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15 Gennaio 2017 - 17 Tevet 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino
Nella grotta di Machpelà - mentre viene sepolto Giacobbe - rotola anche la testa di Esaù, che si poggia sul petto del padre Isacco. Evidentemente la sua dimensione intellettuale è di tale levatura da meritare di stare lì, insieme ai patriarchi. Differenza tra chi lavora su di sé solo di testa e chi lo fa integralmente: Giacobbe, come dice il suo nome - che mantiene anche dopo essere diventato Israel - si è elevato dalla testa al tallone ('eqev), dell'intelletto alla parte più bassa e meno sensibile del corpo.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Lo sterminio di migliaia di persone in Siria, il genocidio degli Yazidi in Iraq o le persecuzioni dei Rohingya ci mostrano un nuovo fallimento delle Nazioni Unite e della comunità internazionale che non riescono a prevenire le atrocità di massa e a mantenere l’impegno morale del “mai più” pronunciato dopo la Shoah.
II prossimo martedì, 17 gennaio, Marcello Flores, uno storico convinto che la cultura dei  diritti umani sia “sapere per fare”, ne parlerà al Teatro Franco Parenti a Milano. Varrà la pena ascoltarlo.
 
Conferenza di Parigi al via Al tavolo senza Israele
Si svolgerà oggi a Parigi la conferenza internazionale dedicata al Medio Oriente. La seconda sul tema dopo quella del tre giugno scorso con il segretario di Stato americano John Kerry e una trentina di paesi. “Ecco oggi la seconda conferenza, con il segretario Kerry e stavolta una settantina di Paesi. Le possibilità che si raggiunga qualche risultato concreto sono ancora più scarse” scrive il Corriere.
Come noto, Israele non parteciperà. Uno “schiaffo a Hollande”, scrive sempre il Corriere.
Ieri intanto Abu Mazen, che ha incontrato papa Bergoglio e inaugurato l’ambasciata palestinese presso la Santa Sede, ha lanciato il seguente messaggio a Donald Trump: “Mai la vostra ambasciata a Gerusalemme” (La Stampa).
“Per un’ora e mezza i militanti di Forza Nuova si sono goduti la location che a Milano nessuna formazione di estrema destra, per nessuna manifestazione, ha mai avuto in concessione. Mai. Da nessuna giunta”. Così Repubblica Milano racconta il raduno svoltosi ieri nel cuore del capoluogo lombardo, davanti all’Arco della Pace.
Sull’inaugurazione dell’ambasciata palestinese, un intervento della presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello sul Tempo: “Il Vaticano ha fatto un passo avanti perchè sulla carta lo Stato palestinese non esiste, visto che non esiste un’autorità sovrana a Gaza e Cisgiordania. Per una pace duratura servono regole chiare e non riconoscimenti unilaterali”.
Sul domenicale del Sole 24 Ore, ampia presentazione dei temi che saranno toccati in occasione del Concerto per la Memoria che si svolgerà la sera del 26 gennaio all’Auditorium Parco della Musica. Protagonista il campo di Ferramonti, in Calabria, dove gli internati svilupparono “una vita comunitaria e artistica molto ricca”.
L’iniziativa è organizzata da Viviana Kasam e Marilena Francese con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il Giorno, sotto l’egida dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e in collaborazione con l’Accademia di Santa Cecilia.
 
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  davar
la riunione in svolgimento a roma
L'identità declinata al futuro

Consiglio UCEI a confronto
Identità e presenza ebraica, quale scenario per il futuro?
Questo il tema che ha segnato la prima parte della riunione del Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in svolgimento a Roma.
Tema, di grande attualità, che è stato al centro di molteplici interventi e riflessioni.
Ad aprire la sessione un inquadramento generale del professor Sergio Della Pergola, tra i massimi esperti di demografia al mondo, che ha permesso di cogliere differenze e analogie tra le varie Comunità anche in relazione ai fenomeni avvenuti a livello macro in questi ultimi decenni. Fenomeni che hanno cambiato, tra le altre, la realtà di Israele ma soprattutto il volto della Diaspora: i tassi di natalità e il tema dei matrimoni misti, ha spiegato Della Pergola, sono soltanto alcune delle questioni che stanno modificando il mondo ebraico.
“Identità e futuro” le parole chiave individuate dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha parlato sia di emergenza demografica che di emergenza qualitativa del modo in cui da alcuni viene vissuto il proprio ebraismo. Da parte del rav, che ha fornito alcuni dati relativi alle principali criticità (tra cui il calo vistoso delle nascite rispetto agli Sessanta e Settanta del secolo scorso), è arrivato l’invito a prendere atto dei fenomeni in tutta la loro grandezza e ad intervenire con strumenti più aggiornati e organizzati.
Le principali difficoltà sono state analizzate anche dal professor Gabriel Levi, che ha comparato la realtà numerica dell’ebraismo italiano di pochi decenni fa con quella odierna. Un drastico calo, molti problemi aperti. Una via d’uscita però ci sarebbe: è nella Torah, dice il professore. Ma in una Torah condivisa, non per “pochi ma buoni”. È nella capacità di non escludere chi si ritiene diverso da noi, di non perdere nessuno per strada.
L’invito alla leadership UCEI dello storico sociale delle idee David Bidussa, in collegamento telefonico da Milano, è a guardare ai paesi più vicini all’Italia, a stringere alleanze, a rafforzare relazioni e progettualità. È pressante la sfida di ripensarci, afferma lo studioso. Ma questa crescita non può avvenire da soli, con le esigue forze numeriche di cui dispone l’ebraismo italiano. Serve una rete sempre più estesa. Serve una capacità reale di andare oltre le frontiere.
Introdotti dal sociologo Enrico Finzi, sono poi intervenuti con alcune riflessioni diversi esponenti del Consiglio UCEI. Queste le domande poste da Finzi: “Abbiamo un futuro? Come pensiamo di avere quella propositività che ci spinge in quella direzione?”.
Nessuno deve sentirsi escluso, l’accoglienza va rinforzata. Un concetto chiaramente sostenuto da tutti i protagonisti.
Ad aprire gli interventi una riflessione di Joyce Bigio, prima esponente reform nel Consiglio UCEI, cui hanno fatto seguito le parole di Raffaele Sassun, Guido Osimo, Gianni Ascarelli, Davide Romanin Jacur, Livia Ottolenghi, Gianluca Pontecorvo, Mauro Tabor, Victor Magiar, Jacqueline Fellus, Raffaele Turiel, Roberto Israel, Elisabetta Innerhofer, Mino Di Porto, Ruth Dureghello, Cobi Benatoff, rav Alfonso Arbib, Saul Meghnagi, Sara Modena, Dalia Gubbay, Giorgio Mortara, Claudio Moscati, Sara Cividalli, Davide Jona Falco e Milo Hasbani.
A partecipare alla sessione anche il rabbino chabad Shalom Hazan e il presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Ariel Nacamulli.

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il vertice sul medio oriente
Parigi, la Conferenza nel caos

Netanyahu: 'Non aiuta la pace'
“Un completo caos su quale sarà la dichiarazione finale”. Secondo le indiscrezioni riportate dai media israeliani, tra i diplomatici raccoltisi a Parigi in queste ore per la Conferenza di pace in Medio Oriente c’è una forte confusione su quale testo far emergere dal summit, organizzato dalla Francia e incentrato sulla questione del conflitto israelo-palestinese. Un vertice a cui partecipano i rappresentanti di oltre 70 paesi ma tra cui spicca l’assenza dei diretti interessati – israeliani e palestinesi – seppur per motivi diversi: se Abu Mazen ha appoggiato la Conferenza, definendola “l’ultima possibilità per portare avanti la soluzione dei due Stati”, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha invece sottolineato come si tratti di un incontro schiacciato sulle posizioni palestinesi e di fatto inutile. “L’unico scopo (della Conferenza) è quello di tentare di costringere Israele ad accettare condizioni in contrasto con i nostri interessi nazionali”, ha affermato Netanyahu, spiegando che il summit “danneggia la possibilità della pace, in quanto rafforza il rifiuto dei palestinesi di negoziare e permette loro di ignorare la necessità di compromessi senza porre precondizioni”.
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QUI TEL AVIV - L'INIZIATIVA
Da Israele alla Firenze del '66

Il grande cuore degli "Angeli"
Partirono anche da Israele, con la voglia di dare una mano, salvare una città e i suoi tesori. Non sono più i ragazzi di un tempo, ma quella luce non si è spenta. “Angeli del fango”, d’altronde, lo si è per sempre.
Non ha nascosto l’emozione il sindaco di Firenze, Dario Nardella, nell’abbracciarli ieri sera al Neve Schechter Institute di Tel Aviv. Una delle tappe più significative della quattro giorni di impegni istituzionali in Israele del primo cittadino del capoluogo toscano.
Tra le varie iniziative, l’evento “Fuggire, nascondersi, salvarsi a Firenze durante la Shoah” in programma questa sera al Museo Eretz Israel. Ad intervenire Giulia Donati, Aldo Baquis e David Cassuto.
Nell’occasione il liutaio Amnon Weinstein presenterà “Violins of Hope”, il suo progetto di recupero degli strumenti musicali salvati dai campi di sterminio.
Ad accompagnare il sindaco Nardella anche l'ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria Talò.

Clicca qui per leggere l'intervista a David Cassuto
pilpul

Fiat veritas, et pereat mundus
Afferma una oramai proverbiale (ed anche un poco inflazionata, quanto meno nelle citazioni, ma la licenza ce la prendiamo lo stesso, in questo caso) Hannah Arendt in «Verità e politica» che: «Nessuno ha mai dubitato del fatto che verità e politica siano in rapporti piuttosto cattivi l’una con l’altra e nessuno, che io sappia, ha mai annoverato la sincerità tra le virtù politiche. Le menzogne sono sempre state considerate dei necessari e legittimi strumenti non solo del mestiere del politico o del demagogo, ma anche di quello dello statista». Più che cinica sarebbe il caso di riconoscere che sia realistica, al limite dell’impietoso. Poco più in là, nel medesimo testo, aggiunge: «Probabilmente nessuna epoca passata ha tollerato tante opinioni diverse su questioni religiose o filosofiche; la verità di fatto, però, qualora capiti che si opponga al profitto o al piacere di un dato gruppo, è accolta oggi con un’ostilità maggiore che in passato». Forse, per ragionare sulla cosiddetta “post-verità” (qualora esista), sulla Misinformation e quant’altro partendo da qualche riscontro storico, più che pensare che l’età che stiamo vivendo sia di per sé (e in sé) eccezionale, magari nel senso più deteriore dell’espressione, sarebbe bene riprendere in mano la filosofa germano-statunitense, insieme ad un’altra figura del pensiero contemporaneo, quando quest’ultimo afferma che: «non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza». Le bufale esistono soprattutto perché si vuole credere ad esse. Sono come una specie di verità parallela, una sorta di risarcimento temporaneo, un sogno possibile perché desiderato che si trasforma, ben presto, in incubo. Non è vero che la realtà, ossia anche la politica (cosa diversa dalla «verità» come tale), sia necessariamente inconoscibile, sommersi come saremmo da un eccesso di sollecitazioni. Semmai è lo sguardo che vogliamo rivolgere ad essa che muta, risultandoci spesso insostenibile. Abbiamo pertanto bisogno sempre più spesso di trovare un qualche rifugio consolatorio. Ci fingiamo quindi “ignoranti” quando ci occorre di trascurare ciò che ci angoscia, impedendoci di vedere oltre un orizzonte che non sia quello dei timori senza risarcimento. Salvo poi rischiare un brusco risveglio. Se non affronti la realtà sarà lei a imporsi a te medesimo. Più prima che poi.

Claudio Vercelli
 
Levi Papers - Le notti
I fogli dattiloscritti recano il numero 19. Vanno aggiunti al capitolo Le nostre notti. Levi ha battuto a macchina due fogli e ha indicato la giuntura con l’edizione del 1947 in fondo al dattiloscritto. Per questo ha ribattuto quello che nell’edizione del 1947 di Se questo è un uomo è l’inizio del capitolo: “D’inverno, le notti sono lunghe… [segue come a pag. 52]”. Ora i due fogli precedono quell’inizio. L’aggiunta del 1958 cambia il significato del capitolo. Nel primo foglio Levi fa un riassunto dei fatti (“Dopo venti giorni di Ka-Be, essendosi la mia ferita praticamente rimarginata, con mio vivo dispiacere sono stato messo in uscita”); poi racconta cosa avviene dopo la sua uscita dalla infermeria. Il nuovo inizio di capitolo ricorda quello de Il greco nella Tregua, dove c’è un’altra dimissione dall’infermeria, quella del Campo Grande di Auschwitz. Due differenti uscite da un luogo protetto, che hanno qualcosa di simile.

Marco Belpoliti, scrittore
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