Jonathan Sacks, rabbino
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La domanda che ci viene posta con Yom Kippur non è tanto "se vivremo" ma su "come vivremo". Per cosa vogliamo essere ricordati.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Ai
margini del dibattito sulle espressioni usate nel 1946 dal Cardinale di
Torino Monsignor Maurilio Fossati nei confronti dei profughi ebrei
sopravvissuti alla Shoah, vorrei aggiungere un’osservazione che aiuta a
chiarire la personalità e l’opera dell’illustre porporato. Dopo l’8
settembre 1943, la Curia di Torino ma in particolare Don Vincenzo
Barale, che era il segretario del Cardinale Fossati, si adoperarono per
dare rifugio a numerose famiglie ebraiche che in Piemonte erano in
cerca di aiuto. Don Barale riuscì prima a ospitare brevemente in
arcivescovado e poi a trovare diverse famiglie disposte a ospitare a
Torino e in altre località della regione degli ebrei locali
perseguitati, i bimbi dell’orfanotrofio ebraico, oltre a un certo
numero di ebrei stranieri – talora a pagamento, talora gratuitamente.
Per queste sue azioni coraggiose, il 15 agosto 1944 Don Barale fu
arrestato e internato nel carcere di Torino da cui fu successivamente
liberato.
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Diritto alla cittadinanza, appello a una riforma
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Il
13 ottobre dello scorso anno (con 310 voti favorevoli, il no della Lega
e l’astensione dei 5 Stelle), la Camera aveva dato il via libera alla
riforma che consente ai figli di immigrati nati o cresciuti in Italia
di ottenere la cittadinanza italiana. Ma la riforma al momento è ferma
al Senato, ostacolata, scrive Repubblica, dalla Lega. Perché si arrivi
all’approvazione, centinaia di giovani si sono mobilitati, organizzando
oggi manifestazioni in tutta Italia per chiedere lo sblocco della
riforma.
“Siamo italiani, con una particolarità: non abbiamo un documento che lo
dimostri – le lettere inviate dai ragazzi ai senatori per chiedere il
via libera alla riforma, riporta Repubblica – Abbiamo frequentato la
scuola con i vostri figli o nipoti; abbiamo gli stessi sogni, le stesse
idee, le stesse aspirazioni”. Sono oltre un milione i figli di
immigrati che vivono in Italia, e tre su quattro sono nati in Italia. A
loro è diretta la nuova legge sulla cittadinanza, legge che “sarà
approvata entro fine anno”, promette la senatrice dem Doris Lo Moro,
relatrice del ddl a Palazzo Madama.
Il cardinale Fossati e gli ebrei torinesi. Su Avvenire un’anticipazione
di un testo pubblicato dal settimanale cattolico La voce e il tempo in
cui si parla “della vasta attività in favore degli ebrei del cardinale
Maurilio Fossati, qui in collaborazione con il libraio Attilio
Zanaboni” durante il regime fascista. “L’arcivescovo di Torino è stato
chiamato in causa nei giorni scorsi da un articolo apparso su La Stampa
– riporta Avvenire – in cui una ricercatrice lo accusava di
antisemitismo sulla base di citazioni di una lettera inedita. Una tesi
a cui ha risposto – pubblicando integralmente i documenti-
l’Osservatore Romano con un ampio articolo di monsignor Sergio Pagano,
prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano”. Secondo l’articolo anticipato
su Avvenire, dopo le leggi razziali l’arcivescovo torinese Fossati e il
libraio Zanaboni, in collaborazione con il rabbino Dario Disegni,
produssero documenti per aiutare gli ebrei della città a scappare”.
Israele e la lista della vergogna. L’Alto commissario delle Nazioni
Unite per i diritti umani, il principe giordano Zeid Ra’ad Zeid al
Hussein, vuole preparare una “lista nera” delle imprese israeliane e
delle aziende internazionali che hanno legami con la Cisgiordania,
Gerusalemme est e le alture del Golan per facilitare la promozione di
boicottaggi, denuncia il Foglio. “Il Consiglio dei diritti umani è
diventato un circo anti Israele. – la risposta del Premier israeliano
Benjamin Netanyahu – Attacca l’unica democrazia in medio oriente e
ignora le gravi violazioni di Iran, Siria e Corea del nord. Israele
invita i governi responsabili a non onorare le decisioni del Consiglio
che discriminano Israele”.
I due milioni che vivono a Gaza. Secondo l’Unicef, la Striscia di Gaza
è il posto peggiore al mondo in cui vivere. A raccontare la situazione
dell’enclave dominata dai terroristi di Hamas, un lungo articolo di
Repubblica a firma di Fabio Scuto. “I 100.000 senza tetto della guerra
del 2014 – scrive Scuto, parlando del conflitto con Israele di due anni
fa, in cui Gerusalemme ha cercato di distruggere tutti i tunnel del
terrore di Hamas – vivono ancora in tende sulle macerie della loro
casa. Hamas si impadronisce del cemento per i tunnel, accusano gli
israeliani, ed è vero. Ma è anche vero che quei 100.000 senza tetto non
hanno niente a che vedere con gli islamisti, le case dei miliziani sono
già state riparate o ricostruite da tempo. L’acqua resta imbevibile
perché Gaza deve accontentarsi della sua falda acquifera costiera,
rovinata dal pompaggio selvaggio, dai liquami e dalle infiltrazioni di
acqua salmastra. Malnutrizione, parassiti e altre malattie combinate
con povertà, disoccupazione e inquinamento ambientale renderanno questo
posto un luogo inabitabile entro i prossimi tre anni, prevede l’Onu”.
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LA GIOIA DI ISRAELE E DEL MONDO EBRAICO
Bob Dylan, il Nobel è tuo!
“Ha creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana”.
Questa la motivazione con la Giuria di Stoccolma ha assegnato oggi il
Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan. Accolto con un boato dai
presenti, il riconoscimento premia oltre cinquanta anni di attività
artistica, impegno, passione. Anche nel segno di un’identità ebraica
che ha costituito un perno irrinunciabile nell’intera carriera di
Robert Allen Zimmerman, come è nato e come è registrato all’anagrafe.
Molti gli omaggi che in questo senso gli vengono tributati dall’opinione pubblica.
Il quotidiano israeliano Haaretz riporta all’attenzione dei lettori una
canzone “dimenticata” di Dylan, Neighborhood Bully’, che Dylan scrisse
durante la Guerra del Libano del 1982 e in cui lo Stato di Israele è
paragonato a un uomo esiliato. Vittima di molti attacchi, disprezzato,
spesso solo nelle sue battaglie.
Sempre Haaretz, racconta la storia della coppia di yippie che gli
insegnò l’ebraico, negli Anni Sessanta a New York. Oltre all’ebraico,
viene inoltre ricordato, stimolò in Dylan una forte passione verso
l’ideale sionista.
“Dylan – sottolinea il Jerusalem Post – ha mantenuto un rapporto
stretto con Israele per tutta la vita. Ha visitato il paese diverse
volte, si è appassionato all’idea e alla sfida dei kibbutz. Ha condotto
qua tre grandi show, nel 1987, nel 1993, nel 2011. Ha opposto un fermo
diniego al Bds, il movimento di boicottaggio, che ha cercato di fargli
cancellare l’ultima tappa. Nel 2014, infine, gli israeliani possono
ringraziare Dylan per aver portato i Rolling Stones a Tel Aviv, la
prima visita della band da queste parti”.
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IL NOBEL per la letteratura A BOB DYLAN
Un menestrello diventato re
Nato
Robert Allen Zimmerman, da famiglia ebraica con radici ucraine e
lituane, Bob Dylan ha sempre mantenuto un forte attaccamento alla sua
identità. Al giovane “menestrello di Duluth” fu impartita una
educazione osservante, frequentò le scuole ebraiche e il campo estivo
sionista e religioso Camp Herzl. Una eco di questa radicata identità si
avvertirà in tutta la sua opera, nei tanti riferimenti biblici o
mistici dei suoi testi (come nella canzone Highway 61, dedicata alla
celebre strada americana che, nelle strofe di Dylan, fa da sfondo al
dialogo fra Abramo e l’Onnipotente nell’imminenza del sacrificio di
Isacco), e nel suo più volte dichiarato attaccamento al popolo ebraico
e allo Stato d’Israele.
Dylan nasce nel 1941 a Duluth, in Minnesota. A sei anni si trasferisce
a Hibbing, al confine con il Canada, dove inizia a studiare pianoforte
e a fare pratica su una chitarra acquistata per corrispondenza. Già a
dieci anni scappa di casa, dalla sua cittadina mineraria di confine col
Canada, per andare a Chicago. La sua vita, ben presto, diventa un
girovagare: mutuato il suo nome nel nome d’arte Bob Dylan, in onore del
celebre poeta gallese Dylan Thomas, per anni è di fatto un menestrello
ambulante.
Il suo album d’esordio è del 1962, una raccolta di brani tradizionali, tra cui la celebre House of the rising sun.
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MOLTE LUCI, QUALCHE OMBRA
Dario Fo (1926-2016)
Il
grande intellettuale, artista, drammaturgo, regista, autore. Lo
straordinario istrione che ha segnato una pagina fondamentale della
cultura italiana, arrivando nel 1997 a conquistare il Premio Nobel per
la Letteratura. Ma anche un uomo la cui vicenda personale e il cui
impegno ideologico hanno fatto emergere, anche in tempi recenti, non
poche ombre.
Muore Dario Fo, e l’Italia è in lutto. Manifestazioni di cordoglio a
tutti i livelli: dai palazzi istituzionali al teatro, dalle elite del
pensiero alla gente comune. Sui social network e sui siti di
informazione rimbalzano le sue interpretazioni più celebri, le molte
risate intelligenti che seppe suscitare spesso in coppia con Franca
Rame.
Ma le ombre non si diradano.
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Setirot
- Soli e popolo
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Kippur,
ieri, in Tempio, come ogni anno. Soli con noi stessi e al medesimo
tempo circondati da milioni di noi. Soli e popolo. È così ogni anno.
Cerco di essere me stesso fino in fondo. Sento che tutti dialoghiamo
con la nostra coscienza, ciò che moltissimi chiamano Dio.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Kol Nidre |
Poco
prima del tramonto, la vigilia di Yom Kippur, la comunità si riunisce
per la preghiera in sinagoga e il cantore intona il Kol Nidre, una
formula in aramaico che assolve dai voti fatti da uno Yom Kippur
all’altro e fu Rabbi Meir ben Samuel, genero di Rashi, a introdurre un
cambiamento fondamentale nel testo, sostituendo la frase “Tutti i voti
fatti dallo scorso Yom Kippur a questo” con la frase “Tutti i voti
fatti da questo Yom Kippur al prossimo”. Il Kol Nidre ha una storia
antica e complessa; fu introdotto nella liturgia secoli fa nonostante
l’opposizione di alcuni rabbini e addirittura nel corso dell’800 fu
eliminato dai libri di preghiere in diverse comunità dell’Europa Ovest
e in America, per essere poi in molti casi ripreso dopo la Seconda
guerra mondiale per i tanti immigrati dall’Est Europa che avevano nelle
orecchie la memoria nostalgica di quella formula.
Maria Teresa Milano
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Time
out - Una mano da Israele |
È
vero che è cambiata la prospettiva con cui dovremmo guardare Israele.
Sono passati gli anni in cui bisognava fare le raccolte dei medicinali
che mancavano in Israele o mandare soldi che sarebbero serviti a
costruire il nuovo Stato. Israele oggi è una potenza mondiale, con un
esercito ben addestrato, con un Pil che cresce e con la ricerca
universitaria che tocca livelli d'eccellenza. Non è il paese perfetto e
ha i suoi problemi, ma andrebbe forse invertita la percezione del
rapporto di dipendenza tra la diaspora e lo Stato Ebraico, Non più i
primi che aiutano i secondi, ma il contrario.
Daniel Funaro
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Il Terzo millennio è cinese |
Ci
sono molte terre lontane che non lo sono più, e la Cina ne è forse
l’esempio più importante: per la sua vastità, popolazione, rilievo
politico-economico. Il Gigante Asiatico oggi è qui per davvero, molti
anni dopo l’annuncio cinematografico di Bellocchio (La Cina è vicina –
1967 ), che peraltro rispecchiava il momento ideologico italiano di
allora, più che la natura del Paese nel titolo.
La Cina è la culla di una tradizione, di una cultura e di una prassi
millenaria che per ancora troppi qui in Italia ha solo sapore esotico;
non basta andare al cinema, o citare – spesso senza esattezza – il
detto di Confucio o LaoTze che leggiamo su qualche magazine. Siamo, al
solito, pressapochisti.
Valerio Fiandra
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Tra insicurezza e fiducia
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“È
scritto baSukkòt teshevù shivàt yamìm – risiederete nelle capanne per
sette giorni (Levitico 23, 42)”, ricorda il Kitzùr Shulchàn Arùch (cap.
135, Norme riguardanti l’abitare nella Sukkà) in memoria della
precarietà dei ripari che accolsero i figli di Israele una volta usciti
dall’Egitto. Anche io ripasso, con i bambini che escono dal Talmud
Torà, le regole che contraddistinguono una Sukkà rispetto ad una
abitazione usuale. Come poterono trovare nel deserto il materiale per
costruire delle capanne, mi sento chiedere.
Sara Valentina Di Palma
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