Roberto
Della Rocca,
rabbino
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I
Baalè Tosafòt per spiegare la differenza tra Moshè e Bilàm ci fanno
l’esempio di un re che aveva due consiglieri. Uno dei due consiglia al
figlio del re di comportarsi bene altrimenti comprometterebbe l’onore
di suo padre, l’altro, viceversa, consiglia al principe di agire
spregiudicatamente e come più desidera perché tanto essendo figlio di
un re tutto gli verrà perdonato.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Il
22 luglio, sotto gli auspici dell'associazione Minds of Peace,
duecentocinquanta israeliani e duecentocinquanta palestinesi si sono
incontrati a Tel Aviv per parlare di pace. Si sono riuniti a gruppi di
venti sotto tanti gazebo in Rothschild Boulevard e per sei ore hanno
dibattuto e si si sono confrontati e hanno opposto le idee degli uni a
quelle degli altri. Sicuramente avranno anche alzato la voce ogni
tanto. Del resto, se si vuole la pace non si può che farla con gli
avversari, incontrandosi e scontrandosi, e negoziando le rispettive
idee.
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Berlino sul terrorismo:
Non incolpiamo i profughi
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Aveva
giurato fedeltà all’Isis, Mohammed Deleel, l’attentatore che ad
Anschbach, in Baviera, si è suicidato facendosi esplodere e ferendo 15
persone. Come racconta il Corriere, sono ancora diversi gli
interrogativi aperti sul caso. Secondo le testimonianze Deleel, profugo
siriano, era ossessionato dalla guerra, disprezzava i musulmani poco
osservanti ma faceva uso di alcool. Non si sa quando si sia
radicalizzato ma il 13 luglio aveva ricevuto la notifica di espulsione.
Nella sua stanza è stato trovato materiale per fabbricare altre bombe e
si cercano ora legami con una possibile rete terroristica. La matrice
islamista è presente dunque nell’attacco di Anschbach ma da tenere in
conto, sottolineano le autorità tedesche, anche i problemi psichiatrici
di cui soffriva Deleel, con due tentativi di suicidio alle spalle E
mentre a Monaco è stato arrestato un presunto complice dell’attentatore
che venerdì scorso, sulla scia della strage di Utoya, ha ucciso nove
persone (Corriere), da Berlino arrivano segnali chiari contro eventuali
derive populiste. “Non possiamo dare la colpa ai profughi”, ha
dichiarato la cancelliera Angela Merkel, che difende la sua politica
delle porte aperte rispetto all’arrivo dei migranti. Su di lei però
tutta la pressione della destra populista e xenofoba, sottolinea il
Corriere. Secondo lo scrittore tedesco Peter Schneider, intervistato da
Repubblica, l’integrazione degli immigrati è l’unica arma contro il
terrorismo. Sul Sole 24 Ore, l’editoriale di Carlo Bastasin spiega, pur
criticando alcune scelte tedesche, come la scelta dell’empatia da parte
della Merkel sia la strada da percorre per non cadere in un vortice
d’odio.
Jacobson racconta Shylock. Lo scrittore inglese Howard Jacobson – tra i
protagonisti del dossier di Pagine Ebraiche curato da Ada Treves e
dedicato alle iniziative e riflessioni sui 500 anni del Ghetto di
Venezia – racconta, in un’intervista di Susanna Nirenstein su
Repubblica, la sua visione della celebre opera shakespeariana Il
Mercante di Venezia, descritta nel suo ultimo lavoro Il mio nome è
Shylock (in riferimento al celebre mercante ebreo tra i protagonisti
del dramma). Cosa voleva dirci Shakespeare degli ebrei? “Non son sicuro
volesse esprimersi sugli ebrei. – afferma Jacobson – Che non sia una
commedia antisemita non significa che sia filosemita, o che sia frutto
di un qualche studio sul giudaismo. Shakespeare ereditava dal Medioevo
una massa di superstizioni sugli ebrei che non aveva gli elementi per
correggere, forse non conosceva nemmeno un ebreo in carne ed ossa. Ma
riconosceva i pregiudizi, e capiva che questi prendono forza dalla
disumanizzazione dell’oggetto della paura”.
Bauman, contro il fascino dell’uomo forte. “Di fronte a noi abbiamo
sfide di una complessità che sembra insopportabile. E così aumenta il
desiderio di ridurre quella complessità con misure semplici,
istantanee. Questo fa crescere il fascino di “uomini forti”, che
promettono – in modo irresponsabile, ingannevole, roboante – di trovare
quelle misure, di risolvere la complessità”, così il celebre sociologo
Zygmunt Bauman, in una grande intervista pubblicata oggi sul Corriere
sui temi della sicurezza e del terrorismo. Paure e senso di
insicurezza, spiega Bauman, “affondano nel nostro modo di vivere, sono
segnate dall’indebolimento dei legami interpersonali, dallo
sgretolamento delle comunità, dalla sostituzione della solidarietà
umana con la competizione senza limiti, dalla tendenza ad affidare
nelle mani di singoli la risoluzione di problemi di rilevanza più
ampia, sociale”.
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la presidente dell'unione noemi di segni al tg2
"La vita è la risposta al terrore.
Seguiamo l'esempio di Israele"
“Siamo
vicini al popolo francese e alla sua comunità cattolica”. Il messaggio
inviato nelle scorse ore dalla presidente dell'unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Noemi Di Segni alla Francia dopo il terribile
attentato che ha segnato la cittadina di Saint-Etienne-du Rouvray, in
Normandia. Qui due uomini armati di coltelli hanno preso degli ostaggi
e ucciso un sacerdote in una chiesa, prima di essere uccisi dalla
polizia. Gli attentatori hanno dichiarato di essere dell'Isis e il
movimento jihadista ha rivendicato l'attacco. “Un’azione che ancora una
volta sconvolge per la brutalità e la ferocia e che deve trovarci tutti
uniti non solo nella condanna, ma anche nella volontà di non rinunciare
a vivere appieno la nostra quotidianità. - ha affermato Di Segni -
Questo vogliono i nemici delle nostre società libere e democratiche,
questo è ciò che assieme ogni giorno intendiamo combattere con il
massimo impegno”.
Parole
ribadite anche nel corso dell'intervista alla presidente dell'Unione
andata in onda ieri sera sul Tg2 delle 20.30. Vivere al tempo del
terrore, confrontarsi ogni giorno con la minaccia del radicalismo
islamico ma al tempo stesso non rinunciare alle proprie abitudini, i
temi toccati nel corso dell'intervista. Ad essere portato come esempio
il modello israeliano, già evocato in altri interventi sui giornali e
in televisione da Di Segni: e cioè un alto livello di sicurezza unito
all'impegno ad andare avanti nella vita di ogni giorno con la massima
normalità. “In Israele si è abituati a sacrificare un margine del
nostro tempo, un po' di privacy, sapendo che è necessario e importante”
ha spiegato la presidente, sottolineando come sia giunto per l'Europa
il tempo di “cambiare registro”. “Vivere, nonostante il pericolo. Con
la forza – ha detto Di Segni – che viene proprio dalla sicurezza nella
voglia di vivere”. Pericolo che ha un volto ben preciso, come
sottolinea l'Assemblea rabbinica italiana, nel suo messaggio di
condanna per l'attentato di Saint-Etienne-du Rouvray. “Siamo qui ad
esprimere nuovamente il nostro orrore e il nostro sgomento per un atto
di terrore islamista, terrore che colpisce per l’ennesima volta un
luogo di culto, un sacerdote ed altri fedeli in preghiera, come
precedentemente aveva colpito altre persone che trascorrevano diversi
momenti della loro vita quotidiana. L’obiettivo sembra chiaro: - si
legge nel testo firmato dal presidente dell'Ari rav Alfonso Arbib -
l’intera nostra esistenza deve diventare ostaggio di una violenza che
sembra non avere limiti. Questo non deve accadere, bisogna riconoscere
il male e combatterlo e contrapporre ad esso la nostra determinazione a
vivere intensamente la nostra vita sociale, culturale, religiosa. Ci
siano di guida e conforto le parole del Profeta Zaccaria (8,19):
'Amate la verità e la pace'”. Leggi
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venezia, gli ebrei, l'europa - teatro e giustizia
Shylock si prepara al processo
La
preferenza per il teatro, specialmente negli ultimi anni, e una
passione per i testi complessi, lo hanno portato ad aderire con
entusiasmo alla proposta di partecipare a "The Merchant in Venice", ed
è ora a Venezia, dove tra una passeggiata in Ghetto e incontri con i
protagonisti di una settimana straordinaria si sta preparando per il
processo. Domani infatti, alla Scuola Grande di San Rocco, si terrà il
processo d'appello intentato da Shylock contro la Repubblica di Venezia
e contro Antonio e Porzia. E F. Murray Abraham, nella foto assieme a
Shaul Bassi, docente dell'Università Ca' Foscari, prima che la giuria
presieduta da Ruth Bader Ginsburg emetta il suo verdetto, leggerà dei
brani dal Mercante, nel ruolo di Shylock.
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Venezia, gli ebrei, l'europa - dario calimani
Il Mercante di Venezia, storia
e finzione con Shakespeare
Due
chiavi permettono di apprezzare appieno la nuova traduzione de Il
mercante di Venezia ad opera di Dario Calimani (nell'immagine in
basso), da poco uscita per i tipi di Marsilio e tra i protagonisti del
dossier di Pagine Ebraiche, attualmente in distribuzione, dedicato ai
500 anni del ghetto di Venezia e curato da Ada Treves.
Il noto anglista
veneziano chiude la sua introduzione al volume con un'affermazione
pesante: dopo aver scritto che il Mercante "non è un'allegoria che
oppone Antico e Nuovo Testamento. La lettura medievaleggiante è una
resa di fronte alla lettera del testo e alla sua modernità" aggiunge
che "ebraismo e cristianesimo sono qui due ideali mancati, privi di un
modello di valori positivi: come nell’Ebreo di Malta di Marlowe, la
verità non è appannaggio di nessuno. Il dramma asseconda le attese del
suo pubblico e gli offre un villain che corrobori il pregiudizio
storico, ma sovverte man mano i propri significati stimolando una
partecipazione dialogica e problematica di spettatore e lettore che
apre non a verità ultime ma a ulteriori interrogativi. La conclusione
accetta la realtà com’è, irriconciliata e sospetta".
Ogni lettore o spettatore
ha il compito di cercare un proprio percorso interpretativo, non è
ammissibile porsi in maniera passiva di fronte a un'opera che impone
molte domande, e non offre risposte. Per Calimani, "nessuna messinscena
e nessuna critica esauriscono un testo in cui ogni significato è
sistematicamente contraddetto".
In apertura - questa la
seconda chiave - una citazione che si spiega da sola: "Belle massime, e
ben enunciate anche". "Sarebbero più belle se venissero seguite." viene
proprio da Il mercante di Venezia, i.2.10-11.
In conclusione del testo,
inoltre, viene fatto notare come alla fine dell'opera rimanga una
sensazione amara di incompletezza, dovuta - scrive Calimani -
all'incapacità di tutti i personaggi di armonizzare la necessità con il
riconoscimento e con la riconoscenza, l’amore con il disinteresse, il
dovere con il diritto, la giustizia con l’umanità, la misericordia con
la giustizia, la società con il diverso, l’uomo con l’uomo.
Riproponiamo qui la prima parte dell'introduzione.
Complicata
dalla storia dell’antisemitismo, la rappresentazione e la lettura del
Mercante di Venezia sono, oggi più che mai, una sfida alla capacità di
comprensione e all’onestà degli interpreti. Nella figura dell’usuraio
ebreo, che chiede al mercante cristiano una libbra di carne a garanzia
di un prestito, Il mercante di Venezia compendia secoli di pregiudizio
antiebraico: l’ebreo, discendente di deicidi, estraneo per eccellenza e
disumano profittatore, è l’essere per il quale qualsiasi vessazione non
è che giusta punizione; un’immagine dell’ebreo che, per oltre
quattrocento anni, il Mercante ha contribuito non poco a trasmettere.
Non sorprende che l’epoca moderna, con censure mirate, pietose
riletture o ignominiose strumentalizzazioni, abbia fatto pagare al
dramma la spinosità del soggetto e di una figura che ha sempre
costituito per la storia un problema in sé; da un lato, l’imbarazzo
dell’Ottocento dava rilievo alla tragedia dell’ebreo omettendo il
quinto atto, dall’altro, la propaganda nazista proponeva
rappresentazioni repellenti.
Sospeso fra storia e finzione, il Mercante riflette e rappresenta la
crisi culturale dell’Inghilterra elisabettiana nel suo rapporto con lo
straniero. Shylock è in effetti il frutto, forse avvelenato, di una
cultura che con ebrei dichiarati non ha più contatti dal 1290, anno
della loro cacciata dal paese. Al tempo di Shakespeare, il centinaio di
ebrei che vivono a Londra sono conversos, ebrei fattisi cattolici dopo
l’espulsione dalla penisola iberica (nel 1492 dalla Spagna, nel 1497
dal Portogallo in seguito a una conversione di massa forzata),
riconvertiti al protestantesimo anglicano, e praticanti il
criptogiudaismo dei marrani.
(Nella prima immagine,
Riva degli Schiavoni, opera di Leandro di Ponte Bassano). Leggi
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venezia, gli ebrei, l'europa - shakespeare
Il Ghetto diventa un palcoscenico
Il Mercante scende in Campo
Una
prova generale emozionante, affollata più di una prima, con il Ghetto
che per la prima volta si è trasformato nella scenografia di quel
Mercante di Venezia che, nonostante non sia mai esistito, è l'ebreo
cittadino più famoso di tutti i tempi. Una regia coraggiosa, quella di
Karin Coonrod, che per amore del testo - come ha spiegato qualche
giorno prima della prova generale a Pagine Ebraiche - ha deciso di
scavarlo a fondo e quindi di permettersi qualche libertà. Ma non quella
libertà insidiosa che nei secoli ha portato ai tagli più diversi, molto
simili a forme di censura preventiva, volti a mitigare gli aspetti più
controversi di un'opera che continua a far discutere, bensì interventi
forti, in diverse lingue, fatti con l'intenzione opposta: riportare
alla luce il valore e la complessità di un testo con cui è impossibile
non confrontarsi. Dall'emozione - il famoso monologo di Shylock ha
colpito tutti - alla frustrazione per la difficoltà di cogliere appieno
le parole, rischio degli spettacoli all'aria aperta, dall'entusiasmo a
qualche critica, il Mercante di Venezia, qui declinato come "The
Merchant in Venice", a quattrocento anni dalla morte di Shakespeare e a
cinque secoli dall'istituzione del Ghetto, continua a far discutere.
Shylock è tornato.
(La fotografia delle prove generali che ritrae Sorab Wadia, Stefano
Scherini, Ned Eisenberg, Adriano Iurissevich e Linda Powell è di Andrea
Messana) Leggi
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venezia, gli ebrei, l'europa - redazione aperta
Shylock, l'uomo dai mille volti
I
diversi e molteplici volti di Shylock, il rapporto di Shakespeare con
la religione, la descrizione di una società complessa, lo sfondo di una
città unica. Sono molti gli spunti che Il mercante di Venezia offre a
chi lo studia a fondo, come dimostra l'incontro tenutosi ieri in
occasione Shakespeare in Venice Summer School. The Shylock Projet.
L'iniziativa, alla sua seconda edizione, si svolge in questi giorni
alla Fondazione Giorgio Cini, sull'Isola di San Giorgio Maggiore, ed è
uno degli appuntamenti parte del programma di Redazione aperta, il
laboratorio giornalistico organizzato dalla redazione dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane a Trieste e quest'anno anche a Venezia.
La Shakespeare in Venice Summer School è organizzata dal Centro Studi
Teatro e Melodramma, in collaborazione con l'Università Ca' Foscari e
con il patrocinio del Comitato per i cinquecento anni del Ghetto di
Venezia. Tra i protagonisti dell'incontro di ieri, il ricercatore del
Shakespeare Institute dell'Università di Birmingham Paul Edmonson, con
un intervento dal titolo "Christianity " (La cristianità e il
Mercante), e il presidente del Shakespeare Birthplace Trust Stanley
Wells, intervenuto con una relazione dal titolo "Shylocks", incentrata
sui molti volti del celebre personaggio. Leggi
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venezia, gli ebrei, l'europa
Melodie yiddish in Laguna
È
stato il violinista ungherese Roby Lakatos, accompagnato da Wilmos
Csikos, Pal Szomora e Kaman Czeki, ad aprire il concerto organizzato
dalla Venice International University con il patrocinio di Città di
Venezia e del Comitato per i cinquecento anni del Ghetto di Venezia.
Introdotti dall'ambasciatore Umberto Vattani, che ha voluto ringraziare
i numerosi rappresentanti delle istituzioni che si sono recati
all'auditorium dell'università sull'isola di San Servolo per il
concerto "Notes from the Ghetto". Gli strumentisti
sono stati presto raggiunti in scena da Myriam Fuks, che con la sua
voce potente ha proposto un repertorio di canzoni yiddish. Fra una
melodia e l'altra, mescolando francese, inglese e qualche parola in
italiano, ha spiegato al pubblico le storie contenute nelle canzoni,
voci di un mondo che non esiste più.
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La domanda che pesa sull'Europa |
Qualche
mese fa il quesito pertinente sembrava: c'è un futuro per gli ebrei in
Europa? Oggi ci si chiede piuttosto: c'è un futuro per l'Europa?
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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