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26 gennaio 2017 - 28 Tevet 5777
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Società

Memoria, impegno senza fine

img headerAuschwitz è un simbolo potente. Ogni anno il luogo nel quale sorgeva il più grande campo di sterminio nazista viene visitato da più di un milione di visitatori, decine di migliaia dei quali provengono dall’Italia. C’è un’intera generazione ormai figlia del profondo significato che quel luogo ha assunto nel nostro tempo, figlia dei viaggi della memoria. Che cosa cercano quei ragazzi ad Auschwitz, che cosa cerchiamo tutti noi? Che storia ci racconta? Piotr Cywinski, direttore del Memoriale e Museo di Auschwitz-Birkenau, in un libro duro e necessario presentato a Milano grazie alla Fondazione CDEC e alla Fondazione Binario 21, si confronta con queste domande e con i dilemmi che si nascondono in uno dei luoghi più terribili della storia dell’umanità. Settant’anni dopo la fine della guerra, Auschwitz ormai parla ai nipoti e ai bisnipoti di chi visse quell’immane tragedia, di chi la vide o non la volle vedere, di chi la mise in atto. Ed è diventata anche un simbolo, il luogo dove si cristallizzano le domande irrisolte che la Shoah porta con sé. La responsabilità della trasmissione del suo messaggio al mondo è enorme e va pensata con cura perché Auschwitz è molte cose, non una sola, e non appartiene solo a qualcuno, ma all’umanità intera. Non è solo lo sterminio sistematico degli ebrei d’Europa, non è solo l’attuazione di un’aberrante teoria razzista: Auschwitz ormai trascende la sua storia e parla direttamente a noi, ora e qui, proprio nel mondo in cui viviamo, perché in quel luogo, scrive Cywinski, «l’Europa perse se stessa».

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società

Auschwitz senza retorica

img headerSecondo il rapporto ufficiale sull'attività 2015 del Memoriale e Museo di Auschwitz Birkenau, la top ten dei visitatori spetta alla Polonia (425mila), seguita da Regno Unito (220mila), Stati Uniti (141.500), Italia (76.500). Spagna (68.500), Israele (61.200), Germania (93mila), Francia (57mila), Repubblica Ceca (478mila) Svezia (31.200). Questi dati vanno messi accanto ad altri, non meno significativi: 12.400 visitatori dalla Russia; 29mila dall’Ungheria;11mila dalla Romania. Che cosa significa andare oggi ad Auschwitz: È una domanda pertinente in cui conta un lavoro didattico, un'attività di approfondimento fondata sulla conoscenza, ma anche sulle emozioni, sul mettersi in gioco, come scrive Carlo Greppi nella postfazione di “Non c'è una fine” di Piotr M.A. Cywinski. Conta poco la distanza (come dimostrano le cifre di Ungheria, Russia, Romania). Contano molto i fattori soggettivi. Per esempio: quale discorso pubblico caratterizza un sistema politico? Come la struttura scolastica di un Paese promuove conoscenza e riflessione sul passato o quali domande di storia sollecita e promuove nell'opinione pubblica? Come in ciascuna di quelle realtà nazionali l'attualità chiede di scavare nel passato? Quanta autoassoluzione produce quel continuo confronto fra presente e passato? Anche per questo vale la pena leggere con attenzione ciò che scrive Cywinski, l'autore e direttore, dal 2006, del Memoriale e Museo di Auschwitz Birkenau. Per vari motivi: in relazione alla sua biografia, ma anche, e soprattutto, alle domande che si pone e che pone ai lettori e anche, con lo stile della sua direzione, proprio a quei milioni di visitatori che entrano nel Museo che dirige.

David Bidussa, Sole 24 Ore Domenica

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Contro i selfie della Memoria

img header“Il tempo passa, ed è impietoso. Man mano che la storia si allontana, tutto diventa una Disneyland dell’orrore.” In una grande intervista a Pagine Ebraiche nel marzo 2014, Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz quando era solo una ragazzina, lanciava un monito duro contro l’idea di concepire una visita ai campi di sterminio alla stregua di una “gita”, esperienza per divertirsi, scattare fotografie, costruire piacevoli ricordi con gli amici. Negli ultimi anni, con l’esplosione della società del selfie, e dell’apparire per essere, gli episodi di leggerezza dei comportamenti nei luoghi di Memoria si è decuplicata. Denunciare questa tendenza sarebbe anche l’intenzione di Shahak Shapira, scrittore e umorista ventottenne di nazionalità israelo-tedesca. E tuttavia, c’è da chiedersi se il suo progetto, che negli scorsi giorni è stato ripreso dai media di tutto il mondo, non finisca per provocare esattamente l’effetto opposto. Magari ancora una volta a caccia di visibilità, sicuramente ottenuta.
Shapira ha infatti scelto alcune fra le migliaia di fotografie allegramente (in senso letterale) scattate al Memoria della Shoah di Berlino, la struttura di 2711 blocchi di cemento firmata dall’architetto Peter Eisenman e dall’ingegnere Buro Happold. Dopo di che, le ha modificate elettronicamente, inserendo come sfondo immagini che documentano i crimini nazisti.

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Società  

L’Europa e la Shoah

Qual è oggi la presenza della Shoah sulla scena europea? Quali caratteristiche assume l’odio verso gli ebrei e secondo quali modalità si trasforma in gesti di morte? A ogni apparenza, l’antisemitismo conosce oggi in Europa un’impennata. Direi che negli ultimi tempi non è passata forse settimana che non abbia fatto registrare episodi sanguinosi di attacco a cittadini di religione ebraica o a istituzioni ebraiche da parte quasi sempre dell’islamismo radicale o del terrorismo islamico. Negli ultimi anni si contano a decine e decine episodi di sangue, di feriti e di morti. Quando si parla di terrorismo islamico non bisogna peraltro dimenticare che molto più numerose sono le sue vittime islamiche: praticamente non passa giorno o quasi che in qualche luogo del Medio Oriente o dell’Africa non vi siano attentati sanguinosissimi.
C’è anche un’altra forma che oggi assume l’islamismo radicale, in questo caso forte di un vasto stuolo di fiancheggiatori. È la forma del boicottaggio nei confronti di Israele che mira a una sua sostanziale delegittimazione.

Ernesto Galli della Loggia
Corriere della Sera, 25 gennaio 2017


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Società 

Memoria difettosa 

Il 27 gennaio sarà di nuovo il Giorno della Memoria della Shoah, e di anno in anno devo rendermi conto che il lungo filo di quel gomitolo resta aggrovigliato e pieno di nodi che non sono stati sciolti. Come sia nato, lungamente discusso, tenacemente contraddetto, alla fine approvato dal Parlamento, il Giorno della Memoria italiano, è narrato dal libro dello storico americano Robert S.C. Gordon “The holocaust in Italian culture” (Stanford University Press, 2012). Questo libro, in cui è ricostruita, quasi giorno per giorno, la lunga strada della legge sul Giorno della Memoria, dal momento in cui è stato presentato la prima volta il testo, all'approvazione finale (quasi cinque anni dopo) fa notare tre aspetti della storia e della cultura italiana in cui questo evento si è compiuto. Il primo è che l' Italia non si è mai voltata a rivedere e giudicare il suo periodo fascista e non ha mai avuto una sua Norimberga. E infatti, dice Gordon nel suo libro, l'Italia è l'unico Paese europeo che non abbia un monumento alla sua Resistenza.


Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano
26 gennaio 2017


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Shir shishi, una poesia per erev shabbat

Contro l’indifferenza

img headerScrittore ebreo sopravvissuto alla Shoah, Elie Wiesel nasce nel 1928 a Sighetu, un paesino rumeno annesso durante la seconda guerra mondiale al territorio ungherese. Studioso e talmudista fin da ragazzino, ha dedicato la vita al racconto infinito dell'inenarrabile. Ha descritto l’indifferenza come il male peggiore che l’essere umano possa sperimentare nel corso della sua esistenza. L'Accademia svedese lo ha definito "Messaggero dell'Umanità". Ha scritto 57 opere, tra saggi, trattati su temi cardine della cultura ebraica, articoli per diversi giornali e romanzi come La notte, L'alba e Il processo di Shamgorod, in cui il vissuto nei ghetti e nei campi di concentramento, Buna (Auschwitz) e Buchenwald, assurge ad una disputa esistenziale e spirituale contro l'indifferenza e invoca il diritto dell'uomo di qualsiasi etnia o religione ad avere una vita dignitosa.
La scintilla della poesia si nasconde in molti testi di valore. Presentare le parole sagge di Wiesel alla maniera lirica, chiede solo un tocco grafico.

1999, Casa Bianca

Sono molte le atrocità
nel mondo e moltissimi i pericoli:
Ma di una cosa
sono certo: il male peggiore è l’indifferenza.

Il contrario dell’amore
non è l’odio, ma l’indifferenza;
il contrario della vita
non è la morte, ma l’indifferenza;
il contrario dell’intelligenza
non è la stupidità, ma l’indifferenza.

È contro di essa che bisogna combattere con tutte
le proprie forze.

E per farlo un’arma esiste: l’educazione.

Bisogna praticarla, diffonderla, condividerla, esercitarla sempre e dovunque.

Non arrendersi mai.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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