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7 luglio 2016 -  1 Tammuz 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Di fronte alla protesta di Qòrach e dei suoi accoliti, la prima reazione di Moshè è quella di cadere col volto a terra. È una reazione nuova; altre volte Moshè aveva affrontato le mormorazioni del popolo, ma non si era mai abbattuto al punto di cadere col volto a terra, come privo di ogni capacità di reazione. Che cosa aveva questa mormorazione che non avevano le altre?"
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
Citazioni citabili: On. Manlio Di Stefano (M5S): "Il terrorismo islamico non esiste. Spegnete la TV e la radio, chiudete i siti web della stampa detta "main stream" e prendetevi qualche minuto per svuotare la testa dalle immagini viste in questi ultimi anni e soprattutto delle parole sentite. ..... Il dato di fatto incontrovertibile degli attentati di [Dacca] è che non possono essere di matrice islamica anzi, ancora di più, non esiste un Islam terrorista". Grazie, Onorevole, alla prossima.
 
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I Cinque Stelle in Israele
È partita oggi per Israele la delegazione del Movimento Cinque Stelle guidata da Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, e vi rimarrà fino a martedì. Secondo il Fatto Quotidiano, per di Maio, si tratta di una “tappa considerata fondamentale per accreditare la propria leadership a livello internazionale”, un passaggio obbligato per chi vorrebbe sfidare l’attuale Premier Matteo Renzi alle prossime elezioni. Al fianco di Di Maio anche Ornella Bertorotta e Manlio Di Stefano, parlamentare pentastellato autore in passato di attacchi e pesanti critiche nei confronti di Israele. La delegazione ha annunciato di voler entrare a Gaza ma deve prima ottenere il permesso da parte delle autorità israeliane, mentre sono previsti incontri a Ramallah, Hebron e Betlemme. In Israele i Cinque Stelle incontreranno l’organizzazione Breaking the silence, gli scrittori Abraham Yehoshua e Etgar Keret, visiteranno lo Yad Vashem e la Knesset (il parlamento, dove non sono previsti discorsi).

Blair e la guerra sbagliata in Iraq. Secondo la commissione britannica Chilcot la guerra in Iraq, al momento in cui fu scatenata il 20 marzo 2003, non era necessaria perché “non vi erano minacce imminenti da parte del dittatore Saddam Hussein” e non era giustificata perché non vi erano prove, oltre ogni ragionevole dubbio, che Saddam stesse producendo armi chimiche e biologiche. Per la Commissione il governo di Tony Blair agì senza valutare le ricadute dell’azione militare al fianco del presidente Usa Bush in territorio iracheno (Corriere). Secondo Bernardo Valli di Repubblica la “la missione in Iraq ha sconvolto il Medio Oriente e rafforzato il terrorismo”. “Ho agito in buona fede per quello che ritenevo fosse l’interesse del paese”, la replica a Repubblica di Tony Blair, che però ammette “avremmo dovuto pianificare meglio il dopo guerra”.

L’esempio di Wiesel contro i genocidi. “Da operoso custode della memoria della Shoah ha avuto anche il merito di stimolare l’ardente solidarietà con tutte le vittime di tutti gli altri terribili crimini”, scrive il filosofo francese Bernard-Henri Lévy nel suo ricordo, pubblicato dal Corriere della Sera, di Elie Wiesel, il Testimone della Shoah premio Nobel per la Pace scomparso di recente. “La grandezza di Elie Wiesel, in verità, – scrive il filosofo – fu di essere rimasto fino all’ultimo, e in ogni circostanza, uno dei piccoli ebrei che egli riteneva fossero la corona dell’umanità. La sua immensa grandezza, la sua nobiltà furono di non aver mai dimenticato la lezione del Rabbi di Wishnitz che gli intimava, anche con il bell’abito del letterato, di non dimenticare mai che era responsabile dei suoi fratelli dal caftano e il copricapo di pelo che volevano farsi belli come i nobili polacchi che li ‘pogromizzavano’”.
 
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  davar
polemiche su una corte rabbinica israeliana 
Conversioni, dagli Usa a Israele
gli scontri interni all'ortodossia

Lo scorso aprile un tribunale rabbinico di Petah Tikvah, città nei pressi di Tel Aviv, ha respinto il ghiur (la conversione) di una donna convertitasi sotto la guida di un noto rabbino americano, rav Haskel Lookstein (già rabbino capo di Kehilath Jeshurun, una sinagoga modern-orthodox di Manhattan). La decisione della Corte ha avuto una grande risonanza in Israele e negli Stati Uniti, sollevando l'indignazione di rappresentanti del mondo religioso e civile ebraico di entrambi i Paesi. Nonostante l'autorità di rav Lookstein – riconosciuta anche dai due rabbini capo d'Israele rav David Lau e rav Itshak Yosef -, la Corte di Petah Tikvah ha deciso di non riconoscere la conversione perché il nome del rabbino americano non era nella lista di coloro che hanno il titolo per eseguire i ghiurim approvata dal Rabbinato Centrale israeliano. Secondo il direttore dell'organizzazione israeliana Itim, rav Seth Farber, questa vicenda evidenzia “l'approccio caotico del Gran rabbinato nel trattare queste situazioni”, affermando che situazioni simili si sono già verificate e con una cerca frequenza. Per Farber, che ha fatto ricorso contro la decisione del Tribunale di Petah Tikvah, “l'ebraismo americano è offeso da questa situazione e in questo modo non si fa che aumentare l'abisso che già esiste (con il mondo ebraico Usa)”. Il messaggio che passa all'ebreo  americano medio, continua il direttore di Itim, è “non siete i benvenuti, non riconosciamo la vostra identità o la vostra leadership religiosa e questo – conclude Farber – è inaccettabile”. La questione, tramite il ricorso, è  arrivata nelle scorse ore davanti alla Corte suprema rabbinica di Gerusalemme, dove si è formato un campanello di persone (tra cui diverse personalità di spicco come Nathan Sharansky, direttore dell'Agenzia Ebraica - nell'immagine), in sostegno di rav Lookstein e soprattutto contro la decisione della Corte di Petah Tikvah.
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le parole del presidente dei rabbini italiani 
'L'Ebraismo a un punto di svolta.
Noi rabbanim pronti per la sfida' 

A seguito della prima riunione del nuovo Consiglio dell'Assemblea Rabbinica Italiana (Ari), il presidente dell'Assemblea rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, ha inviato il seguente messaggio:

Riteniamo sia utile condividere alcuni punti che sono emersi dalla prima riunione del nuovo consiglio dell’Ari.
Siamo dell’idea che l’ebraismo italiano si trovi in un momento di svolta. La situazione delle comunità è in alcuni casi estremamente preoccupante e in altri profondamente contradditoria. Preoccupante la situazione di alcune piccole comunità che anche se spesso fanno sforzi straordinari per mantenere le attività ebraiche sono, per motivi demografici, a rischio di sopravvivenza, contradditoria è invece la situazione di Roma e Milano che, se da una parte vede uno sviluppo di molte attività ebraiche e la moltiplicazione dei battè knesset, dall’altra si assiste a una crescita dell’assimilazione.
Credo che tutti noi dobbiamo impegnarci in questo campo molto più di quanto abbiamo fatto in passato. Dovremmo svolgere un’opera costruttiva di autocritica e provare a intervenire. Per poterlo fare dovremmo analizzare la situazione, studiare eventuali soluzioni che sono state sperimentate da altre parti, elaborare dei progetti di intervento molto concreti senza dilungarci in interminabili discussioni.
Questi progetti potranno avere successo completo, parziale o non averlo affatto.
Ma credo che sia doveroso provarci.
Dice R. Tarfòn nei Pirkè Avòt: “Non spetta a te portare a termine l’opera e neppure sei libero di esentartene” (2, 16).
Il secondo elemento per cui è necessario fare scelte precise è la centralità dell’educazione ebraica. Le scuole e i talmudè Torà non sono soltanto gli elementi centrali di ogni comunità ma sono anche il punto di aggregazione da cui possono partire le altre attività. Dobbiamo fare ogni sforzo per rafforzare le nostre scuole e per sostenere l’educazione ebraica.
Ci sono molti altri ambiti che sono competenza dell’assemblea rabbinica in cui ci proponiamo di essere fortemente presenti.
Riteniamo però doveroso in questo nuovo inizio di mandato mettere l’accento sul problema drammatico dell’assimilazione. Dichiariamo fin d’ora di essere pronti a dare il nostro contributo e a collaborare ovviamente con il consiglio dell’Ucei ma anche con chiunque voglia dare una mano per affrontare questi problemi.
Che D. voglia far risiedere la shekhinà nell’opera delle nostre mani.

Rav Alfonso Arbib,
presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana

 
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francia - il rapporto sugli attentati del 2015
Da Charlie Hebdo al Bataclan,
le stragi si potevano evitare

Gli attentati dello scorso anno alla redazione di Charlie Hebdo, all’Hypercacher di Porte de Vincennes, e poi più tardi quelli al Bataclan e allo Stade de France hanno segnato profondamente la vita della Francia e dell’Europa, facendo sì che governi e cittadini si ponessero molte domande sul futuro del continente. Tra queste, le centinaia di vittime compiante da amici, famigliari e dal mondo intero, hanno portato molti a chiedersi incessantemente: avrebbero potuto questi attentati essere evitati? E oggi a quell’interrogativo arriva una risposta, e non è confortante: sì, avrebbero potuto essere evitati. A svelarlo è il rapporto dell’inchiesta parlamentare che ha indagato sui quattro attacchi terroristici, presentato nei giorni scorsi all’Assemblée Nationale, il parlamento francese, dal capo della commissione Georges Fenech (deputato del partito Les Républicains) e dal relatore Sébastien Pietrasanta (deputato del Partito Socialista).
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jciak - Al via il Jerusalem Film Festival
La maratona del cinema d'Israele
Una maratona lunga dieci giorni di conferme, debutti e nuove scoperte. Si leva questa sera il sipario sul Jerusalem Film Festival, massimo evento della stagione cinematografica israeliana che in questa 33esima edizione si prospetta ancora più frizzante del solito. Fra le proposte in concorso, spiccano due film che molto hanno fatto parlare di sé a Cannes: One week and a Day – Shavua Veyom di Asaph Polonsky, già vincitore del Prix Fondation Gan à la diffusion della Settimana della critica, che narra in chiave affettuosa e ironica le reazioni di due coniugi alle morte del figlio e Beyond the Mountains and Hills – Me’ever laharim vehagvaot, racconto della crisi di coscienza di un militare di carriera che dopo trent’anni torna alla vita civile firmato da Eran Kolirin, regista che che nel 2007 aveva vinto a Gerusalemme con La Banda, film che aveva riscosso notevoli successi a livello internazionale. Ma le novità sono molte e tutte d’impatto.
Il festival, che sarà inaugurato da Julieta, l’ultima commedia di Pedro Almodovar basata su tre racconti di Alice Munro, schiera molti nomi di valore del cinema israeliano.

Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - Il valore di un’idea
All’indomani della Brexit, in molti hanno ricordato una frase del ‘padre dell’Europa’ Altiero Spinelli: “Nessuna delle sconfitte ha però lasciato in me quel rancore contro la realtà che così spesso alligna nell’animo degli sconfitti (…) Bisogna sentire che il valore di un’idea, prima ancora che dal suo successo finale, è dimostrato dalla sua capacità di risorgere dalle proprie sconfitte“.
Parole che suonano come profondissimo incitamento alla speranza, alla lotta, all’impegno per un futuro migliore. Per un’Europa più giusta e equa, certo, però anche – nel nostro piccolo – per una realtà (le nostre Comunità, le nostre città, il nostro Paese) più pacificata, più attenta alle diseguaglianze, più accogliente, pronta a interrogarsi e non semplicemente a sputare sentenze. 


Stefano Jesurum, giornalista

In ascolto - Elie Wiesel
Reb Azriel David Fastag era una delle più belle voci di Varsavia, tanto era limpida e calda; molti si recavano alla sinagoga per ascoltarlo, per pregare e cantare con lui. La sua più grande gioia era la musica chassidica e anche quando i nazisti entrarono in Polonia e cominciò la persecuzione, Reb Azriel David Fastag continuò a trovare e a dare conforto con il suo canto. Un giorno anche lui fu costretto a salire su un treno; era diretto a Treblinka. C’era un uomo anziano nel suo vagone, che chiedeva insistentemente al suo vicino di ricordargli il niggun che il Modzitzer Rebbe era solito eseguire a Yom Kippur.
Reb Azriel David Fastag chiuse gli occhi; in quel momento non era più sul treno, era solo, accanto al Modztitzer Rebbe e guidava i chassidim nel canto.


Maria Teresa Milano
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Time out - Indignarsi abbastanza
Davvero viviamo in un paese dove un nigeriano viene ucciso perché nero e per aver difeso sua moglie dagli insulti razzisti? Non sembra vero, ma in realtà lo è e ci costringe a fare i conti con le nostre coscienze. Potremmo dire che due razzisti non rappresentano l’Italia intera e sarebbe un’ovvietà, la stessa che rimproveriamo ai musulmani di fronte all’estremismo islamista sebbene il fenomeno abbia misure e proporzioni molto differenti. Quello che dovrebbe accomunare i due fenomeni è la capacità d’indignazione. Ciò che ci sorprende dell’Islam è la tenue risposta contro l’islamismo, lo stesso errore in cui non possiamo cadere noi. Pensare che il fenomeno non ci appartenga o, peggio ancora, che il razzismo in salsa italica che spesso ascoltiamo anche dai nostri rappresentanti sia in qualche maniera tollerabile.

Daniel Funaro
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Tutta colpa di Philo Vance
È tutta colpa di Philo Vance. Ho letto troppo presto e troppe volte le avventure del sofisticato, brillante, colto e scettico detective americano degli anni 20 e 30 inventato dal critico d’arte Willard Huntington Wright con lo pseudonimo S.S. Van Dine. Metteteci anche una insana quanto prematura passione per Sherlock Holmes e capirete perché i gialli e i noir di oggi mi lasciano freddo. Ne leggo ancora, ma sempre meno, per la semplice ragione che non mi divertono; ho l’impressione che la caratterizzazione dei personaggi prevalga ormai sulla trama, che l’ambizione di quasi tutti gli autori di essere moderni-civili-progressisti vada poco d’accordo con la necessità di essere cinici e disperati quanto ci vuole. E poi se ne scrivono troppi; è come se la nostra comune incapacità di indagare e risolvere i casi che la complessità del mondo reale ci presenta ogni giorno potesse invece trovare compensazione fra le pagine. Le serie televisive, infine – quelle inglesi originali, soprattutto – sono scritte meglio.

Valerio Fiandra
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Notizie radiofoniche
Decisamente, un inizio di settimana cipiglioso. Come può essere altrimenti, mi chiedo. C’è chi non sopporta lo stridio del gesso sulla lavagna, chi il suono della forchetta tra i denti. A me, sarà anche a causa della pancia grossa o dei turbinati nel naso (delle specie di adenoidi che impediscono un’adeguata respirazione, e non è piacevole), provoca un certo affanno sentire l’uso improprio delle parole – per quanto anche “Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi” e i non cultori dell’ermetismo ricercato e prezioso che Montale guardava con un certo distacco. Una specie di reazione allergica, mettiamola così. Intanto, leggo su un volantino di una lodevole iniziativa benefica per le “donne oncologiche” e sobbalzo (il naso si chiude all’istante). Da quando subire una malattia si trasforma in un’essenza? A corrucciare troppo la fronte mi vengono le rughe, ma non riesco a farne a meno. 

Sara Valentina Di Palma
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Diario di un soldato - Pensieri
Questa volta ci ho pensato, ci ho pensato davvero. E ho cambiato idea. Mi sono concesso questo piccolo lusso, questo privilegio, il beneficio del dubbio di essermi sbagliato sino ad ora.
Questa volta ci ho pensato, ci ho pensato davvero. E sono arrivato all'amara conclusione che il silenzio della stampa mondiale di fronte alla morte della piccola Hallel non sia poi così oltraggioso, che il lutto, in fondo, sia solamente nostro. 


David Zebuloni
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