
Elia Richetti,
rabbino
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Nella
dichiarazione che si faceva portando la seconda decima a Yerushalaim,
si doveva dire: “…non ho trasgredito qualcuna delle Tue mitzwòth e non
me ne sono dimenticato”. In questa frase sembra di cogliere una
ripetizione non necessaria: se non ho trasgredito, certamente mi sono
ricordato le mitzwòth!
Il Sefath Emeth spiega che non è necessariamente così.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Con il manifesto di cinquecento firmatari israeliani, sotto l’egida di
SISO (Save Israel Stop the Occupation), seguito dai discorsi di Obama e
Netanyahu all’Assemblea annuale dell’ONU, si è aperto il dibattito sul
cinquantenario dalla guerra dei sei giorni del 1967. Il dibattito è
importante, urgente, necessario, e ci accompagnerà con inevitabili alti
e bassi fino al fatidico 5 giugno 2017 e ben oltre. Nessuno –
governanti e governati, pensanti e non pensanti – può sperare di poter
eludere la scadenza dei cinquant’anni di occupazione israeliana dei
territori in Cisgiordania. La questione è solamente e soprattutto in
quali termini, su quale piattaforma intellettuale e politica, entro
quali contesti storici, limiti operativi e prospettive di pace svolgere
questo discorso. In questo senso, il manifesto dei cinquecento mi pare,
da un lato, un atto di coraggio e di onestà intellettuale; ma,
dall’altro lato, assolutamente insufficiente a conseguire gli obiettivi
che si propone. Cosí com’è il testo gratifica chi lo ha firmato e un
piccolo manipolo di simpatizzanti per la causa di Israele, oltre
probabilmente a una grande coorte di persone ostili alla medesima
causa. Ma è un testo ingenuo, unilaterale, bloccato entro lo steccato
di una prospettiva storica incompleta, che ai fini pratici (aggiungo
volentieri: putroppo) non ha alcuna probabilità di incidere
concretamente sulla situazione geopolitica di Israele e della
Palestina. Ho pensato dunque di riscrivere una mia versione del
documento, cercando di renderlo più utile e operativo. Il testo
seguente incorpora parola per parola l’appello originale (che si può
leggere qui di seguito in corpo tipografico regolare) e aggiunge alcune
necessarie integrazioni (che ho sottolineato in neretto).
Quest’ultime, senza alterarne l’intenzione, cercano di rendere il
messaggio accettabile e utile per una cerchia molto maggiore di persone
di buona volontà.
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Fertility Day, nuova gaffe
L'intervento del ministro
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Verrà
ritirato il discusso opuscolo per il Fertility Day sugli stili di vita
che metteva a confronto ragazzi biondi e sorridenti contrapposti ad
altri giovani (tra cui uno di colore) intenti a bere e fare uso di
droghe. Ad annunciarlo ieri nel pomeriggio il ministro della Salute
Beatrice Lorenzin, che ha dato disposizioni “affinché l’immagine venga
sostituita e ritirato l’opuscolo informativo”. Il ministro ha inoltre
dichiarato, si legge in una nota, di “aver già attivato il procedimento
disciplinare e quello per la revoca dell’incarico dirigenziale nei
confronti del responsabile della direzione generale della Comunicazione
istituzionale del suo dicastero che ha curato la redazione e la
diffusione del materiale informativo”. La vicenda potrebbe avere
ulteriori conseguenze. Scrive tra gli altri Repubblica: “È stato un
mercoledì difficilissimo a Lungotevere Ripa, tra foto misteriosamente
cambiate, riunioni continue, comunicati stampa e tensioni interne che
probabilmente porteranno alla rimozione di altri dirigenti”.
“Ci manca un elicottero per pattugliare il deserto a caccia dei
rapitori dei due italiani, ma scarseggia anche la benzina, non abbiamo
carburante a sufficienza per mandare le nostre pattuglie via terra, qui
a Ghat siamo molto lontani da Tripoli, è tutto è molto difficile”. Così
il sindaco della città libica dove sono stati rapiti Danilo Calonego e
Bruno Cacace commenta lo stato delle ricerche. Da Mondovi ieri intanto
la Conicos, la ditta per cui lavoravano, ha risposto alle accuse di
scarsa protezione dei suoi dipendenti. Tuttavia, riporta Repubblica, le
precisazioni non hanno risposto a tutti i quesiti posti dagli
investigatori.
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qui roma - la mostra
Celan e la sfida della Memoria
L'arte per raccontare l'indicibile
Incentrato
sulla figura del poeta Paul Celan e metaforicamente ambientato
all’interno di una fotocamera, il video “Counterlight” dell’artista
israeliana Maya Zack si presenta come un viaggio – “surreale, fisico e
mentale”, così viene definito nell’introduzione – sulle tracce
dell’intellettuale romeno e sulla sua testimonianza unica sulla Shoah e
sulla rappresentazione della Memoria. Un contributo fondamentale che è
al centro della seconda mostra personale dedicata all’artista,
inaugurata negli scorsi giorni presso la Galleria Marie-Laure Fleisch
di Roma sotto il nome appunto di “Counterlight” e commentata ieri,
nella sede della Fondazione Museo della Shoah, nel corso di un “artist
talk” condotto dall’assessore comunitario alla Cultura Giorgia Calò,
che fu tra coloro che ebbero l’intuizione di portare Zack in Italia nel
2012.
Apertosi con i saluti del presidente della Fondazione, Mario Venezia,
il confronto ha avuto tra i suoi protagonisti i docenti universitari
Fiorella Bassan e Paolo Coen e il curatore e critico d’arte Ludovico
Pratesi. “Israele è un paese forte, ma al suo interno vive la stessa
angoscia di noi ebrei della Diaspora. È sottotraccia, ma comunque
esiste. Ma come esiste l’angoscia, vive anche la nostra stessa speranza
nel futuro” ha sottolineato nel suo saluto David Meghnagi, assessore
alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Leggi
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QUI ROMA - L'INIZIATIVA
Il convento che aprì le porte
diventa una "casa di vita"
Grazie
al loro coraggio molti ebrei perseguitati trovarono rifugio dai
nazifascisti. Grazie al loro esempio, quella pagina di memoria è ancora
viva. È infatti grazie aVirginia Badetti (madre superiore Maria
Agustina) ed Emilia Benedetti (madre Maria Agnese), entrambe
riconosciute meritevoli del titolo di Giuste tra le nazioni dello Yad
Vashem, se il convento Nostra signora di Sion, in via Garibaldi, è da
ieri una “Casa di vita”.
Il riconoscimento della fondazione internazionale dedicata a Raoul
Wallenberg, già conferito a numerose altre istituzioni, conventi, case
private in tutta Italia, è stato accolto con emozione da un folto
groppo di studenti della Catholic University of America e della
Australian Catholic University (gli istituti sorgono dove un tempo
c’era il convento).
“È significativo che un luogo di vita sia oggi un luogo di educazione.
Ed è altrettanto significativo che due dei giovani ebrei nascosti
allora siano diventati una insegnante della scuola ebraica, e un altro
il direttore del liceo ebraico per 25 anni. Entrambi, oggi qui
presenti, grazie a quella pagina di coraggio che li ha riguardati in
prima persona, hanno dedicato la loro vita alle nuove generazioni” ha
sottolineato nel suo saluto la presidente della Comunità ebraica romana
Ruth Dureghello. Leggi
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Setirot
- Parole
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Parliamo
di Israele e di colpo ci dimentichiamo di tutti i discorsi sulle
"parole" che abbiamo ascoltato dirante la Giornata europea della
cultura ebraica.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time Out - Lavorare per la pace
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È
condivisibile l’idea che si possa parlare dell’appello dei cinquecento
intellettuali israeliani contro l’occupazione in maniera sana e
misurata. Così come è vero che non è possibile accusare molti dei
sottoscriventi di essere nemici nascosti del popolo ebraico. Si parli
perciò dei contenuti, della richiesta da parte di questi intellettuali
di mettere fine all’occupazione israeliana della Giudea e Samaria.
Premesso che andrebbe chiarito se dei territori in una regione che si
chiama Giudea possano essere definiti occupati, o quantomeno contesi, è
possibile entrare ancora di più nello specifico. Per esempio, oltre le
belle intenzioni sarebbe interessante capire il come intendono portare
avanti questa proposta.
Daniel Funaro
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Di fronte al dolore
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“Anche
se questa non è una favola per bambini bisogna che io cominci scrivendo
‘C’era una volta’, perché era proprio una volta che c’era un bambino”.
Entrate piano, vi prego, in questo libro semplice e profondo che ancor
prima di cominciare vi invita alla lentezza e all’attenzione: dalla
copertina (una bella, quieta e precisa illustrazione di Mara Cerri),
alla dedica (“Per i bambini che siamo stati. E per quelli che,
crescendo, siamo diventati”), ai due versi del poeta polacco Zbignew
Herbert (“la casa è il cubo dell’infanzia / la casa è il dado della
commozione”) tutto ciò che precede l’incipit è già Un Bene Al Mondo (Einaudi).
Valerio Fiandra
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Mettersi al sicuro
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A
causa di una vita familiare abbastanza piena, in cui il numero dei
panni da lavare in casa mia farebbe invidia ad una lavanderia
professionale (chissà se anche a loro qualche calzino sparisce sempre
misteriosamente, sospetto fagocitato dalla lavatrice, dando adito a
ricerche perlopiù infruttuose), non frequento più molto Facebook se non
per rispondere a messaggi privati dai quattro angoli della terra,
ultimo dei quali la lieta nascita del nipotino israeliano di una cara
amica, notizia che abbiamo accolto con grande gioia.
Sara Valentina Di Palma
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