Roberto
Della Rocca,
rabbino
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"Quando
ci sarà presso di te un povero… non dovrai chiudere la tua mano verso
di lui…” (Devarim, 15; 7). È uno dei tanti versi che abbiamo letto
nella parashah dello scorso Shabbat con i quali la Torah ci spinge ad
aiutare gli indigenti. Se traduciamo questo verso alla lettera potremmo
leggere “..quando un povero è in te stesso…..”. Questo è uno dei
significati di questo passaggio. Capire che in ognuno di noi alberga la
povertà, e che da un momento all’altro anche chi vive nel benessere
potrebbe cadere nell’indigenza.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Ieri
sera è accaduto quello che nessun ebreo italiano vorrebbe che mai
accadesse: Italia contro Israele sul campo di calcio. Di solito
l’antisemita ti chiede “se l’Italia facesse la guerra a Israele, tu per
chi terresti?”. Per fortuna c’è un mare di mezzo. Un mare che tuttavia
non impedisce che i due paesi si incontrino per giocare a calcio.
Non sono un gran tifoso, ma non sono riuscito a staccare gli occhi dal
teleschermo, anche se con il volume al minimo, mentre ascoltavo Daniel
Barenboim che dal mio studio dirigeva la quarta di Bruckner alla BBC.
Imperdibile!
Gli italiani attaccavano e speravi che facessero un bel gol. Poi gli
israeliani contrattaccavano, e speravi in un incredibile gol di Zahavi.
Insomma, mai assistito a una partita di calcio con tanto
contraddittoria passione.
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Torinodanza, Eno
rovina la festa
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Aderisce
al boicottaggio di Israele l’artista e produttore Brian Eno, che a
Torino nega l’utilizzo di una delle sue musiche alla Batsheva Dance
Company, la popolare compagnia israeliana diretta da Ohad Naharin che
questa sera al Palazzo Regio inaugura Torinodanza. Una decisione che
riporta al centro delle cronache italiane i veleni del Bds e la
trasversalità delle azioni di rifiuto dello Stato ebraico. “Abbiamo
rispettato in pieno il desiderio di Mr Eno – sostiene il management
della Batsheva, le cui parole sono riportate tra gli altri dalla Stampa
– e sostituito la musica nel pezzo ‘Humus’. Con grande tristezza in
quanto crediamo che questo genere di azione sia inutile e non dia
nessun contributo alla soluzione del conflitto, a porre termine
all’occupazione e a portare la pace nella nostra regione. Ohad Naharin
è stato un attivista politico per anni all’interno di Israele e non ha
mai esitato ad esprimersi sulla situazione sulla Striscia di Gaza. II
suo profondo impegno per la libertà dello spirito umano si riflette nel
suo operato come nelle creazioni artistiche”. Questa la posizione
espressa dal direttore della manifestazione, Gigi Cristoforetti: “Eno
ha fatto bene se in coscienza non se la sentiva. Però la nostra scelta
di invitare uno spettacolo bellissimo non è in alcun modo politica. E
pura arte e dentro un teatro la politica non deve entrare, al di là
delle opinioni personali di ciascuno, che vanno rispettate”.
Scompare alla soglia dei 95 anni Enrica Zarfati, l’ultima ebrea romana
sopravvissuta ad Auschwitz ancora in vita. “Abitante storica del
quartiere Garbatella, aveva raccontato la Shoah, mantenendo viva la
memoria di quell’orrore, testimone coraggiosa e lottatrice determinata
contro ogni forma di negazionismo” la ricorda in una nota la Comunità
ebraica della Capitale. “Ci uniamo al dolore della sua famiglia, dei
suoi cari, dei tanti che da lei hanno appreso una lezione di impegno e
di coraggio. Sia il suo ricordo di benedizione” dice la presidente UCEI
Noemi Di Segni.
Se fosse uno scatto di epoca fascista potrebbero essere tanti piccoli
balilla, scrive Repubblica. E invece sono 13 ragazzi che hanno
partecipato alla tre giorni “Camelot skinhead” nel trevigiano,
immortalati mentre posano con il braccio alzato per imitare il saluto
nazista. Forte protesta dell’Anpi, non appena lo scatto è diventato
virale in rete.
Su La Stampa, si racconta il viaggio che rabbini da tutto il mondo
intraprendono in queste ore in Calabria alla ricerca dei cedri più
belli per la festa di Sukkot. Un racconto suggestivo, macchiato però da
questo passaggio davvero sconcertante: “Ogni frutto viene venduto dagli
agricoltori a 10 euro – si legge – per essere poi rivenduto dagli ebrei
a una cifra che va dai 300 ai 400 euro”.
In arrivo nel quartiere ebraico romano alcuni pilomat, i dissuasori
semiautomatici a scomparsa che possono impedire il passaggio delle
auto. “Completate le opere – scrive Repubblica – saranno rilasciati
permessi ai genitori dei bambini delle scuole ebraiche e anche
regolamentato il carico e lo scarico merci per ristoranti e attività
commerciali”.
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al teatro regio lo spettacolo di ohad naharin
Torinodanza sceglie Israele,
Batsheva apre la kermesse
“Corpi
che si muovono con la precisione delle spade dei samurai. Gambe,
braccia e schiene che si stendono e flettono creando forme nello stesso
istante in cui le distruggono. Sensualità plastica e chirurgica dei
gesti che lascia negli occhi il desiderio che la danza non finisca
mai". È con queste parole che il programma di Torinodanza, la rassegna
dedicata alla danza nell'ambito del festival MiTo, descrive lo
spettacolo Tre di Ohad Naharin, una creazione in tre pezzi del 2005
creata per la compagnia israeliana Batsheva Dance Company. Una
coreografia avanguardistica scelta per l'inaugurazione della kermesse,
che si terrà stasera al Teatro Regio, primo appuntamento di due mesi di
esibizioni di ballerini e artisti di tutto il mondo.
In Tre i danzatori si muovono secondo i principi di “Gaga”, una tecnica
che si basa sulla comprensione individuale del corpo e dei suoi limiti
e invita a trascenderli, trasformando il movimento in emozione. Un
processo che rappresenta il senso di questa edizione di Torinodanza
illustrato dal direttore Gigi Cristoforetti, il quale ha paragonato il
festival a un "essere vivente, ricco di segni stratificati, che
rimandano a tempi, a situazioni, a emozioni e ricordi". Unica nota
stonata risulta la decisione dell’artista e produttore Brian Eno, il
quale ha negato alla Batsheva Dance Company l’utilizzo di una delle sue
musiche per lo spettacolo, per motivi politici. Il musicista aderisce
infatti alla velenosa campagna del BDS, il movimento che invita al
boicottaggio di Israele. La Compagnia ha fatto sapere, tramite
Cristoforetti, di aver sostituito la musica di Eno con un brano
originale di Ohad Fishof. “Abbiamo rispettato in pieno il desiderio di
Mr Eno – conferma il management della Batsheva, le cui parole sono
riportate sulla stampa italiana – e sostituito la musica nel pezzo
‘Humus’. Con grande tristezza in quanto crediamo che questo genere di
azione sia inutile e non dia nessun contributo alla soluzione del
conflitto, a porre termine all’occupazione e a portare la pace nella
nostra regione. Ohad Naharin è stato un attivista politico per anni
all’interno di Israele e non ha mai esitato ad esprimersi sulla
situazione sulla Striscia di Gaza. II suo profondo impegno per la
libertà dello spirito umano si riflette nel suo operato come nelle
creazioni artistiche”. Leggi
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uk - La risposta alla crisi dei migranti
La solidarietà ai profughi siriani
nel segno dell'etica ebraica
"Proviamo
un’empatia particolare, come ebrei, nei confronti dello straniero, e
credo che nella nostra comunità ci sia un desiderio di assistere, che
va al di là della nazionalità di ogni individuo”. Lo aveva dichiarato
Paul Anticoni, direttore dell’organizzazione umanitaria ebraica
britannica World Jewish Relief, al lancio, esattamente un anno fa, di
una campagna di aiuti per i migranti provenienti dalla Siria e dalla
regione circostante. Una risposta alla crisi di cui dodici mesi dopo
vengono presentati gli esiti: sono più di 17.500 le persone a cui
l’organizzazione ha offerto soccorso, per lo più in Grecia e in
Turchia, fornendo 3169 coperte e giacche perché i bambini potessero
superare l’inverno nei campi profughi turchi al confine con la Siria e
2050 kit di materiali scolastici, e curando 4837 rifugiati in Grecia,
dove sono arrivati anche acqua, cibo e vestiti caldi per altri 7474
individui. Leggi
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Il decalogo del terremotato |
Nei
giorni in cui – giustamente – tutti parlano del terremoto, ho
recuperato sul web un documento interessante, solo in parte indebolito
dal tono barricadero e antagonista che non rende giustizia completa al
grande lavoro dei soccorritori. Si tratta del “decalogo del terremotato
e della terremotata consapevole”, elaborato a suo tempo dal Collettivo
3,32 L’Aquila, in occasione dunque della tragedia del 2009. Lo riporto
integralmente, con l’avvertenza di cui sopra, come memento efficace e
spunto di riflessione nell’inevitabile mare di banalità post-sisma: 1)
Non disperdetevi come comunità e non fatevi mettere gli uni contro gli
altri; 2) Restate in sicurezza, ma non lasciatevi allontanare dalle
vostre case e dalle vostre proprietà; 3) Non fatevi rinchiudere in
campi recintati con la scusa di essere protetti; 4) Mantenete la vostra
consapevolezza e autonomia; 5) Vi convinceranno che non siete
autosufficienti e proveranno a ospedalizzarvi: non lo permette! Ogni
gesto quotidiano deve restare vostro; 6) Non fatevi raccontare dai
media quello che vi succede, siate protagonisti dell’informazione e
diffondetela voi, i mezzi non mancano; 7) Chiedete da subito controllo
e trasparenza sulla gestione di tutto quello che vi riguarda:
solidarietà, aiuti, fondi ecc. 8) Fate che l’emergenza non diventi
lungodegenza: ai commissari fa comodo, alla vostra comunità no; 9)
Pretendete di partecipare da subito a ogni scelta sul vostro futuro;
10) Non lasciate devastare il vostro territorio con la scusa della
ricostruzione. Insomma, nonostante tutto quello che vi diranno sulla
solidarietà, ricordatevi che per qualcuno il terremotato è da spolpare:
occhio a sciacalli e avvoltoi!”.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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La Libia e il suo lager italiano |
Il
campo di Giado, situato a sud di Tripoli in Libia, fu il peggiore dei
campi di concentramento italiani in Africa settentrionale. In origine,
una vecchia caserma italiana, fu il più spaventoso dei campi di
detenzione e di lavori forzati, dove per ordine di Mussolini nel
febbraio del ’42 fu deportata l’intera popolazione ebraica della
Cirenaica.
Nel gennaio del 1939, Italo Balbo aveva suggerito di “attutire”
l’impatto della legislazione razzista nei territori coloniali poiché
gli ebrei erano ormai da considerarsi dei “fantasmi morenti”, che non
potevano comportare alcun pericolo per la metropoli. Grazie alle loro
competenze, gli ebrei potevano essere “utili”. A differenza che
nel ’39, Balbo ora affermava che “gli ebrei” sembravano “morti”. In
realtà “non morivano” mai “definitivamente”.
David Meghnagi, Università Roma Tre
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