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29 settembre 2016 - 26 elul 5776
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SHIMON PERES (1923-2016) – L’ULTIMO DISCORSO ALLA KNESSET

"Israele e il suo capitale umano,
più prezioso di oro e petrolio"

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Pubblichiamo qui in traduzione l’ultimo discorso integrale pronunciato da Shimon Peres alla Knesset il 24 luglio 2014, nell’atto lasciare la Presidenza di Israele.

Sono qui per ringraziarvi per il privilegio che mi avete accordato nel consentirmi di servire il nostro paese e il nostro popolo per gli ultimi sette anni. Non c’è privilegio superiore. Grazie.
Israele, questo piccolo paese, è diventato un autentico grande Stato.
Non conosco nessun altra nazione sulla faccia della Terra o nella storia che abbia saputo stupirmi e sorprendermi altrettanto.
Che abbia radunato la sua gente, abbia fatto fiorire il suo deserto. Sia risorto dalle sue rovine, sopravvivendo a un terribile Olocausto. Che si sia difeso in sette guerre, abbia riportato una lingua alla vita, rispettato le sue tradizioni e adottato la modernità. E allo stesso tempo costruito un paese che continua a svilupparsi.
Un paese che porta avanti i suoi valori e pratica la democrazia.
Un paese privo di risorse naturali, che utilizza invece il capitale umano della sua gente, più preziose di qualunque pozzo di petrolio o miniera d’oro.
Un paese che è stato istituito su un nucleo storico, e che è diventato un’eccellenza nel mondo scientifico.
Un paese di canzone. Un paese di letteratura, un paese che cerca la pace, giorno e notte.
Lascio la presidenza senza separarmi dalle mie convinzioni. Continuerò a servire il mio paese con il fermo convincimento che Israele sia uno Stato esemplare.

Shimon Peres

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Da un anno all’altro

I ghetti e noi

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Com’è consuetudine, forse anche per un gesto scaramantico, il passaggio di fine anno, più precisamente la soglia di attraversamento tra un anno e l’altro è l’occasione per trarre un bilancio o almeno segnare un tempo. Vorrei farlo per ciò che ci siamo detti e soprattutto per ciò che ci siamo non detti in questo 5776/2016. Ci siamo detti tantissimo sul ghetto di Venezia, un luogo che è una data, che è un simbolo. E ce lo siamo detti in molti modi e con molti percorsi: teatrali, artistici, riflessivi, immaginari. Forse come non mai abbiamo ragionato di ghetto con la sensazione che quello spazio fa parte strutturale del nostro presente, della struttura urbana delle città contemporanea, ma anche forse dei molti ghetti mentali, prima ancora che urbani o che popolano il nostro vissuto – emozionale prima ancora che intellettuale. Ci siamo detti in un qualche modo che quell’anniversario aveva valore per questo tempo presente. È stata una riflessione ricca nei propositi di chi l’ha costruita. Forse quella riflessione ha un significato anche per il contesto emozionale, culturale, umano in cui è avvenuta. Quel significato non so se corrispondesse al progetto iniziale, forse no. In ogni caso mi sembra sia interessante rifletterci.

David Bidussa, storico sociale delle idee

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Da un anno all’altro

Rosh HaShanah, l’ago della bilancia

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Ciascun mese dell’anno ebraico è associato a una delle dodici costellazioni dello zodiaco che appare in cielo. Al primo mese dell’anno, Tishri, è assegnato il segno della bilancia o, come è chiamata in ebraico, mozenayim. Il Midrash (Tanchumah, Shelàch) spiega l’associazione fra bilancia e Tishri in base al concetto che Maimonide avrebbe così illustrato: “Ogni uomo ha sia trasgressioni che meriti. Se i suoi meriti superano le trasgressioni, è considerato uno tzaddiq, completamente giusto. Se le trasgressioni sono superiori è considerato un rashah, completamente malvagio. Se le trasgressioni e i meriti si equivalgono, viene definito benonì, una persona che si trova nel mezzo… Tuttavia, non si tratta di un giudizio quantitativo, bensì qualitativo.

Alberto Moshe Somekh, rabbino

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SHIMON PERES (1923-2016)  

Campione della pace 

La scomparsa di Shimon Peres mi colpisce e addolora profondamente. Israele perde un campione ineguagliabile della causa del pieno riconoscimento dei diritti del popolo ebraico, del risarcimento delle terribili sofferenze e umiliazioni ad esso inflitte dal nazismo con la corresponsabilità di tutti i movimenti antisemiti; della causa del diritto dello Stato di Israele a esistere e vivere in libertà, nella sicurezza e nella pace. Più in generale, scompare con Shimon Peres un protagonista di primo piano della politica internazionale, sempre portatore di saggezza e di equilibrio. Italia e Israele sono state - anche negli anni delle nostre Presidenze al vertice dei due Stati - nazioni vicine e amiche, unite dalla storia, da un patrimonio comune di valori democratici, e dal comune interesse allo sviluppo di un Mediterraneo prospero e stabile. Con lui ci conoscemmo trent’anni fa in Israele e gettammo le basi di rapporti fecondi di amicizia personale, di reciproca comprensione e di appoggio convergente all’impegno per il negoziato e la pace tra Israele e popolo palestinese. Da quell’impegno, vitale innanzitutto per il futuro del Medio Oriente, egli non si distaccò mai, prima e dopo aver avviato insieme con Yitzhak Rabin, quella svolta storica che gli valse il Premio Nobel.

Giorgio Napolitano
Presidente emerito della Repubblica
La Stampa, 29 settembre 2016


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SHIMON PERES (1923-2016) 

Quella domanda su Arafat

Conobbi Shimon Peres negli anni Sessanta, a casa del fondatore dello Stato israeliano, Ben Gurion, che ero andato a intervistare nel suo kibbutz nel deserto del Negev. All'epoca, Shimon aveva una quarantina d'anni, era un uomo elegante e dai modi garbati. Dopo l'intervista, Gurion mi chiese se per rientrare a Tel Aviv mi serviva un passaggio, perché dovevano andarci anche loro due. Accettai molto volentieri e salimmo in macchina, Shimon davanti, Gurion ed io dietro. Era estate e viaggiavamo con i finestrini aperti. All'epoca, quando si entrava a Tel Aviv si era costretti ad attraversare un quartiere pieno di prostitute. A un semaforo rosso la macchina si fermò, una di queste si avvicinò e mi chiese in yiddish, la lingua di mia madre, se volevo andare con lei. Io rimasi di stucco e alzai in fretta il finestrino. Gurion mi guardò sorridente e disse: «Vede, adesso siamo diventati un Paese normale, perché abbiamo anche noi le nostre prostitute cosi come abbiamo i nostri ladri e i nostri assassini.. Io gli risposi subito che quella normalità non mi piaceva affatto. Fu allora che intervenne Shimon, dicendo: «Ha ragione questo giovane giornalista, perché dopo tutto quello che ci è successo dovremmo riuscire a costruire un Paese diverso dagli altri».


Marek Halter, Repubblica
29 settembre 2016



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Shir Shishi - una poesia per erev shabbat

Casualmente

img headerSiamo nel periodo dei “Giorni Terribili”, pieni di umana paura, di nuove speranze e di tanta gloria. Ognuno, a modo suo, cerca la giusta dimensione per le proprie domande e per le risposte che non giungeranno dall’alto, ma come ci insegnano la banalità della vita e la saggezza dei testi biblici, esse si celano nella nostra anima e sono eternamente presenti tra i granelli di sabbia che tocchiamo ogni giorno. In una poesia del 2006, l’agronomo Michael Reich, esprime questo senso schivo della ricerca.

Egli cercò Iddio.
A quanto pare desiderava una risposta
a una domanda cruciale
che avrebbe avuto soluzione
in un momento di angustia
o di elevazione dell’anima;
quanto è ironico cercare quell’Uno che
come il mago della metafisica
si trova ovunque
e al contempo in nessun luogo.

Un uomo irrequieto
costruisce castelli di sabbia
ma più che costruire
scava e scava;
raccoglie sabbia a piene mani
emette un soffio arcano
tra le dita -
e cerca.
Ma diamine, Iddio si trova
in ogni granello di sabbia!

In un mattino impenetrabile,
a un tratto, se n’è andato -
senza dire addio;
si presume che,
aldilà della sua ingenuità,
abbia trovato quel che cercava
perché perlopiù
gli oggetti smarriti si trovano casualmente.


Sarah Kaminski, Università di Torino

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