Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
|
Secondo
la narrazione biblica, tutti discendiamo da un unico uomo e
spartiamo tutti lo stesso albero genealogico. Secondo alcune teorie
evoluzionistiche, tutti deriviamo dalle scimmie (magari africane).
Nessuno, comunque, può pretendere di essere di partenza meglio di un
altro.
|
|
David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
|
L’uccisione
di Emmanuel Chidi Namdi a Fermo risponde al principio: “esisto solo io
e quelli come me. Chi non è eguale a me non merita né affetto, né
rispetto. Né da vivo né da morto”.
I segnali non sono mancati in questi mesi. L’ultimo una settimana prima
di Fermo quando molti hanno obiettato all’impiego di denaro pubblico
per il recupero di cadaveri di emigranti in fondo al Mediterraneo.
Certo con quei soldi si potevano fare molte cose (per esempio: un fondo
di investimento per favorire l’occupazione giovanile).
Il fatto però è che chi siamo, e che cosa vogliamo e quale società ci
piace contribuire a costruire per domani nascono dagli atti che dicono
della nostra umanità, e dall’idea di futuro cui quei gesti alludono. A
me sembra che quel moto di fastidio e l’atto del fascista di Fermo
appartengano alla stessa famiglia. Non sono la stessa cosa, ma fra di
loro fanno rima.
|
![](http://moked.it/unione_informa/strutturanl/stampa_header.jpg) |
Il Cinque Stelle Di Maio
e la questione palestinese
|
Da
Hebron in Cisgiordania, la delegazione Cinque Stelle – impegnata in una
visita nella regione – per bocca di Luigi Di Maio, vicepresidente della
Camera, dichiara che “con noi al governo, l’Italia riconoscerà lo Stato
palestinese” (Repubblica). Un riconoscimento che“si deve basare sui
confini del 1967 e deve comportare anche il ritiro dal Golan. –
affermano i 5 Stelle – Bisogna partire da lì per arrivare a un
eventuale scambio di terre basato su accordi locali”. Una posizione,
affermano, che fa riferimento alla posizione dell’Onu e non tiene conto
di quanto più volte espresso dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu:
la pace con i palestinesi è possibile solo con i negoziati diretti, non
con riconoscimenti terzi. Per Di Maio – che con il viaggio in Israele,
spiegano i media italiani, prepara la sua candidatura a Primo ministro
– i problemi tra israeliani e palestinesi si risolveranno “se si
riconosceranno due popoli e due Stati e la Ue dovrebbe avviare
negoziati come Ue e non con i soliti attori” (intervista sul Corriere
della Sera).
Israele, come rispondere al terrorismo. Sul Corriere un articolo prende
Israele come modello rispetto alla capacità di rispondere alla minaccia
terroristica. “L’abitudine a convivere con il terrorismo, seppure al
prezzo di dolore e sforzi, non ha impedito alla società dello Stato
ebraico di ottenere risultati positivi. Tra il 2004 e il 2013 – riporta
il quotidiano – Israele ha avuto una media di sviluppo economico di
circa il 5% all’anno. Anche quando tensioni internazionali lo h anno
contratto, il tasso di crescita è stato migliore del nostro: nel 2015,
il 2,5%. Le vittime sarebbero state di più se la prevenzione non fosse
stata di alto livello”.
Ebraismo polacco. Il libro di Wlodek Goldkorn Il bambino nella neve
(Feltrinelli) è lo spunto per lo storico David Bidussa per riflettere,
in un articolo pubblicato sul domenicale del Sole 24 Ore, sulla storia
del mondo ebraico polacco, in particolare dopo la fine della Second
guerra mondiale. “Sulla falsa riga di ricostruire la storia della sua
famiglia – scrive Bidussa – ciò che Goldkorn propone è un viaggio
inquieto in quel mondo ebraico-polacco di tradizione non sionista,
laico, che ha investito speranze nel progetto bundista, il movimento
socialista ebraico antisionista, che ha rinnovato la sua speranza di
libertà e di emancipazione nella Polonia del secondo dopoguerra”.
|
|
Leggi
|
|
|
domani l'incontro con i membri della knesset
Cinque Stelle, viaggio in Israele
in cerca di visibilità oltre confine
Continua
in queste ore la visita in Israele e Cisgiordania della delegazione del
Movimento Cinque Stelle guidata dal vicepresidente della Camera Luigi
Di Maio, affiancato dai parlamentari Manlio Di Stefano e Ornella
Bertorotta . Dopo aver dichiarato da Hebron (città chiave in
Cisgiordania per il movimento terroristico di Hamas), che “se saremo al
governo, riconosceremo lo Stato palestinese”, i Cinque Stelle hanno
chiesto di visitare la Striscia di Gaza. Per questioni di sicurezza
però Gerusalemme, come ha spiegato in queste ore il portavoce
dell'ambasciata israeliana a Roma Amit Zarrouk, non ha rilasciato i
permessi per attraversare il confine. “La Striscia di Gaza è
controllata dall'organizzazione terroristica di Hamas che è un'entità
ostile ad Israele”, ha sottolineato Zarrouk, spiegando che “l'ingresso
da Israele a Gaza e viceversa deve coinvolgere permessi specifici e
speciali che sono soggetti a considerazioni di sicurezza”. Una
situazione notoriamente delicata, visto che si parla di una zona sotto
il controllo di terroristi, che i Cinque Stelle hanno semplificato
definendo la decisione israeliana, dettata appunto da esigenze di
sicurezza, come “un cattivo segnale per la pace”. Leggi
|
l'intervista a gadi luzzatto voghera
Il direttore del Cdec e l'Ebraismo “Raccontiamoci, a testa alta”
C’è
un firmamento di stemmi che accoglie a Padova il visitatore nel cortile
storico di Palazzo del Bo, il cuore di una delle più antiche università
del mondo. Sono migliaia e costellano le pareti, le volte dei
porticati, le grandi scale. “Questa è Padova, un cuore della cultura
europea e soprattutto la prima università ad aprire coraggiosamente le
porte agli ebrei. E questi sono gli stemmi, i simboli di migliaia di
studenti che hanno contribuito a scrivere pagine leggendarie di storia
della cultura e della ricerca”. Gadi Luzzatto Voghera racconta il clima
di una città che è ormai la sua, anche se le origini richiamano a
Venezia e a Trieste e prepara intanto la sua valigia metaforica per
Milano. Sarà lui il nuovo direttore della fondazione Centro di
documentazione ebraica contemporanea (Cdec), succedendo allo storico
Michele Sarfatti. E l’impegno, se non imporrà l’abbandono della città
veneta tanto amata, richiederà quantomeno lunghi periodi d’assenza da
casa. “La mia famiglia nelle generazioni si è tante volte ritrovata a
Padova”, commenta.
Un riferimento all’opera del rav Shmuel David Luzzatto, il grande Shadal?
Non solo, anche a tanti altri, a tante vicende, a tante generazioni che
nei secoli hanno fatto la Padova ebraica. Storie che dal 1400 sono
passate attraverso la gloriosa Yeshiva, poi mutatasi nel polo di
formazione rabbinica voluto da Vienna. Ma anche nella crescita di
un’università prestigiosa, dove gli ebrei, con alterne vicende, sono
stati accolti e hanno potuto dimostrare il proprio valore.
Luce e prestigio offuscati dagli anni bui…
Quando con il tradimento delle leggi razziste e persecutorie del 1938
gli ebrei furono cacciati dalle università italiane, fu forse proprio
questo ateneo a pagare uno dei prezzi più alti, vedendo allontanarsi
docenti e studiosi di altissimo valore. Gli ebrei di Padova hanno a
lungo incarnato la vocazione dell’ebraismo italiano di offrire al mondo
rabbini, giuristi, medici di valore.
Un passato ormai lontano…
È un passato che non dobbiamo dimenticare, per rendere omaggio e per
rendere giustizia a chi ci ha preceduto. Ma anche per non perdere gli
strumenti che ci consentono di interpretare e di lavorare correttamente
sul presente e di combattere per il futuro.
Guido Vitale, Pagine Ebraiche, Luglio 2016
(Ritratto di Giorgio Albertini). Leggi
|
la scomparsa del giornalista premio pulitzer
Sydney Schanberg (1934-2016)
Praticamente
il corrispondente dall’estero perfetto: un uomo d’avventura che sapeva
correre dei rischi, che non si fidava degli ufficiali ma solo di se
stesso in una zona di guerra, e scriveva vividamente allo stesso modo
di tiranni politici e militari e della sofferenza e della morte delle
loro vittime, con la passione di un testimone della storia”. Così il
New York Times descrive il suo storico reporter dall’indocina Sydney
Hillel Schanberg, deceduto ieri a New York per problemi di cuore
all’età di 82 anni. Schanberg, proveniente da una famiglia ebraica,
nato a Clinton (Massachussets) nel 1934 e diplomato ad Harvard, per
quei reportage aveva vinto un premio Pulitzer nel 1976. Successivamente
denunciò le atrocità dei comunisti cambogiani, i khmer rossi, anche nel
libro The Death and Life of Dith Pran (Penguin, 1980), da cui nel 1984
venne tratto il film del regista Roland Joffé Urla del silenzio,
vincitore di tre premi Oscar. Il protagonista del libro e del film – ma
anche della stessa vita di Schanberg, che non si arrese mai all’idea
che fosse scomparso – è appunto Dith Pran, fotoreporter cambogiano suo
amico e assistente, che era stato imprigionato nel 1975 in un campo di
lavoro dal feroce regime comunista di Pol Pot e solo nel 1979 era
riuscito a fuggire in Thailandia e poi a raggiungere gli Stati Uniti.
(Nelle immagini: in alto, Sydney Schanberg e Dith Pran mentre intervistano un soldato del governo nel 1973) Leggi
|
Essere fuori scena |
Ci
troviamo dinanzi ad una tale inflazione di sgradevoli notizie che,
anche avendone la voglia, viene quasi a mancare il tempo per
commentarle. Con quali parole, poi? Di deprecazione, di sconcerto, di
accusa o che altro? Verificatosi un episodio deprimente o angosciante
(in genere entrambe le cose nella medesima misura, l’una fronte e la
seconda retro di una stessa medaglia) se ne avvicenda un altro per poi
proseguire con l’ennesimo ancora. Si tratta di una successione
pressoché interminabile, una sequela senza fine, una sequenza
ininterrotta. Dopo di che, fatta la tara di una disposizione d’animo
forse pessimista, va riconosciuto l’improbabilità che il tempo che
stiamo vivendo sia necessariamente, se non esclusivamente, peggiore di
altri già trascorsi. Ovvero, non risponde al riscontro dei fatti
storici l’impressione, altrimenti piuttosto diffusa, che le cose oggi
vadano in un verso più oscuro e brutale rispetto ad altre epoche. Il
tasso di aggressività così come quello di prevaricazione non sono di
certo una prerogativa del presente.
Claudio Vercelli
Leggi
|
|
Il settimanAle - Re Leone
|
“In
Africa, Re Leone Bibi comincia a ruggire più forte dei palestinesi” è
intitolato il commento di Raphael Ahren, sul Times of Israel dell’8
luglio, al successo del viaggio in Africa Orientale del primo ministro
israeliano. Nel corso della visita di quattro giorni, dall’Uganda al
Kenya, dal Ruanda all’Etiopia, cominciata con una celebrazione del
quarantennale del raid di Entebbe, in collegamento ideale con l’eroico
fratello Yoni, Netanyahu si è dato da fare, con imponente dispiegamento
di forze di sicurezza, per aprire un nuovo capitolo nelle relazioni col
continente nero, centrato sull’export di tecnologia e di armi in cambio
di appoggio sul piano diplomatico. È stato ricevuto, scrive Ahren, come
il leader di una superpotenza globale.
Alessandro Treves, neuroscienziato
Leggi
|
|
|