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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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È
un pò inquietante leggere nella Torà che il popolo ebraico esce
dall’Egitto grazie al permesso del Faraone: “…e fu che quando il
Faraone mandò via il popolo…” (Shemòt, 13; 17). Nonostante il Faraone
sia costretto dall’Eterno a lasciar andare il popolo ebraico, il testo
sembra attribuire a lui l’ultima parola. Come se fin dall’inizio della
nostra storia avessimo bisogno dell’approvazione del nostro carceriere
per poter esistere in libertà. Una sorta di”sindrome di Stoccolma” che
ci porta spesso a vivere e rappresentare con disagio, che talvolta
diventa una vera e propria vergogna, i nostri segni identitari. Il
Faraone infatti non si arrende e insegue gli ebrei fin dentro al mare.
Non a caso, il verbo “shalàch” nella Tora ha anche il significato
allusivo di “accompagnare”. Viene da domandarci: quanto è il nostro
persecutore ad accanirsi deliberatamente contro di noi o quanto siamo
noi, viceversa, a voler essere accompagnati dalla faraoninità?
L’inseguimento morboso del Faraone è riconducibile spesso ad una nostra
ambiguità che ingenera, inevitabilmente, nei nostri stalker, reali e
immaginari, l’illusione di poterci riportare in Egitto .
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Siamo
‘ivrim, migranti per definizione, oggi come sempre; siamo ‘passati
dall’altra parte’ del fiume, e continuiamo da secoli a valicare
infiniti confini, a spostarci, fuggiaschi, che vuol dire in cerca di
rifugio. Come si fa, noi più di altri, a non fermarsi a meditare su chi
non ha luogo e non ha tempo?
Per sentirci parte del popolo ebraico, la sera di Pesach dobbiamo
introiettare, ciascuno di noi, la schiavitù d’Egitto. Ma forse una
volta l’anno non è sufficiente a liberarci del peso della schiavitù
nostra e altrui. Lo spirito del nostro ebraismo va forse respirato
giorno per giorno, nelle nostre azioni come nel nostro pensiero, anche
quando farlo costa caro ai sentimenti.
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Gaza, Hamas sceglie
il volto più feroce
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Preoccupanti
le notizie che arrivano dalla Striscia di Gaza: il nuovo leader del
gruppo terroristico di Hamas a Gaza sarà Yahya Sanwar, esponente
dell’ala militare del movimento. Sanwar andrà a sostituire l’attuale
capo di Hamas Ismail Haniyeh che invece si candida a guidare l’intera
organizzazione alle prossime elezioni. Il sostituito di Haniyeh era tra
i palestinesi che sono stati liberati nell’ottobre del 2011 in cambio
del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit. Su Sanwar pendevano
quattro ergastoli comminati nel 1989 per aver assassinato alcuni
palestinesi sospettati di collaborare con le autorità israeliane. La
sua nomina alla guida di Hamas a Gaza rappresenta l’inquietante
consolidarsi dell’ala militare del gruppo terroristico. Secondo il
giornale Haaretz, citato dal Corriere della Sera, “i palestinesi che si
sono incontrati con Sanwar lo descrivono come un estremista, anche nel
contesto della sua organizzazione, e come qualcuno che parla in termini
apocalittici di una guerra perpetua con Israele”. Nel mese di settembre
2015, Sinwar è stato aggiunto alla lista nera del terrorismo degli
Stati Uniti insieme ad altri due membri del braccio armato di Hamas,
spiega La Stampa che sottolinea la pericolosità del nuovo leader della
Striscia di Gaza, che vuole “incoraggiare un’altra strategia, quella di
intraprendere altri rapimenti di soldati israeliani per ottenere la
liberazione di altri prigionieri palestinesi”.
Su Repubblica invece spazio alle preoccupazioni dello scrittore
israeliano Avraham B. Yehoshua sugli insediamenti in Cisgiordania.
Parlando dell’anniversario dei cinquant’anni della Guerra dei sei
giorni, Yehoshua parla degli insediamenti come di una “tentazione
dell’occupazione”, che, a suo dire, “è il problema che Israele deve
risolvere per acquisire la normalità che la Storia gli deve”.
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l'incontro nella sede ucei 'Ebrei e valdesi, destino comune'
Cordiale
e costruttivo confronto, nella sede dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane a Roma, tra la Presidente UCEI Noemi Di Segni e il Moderatore
della Tavola Valdese Eugenio Bernardini.
Un incontro convocato nel segno dell’amicizia e del profondo legame
esistente tra le due comunità, accumunate per lunghi tratti della loro
vicenda storica da un destino, da valori e da impegni comuni.
Grande apprezzamento è stato espresso da entrambi (ad accompagnare la
Presidente UCEI, il rav Roberto Della Rocca) per la partecipazione
congiunta di valdesi ed ebrei al falò che giovedì sera, in Piazza
Castello a Torino, celebrerà per la prima volta in città l’anniversario
della concessione delle Lettere Patenti, l’editto con cui nel 1848
Carlo Alberto assicurò ai valdesi i diritti civili e politici.
Poche settimane dopo, a Voghera, il re estenderà l’editto anche alla comunità ebraica. Leggi
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QUI TORINO - UN'EMOZIONANTE CERIMONIA Dalla Shoah a Plaza de Mayo,
la lotta di Vera contro i silenzi Una
targa è stata consegnata ieri mattina a Vera Vigevani Jarach, ebrea
italiana rifugiatasi nel 1939 in Argentina per sfuggire ai campi di
concentramento e al contempo madre di Plaza de Mayo. In seguito alla
morte della figlia Franca negli anni della dittatura militare di
Videla, Vera ha passato la vita a combattere per conoscere la verità su
sua figlia e sugli altri desaparecidos. La targa – conferita dal
Consiglio regionale del Piemonte e dal Comitato piemontese per i
diritti umani, presieduti da Mauro Laus – vuole essere un
riconoscimento per il suo impegno contro i totalitarismi e a favore dei
diritti umani.
Vera, questa volta, è tornata dunque a Torino non per parlare a giovani
studenti, impegno costante e primario nella vita della quasi 89enne che
non ha mai smesso di portare avanti il dovere del ricordo e l’invito
alla Memoria di un passato, un passato che ripercorre le tragedie del
XX secolo che hanno afflitto non solo l’Europa ma il mondo intero. La
stessa Vera dice di custodire dentro di sé tre diverse identità:
ebraica, italiana e argentina. Tre facce di una stessa figura, tre
strati di complessità e impegno che l’hanno portata a definirsi per
molto tempo una militante della memoria, o meglio delle memorie. Oggi
tuttavia Vera preferisce autodefinirsi “partigiana della Memoria”,
eliminando una connotazione di stampo politico-militare, una partigiana
sì ma senza colore o accostamento a un qualsivoglia partito.
Alice Fubini Leggi
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qui torino - l'incontro con liliana segre 'Farfalla gialla sopra il reticolato' Liliana
Segre a Torino per incontrare i più giovani. Questa volta l’occasione
nasce all’interno del programma legato alla mostra “Ricordi Futuri
2.0”, inaugurata il 26 gennaio scorso nelle sale del Museo del ‘900 e
curata da Ermanno Tedeschi. Cuore della mostra una lunga intervista, o
meglio un racconto a ruota libera, quasi un flusso di coscienza alla
Joyce, in ogni caso oculato e preciso negli intenti, proprio della
stessa Liliana, sopravvissuta al campo di sterminio di Birkenau, che
come una “nonna ideale”, così si autodefinisce, parla attraverso un
video a “nipoti ideali”.
Oltre lo schermo quindi, questo l’intento dei promotori dell’incontro.
Il luogo scelto è l’aula Magna dell’Università di Torino all’interno
della Cavallerizza Reale. Molti, anzi moltissimi i ragazzi presenti,
tutti ancora una volta “nipoti ideali”.
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qui firenze - balabrunch con autore "Toscana, una rete per la cultura" “Con
questa iniziativa diamo l’avvio ad una bella collaborazione che la
Regione ha fortemente voluto e sostenuto, la RE.T.E Toscana Ebraica. Un
progetto che mette in collegamento le varie comunità ebraiche e la
Regione su tematiche della conoscenza e della cultura”. L’ha dichiarato
la vicepresidente della Regione Toscana, Monica Barni, presentando oggi
in conferenza stampa la nuova iniziativa culturale della Comunità
ebraica fiorentina: il Balabrunch, evoluzione invernale e primaverile
del già rodato Balagan Cafè. “Un programma ricchissimo – ha aggiunto –
che mira a far conoscere una cultura da tanti secoli radicata nella
nostra regione. Un ulteriore passo per promuovere la conoscenza
dell’altro e per rendere consapevoli i giovani”. Sfida condivisa
dall’assessore alla Cultura della Comunità ebraica Laura Forti, che ha
sottolineato: “Il Balabrunch consiste nella conoscenza di un autore al
di là di una semplice presentazione di un libro. Attraverso questi
incontri conosceremo infatti il suo vissuto per creare un rapporto
empatico con il pubblico, scambiandoci riflessioni e pensieri in una
chiacchierata conviviale”.
Ad aprire il ciclo di incontri sarà domenica 19 febbraio Assaf Gavron,
scrittore israeliano conosciuto come una delle nuove voci più originali
del suo Paese (Ore 11,15 – Sinagoga di Firenze. Alle 17.15 Gavron sarà
a Livorno).
Gavron sarà anche a Pistoia sabato 18 febbraio in un incontro, moderato
dal giornalista UCEI Adam Smulevich, che rientra all’interno del
calendario di iniziative di Pistoia Capitale Italiana della Cultura
2017 (ore 19 – Museo Marino Marini, Palazzo del Tau).
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Responsabilità e dignità umana
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La
scorsa settimana mi sono trovato a cena con Franco Corleone, una lunga
esperienza politica e culturale in tema di carceri, diritti, esecuzione
della pena. Da circa un anno Corleone è Commissario del Governo per il
superamento definitivo degli Ospedali Psichiatrico Giudiziari (OPG).
Questa coincidenza mi dà modo di tornare per la terza (e ultima) volta,
su queste colonne, a parlare di un argomento che già affrontai il primo
aprile 2014 e il dieci marzo 2015.
Finalmente, possiamo dire, buone notizie. La chiusura delle sei
strutture rimaste è sostanzialmente portata a termine, e hanno aperto
una trentina di Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza
(REMS), gestite dalle Regioni. Sono piccole dimore per gruppi ristretti
di malati, giudicati incapaci di intendere e di volere nel momento in
cui hanno commesso il reato. Storie umane drammatiche, aggravate dai
manicomi in cui sono stati imprigionati nonostante la legge Basaglia
(che abolì i manicomi).
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - L'orrore e il paradosso
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La
violenza delle dittature non ha pietà di nessuno. Quattro giorni fa in
Italia si è celebrato il Giorno del Ricordo, per ricordare le foibe e
il dramma dell’espulsione dei nostri connazionali dall’Istria e dalla
Dalmazia, eventi terminali della lunga contrapposizione tra italiani e
slavi che aveva visto prima l’italianizzazione forzata di quei
territori e poi l’occupazione da parte delle nostre truppe, con
corollario di repressione, eccidi e persecuzioni.
Una delle vicende più paradossali è quella ricordata da Riccardo Ghezzi
su «L’Informale»: la storia del meccanico Angelo Adam, ebreo
sopravvissuto a Dachau ma ucciso dalle truppe di Tito.
Ebreo, italiano di Fiume, già legionario con Gabriele d’Annunzio, poi
antifascista confinato a Ventotene, dopo la caduta del fascismo e
l’armistizio Angelo a 45 anni entra nella Resistenza, diventando membro
del Cln cittadino.
Mario Avagliano
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Jewish Pride
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Senza
scomodare la psicoanalisi, gli atti mancati e la memoria del buon
Sigmund Freud, sappiamo che alcune cose si possono dire, altre no, e
non per amor di censura. Chi non dice a un’anziana signora che fra
quella montagna di rughe è complicato intravvederne gli occhi, non è
una persona poco sincera ma, semplicemente, un essere normale. Ciò, per
dire che non è necessariamente una virtù essere sempre sinceri e che,
talvolta, la cosa può diventare un boomerang, come nel caso di un
colloquio che ebbi ad intercettare.
Emanuele Calò
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