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11 luglio 2016 - 5 Tammuz 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Paolo Sciunnach,
insegnante
Troppo spesso, in questi giorni di grandi polemiche, mi sento ribattere che al giorno d’oggi ci vorrebbe “buon senso” da parte dei Rabbanim nell’applicare la Halachah. Sono convinto che questa affermazione sia estremamente corretta. Abbiamo bisogno di guide spirituali di buon senso e buona volontà. Abbiamo bisogno di Maestri veri, che parlano con la voce del Chased e non solo con la voce del Din.
A questo scopo però dovremmo avere ben presente, a priori, la metodologia dello studio delle fonti della Halachah in modo competente, per poi poter esprimere un parere autorevole sulla applicazione della Halachah in una specifica circostanza.
 
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Anna
Foa,
storica
Che in Italia stiano crescendo gli episodi di razzismo, di violenza fisica e verbale contro immigrati, persone colpevoli di avere un colore della pelle diverso dal bianco, è evidente e ovvio, e l’assassinio del giovane rifugiato di Fermo, sfuggito a Boko Haram per finire vittima di un nazista di provincia è solo l’ultimo episodio, il più tragico. Fra l’altro, mentre tutti alzano alte grida contro i massacri dei cristiani in molti paesi islamici, pochi fra i media hanno sottolineato il fatto che anche nel caso di Emmanuel e Chinyere si trattava di cristiani perseguitati come cristiani, e che la loro bambina e le loro famiglie erano morti nell’attacco ad una chiesa.
 
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“I grillini sottovalutano
il terrorismo”
Da parte del Movimento 5Stelle c’è una forte sottovalutazione del terrorismo, in particolare della minaccia costituita dagli integralisti di Hamas per Israele e per tutte le società progredite. A sottolinearlo, in una ampia intervista a Repubblica, è la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. “In Europa si è vissuto per decenni in serenità – afferma Di Segni, che interviene con fermezza a poche ore dalla boutade della delegazione grillina che ieri ha tentato vanamente di entrare nella Striscia di Gaza, per poi lanciare deliranti accuse al governo israeliano – ma sappiamo quanto terrorismo c’è e quanto è pericoloso. Dobbiamo riconoscere il problema prima delle soluzioni, e temo che nelle parole dei 5Stelle vi sia una sottovalutazione del rischio terrorismo. La questione è italiana, non solo di quel Movimento: c’è un disagio nel riconoscere il problema. Noi possiamo essere d’aiuto nella soluzione, ma è arrivato il momento per la società italiana di maturare questa consapevolezza. Si può scegliere la strada della sicurezza oppure si può scegliere di riconoscere soggetti deboli se tolti da quella violenza che li circonda. I palestinesi starebbero meglio con una guida diversa da quella attuale”. Al giornalista che le chiede un commento sull’intenzione manifestata dal Movimento di mettere in discussione le intese tra la romana Acea e l’israeliana Mekorot, Di Segni risponde: “Mekorot è una società a partecipazione statale molto importante, affidataria della gestione delle fonti idriche in Israele. Tutta la geografia della regione poggia su queste limitatissime risorse. Temo che quella dei 5Stelle sia una presa di posizione politica aprioristica, senza conoscere la topografia e la tecnologia. Beneficiamo tutti del credito tecnologico anziché etichettarlo politicamente. Poi colpisce che si metta in discussione un’intesa tra Acea, che ha problemi di dispersione dell’acqua, e Mekorot, specializzata nel valorizzare ogni goccia della risorsa”.
Proprio ieri il parlamentare grillino Manlio Di Stefano, da Gerusalemme commentava: “Non facciamo accordi con chi opera nelle colonie, lo abbiamo detto in Parlamento e lo confermiamo”. Una posizione condivisa da non pochi colleghi di partito, improvvisati esperti di Medio Oriente e geopolitica. E d’altronde, come ricorda La Stampa, non mancano tra loro “antisionisti, complottisti e filo Hamas”.
Molteplici gli articoli di approfondimento e molteplici le voci che commentano oggi sui giornali la missione pentastellata.
 
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  davar
il presidente dell'unione a repubblica
"Terrorismo, ostacolo per la pace
I Cinque Stelle lo sottovalutano"

“Cosa dovrebbe stare alla base di un eventuale riconoscimento dello Stato palestinese da parte del governo italiano? Innanzitutto un riconoscimento al pieno diritto di esistere in sicurezza per Israele da parte della Palestina. Occorrerebbe una scelta esplicita e fattuale. Ma mi pare molto difficile che un governo europeo possa compiere un simile passo autonomamente”.
Noemi Di Segni – 47 anni, nata a Gerusalemme ma romana d’adozione – da una settimana è la nuova presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, dopo essere stata assessore al Bilancio nella giunta precedente guidata da Renzo Gattegna. Di Segni non si sottrae a una valutazione sulle posizioni assunte dai grillini nel viaggio in Israele, sulla volontà di riconoscere lo Stato della Palestina ribadita sabato da Luigi Di Maio.

Presidente, perché quelle parole non la convincono?
Ragioniamo su quanto accade in questi mesi in Europa e negli stessi Territori: il gruppo palestinese è formalmente riconosciuto come terroristico. Il nostro cuore piange le morti di chiunque, anche quelle di Israele. Ma cercando di dare un segnale di stimolo a chi porta avanti le politiche di integrazione europee – tema difficile di questi tempi – ragioniamo su chi si invita e sui valori portati dagli invitati.

Cosa teme, presidente?
In Europa si è vissuto per decenni in serenità, ma sappiamo quanto terrorismo c’è e quanto è pericoloso. Dobbiamo riconoscere il problema prima delle soluzioni, e temo che nelle parole dei 5Stelle vi sia una sottovalutazione del rischio terrorismo. La questione è italiana, non solo di quel Movimento: c’è un disagio nel riconoscere il problema. Noi possiamo essere d’aiuto nella soluzione, ma è arrivato il momento per la società italiana di maturare questa consapevolezza. Si può scegliere la strada della sicurezza oppure si può scegliere di riconoscere soggetti deboli se tolti da quella violenza che li circonda. I palestinesi starebbero meglio con una guida diversa da quella attuale.

Per lei la soluzione del conflitto israelo-palestinese può essere nella formula dei due popoli, due Stati?
È questa la strada verso cui si sta andando. Anche da parte del governo israeliano c’è stata un’apertura in questo senso, ma il presupposto è il riconoscimento reciproco del diritto all’esistenza in sicurezza. La Carta nazionale palestinese non è una Costituzione matura, ma il grido di chi cerca un’affermazione politica.

Gabriele Isman, La Repubblica
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la storica insegnante degli ebrei milanesi 
Paola Sereni (1926 - 2016)
Sono innumerevoli i messaggi di affetto e di stima che in queste ore ricordano Paola Sereni, indimenticata docente di Lettere e preside della Scuola ebraica di Milano, scomparsa questa notte all'età di 90 anni. Un punto di riferimento per generazioni di studenti e per i colleghi, le parole più usate per descrivere il segno che Sereni ha lasciato nella Comunità ebraica milanese. “La sua filosofia di vita era racchiusa nelle parole che un giorno le disse rav David Schaumann z.l. (a cui Sereni succederà come preside della scuola) – racconta a Pagine Ebraiche Claudia Bagnarelli, attuale direttrice delle scuole elementari della Keillah milanese, che con Sereni condivise un'amicizia - 'Non affannarti a piacere a tutti. È impossibile. L'importante che tu riesca a piacere a molti'. E sicuramente ci è riuscita”. Per 35 anni Paola Sereni – o La Sereni come era conosciuta da molti - ha insegnato e trasmesso ai suoi studenti l'amore per la letteratura. Le sue lezioni su Dante sono ancora fresche nella memoria di chi ha avuto la fortuna di ascoltarle. “Era una sola persona che lavorava per quattro o per cinque, lucida e vitale fino alla fine, giusta e corretta”, il ricordo di Anna Treves, docente della Scuola ebraica e assunta proprio da Sereni (alla guida dell'istituto dal 1975 al 1998) nel settembre del 1980. “Una donna forte e risoluta, non sempre facile ma di grande valore – sottolinea Roberto Jarach, assessore alla Scuola quando Sereni ne era preside – diede continuità al lavoro dai suoi predecessori, rav Colombo e rav  Schaumann, ponendo al centro l'insegnamento dei valori ebraici seppur da una posizione laica”.  “In questa giornata di lutto per la Comunità estendo a nome dell'Unione e dei suoi organismi di rappresentanza il più sentito cordoglio ai familiari, ai cari, alle molte migliaia di persone che, in molti decenni di impegno in campo educativo e formativo, ne hanno potuto apprezzare le capacità, la concretezza, l'amore per il proprio lavoro. - il messaggio del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni - Qualità messe a frutto anche all'interno dell'UCEI, come delegata all'ultimo Congresso dell'ente a Roma nel 2010, e in numerose altre occasioni di impegno fuori e dentro le istituzioni ebraiche”.
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paola sereni (1926-2016) e la liberazione
"Il 25 aprile ci restituì la scuola,
liberi di studiare e fare amicizie"

Campane, rintocchi festanti da ogni luogo. Paola Sereni, indimenticabile preside della Scuola ebraica di Milano, dove ha insegnato 35 anni, ne aveva 17 quando le note della libertà spezzarono la quiete della campagna dove si era rifugiata. La famiglia Sereni era lontana da capoluogo lombardo quando per Paola, i genitori e i fratelli la guerra finì, con quasi un anno d’anticipo rispetto al Nord Italia. “Ci eravamo nascosti in un piccolo centro delle Marche, Montottone, dove ci fingevamo semplici sfollati, con l’aiuto di una famiglia di laggiù, Giuseppe e Lucia Breccia, insieme ai loro figli – ricorda la professoressa – L’inverno 1943‐1944 era trascorso abbastanza serenamente. Avevamo anche fatto amicizia con i ragazzini. Poi i partigiani della zona fecero un’azione contro i tedeschi e loro decisero di colpire il paese per rappresaglia. Solo per miracolo non si trasformò in un’altra Marzabotto: i nazisti avevano già ucciso diverse persone, quando le suppliche del parroco riuscirono a dissuaderli dal proseguire”. Il padre e i fratelli di Paola, che come uomini rischiavano di più, nel frattempo erano rimasti nascosti in una stanza segreta. Poi le due famiglie, dieci persone, decisero che non era più sicuro stare in paese e si rifugiarono in un casolare in campagna, isolati dal mondo. “Eravamo lì da diversi giorni, non c’era luce, non c’era radio. Sapevamo che gli alleati stavano arrivando, ma non quanto ci avrebbero impiegato. E poi all’improvviso, il suono delle campane a festa, da ogni singola Chiesa del circondario. Impazzimmo di gioia, ci furono baci, abbracci, congratulazioni” ricorda, con commozione. “Bisogna esserci passati, per capire cosa significhi vivere un momento del genere”. Come spesso accade la grande Storia si intrecciò alle storie delle persone: il fratello più piccolo di Paola scappa per andare incontro all’esercito liberatore e in famiglia sale l’ansia.
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israele - il lavoro della commissione biton
A scuola di ebraismo sefardita
La questione degli ebrei spagnoli e portoghesi che più di 500 anni fa furono costretti dall’Inquisizione a convertirsi al cattolicesimo è tornata alla ribalta negli ultimi tempi quando gli stessi paesi che li cacciarono, hanno accolto i loro discendenti a braccia aperte con una legge del ritorno, che da qualche mese permette loro di riacquisire la cittadinanza persa nel corso dei secoli. E mentre negli uffici delle Comunità di Madrid e Lisbona si moltiplicano le richieste, anche in Israele si torna a parlare della questione proprio in questi giorni, in cui sono state presentate le prime misure elaborate dalla commissione Biton, guidata dal poeta di origine algerina Erez Biton e istituita dal ministro dell’Istruzione Naftali Bennet per sopperire, attraverso politiche scolastiche mirate, alla scarsa conoscenza sia del fenomeno dei cosiddetti conversos (o bnai anusim in ebraico) sia più genericamente della cultura degli ebrei sefarditi ma anche orientali in Israele – quelli che vengono chiamati ‘mizrachi’ e negli anni sono spesso rimasti ai margini della società del paese. Misure che rispondono a un’esigenza più grande di quanto si pensi, sottolinea Ashely Perry (nell’immagine), presidente dell’organizzazione Reconectar, che si occupa per l’appunto di riconnettere i discendenti dei conversos all’ebraismo. Nel corso di quasi un secolo, Reconectar ha infatti calcolato che sono tra i 10 e i 20 mila gli individui convinti di avere origini ebraiche e desiderosi di andare a fondo.
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informazione - international edition
Ghetto di Venezia, palcoscenico
per il Mercante di Shakespeare

Cinquecento anni dall’istituzione del Ghetto di Venezia, quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare. Sarà una doppia occasione di ricordo e riflessione quella che alla fine di luglio porterà in scena per la prima volta nella piazza del quartiere ebraico della città lagunare “Il mercante di Venezia”, una delle opere più conosciute del drammaturgo vissuto tra il 1564 e il 1616. Questo il tema che apre l’odierna uscita di Pagine Ebraiche International Edition.
A proposito di anniversari, in novembre ricorreranno i 50 anni dall’alluvione di Firenze, che nel 1966 portò morte e devastazione nel capoluogo toscano. Pesantemente colpita anche la comunità ebraica: tra l’altro furono gravemente danneggiati oltre novanta Sefarim (rotoli della Torah) e migliaia di libri e documenti appartenenti al Collegio rabbinico della città. Diversi enti sono al lavoro per una grande mostra che ripercorra l’accaduto in programma in autunno presso la biblioteca nazionale (tra gli altri la Fondazione Beni Culturali Ebraici Italiani, l’Opera del Tempio Ebraico di Firenze, realtà di riferimento per la conservazione, il restauro e la valorizzazione di sinagoghe e altri luoghi ebraici nel territorio, la Comunità, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e in particolare il suo Centro Bibliografico).
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pilpul
 Oltremare - Sole
Esco di fretta un mattino molto presto, il sole ancora orizzontale filtra fra i bassi palazzi della strada in cui vivo. Mentre faccio a mente il conto della montagna di cose che devo fare entro sera, vedo che qualcuno appoggia una bicicletta al lato di un muretto uscendo di casa. Ma invece di andare nell’androne a prendere un bambino, o qualcosa che deve trasportare, si ferma. Si mette esattamente nel punto in cui le case sono separate da qualche metro di passaggio, chè qui in zona tanto spazio non ce n’è. E lì, in piedi immobile, la fronte a uno spicchio di sole, a mani giunte sotto il mento e ad occhi chiusi, ringrazia. Non so dire se prega, sono certa che ringrazia.
Solo ora mi accorgo che l’uomo, dalle fattezze indiane, è vestito di lino colorato, ha i capelli perfettamente neri racolti in una coda ordinata che cola gocce d’acqua sulla camicia, segno che anche lui come me è uscito da poco dalla doccia. Non ho avuto l’istinto di fare una foto con il cellulare che pure avevo in mano, e che come ogni mattina si stava già riempiendo di vita, sotto forma di messaggi di ogni forma e urgenza. Quel fermarsi, appoggiare la bicicletta e dedicare qualche secondo o minuto a pensieri che immagino più elevati del mio conto delle email e commissioni da sbrigare, era qualcosa di intimo e personale, e mi sarei poi pentita se ne avessi rubato l’anima con un click.


Daniela Fubini, Tel Aviv
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