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L'ABC dell'accoglienza
È
una situazione frequente, nelle classi di tutta Italia. Arriva un nuovo
compagno – dalla Siria, dal Sud Sudan, dal Bangladesh, dall’Eritrea,
dalla Somalia – e mancano le basi minime per la comunicazione, tra
compagni e con la maestra. All’inizio basta il linguaggio non verbale
dell’accoglienza: un sorriso, un posto dove sedersi, una matita
colorata in prestito, una ricreazione da passare insieme. E i bambini,
in questo, sono più bravi degli adulti, perché il gioco è un istinto
naturale che – quando non è frenato da leggi incomprensibili– avvicina
i compagni di classe, anche in assenza di un linguaggio comune.
Ma poi arriva la didattica, il lavoro di classe, il bisogno di
integrarsi su un livello meno istintivo. E qui diventano fondamentali
gli strumenti giusti, per aiutare l’insegnante nel suo difficile
compito di integrazione linguistica.
Vanessa Niri per Wired
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