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11 Novembre 2016 - 10 Cheshvan 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
L’occasione di un congresso rabbinico internazionale è sempre un momento di grande crescita, confronto, riflessione e nuova energia per chi fa il mio mestiere. L’occasione di un congresso rabbinico internazionale a Varsavia è anche fonte di grandi emozioni, stimoli, traumi e commozioni per chi è come me un ebreo nato e cresciuto in una Europa dove la “parola” Varsavia evoca specifiche immagini di dolore, di fame, di persecuzione, di sterminio e di antisemitismo.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
La domanda se l'elezione di Trump sia un bene o un male "per noi" sembra aver contagiato un po' tutti. In genere si tratta di un witz ebraico, ma ora la cosa sembra estendersi in modo imbarazzante. Ma "Noi" chi? Il popolo contro "i poteri forti"? Non scherziamo per favore. Le schiere di fedelissimi di Trump che fino a 48 ore fa non esistevano proprio mi sembrano la materializzazione della "maggioranza silenziosa" descritta da Montanelli, ipocrita e opportunista massa di amici del vincitore, conformista in maniera così programmatica da pensarsi alternativa. La verità è, mi sembra, che questa campagna l'hanno persa un po' tutti. La democrazia americana, che elegge un presidente con meno voti della sua rivale. Il sistema dei media, che non ha saputo interpretare la forza dei messaggi del populismo. Le donne, che mi pare non abbiano saputo utilizzare al meglio lo strumento del voto per iniziare una rivoluzione solo annunciata. I repubblicani, che hanno dovuto applaudire obtorto collo a un personaggio che non li rappresenta. E - più che la Clinton - Obama, che in otto anni non è riuscito a dare un carattere di vera svolta e non ha creato le condizioni per assicurare continuità al suo lavoro. Oggi tutti confidano sulla grande capacità dell'amministrazione presidenziale americana, che anche in passato è riuscita a far passare per accettabili presidenti che non lo erano. Speriamo che sia così, perché il mondo in cui viviamo è complicato, e le parole utilizzate in questa lunga campagna elettorale dal nuovo comandante in capo non sono propriamente rassicuranti e ci raffigurano un uomo impreparato, arrogante, sessista, imprudente.
 
Leonard Cohen
(1934-2016)
Lutto nel mondo della musica per la scomparsa di Leonard Cohen, annunciata nelle scorse ore attraverso Facebook.
“It is with profound sorrow we report that legendary poet, songwriter and artist, Leonard Cohen has passed away. We have lost one of music’s most revered and prolific visionaries” si legge sulla sua pagina ufficiale.
Scrive il Corriere della sera: “Se non ci fosse stato lui, difficilmente il nostro De Andrè sarebbe diventato tanto grande. E forse anche Nick Cave avrebbe fatto il maestro elementare in qualche remota città australiana invece di raccontarci in musica il lato oscuro della vita. Sì, se non ci fosse stato Leonard Cohen a forgiare storie delicate e al contempo dure, dicotomie esistenziali su tessuti sonori, la nostra vita sarebbe stata più povera".
“L’annus horribilis della musica – osserva Repubblica – si è portato via un altro massimo cantore della cultura popolare. Dopo David Bowie, dopo Prince, se n’è andato a 82 anni Mister ‘Hallelujah’, il canadese Leonard Cohen, cantautore, poeta, romanziere, uno degli artisti più influenti del nostro tempo. Dall’amore fino alla politica, dal sesso alla religione, nelle sue canzoni e nei suoi racconti Cohen ha esplorato ogni aspetto della vita, con una sensibilità letteraria pari se non superiore a quella del premio Nobel Bob Dylan.
 
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  davar
La scomparsa del grande artista
Leonard Cohen (1934-2016)
Dopo averci preannunciato, con l’uscita del suo ultimo disco You want it darker di essere “pronto a morire” con la speranza che non sia “una cosa troppo spiacevole”. Dopo averci avvertito, con un tocco di humor nero, che stava solo scherzando, perché lui ha “sempre avuto la tendenza a drammatizzare” e rassicurato di avere tutta l’ebraica intenzione “di vivere fino a 120 anni”, il grande cantautore e poeta Leonard Cohen ci ha lasciato nella notte all’età di 82 anni.
Mentre attorno gli Stati Uniti, paese adottivo del canadese Cohen, affrontano rumorosamente il passaggio di consegne alla Casa Bianca, il celebre cantautore se ne è andato in un riservato silenzio. “Mio padre è morto serenamente, nella sua casa di Los Angeles con la consapevolezza di aver portato a termine quello che sentiva essere uno dei suoi più grandi dischi”, ha dichiarato alla rivista Rolling Stone il figlio Adam, riferendosi a You want it darker. “Ha scritto fino all’ultimo momento, con il marchio unico del suo umorismo”, le parole di Adam.
Per oltre 50 anni le canzoni di Leonard Cohen – da Suzanne a Sisters of Mercy fino a capolavori come Everybody Knows, I’m Your Man e The Future, senza dimenticare la celebre Hallelujah – hanno accompagnato diverse generazioni, segnando in particolare quelle cresciute a cavallo dagli anni Sessanta e Settanta. Come scrive Rolling Stone, “Cohen era l’eminenza grigia di un piccolo pantheon di cantautori estremamente influenti che emersero tra gli anni Sessanta e Settanta. Solo Bob Dylan esercitò un’influenza più profonda sulla sua generazione, e forse solo Paul Simon e la sua connazionale canadese Joni Mitchell lo eguagliarono come poeti della canzone”.


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LEONARD COHEN (1934-2016)
Il suo testamento: "Sono qui"
È denso di richiami ebraici l’ultimo album di Leonard Cohen, You want it darker. A partire dalle voci sinagogali del cantore Gideon Zelermyer e del coro Shaar Hashomayim della sua congregazione di Montreal. Canti solenni e toccanti, che accompagnano il pezzo che dà il titolo all’album, un brano nel più puro stile dark del Cohen degli ultimi anni, in cui il poeta e cantautore canadese cita versi biblici come Hineni, hineni (“Sono qui”), la risposta pronunciata da Abramo chiamato dall’Onnipotente al sacrificio di suo figlio Isacco. E riprende il kaddish, la preghiera ebraica utilizzata anche nella liturgia funebre, con i suoi versi “Magnified, sanctified be thy holy name”.
Il disco è profetico della sua scomparsa, a partire dalla copertina: Leonard si affaccia da una finestra che dà sull’oscurità, l’espressione serena, tra le dita una sigaretta. E inequivocabile in questo senso è il brano Leaving the table (“Sto lasciando il tavolo / sono fuori dal gioco”), che parla proprio della fine della vita, che Cohen aveva dichiarato sentire imminente, anche in una recente intervista concessa al New Yorker.
C’è tanto ebraismo in tutta l’opera di Cohen, a partire da Halleluja, forse la sua canzone più famosa. Ma You want it darker, considerato dai critici un capolavoro, è certamente il suo album più esplicitamente ebraico, in cui il richiamo alle sue radici è più saldo.
Un disco solenne, profondo, quasi un testamento spirituale, i cui le canzoni si susseguono eleganti, raffinate, tra chitarre vibranti, organi e archi struggenti, e la sua calda voce di anziano chansonnier. Tra di essi, Travelling light, sul viaggio e sulla gioia della solitudine, On the level, che racconta i desideri passionali di una persona anziana, Treaty, anch’essa intrisa di spiritualità e richiami biblici, e Steer Your Way, una poesia che racconta il coraggio di vivere, anno dopo anno, giorno dopo giorno, dirigendosi verso l’ignoto.
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LEONARD COHEN (1934-2016)
Ebraismo, un legame costante
Musica ed ebraismo: un binomio indissolubile nella carriera, nella vita, nelle convinzioni più profonde di Leonard Cohen.
“Al pari di altre figure della sua grandezza, come Bob Dylan, Cohen sentiva un forte legame con le sue origini ebraiche. Ma al tempo stesso si muoveva nella società americana indipendentemente, prescindendone. Un legame che era soprattutto culturale” sostiene l’ebraista e musicologa Maria Teresa Milano. “Il valore della sua identità ebraica è soprattutto nelle radici, cui è tornato sempre più significativamente negli ultimi anni. Prendo come esempio l’ultimo cd, per il quale ha voluto la collaborazione del coro della sinagoga di Montreal. Una scelta che denota la volontà di ricordare la sua infanzia, i suoi primi contatti con l’ebraismo. Il messaggio è chiarissimo: ho attraversato molte esperienze, sento di essere vicino alla fine, voglio recuperare quel pezzetto di me che non ho mai dimenticato”.
“Se dovessi descrivere con una parola il sentimento che sento di provare nei confronti di Cohen, quella parola sarebbe amore. Perché era un poeta vero, che ha saputo usare in modo magistrale musica e parole. Toccava l’anima in tutte le sue corde” dice Evelina Meghnagi, artista tra le più impegnate nella salvaguardia del patrimonio musicale degli ebrei del Mediterraneo. “Cohen – sottolinea – era laicamente religioso in tutto ciò che ha cantato. Una figura davvero unica”.
“Come Barbra Streisand, Paul Simon e Bob Dylan, Leonard Cohen ha disegnato la mappa ebraica della canzone impegnata del Novecento; a prescindere da gusti e idee personali, avvertiremo ben presto nel firmamento della poetica musicale contemporanea il vuoto che ci lascia uno come lui” afferma il pianista Francesco Lotoro, autore della grande ricerca della musica concentrazionaria che molto ha fatto parlare di sé in questi anni.
Concorda Davide Casali, direttore del Festival Viktor Ullmann (dedicato anch’esso alla musica concentrazionaria): “Probabilmente – sostiene Casali – senza la sua musica e la sua poesia non avremmo mai apprezzato altri grandi musicisti come Nick Cave e Bob Dylan. La sua poesia era un mondo pieno di grandi colori”.


(Nell'immagine l'omaggio del disegnatore Michel Kichka)
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LEONARD COHEN (1934-2016)
 Il suo messaggio ritorna
nel linguaggio dell'Yiddish

Daniel Kahn (nell'immagine), cantautore berlinese "punk-Kletzmer", è noto per le sue "tradaptions" che mostrano un talento unico nel tradurre e adattare canzoni note in un'altra lingua, riuscendo a rispettarne sia il testo che la musicalità. Vecchie melodie yiddish trovano una nuova vita in inglese, liriche tedesche vengono trasportate in yiddish, e anche i grandi classici della canzone d'autore, passati per le sue mani, si arricchiscono di musicalità nuove quando rinascono in una lingua che è lungi dall'essere morta. È una capacità rara, che Kahn condivide con pochissimi altri - fra cui Theo Bikel, che è stato suo amico e maestro - e la sua versione yiddish di "Hallelujah", forse la canzone più nota di Leonard Cohen è un emozionante un esempio di "tradattamento". Quanto di più lontano da un tradimento possa esistere. Poesia aggiunta alla poesia.

https://www.youtube.com/watch?v=XH1fERC_504

la rete internazionale della memoria
L'ambasciatore De Bernardin:

"L'Italia sarà protagonista"
È grande la soddisfazione che traspare dalle parole dell’ambasciatore Sandro De Bernardin, capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) che – come è stato da poche ore annunciato, assumerà nel 2018 la presidenza dell’ente intergovernativo: “Si tratta senza dubbio di un riconoscimento importante per il lavoro fatto in questi anni dall’Italia e di come il nostro operato all’interno dell’IHRA goda di stima e grande credibilità. Non è semplice gestire la presidenza, e prendo questa conferma come un gesto di grande fiducia nel nostro operato, e come una responsabilità importante”. Non è ancora definitivo il programma, su cui la delegazione italiana sta lavorando in accordo con il ministro Giannini – in Italia è del Miur la competenza sull’IHRA – e anche se ci sono già diverse ipotesi bisognerà aspettare ancora qualche settimana per avere un quadro preciso. Certo è che saranno due le riunioni plenarie organizzate nel nostro paese nel 2018, e una di queste sarà sicuramente a Roma.
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la rete internazionale della memoria 
Responsabilità e motivazione
Aprendo a Iasi, in Romania – teatro di un feroce massacro di ebrei nel 1941 – l’assemblea plenaria che ha affidato all’Italia la Presidenza della Alleanza internazionale per la memoria della Shoah (IHRA) nel 2018, Yehuda Bauer, fondatore e presidente onorario dell’IHRA ha lanciato un lucido appello a tutti coloro che si occupano oggi di memoria. Monito che qui riportiamo, sentendolo diretto anche all’Italia, pronta a presiedere, tra poco più di un anno, questa autorevole rete intergovernativa (31 paesi membri, 11 paesi osservatori e 7 osservatori permanenti) impegnata con ogni mezzo a trasmettere la dura lezione della Shoah.


Simonetta Della Seta
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qui roma - i leader islamici in sinagoga
"Per la pace serve coraggio"
“Da noi troverete sempre le porte aperte, per combattere insieme per un mondo più libero, per rafforzare la sfida del dialogo”. Queste le parole con cui la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello ha accolto stamane una folta delegazione di esponenti del mondo arabo (in gran parte dal Bahrein) che ha visitato oggi la sinagoga della Capitale.
Guidata dall’imam francese Hassen Chalgoumi, in prima linea nella lotta al fanatismo e al terrorismo islamico, costretto per questo a vivere costantemente con la scorta, la delegazione era composta da rappresentanti di diverse fedi e nazionalità. Una visita, quella alla sinagoga, il cui scopo era quello di promuovere con i fatti l’impegno delle religioni nella promozione di valori condivisi di pace e tolleranza.
“In questa sinagoga, già visitata da tre papi – ha osservato il rabbino capo Riccardo Di Segni, rivolgendosi agli ospiti – è stato possibile aprire una nuova stagione di dialogo tra ebrei e cristiani. La grande sfida oggi è quella di trovare un accordo tra le religioni, favorendo una coalizione tra esponenti moderati in grado di contrastare gli estremismi”. La visita odierna è stata definita dal rabbino capo “un grande atto di coraggio”.
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LO SHABBATON UCEI A PALERMO
Sicilia, vecchie e nuove radici
È in svolgimento l’intenso Shabbaton “Radici di Sicilia” organizzato a Palermo dall’Area Cultura e Formazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane diretta dal rav Roberto Della Rocca in collaborazione con la Comunità ebraica di Napoli. Momenti di studio, approfondimento, incontro con la città. Nell’immagine l’intervento del vicepresidente UCEI Giulio Disegni.


qui bolzano - domenica il nuovo presidente
Aned, Congresso nazionale al via
Ha preso avvio questa mattina a Bolzano il 16esimo Congresso nazionale dell’Aned, l’Associazione Nazionale ex Deportati nei campi nazisti. Partecipano al Congresso circa 150 delegati eletti in 26 assemblee di sezione. Ad aprire i lavori un saluto di Vera Michelin Salamon, partigiana, Testimone dei lager nazisti e oggi presidente onorario dell’Aned. A seguire il saluto ai partecipanti da parte del sindaco Renzo Caramaschi e del presidente dell’Anpi di Bolzano Orfeo Donatini a nome del presidente nazionale Carlo Smuraglia. Quindi la relazione introduttiva di Dario Venegoni, succeduto un anno fa nella carica di presidente a Gianfranco Maris. A portare i saluti dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane la Consigliera Elisabetta Rossi Innerhofer, presidente della Comunità ebraica meranese.


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LUNEDì LA CERIMONIA A PALAZZO VECCHIO
Premio Letterario Adei Wizo,

Firenze accoglie i finalisti
Torna l'appuntamento con il Premio Letterario Adelina Della Pergola organizzato dall'Associazione Donne Ebree d'Italia.
La fase conclusiva della 16esima edizione del concorso si svolgerà lunedì 14 novembre alle 17.30 a Firenze, presso la Sala d'Arme di Palazzo Vecchio, alla presenza tra gli altri degli scrittori Etgar Keret e Yigal Leykin, rispettivamente finalisti del premio principale e della sezione Premio Ragazzi. Per gli onori di casa e i saluti istituzionali saranno presenti l’Assessore Sara Funaro del Comune di Firenze e la Presidente nazionale Adei Wizo Ester Silvana Israel.
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pilpul
Barriera invisibile
Quanto ha pesato il fatto che Hillary Clinton sia una donna nella sua mancata elezione? Poco, stando alle analisi e ai commenti che si sono sentiti negli ultimi giorni. Poco, stando alle previsioni della vigilia, alle intenzioni di voto e a tutto il resto. L’ipotesi di una donna alla Casa Bianca non è stata percepita come una novità rivoluzionaria, una molla che potesse portare la gente a votarla. O, almeno, non nella misura in cui il colore della pelle di Barack Obama era stato un tema centrale nella campagna elettorale del 2008. “… un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe neanche potuto essere servito in un ristorante ora può trovarsi di fronte a voi per pronunciare il giuramento più sacro di tutti” aveva detto Obama nel suo discorso d’insediamento. Certo, Hillary Clinton non avrebbe mai potuto dire nulla del genere: nessuna discriminazione subita, nessun diritto ufficialmente negato e, dopo otto anni vissuti alla Casa Bianca, sarebbe stato difficile anche parlare di accesso negato alle stanze del potere. E quando una persona è percepita come influente, legata ai “poteri forti”, il fatto che sia al contempo anche oggetto di ostilità e pregiudizi non suscita troppo allarme.

Anna Segre, insegnante
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Il nuovo blocco all'orizzonte
Sono state molte le riflessioni e i commenti, nel mondo ebraico e non, seguiti alla vittoria elettorale di Donald Trump negli Usa. Nella maggior parte di esse domina un senso di incertezza, di paura, se non di fine di qualcosa. C'è anche chi esulta, come i Grillo e i Salvini nostrani, Le Pen in Francia, Putin in Russia, Orban in Ungheria e addirittura non sono mancate neanche le vive congratulazioni di Erdogan. Sembra che sia questo il nuovo scenario che si profila all'orizzonte: una revisione delle alleanze storiche e il consolidamento di un blocco politico che nel nostro futuro avrà probabilmente un peso sempre più consistente, destinato a subentrare alla vecchia destra liberal-conservatrice.

Francesco Moises Bassano
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