città nei pressi
di Tel Aviv, ha respinto il ghiur (la conversione) di una donna
convertitasi sotto la guida di un noto rabbino americano, rav Haskel
Lookstein (già rabbino capo di Kehilath Jeshurun, una sinagoga
modern-orthodox di Manhattan). La decisione della Corte ha avuto una
grande risonanza in Israele e negli Stati Uniti, sollevando
l'indignazione di rappresentanti del mondo religioso e civile ebraico
di entrambi i Paesi. Nonostante l'autorità di rav Lookstein –
riconosciuta anche dai due rabbini capo d'Israele rav David Lau e rav
Itshak Yosef -, la Corte di Petah Tikvah ha deciso di non riconoscere
la conversione perché il nome del rabbino americano non era nella lista
di coloro che hanno il titolo per eseguire i ghiurim approvata dal
Rabbinato Centrale israeliano. Secondo il direttore dell'organizzazione
israeliana Itim, rav Seth Farber, questa vicenda evidenzia “l'approccio
caotico del Gran rabbinato nel trattare queste situazioni”, affermando
che situazioni simili si sono già verificate e con una cerca frequenza.
Per Farber, che ha fatto ricorso contro la decisione del Tribunale di
Petah Tikvah, “l'ebraismo americano è offeso da questa situazione e in
questo modo non si fa che aumentare l'abisso che già esiste (con il
mondo ebraico Usa)”. Il messaggio che passa all'ebreo americano
medio,
continua il direttore di Itim, è “non siete i benvenuti, non
riconosciamo la vostra identità o la vostra leadership religiosa e
questo – conclude Farber – è inaccettabile”. La questione, tramite il
ricorso, è arrivata nelle scorse ore davanti alla Corte suprema
rabbinica di Gerusalemme, dove si è formato un campanello di persone
(tra cui diverse personalità di spicco come Nathan Sharansky, direttore
dell'Agenzia Ebraica - nell'immagine), in sostegno di rav Lookstein e
soprattutto contro la decisione della Corte di Petah Tikvah. Leggi
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le parole del presidente dei rabbini italiani
'L'Ebraismo a un punto di svolta.
Noi rabbanim pronti per la sfida'
A
seguito della prima riunione del nuovo Consiglio dell'Assemblea
Rabbinica Italiana (Ari), il presidente dell'Assemblea rav Alfonso
Arbib, rabbino capo di Milano, ha inviato il seguente messaggio:
Riteniamo sia utile condividere alcuni punti che sono emersi dalla prima riunione del nuovo consiglio dell’Ari.
Siamo dell’idea che l’ebraismo italiano si trovi in un momento di
svolta. La situazione delle comunità è in alcuni casi estremamente
preoccupante e in altri profondamente contradditoria. Preoccupante la
situazione di alcune piccole comunità che anche se spesso fanno sforzi
straordinari per mantenere le attività ebraiche sono, per motivi
demografici, a rischio di sopravvivenza, contradditoria è invece la
situazione di Roma e Milano che, se da una parte vede uno sviluppo di
molte attività ebraiche e la moltiplicazione dei battè knesset,
dall’altra si assiste a una crescita dell’assimilazione.
Credo che tutti noi dobbiamo impegnarci in questo campo molto più di
quanto abbiamo fatto in passato. Dovremmo svolgere un’opera costruttiva
di autocritica e provare a intervenire. Per poterlo fare dovremmo
analizzare la situazione, studiare eventuali soluzioni che sono state
sperimentate da altre parti, elaborare dei progetti di intervento molto
concreti senza dilungarci in interminabili discussioni.
Questi progetti potranno avere successo completo, parziale o non averlo affatto.
Ma credo che sia doveroso provarci.
Dice R. Tarfòn nei Pirkè Avòt: “Non spetta a te portare a termine l’opera e neppure sei libero di esentartene” (2, 16).
Il secondo elemento per cui è necessario fare scelte precise è la
centralità dell’educazione ebraica. Le scuole e i talmudè Torà non sono
soltanto gli elementi centrali di ogni comunità ma sono anche il punto
di aggregazione da cui possono partire le altre attività. Dobbiamo fare
ogni sforzo per rafforzare le nostre scuole e per sostenere
l’educazione ebraica.
Ci sono molti altri ambiti che sono competenza dell’assemblea rabbinica in cui ci proponiamo di essere fortemente presenti.
Riteniamo però doveroso in questo nuovo inizio di mandato mettere
l’accento sul problema drammatico dell’assimilazione. Dichiariamo fin
d’ora di essere pronti a dare il nostro contributo e a collaborare
ovviamente con il consiglio dell’Ucei ma anche con chiunque voglia dare
una mano per affrontare questi problemi.
Che D. voglia far risiedere la shekhinà nell’opera delle nostre mani.
Rav Alfonso Arbib,
presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana
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francia - il rapporto sugli attentati del 2015
Da Charlie Hebdo al Bataclan,
le stragi si potevano evitare
Gli
attentati dello scorso anno alla redazione di Charlie Hebdo,
all’Hypercacher di Porte de Vincennes, e poi più tardi quelli al
Bataclan e allo Stade de France hanno segnato profondamente la vita
della Francia e dell’Europa, facendo sì che governi e cittadini si
ponessero molte domande sul futuro del continente. Tra queste, le
centinaia di vittime compiante da amici, famigliari e dal mondo intero,
hanno portato molti a chiedersi incessantemente: avrebbero potuto
questi attentati essere evitati? E oggi a quell’interrogativo arriva
una risposta, e non è confortante: sì, avrebbero potuto essere evitati.
A svelarlo è il rapporto dell’inchiesta parlamentare che ha indagato
sui quattro attacchi terroristici, presentato nei giorni scorsi
all’Assemblée Nationale, il parlamento francese, dal capo della
commissione Georges Fenech (deputato del partito Les Républicains) e
dal relatore Sébastien Pietrasanta (deputato del Partito Socialista). Leggi
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jciak - Al via il Jerusalem Film Festival
La maratona del cinema d'Israele
Una
maratona lunga dieci giorni di conferme, debutti e nuove scoperte. Si
leva questa sera il sipario sul Jerusalem Film Festival, massimo evento
della stagione cinematografica israeliana che in questa 33esima
edizione si prospetta ancora più frizzante del solito. Fra le proposte
in concorso, spiccano due film che molto hanno fatto parlare di sé a
Cannes: One week and a Day – Shavua Veyom di Asaph Polonsky, già
vincitore del Prix Fondation Gan à la diffusion della Settimana della
critica, che narra in chiave affettuosa e ironica le reazioni di due
coniugi alle morte del figlio e Beyond the Mountains and Hills –
Me’ever laharim vehagvaot, racconto della crisi di coscienza di un
militare di carriera che dopo trent’anni torna alla vita civile firmato
da Eran Kolirin, regista che che nel 2007 aveva vinto a Gerusalemme con
La Banda, film che aveva riscosso notevoli successi a livello
internazionale. Ma le novità sono molte e tutte d’impatto.
Il festival, che sarà inaugurato da Julieta, l’ultima commedia di Pedro
Almodovar basata su tre racconti di Alice Munro, schiera molti nomi di
valore del cinema israeliano.
Daniela Gross Leggi
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Setirot
- Il valore di un’idea |
All’indomani
della Brexit, in molti hanno ricordato una frase del ‘padre
dell’Europa’ Altiero Spinelli: “Nessuna delle sconfitte ha però
lasciato in me quel rancore contro la realtà che così spesso alligna
nell’animo degli sconfitti (…) Bisogna sentire che il valore di
un’idea, prima ancora che dal suo successo finale, è dimostrato dalla
sua capacità di risorgere dalle proprie sconfitte“.
Parole che suonano come profondissimo incitamento alla speranza, alla
lotta, all’impegno per un futuro migliore. Per un’Europa più giusta e
equa, certo, però anche – nel nostro piccolo – per una realtà (le
nostre Comunità, le nostre città, il nostro Paese) più pacificata, più
attenta alle diseguaglianze, più accogliente, pronta a interrogarsi e
non semplicemente a sputare sentenze.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Elie Wiesel |
Reb
Azriel David Fastag era una delle più belle voci di Varsavia, tanto era
limpida e calda; molti si recavano alla sinagoga per ascoltarlo, per
pregare e cantare con lui. La sua più grande gioia era la musica
chassidica e anche quando i nazisti entrarono in Polonia e cominciò la
persecuzione, Reb Azriel David Fastag continuò a trovare e a dare
conforto con il suo canto. Un giorno anche lui fu costretto a salire su
un treno; era diretto a Treblinka. C’era un uomo anziano nel suo
vagone, che chiedeva insistentemente al suo vicino di ricordargli il
niggun che il Modzitzer Rebbe era solito eseguire a Yom Kippur.
Reb Azriel David Fastag chiuse gli occhi; in quel momento non era più
sul treno, era solo, accanto al Modztitzer Rebbe e guidava i chassidim
nel canto.
Maria Teresa Milano
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Time out - Indignarsi abbastanza
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Davvero
viviamo in un paese dove un nigeriano viene ucciso perché nero e per
aver difeso sua moglie dagli insulti razzisti? Non sembra vero, ma in
realtà lo è e ci costringe a fare i conti con le nostre coscienze.
Potremmo dire che due razzisti non rappresentano l’Italia intera e
sarebbe un’ovvietà, la stessa che rimproveriamo ai musulmani di fronte
all’estremismo islamista sebbene il fenomeno abbia misure e proporzioni
molto differenti. Quello che dovrebbe accomunare i due fenomeni è la
capacità d’indignazione. Ciò che ci sorprende dell’Islam è la tenue
risposta contro l’islamismo, lo stesso errore in cui non possiamo
cadere noi. Pensare che il fenomeno non ci appartenga o, peggio ancora,
che il razzismo in salsa italica che spesso ascoltiamo anche dai nostri
rappresentanti sia in qualche maniera tollerabile.
Daniel Funaro
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Tutta colpa di Philo Vance
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È
tutta colpa di Philo Vance. Ho letto troppo presto e troppe volte le
avventure del sofisticato, brillante, colto e scettico detective
americano degli anni 20 e 30 inventato dal critico d’arte Willard
Huntington Wright con lo pseudonimo S.S. Van Dine. Metteteci anche una
insana quanto prematura passione per Sherlock Holmes e capirete perché
i gialli e i noir di oggi mi lasciano freddo. Ne leggo ancora, ma
sempre meno, per la semplice ragione che non mi divertono; ho
l’impressione che la caratterizzazione dei personaggi prevalga ormai
sulla trama, che l’ambizione di quasi tutti gli autori di essere
moderni-civili-progressisti vada poco d’accordo con la necessità di
essere cinici e disperati quanto ci vuole. E poi se ne scrivono troppi;
è come se la nostra comune incapacità di indagare e risolvere i casi
che la complessità del mondo reale ci presenta ogni giorno potesse
invece trovare compensazione fra le pagine. Le serie televisive, infine
– quelle inglesi originali, soprattutto – sono scritte meglio.
Valerio Fiandra
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Notizie radiofoniche |
Decisamente,
un inizio di settimana cipiglioso. Come può essere altrimenti, mi
chiedo. C’è chi non sopporta lo stridio del gesso sulla lavagna, chi il
suono della forchetta tra i denti. A me, sarà anche a causa della
pancia grossa o dei turbinati nel naso (delle specie di adenoidi che
impediscono un’adeguata respirazione, e non è piacevole), provoca un
certo affanno sentire l’uso improprio delle parole – per quanto anche
“Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi” e i non
cultori dell’ermetismo ricercato e prezioso che Montale guardava con un
certo distacco. Una specie di reazione allergica, mettiamola così.
Intanto, leggo su un volantino di una lodevole iniziativa benefica per
le “donne oncologiche” e sobbalzo (il naso si chiude all’istante). Da
quando subire una malattia si trasforma in un’essenza? A corrucciare
troppo la fronte mi vengono le rughe, ma non riesco a farne a
meno.
Sara Valentina Di Palma
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Diario di un soldato - Pensieri
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Questa
volta ci ho pensato, ci ho pensato davvero. E ho cambiato idea. Mi sono
concesso questo piccolo lusso, questo privilegio, il beneficio del
dubbio di essermi sbagliato sino ad ora.
Questa volta ci ho pensato, ci ho pensato davvero. E sono arrivato
all'amara conclusione che il silenzio della stampa mondiale di fronte
alla morte della piccola Hallel non sia poi così oltraggioso, che il
lutto, in fondo, sia solamente nostro.
David Zebuloni
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