Paolo Sciunnach,
insegnante | “Ecco,
un popolo che da solo dimorerà e che non sarà annoverato tra le altre
popolazioni” (Bemidbar 23, 9). Come considerare le parole di Bilam,
incaricato di maledire il popolo ebraico da Balak?
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Anna
Foa,
storica | Mentre
la vecchia Europa continua a tingersi di sangue, non dimentichiamoci la
Turchia. Ieri una grande manifestazione ha portato in piazza l’altra
metà della Turchia, i laici, coloro che non hanno appoggiato il golpe
militare e hanno trovato il coraggio di protestare contro la
repressione che infuria: carcere, torture, licenziamenti, sospensione
di ogni libertà costituzionale. Non possiamo soli i turchi, mentre il
regime di Erdogan smantella pezzo a pezzo ogni conquista democratica e
ogni legalità. Cauti i commenti riportati su L’Unione informa
di ieri da parte del mondo ebraico turco, una prudenza comprensibile.
Ma bellissimo e degno di essere meditato e messo in atto, il messaggio
rivolto dalla presidente dell’UCEI Noemi Di Segni al rabbino capo di
Turchia rav Haleva per assicurargli la solidarietà di tutti gli ebrei
italiani “con gli ebrei turchi e con tutti i cittadini turchi che amano
la democrazia e la libertà”.
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Germania, incubo attentati
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In
Germania è incubo attentati. Intorno alle 16.30, nella città di
Reutlingen, non lontano da Stoccarda, un 21enne siriano, richiedente
asilo, ha massacrato a colpi di machete una donna polacca,
presumibilmente incinta, sua collega in un ristorante turco posto nei
pressi della stazione degli autobus (la polizia esclude al momento la
pista del terrorismo).
Sei ore più tardi, alle 22, davanti all’Eugene’s wine bar di Ansbach —
sempre nel sud della Germania, in Baviera — un’esplosione ha ucciso una
persona e ne ha ferite altre undici. A causare l’esplosione un ordigno,
piazzato da un profugo siriano con uno zaino spalla. Il morto è proprio
lui, l’attentatore.
“L’incubo in cui la Germania è precipitata, in queste ore, sembra non
avere più fine. In una giornata in cui i notiziari erano ancora colmi
del dolore seguito alla strage di Monaco, e riflettevano lo sgomento
dell’attentato sul treno di appena sette giorni fa – scrive il Corriere
– altri due attacchi hanno scosso i nervi di un Paese sfibrato da una
tensione inattesa, e che non accenna a diminuire”.
Così la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi
Di Segni, sul Fatto Quotidiano: “Più che fenomeno di costume, la caccia
globale ai Pokemon Go rischia di assumere sempre più i contorni di una
vera e propria patologia e ulteriore fonte che alimenta a gocce
l’oceano della violenza. Che umanità è quella che si mette alla ricerca
dei celebri mostriciattoli ad Auschwitz, nei luoghi dove si consumò il
più grave crimine mai commesso dall’uomo contro l’uomo? E a quali
codici etici e comportamentali risponde chi, tra i dirigenti della
Nintendo, permette che tutto questo accada senza porre argini e filtri?”
“Il gioco senza confini e la demenza digitale – afferma ancora Di Segni
– sono una minaccia molto grave, troppo spesso sottovalutata. Ed è
ancora più grave che vi sia chi, per fini commerciali, sfruttando tutte
le potenzialità-fragilità di queste fasce di consumatori, non si faccia
scrupoli a violare luoghi e testimonianze che dovrebbero essere
dedicati a ben altro tipo di attività. Alle autorità competenti, chiedo
di intervenire con fermezza per porre fine a questo abominio, ai
genitori che ancora possono decidere il destino dei loro figli chiedo
nelle parole di Levi, semplicemente di riflettere che questo è stato”.
Sulla questione interviene anche la presidente della Comunità ebraica
romana Ruth Dureghello, che dice: “Auschwitz non è solo un luogo sacro
per gli ebrei. È il cimitero dell’umanità, è il punto dove l’umanità ha
incontrato il baratro e ha toccato il suo punto più basso. Anche solo
pensare di poter giocare ad Auschwitz è inconcepibile”. Aggiunge
Dureghello: “Anna Frank diceva di volere credere nell’intima bontà
dell’uomo e lo stesso voglio fare anche io. Voglio credere che sia
stata una svista, un errore, una superficialità”.
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venezia, la casa degli ebrei
Un dossier per guardare al futuro
Ritorna
a Venezia con il numero di Agosto, Pagine Ebraiche: sedici pagine sono
dedicate alle manifestazioni organizzate in occasione del
cinquecentenario dell’istituzione del ghetto, che continuano a fornire
occasioni di approfondimento e di studio. Inizia oggi quella che in
molti ormai chiamano “la settimana del Mercante”, facendo riferimento
alla prima rappresentazione de “Il mercante di Venezia” nel luogo in
cui Shakespeare l’aveva immmaginato, e il ghetto si popola di
personaggi tutti da raccontare. Da Ruth Bader Ginsburg, giudice della
Corte Suprema degli Stati Uniti agli attori della Compagnia
de’Colombari, da F. Murray Abraham, lo straordinario attore che darà
voce a Shylock nel processo d’appello intentato dall’ebreo più famoso,
a Karin Coonrod e Frank London, regista e compositore delle musiche per
il Mercante, tutti si ritrovano in Campo del Ghetto, tra le antiche
case che tante storie hanno visto. Le pagine del dossier “Venezia – I
500 anni del ghetto” si propongono così come una guida ai tanti
appuntamenti in programma, ma guardano anche al futuro, iniziando a
mappare il patrimonio vivo che questo anno straordinario lascia alla
città e alla sua comunità ebraica.
Clicca qui per leggere il pdf del dossier curato da Ada Treves
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Oltremare
- Pulizia
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A
Tel Aviv passiamo il tempo a convincere noi stessi e il resto del globo
che tutto intorno a noi è Medio Oriente ma qui, almeno fra il fiume
Yarkon a nord e la fontana di Allenby a sud, è Occidente. Con i turisti
funziona abbastanza: non vedranno un solo cammello né beduini senza gps
nelle nostre strade. Troveranno invece gallerie d’arte, teatro, parchi
giochi moderni che fanno invidia a ogni adulto, e una passeggiata sul
mare perfetta.
Basta che non alzino gli occhi a guardare i fili della luce e di
qualunque altra cosa arrotolati in modo estremamente artistico ed
esposti ad ogni intemperia o gatto avventuroso, o che non guardino in
terra i marciapiedi sabbiosi e sporchi, molto meno occidentali di
quanto vorremmo ammettere.
Ma su questo polveroso punto, ci sono novità. Vengono sotto forma di
cubi semovibili con spazzoloni rotanti davanti, dietro e ai lati.
Procedono schizzando acqua a caso e a passo d’uomo, peggiorando non di
poco il traffico nelle viuzze laterali, terrorizzando i gatti, e
alzando folate di polvere che da sole posson tirare su una tempesta di
sabbia come nulla. Al lato marciapiede, marcia un omino in divisa
armato di pompa collegata, che disegna simpatici graffiti d’acqua sul
marciapiede, sposta di qualche decina di centimetri frammenti di
plastica e escrementi di cani, e mai una volta che invece innaffi
direttamente la mia bicicletta. No, dico, visto che c’è.
Acqua usata per questa pulizia: pochissima, giustamente, qui l’acqua
non si spreca. Tempi di effetto della pulizia: due ore scarse, al netto
della polvere che dopo il passaggio del camioncino si riabbassa un paio
di metri piú avanti. Strato di zozzo che si avvinghia alla mia
bicicletta ad ogni passaggio: considerevole.
Le buone notizie sono due: le mie orecchie si stanno affinando e ora so
prevedere l’arrivo di uno di questi camion pulitori ben prima che
girino l’angolo, e svicolare. E sono pronta ad ammettere qui ed ora:
anche Tel Aviv è Medio Oriente, e alla polvere ci si abitua.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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