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22 settembre 2016 - 19 Elul 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Nella dichiarazione che si faceva portando la seconda decima a Yerushalaim, si doveva dire: “…non ho trasgredito qualcuna delle Tue mitzwòth e non me ne sono dimenticato”. In questa frase sembra di cogliere una ripetizione non necessaria: se non ho trasgredito, certamente mi sono ricordato le mitzwòth!
Il Sefath Emeth spiega che non è necessariamente così.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Con il manifesto di cinquecento firmatari israeliani, sotto l’egida di SISO (Save Israel Stop the Occupation), seguito dai discorsi di Obama e Netanyahu all’Assemblea annuale dell’ONU, si è aperto il dibattito sul cinquantenario dalla guerra dei sei giorni del 1967. Il dibattito è importante, urgente, necessario, e ci accompagnerà con inevitabili alti e bassi fino al fatidico 5 giugno 2017 e ben oltre. Nessuno – governanti e governati, pensanti e non pensanti – può sperare di poter eludere la scadenza dei cinquant’anni di occupazione israeliana dei territori in Cisgiordania. La questione è solamente e soprattutto in quali termini, su quale piattaforma intellettuale e politica, entro quali contesti storici, limiti operativi e prospettive di pace svolgere questo discorso. In questo senso, il manifesto dei cinquecento mi pare, da un lato, un atto di coraggio e di onestà intellettuale; ma, dall’altro lato, assolutamente insufficiente a conseguire gli obiettivi che si propone. Cosí com’è il testo gratifica chi lo ha firmato e un piccolo manipolo di simpatizzanti per la causa di Israele, oltre probabilmente a una grande coorte di persone ostili alla medesima causa. Ma è un testo ingenuo, unilaterale, bloccato entro lo steccato di una prospettiva storica incompleta, che ai fini pratici (aggiungo volentieri: putroppo) non ha alcuna probabilità di incidere concretamente sulla situazione geopolitica di Israele e della Palestina. Ho pensato dunque di riscrivere una mia versione del documento, cercando di renderlo più utile e operativo. Il testo seguente incorpora parola per parola l’appello originale (che si può leggere qui di seguito in corpo tipografico regolare) e aggiunge alcune necessarie integrazioni (che ho sottolineato in neretto). Quest’ultime, senza alterarne l’intenzione, cercano di rendere il messaggio accettabile e utile per una cerchia molto maggiore di persone di buona volontà.
 
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Fertility Day, nuova gaffe
L'intervento del ministro
Verrà ritirato il discusso opuscolo per il Fertility Day sugli stili di vita che metteva a confronto ragazzi biondi e sorridenti contrapposti ad altri giovani (tra cui uno di colore) intenti a bere e fare uso di droghe. Ad annunciarlo ieri nel pomeriggio il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha dato disposizioni “affinché l’immagine venga sostituita e ritirato l’opuscolo informativo”. Il ministro ha inoltre dichiarato, si legge in una nota, di “aver già attivato il procedimento disciplinare e quello per la revoca dell’incarico dirigenziale nei confronti del responsabile della direzione generale della Comunicazione istituzionale del suo dicastero che ha curato la redazione e la diffusione del materiale informativo”. La vicenda potrebbe avere ulteriori conseguenze. Scrive tra gli altri Repubblica: “È stato un mercoledì difficilissimo a Lungotevere Ripa, tra foto misteriosamente cambiate, riunioni continue, comunicati stampa e tensioni interne che probabilmente porteranno alla rimozione di altri dirigenti”.

“Ci manca un elicottero per pattugliare il deserto a caccia dei rapitori dei due italiani, ma scarseggia anche la benzina, non abbiamo carburante a sufficienza per mandare le nostre pattuglie via terra, qui a Ghat siamo molto lontani da Tripoli, è tutto è molto difficile”. Così il sindaco della città libica dove sono stati rapiti Danilo Calonego e Bruno Cacace commenta lo stato delle ricerche. Da Mondovi ieri intanto la Conicos, la ditta per cui lavoravano, ha risposto alle accuse di scarsa protezione dei suoi dipendenti. Tuttavia, riporta Repubblica, le precisazioni non hanno risposto a tutti i quesiti posti dagli investigatori.
 
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  davar
l'incontro a new york
Netanyahu-Obama, ultimo atto
Trentacinque minuti è durato il loro incontro. Non molto, scrivono i quotidiani americani, contando che quello di ieri con ogni probabilità sarà l’ultimo faccia tra i due: il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Usa Barack Obama non si sono mai amati e il breve vertice di ieri a New York sembra essere l’epilogo di otto anni di scontri e incomprensioni. Da novembre sarà un altro presidente Usa a tenere i rapporti con Gerusalemme e, scrivono i quotidiani israeliani, per Netanyahu sarà un sollievo. Intanto il Premier ha voluto ringraziare Washington per l’accordo appena siglato sugli aiuti militari a Israele (38 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni): “Ho ringraziato Obama per l’accordo – il tweet di Netanyahu – Rafforza molto la nostra sicurezza”.
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L'INTERVENTO DEI LEADER EBRAICI
"Dall'Assemblea Onu ai social

Fermiamo chi semina odio"
Nella settimana in cui a New York si riuniscono i grandi della Terra per partecipare all’Assemblea dell’Onu anche la voce ebraica si fa sentire in modo chiaro su alcuni punti cari a Israele e alle Comunità della Diaspora. Tra questi, la situazione dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi. In particolare non sono piaciute al presidente del Congresso ebraico mondiale Ronald Lauder le affermazioni del segretario generale Onu Ban Ki-moon, pronunciate nel suo discorso di apertura. “Le Nazioni Unite sono state create sulle ossa spezzate del popolo ebraico, in modo che l’orrore della Shoah non si ripeta mai più. Le dichiarazioni del Segretario Generale - ha dichiarato - rappresentano purtroppo un’occasione persa per denunciare il terrorismo e sollecitare i palestinesi a tornare al tavolo dei negoziati”.
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qui roma - la mostra 
Celan e la sfida della Memoria

L'arte per raccontare l'indicibile
Incentrato sulla figura del poeta Paul Celan e metaforicamente ambientato all’interno di una fotocamera, il video “Counterlight” dell’artista israeliana Maya Zack si presenta come un viaggio – “surreale, fisico e mentale”, così viene definito nell’introduzione – sulle tracce dell’intellettuale romeno e sulla sua testimonianza unica sulla Shoah e sulla rappresentazione della Memoria. Un contributo fondamentale che è al centro della seconda mostra personale dedicata all’artista, inaugurata negli scorsi giorni presso la Galleria Marie-Laure Fleisch di Roma sotto il nome appunto di “Counterlight” e commentata ieri, nella sede della Fondazione Museo della Shoah, nel corso di un “artist talk” condotto dall’assessore comunitario alla Cultura Giorgia Calò, che fu tra coloro che ebbero l’intuizione di portare Zack in Italia nel 2012.
Apertosi con i saluti del presidente della Fondazione, Mario Venezia, il confronto ha avuto tra i suoi protagonisti i docenti universitari Fiorella Bassan e Paolo Coen e il curatore e critico d’arte Ludovico Pratesi. “Israele è un paese forte, ma al suo interno vive la stessa angoscia di noi ebrei della Diaspora. È sottotraccia, ma comunque esiste. Ma come esiste l’angoscia, vive anche la nostra stessa speranza nel futuro” ha sottolineato nel suo saluto David Meghnagi, assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
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QUI ROMA - L'INIZIATIVA 
Il convento che aprì le porte

diventa una "casa di vita"
Grazie al loro coraggio molti ebrei perseguitati trovarono rifugio dai nazifascisti. Grazie al loro esempio, quella pagina di memoria è ancora viva. È infatti grazie aVirginia Badetti (madre superiore Maria Agustina) ed Emilia Benedetti (madre Maria Agnese), entrambe riconosciute meritevoli del titolo di Giuste tra le nazioni dello Yad Vashem, se il convento Nostra signora di Sion, in via Garibaldi, è da ieri una “Casa di vita”.
Il riconoscimento della fondazione internazionale dedicata a Raoul Wallenberg, già conferito a numerose altre istituzioni, conventi, case private in tutta Italia, è stato accolto con emozione da un folto groppo di studenti della Catholic University of America e della Australian Catholic University (gli istituti sorgono dove un tempo c’era il convento).
“È significativo che un luogo di vita sia oggi un luogo di educazione. Ed è altrettanto significativo che due dei giovani ebrei nascosti allora siano diventati una insegnante della scuola ebraica, e un altro il direttore del liceo ebraico per 25 anni. Entrambi, oggi qui presenti, grazie a quella pagina di coraggio che li ha riguardati in prima persona, hanno dedicato la loro vita alle nuove generazioni” ha sottolineato nel suo saluto la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello.
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QUI TORINO - L'INCONTRO
La pittura secondo Zargani
Fino a giovedì 6 ottobre il pittore Roberto Zargani espone nei locali della Comunità ebraica di Torino alcune sue opere di soggetto ebraico e non solo. A presentare la mostra e l’artista, David Sorani, consigliere della Comunità.
Zargani è un noto artista ebreo torinese. Nasce il 4 agosto 1934 a Torino, all’inizio della sua carriera frequenta l’atelier di Felice Casorati dal 1952 al 1956, anno in cui espone alla Quadriennale di Roma. Altra tappa importante è il 1971, anno in cui gli viene assegnato il 1° Premio alla Mostra “Arte e Resistenza” organizzata ad Alpette Canavese.


Alice Fubini
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immagini e racconti dalle comunità
Una Giornata per l'incontro
Da Merano a Napoli, da Vercelli alla Calabria, da Genova a Trieste: le immagini e i racconti dalle Comunità protagoniste della Giornata Europea della Cultura Ebraica.


(Nell'immagine un momento del concerto in sinagoga a Mantova)
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JCIAK
Gere, un "macher" a New York
Chi lo incontra per strada fa di tutto per evitarlo. Anche se lui, sì, è proprio il meraviglioso Richard Gere. Nel nuovo film dell’israeliano Joseph Cedar - Norman: The Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer - la star di American Gigolo e Pretty Woman veste infatti i panni di Norman Oppenheimer, faccendiere ebreo newyorkese: un "macher", come lo chiamano in yiddish. Uno di quegli uomini che passano la vita a stringere mani, telefonare e intrufolarsi nella speranza del colpo grosso che nel caso di Norman-Richard Gere è l’incontro, fortunato e poi tragico, con Micha Eshel (Lior Ashkenazi), futuro ministro d’Israele.
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  pilpul
Setirot - Parole
Parliamo di Israele e di colpo ci dimentichiamo di tutti i discorsi sulle "parole" che abbiamo ascoltato dirante la Giornata europea della cultura ebraica.

Stefano Jesurum, giornalista

Time Out - Lavorare per la pace
È condivisibile l’idea che si possa parlare dell’appello dei cinquecento intellettuali israeliani contro l’occupazione in maniera sana e misurata. Così come è vero che non è possibile accusare molti dei sottoscriventi di essere nemici nascosti del popolo ebraico. Si parli perciò dei contenuti, della richiesta da parte di questi intellettuali di mettere fine all’occupazione israeliana della Giudea e Samaria. Premesso che andrebbe chiarito se dei territori in una regione che si chiama Giudea possano essere definiti occupati, o quantomeno contesi, è possibile entrare ancora di più nello specifico. Per esempio, oltre le belle intenzioni sarebbe interessante capire il come intendono portare avanti questa proposta.

Daniel Funaro
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Di fronte al dolore
“Anche se questa non è una favola per bambini bisogna che io cominci scrivendo ‘C’era una volta’, perché era proprio una volta che c’era un bambino”.
Entrate piano, vi prego, in questo libro semplice e profondo che ancor prima di cominciare vi invita alla lentezza e all’attenzione: dalla copertina (una bella, quieta e precisa illustrazione di Mara Cerri), alla dedica (“Per i bambini che siamo stati. E per quelli che, crescendo, siamo diventati”), ai due versi del poeta polacco Zbignew Herbert (“la casa è il cubo dell’infanzia / la casa è il dado della commozione”) tutto ciò che precede l’incipit è già Un Bene Al Mondo (Einaudi).


Valerio Fiandra
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Mettersi al sicuro
A causa di una vita familiare abbastanza piena, in cui il numero dei panni da lavare in casa mia farebbe invidia ad una lavanderia professionale (chissà se anche a loro qualche calzino sparisce sempre misteriosamente, sospetto fagocitato dalla lavatrice, dando adito a ricerche perlopiù infruttuose), non frequento più molto Facebook se non per rispondere a messaggi privati dai quattro angoli della terra, ultimo dei quali la lieta nascita del nipotino israeliano di una cara amica, notizia che abbiamo accolto con grande gioia.

Sara Valentina Di Palma
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