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  26 luglio 2016 - 20 Tammuz 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
I Baalè Tosafòt per spiegare la differenza tra Moshè e Bilàm ci fanno l’esempio di un re che aveva due consiglieri. Uno dei due consiglia al figlio del re di comportarsi bene altrimenti comprometterebbe l’onore di suo padre, l’altro, viceversa, consiglia al principe di agire spregiudicatamente e come più desidera perché tanto essendo figlio di un re tutto gli verrà perdonato. 
 
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
Il 22 luglio, sotto gli auspici dell'associazione Minds of Peace, duecentocinquanta israeliani e duecentocinquanta palestinesi si sono incontrati a Tel Aviv per parlare di pace. Si sono riuniti a gruppi di venti sotto tanti gazebo in Rothschild Boulevard e per sei ore hanno dibattuto e si si sono confrontati e hanno opposto le idee degli uni a quelle degli altri. Sicuramente avranno anche alzato la voce ogni tanto. Del resto, se si vuole la pace non si può che farla con gli avversari, incontrandosi e scontrandosi, e negoziando le rispettive idee.
 
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Berlino sul terrorismo:
Non incolpiamo i profughi
Aveva giurato fedeltà all’Isis, Mohammed Deleel, l’attentatore che ad Anschbach, in Baviera, si è suicidato facendosi esplodere e ferendo 15 persone. Come racconta il Corriere, sono ancora diversi gli interrogativi aperti sul caso. Secondo le testimonianze Deleel, profugo siriano, era ossessionato dalla guerra, disprezzava i musulmani poco osservanti ma faceva uso di alcool. Non si sa quando si sia radicalizzato ma il 13 luglio aveva ricevuto la notifica di espulsione. Nella sua stanza è stato trovato materiale per fabbricare altre bombe e si cercano ora legami con una possibile rete terroristica. La matrice islamista è presente dunque nell’attacco di Anschbach ma da tenere in conto, sottolineano le autorità tedesche, anche i problemi psichiatrici di cui soffriva Deleel, con due tentativi di suicidio alle spalle E mentre a Monaco è stato arrestato un presunto complice dell’attentatore che venerdì scorso, sulla scia della strage di Utoya, ha ucciso nove persone (Corriere), da Berlino arrivano segnali chiari contro eventuali derive populiste. “Non possiamo dare la colpa ai profughi”, ha dichiarato la cancelliera Angela Merkel, che difende la sua politica delle porte aperte rispetto all’arrivo dei migranti. Su di lei però tutta la pressione della destra populista e xenofoba, sottolinea il Corriere. Secondo lo scrittore tedesco Peter Schneider, intervistato da Repubblica, l’integrazione degli immigrati è l’unica arma contro il terrorismo. Sul Sole 24 Ore, l’editoriale di Carlo Bastasin spiega, pur criticando alcune scelte tedesche, come la scelta dell’empatia da parte della Merkel sia la strada da percorre per non cadere in un vortice d’odio.

Jacobson racconta Shylock. Lo scrittore inglese Howard Jacobson – tra i protagonisti del dossier di Pagine Ebraiche curato da Ada Treves e dedicato alle iniziative e riflessioni sui 500 anni del Ghetto di Venezia – racconta, in un’intervista di Susanna Nirenstein su Repubblica, la sua visione della celebre opera shakespeariana Il Mercante di Venezia, descritta nel suo ultimo lavoro Il mio nome è Shylock (in riferimento al celebre mercante ebreo tra i protagonisti del dramma). Cosa voleva dirci Shakespeare degli ebrei? “Non son sicuro volesse esprimersi sugli ebrei. – afferma Jacobson – Che non sia una commedia antisemita non significa che sia filosemita, o che sia frutto di un qualche studio sul giudaismo. Shakespeare ereditava dal Medioevo una massa di superstizioni sugli ebrei che non aveva gli elementi per correggere, forse non conosceva nemmeno un ebreo in carne ed ossa. Ma riconosceva i pregiudizi, e capiva che questi prendono forza dalla disumanizzazione dell’oggetto della paura”.

Bauman, contro il fascino dell’uomo forte. “Di fronte a noi abbiamo sfide di una complessità che sembra insopportabile. E così aumenta il desiderio di ridurre quella complessità con misure semplici, istantanee. Questo fa crescere il fascino di “uomini forti”, che promettono – in modo irresponsabile, ingannevole, roboante – di trovare quelle misure, di risolvere la complessità”, così il celebre sociologo Zygmunt Bauman, in una grande intervista pubblicata oggi sul Corriere sui temi della sicurezza e del terrorismo. Paure e senso di insicurezza, spiega Bauman, “affondano nel nostro modo di vivere, sono segnate dall’indebolimento dei legami interpersonali, dallo sgretolamento delle comunità, dalla sostituzione della solidarietà umana con la competizione senza limiti, dalla tendenza ad affidare nelle mani di singoli la risoluzione di problemi di rilevanza più ampia, sociale”.
 
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  davar
la presidente dell'unione noemi di segni al tg2  
"La vita è la risposta al terrore.
Seguiamo l'esempio di Israele"

“Siamo vicini al popolo francese e alla sua comunità cattolica”. Il messaggio inviato nelle scorse ore dalla presidente dell'unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni alla Francia dopo il terribile attentato che ha segnato la cittadina di Saint-Etienne-du Rouvray, in Normandia. Qui due uomini armati di coltelli hanno preso degli ostaggi e ucciso un sacerdote in una chiesa, prima di essere uccisi dalla polizia. Gli attentatori hanno dichiarato di essere dell'Isis e il movimento jihadista ha rivendicato l'attacco. “Un’azione che ancora una volta sconvolge per la brutalità e la ferocia e che deve trovarci tutti uniti non solo nella condanna, ma anche nella volontà di non rinunciare a vivere appieno la nostra quotidianità. - ha affermato Di Segni - Questo vogliono i nemici delle nostre società libere e democratiche, questo è ciò che assieme ogni giorno intendiamo combattere con il massimo impegno”.

Parole ribadite anche nel corso dell'intervista alla presidente dell'Unione andata in onda ieri sera sul Tg2 delle 20.30. Vivere al tempo del terrore, confrontarsi ogni giorno con la minaccia del radicalismo islamico ma al tempo stesso non rinunciare alle proprie abitudini, i temi toccati nel corso dell'intervista. Ad essere portato come esempio il modello israeliano, già evocato in altri interventi sui giornali e in televisione da Di Segni: e cioè un alto livello di sicurezza unito all'impegno ad andare avanti nella vita di ogni giorno con la massima normalità. “In Israele si è abituati a sacrificare un margine del nostro tempo, un po' di privacy, sapendo che è necessario e importante” ha spiegato la presidente, sottolineando come sia giunto per l'Europa il tempo di “cambiare registro”. “Vivere, nonostante il pericolo. Con la forza – ha detto Di Segni – che viene proprio dalla sicurezza nella voglia di vivere”. Pericolo che ha un volto ben preciso, come sottolinea l'Assemblea rabbinica italiana, nel suo messaggio di condanna per l'attentato di Saint-Etienne-du Rouvray. “Siamo qui ad esprimere nuovamente il nostro orrore e il nostro sgomento per un atto di terrore islamista, terrore che colpisce per l’ennesima volta un luogo di culto, un sacerdote ed altri fedeli in preghiera, come precedentemente aveva colpito altre persone che trascorrevano diversi momenti della loro vita quotidiana. L’obiettivo sembra chiaro: - si legge nel testo firmato dal presidente dell'Ari rav Alfonso Arbib - l’intera nostra esistenza deve diventare ostaggio di una violenza che sembra non avere limiti. Questo non deve accadere, bisogna riconoscere il male e combatterlo e contrapporre ad esso la nostra determinazione a vivere intensamente la nostra vita sociale, culturale, religiosa. Ci siano di guida e conforto le parole del Profeta  Zaccaria (8,19): 'Amate la verità e la pace'”.
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venezia, gli ebrei, l'europa - teatro e giustizia
Shylock si prepara al processo
La preferenza per il teatro, specialmente negli ultimi anni, e una passione per i testi complessi, lo hanno portato ad aderire con entusiasmo alla proposta di partecipare a "The Merchant in Venice", ed è ora a Venezia, dove tra una passeggiata in Ghetto e incontri con i protagonisti di una settimana straordinaria si sta preparando per il processo. Domani infatti, alla Scuola Grande di San Rocco, si terrà il processo d'appello intentato da Shylock contro la Repubblica di Venezia e contro Antonio e Porzia. E F. Murray Abraham, nella foto assieme a Shaul Bassi, docente dell'Università Ca' Foscari, prima che la giuria presieduta da Ruth Bader Ginsburg emetta il suo verdetto, leggerà dei brani dal Mercante, nel ruolo di Shylock. 

Venezia, gli ebrei, l'europa - dario calimani 
Il Mercante di Venezia, storia
e finzione con Shakespeare

Due chiavi permettono di apprezzare appieno la nuova traduzione de Il mercante di Venezia ad opera di Dario Calimani (nell'immagine in basso), da poco uscita per i tipi di Marsilio e tra i protagonisti del dossier di Pagine Ebraiche, attualmente in distribuzione, dedicato ai 500 anni del ghetto di Venezia e curato da Ada Treves.
Il noto anglista veneziano chiude la sua introduzione al volume con un'affermazione pesante: dopo aver scritto che il Mercante "non è un'allegoria che oppone Antico e Nuovo Testamento. La lettura medievaleggiante è una resa di fronte alla lettera del testo e alla sua modernità" aggiunge che "ebraismo e cristianesimo sono qui due ideali mancati, privi di un modello di valori positivi: come nell’Ebreo di Malta di Marlowe, la verità non è appannaggio di nessuno. Il dramma asseconda le attese del suo pubblico e gli offre un villain che corrobori il pregiudizio storico, ma sovverte man mano i propri significati stimolando una partecipazione dialogica e problematica di spettatore e lettore che apre non a verità ultime ma a ulteriori interrogativi. La conclusione accetta la realtà com’è, irriconciliata e sospetta".
Ogni lettore o spettatore ha il compito di cercare un proprio percorso interpretativo, non è ammissibile porsi in maniera passiva di fronte a un'opera che impone molte domande, e non offre risposte. Per Calimani, "nessuna messinscena e nessuna critica esauriscono un testo in cui ogni significato è sistematicamente contraddetto".
In apertura - questa la seconda chiave - una citazione che si spiega da sola: "Belle massime, e ben enunciate anche". "Sarebbero più belle se venissero seguite." viene proprio da Il mercante di Venezia, i.2.10-11.
In conclusione del testo, inoltre, viene fatto notare come alla fine dell'opera rimanga una sensazione amara di incompletezza, dovuta - scrive Calimani - all'incapacità di tutti i personaggi di armonizzare la necessità con il riconoscimento e con la riconoscenza, l’amore con il disinteresse, il dovere con il diritto, la giustizia con l’umanità, la misericordia con la giustizia, la società con il diverso, l’uomo con l’uomo.
Riproponiamo qui la prima parte dell'introduzione.

Complicata dalla storia dell’antisemitismo, la rappresentazione e la lettura del Mercante di Venezia sono, oggi più che mai, una sfida alla capacità di comprensione e all’onestà degli interpreti. Nella figura dell’usuraio ebreo, che chiede al mercante cristiano una libbra di carne a garanzia di un prestito, Il mercante di Venezia compendia secoli di pregiudizio antiebraico: l’ebreo, discendente di deicidi, estraneo per eccellenza e disumano profittatore, è l’essere per il quale qualsiasi vessazione non è che giusta punizione; un’immagine dell’ebreo che, per oltre quattrocento anni, il Mercante ha contribuito non poco a trasmettere. Non sorprende che l’epoca moderna, con censure mirate, pietose riletture o ignominiose strumentalizzazioni, abbia fatto pagare al dramma la spinosità del soggetto e di una figura che ha sempre costituito per la storia un problema in sé; da un lato, l’imbarazzo dell’Ottocento dava rilievo alla tragedia dell’ebreo omettendo il quinto atto, dall’altro, la propaganda nazista proponeva rappresentazioni repellenti.
Sospeso fra storia e finzione, il Mercante riflette e rappresenta la crisi culturale dell’Inghilterra elisabettiana nel suo rapporto con lo straniero. Shylock è in effetti il frutto, forse avvelenato, di una cultura che con ebrei dichiarati non ha più contatti dal 1290, anno della loro cacciata dal paese. Al tempo di Shakespeare, il centinaio di ebrei che vivono a Londra sono conversos, ebrei fattisi cattolici dopo l’espulsione dalla penisola iberica (nel 1492 dalla Spagna, nel 1497 dal Portogallo in seguito a una conversione di massa forzata), riconvertiti al protestantesimo anglicano, e praticanti il criptogiudaismo dei marrani.

(Nella prima immagine, Riva degli Schiavoni, opera di Leandro di Ponte Bassano).
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venezia, gli ebrei, l'europa - shakespeare   
Il Ghetto diventa un palcoscenico
Il Mercante scende in Campo 

Una prova generale emozionante, affollata più di una prima, con il Ghetto che per la prima volta si è trasformato nella scenografia di quel Mercante di Venezia che, nonostante non sia mai esistito, è l'ebreo cittadino più famoso di tutti i tempi. Una regia coraggiosa, quella di Karin Coonrod, che per amore del testo - come ha spiegato qualche giorno prima della prova generale a Pagine Ebraiche - ha deciso di scavarlo a fondo e quindi di permettersi qualche libertà. Ma non quella libertà insidiosa che nei secoli ha portato ai tagli più diversi, molto simili a forme di censura preventiva, volti a mitigare gli aspetti più controversi di un'opera che continua a far discutere, bensì interventi forti, in diverse lingue, fatti con l'intenzione opposta: riportare alla luce il valore e la complessità di un testo con cui è impossibile non confrontarsi. Dall'emozione - il famoso monologo di Shylock ha colpito tutti - alla frustrazione per la difficoltà di cogliere appieno le parole, rischio degli spettacoli all'aria aperta, dall'entusiasmo a qualche critica, il Mercante di Venezia, qui declinato come "The Merchant in Venice", a quattrocento anni dalla morte di Shakespeare e a cinque secoli dall'istituzione del Ghetto, continua a far discutere. Shylock è tornato.

(La fotografia delle prove generali che ritrae Sorab Wadia, Stefano Scherini, Ned Eisenberg, Adriano Iurissevich e Linda Powell è di Andrea Messana)
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venezia, gli ebrei, l'europa - redazione aperta
Shylock, l'uomo dai mille volti
I diversi e molteplici volti di Shylock, il rapporto di Shakespeare con la religione, la descrizione di una società complessa, lo sfondo di una città unica. Sono molti gli spunti che Il mercante di Venezia offre a chi lo studia a fondo, come dimostra l'incontro tenutosi ieri in occasione Shakespeare in Venice Summer School. The Shylock Projet. L'iniziativa, alla sua seconda edizione, si svolge in questi giorni alla Fondazione Giorgio Cini, sull'Isola di San Giorgio Maggiore, ed è uno degli appuntamenti parte del programma di Redazione aperta, il laboratorio giornalistico organizzato dalla redazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a Trieste e quest'anno anche a Venezia.
La Shakespeare in Venice Summer School è organizzata dal Centro Studi Teatro e Melodramma, in collaborazione con l'Università Ca' Foscari e con il patrocinio del Comitato per i cinquecento anni del Ghetto di Venezia. Tra i protagonisti dell'incontro di ieri, il ricercatore del Shakespeare Institute dell'Università di Birmingham Paul Edmonson, con un intervento dal titolo "Christianity " (La cristianità e il Mercante), e il presidente del Shakespeare Birthplace Trust Stanley Wells, intervenuto con una relazione dal titolo "Shylocks", incentrata sui molti volti del celebre personaggio.
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venezia, gli ebrei, l'europa 
Melodie yiddish in Laguna
È stato il violinista ungherese Roby Lakatos, accompagnato da Wilmos Csikos, Pal Szomora e Kaman Czeki, ad aprire il concerto organizzato dalla Venice International University con il patrocinio di Città di Venezia e del Comitato per i cinquecento anni del Ghetto di Venezia. Introdotti dall'ambasciatore Umberto Vattani, che ha voluto ringraziare i numerosi rappresentanti delle istituzioni che si sono recati all'auditorium dell'università sull'isola di San Servolo per il concerto "Notes from the Ghetto". Gli strumentisti
sono stati presto raggiunti in scena da Myriam Fuks, che con la sua voce potente ha proposto un repertorio di canzoni yiddish. Fra una melodia e l'altra, mescolando francese, inglese e qualche parola in italiano, ha spiegato al pubblico le storie contenute nelle canzoni, voci di un mondo che non esiste più. 

pilpul
La domanda che pesa sull'Europa
Qualche mese fa il quesito pertinente sembrava: c'è un futuro per gli ebrei in Europa? Oggi ci si chiede piuttosto: c'è un futuro per l'Europa?

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
 


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