Paolo Sciunnach, insegnante | Nel
midràsh (Esthèr Rabbà 7) troviamo “la lettera di Hammàn alle nazioni” –
scritta a nome del Re Achashveròsh. Il modo di ragionare di Amalek nel
corso delle generazioni non cambia mai: la sostanza del discorso e del
modo di pensare sarà la stessa anche negli anni 30 sotto Hitler.
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Anna
Foa,
storica |
La
vignetta elettorale su Twitter che ritrae il candidato centrista
francese Macron, con il naso adunco, la tuba da banchiere e la falce in
mano ha suscitato scandalo in Francia perché riproduce i tratti
dell’ebreo come erano rappresentati nelle vignette antisemite degli
anni Trenta. E poco importa che il candidato della destra, Fillon, si
sia affrettato a sconfessarla. Il richiamo in chiave antisemita agli
ebrei riemerge accompagnando e seguendo battaglie elettorali aspre.
Così negli USA, dove è accompagnato da attentati e minacce opera dei
suprematisti bianchi, così in Polonia, in Ungheria. Riemerge insomma un
antisemitismo che i commentatori, impegnati com’erano a denunciare
l’antisemitismo travestito da antisionismo delle sinistre estreme,
tendevano a dare per inesistente o ininfluente, quello delle destre
filonaziste. Attenzione quindi. E che gli ebrei, ovunque siano, nella
diaspora o in Israele, guardino con attenzione a chi sono i loro amici
e i loro nemici.
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La campagna elettorale
e la vignetta antisemita
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“Sembra
una caricatura degli anni Trenta, quando fascisti e nazisti
denunciavano il complotto demo-pluto-giudaico-massonico”. Così il
Corriere definisce la vignetta che sta facendo parlare la Francia,
opera del partito dei Républicains. Ad essere ritratto l’avversario
politico Emmanuel Macron, già banchiere da Rothschild, con il naso
adunco, la tuba da capitalista di inizio Novecento, intento a tagliare
il sigaro grazie a una falce comunista. “Mirabile riassunto
iconografico del nemico: ebreo (Macron non lo è, ma comunque), ricco e
illiberale. L’infortunio è così grave – scrive il Corriere – che il
candidato della destra François Fillon ha preso in fretta le distanze
dai suoi stessi collaboratori”.
Volano parole forti tra i governi di Turchia e Olanda, alle prese con
una crisi senza precedenti. Durissime le dichiarazioni di Erdogan,
riportate tra gli altri da Repubblica: “L’Olanda pagherà per il suo
comportamento vergognoso. Questo è fascismo e nazismo. Pagheranno il
prezzo per il trattamento inflitto in modo sfacciato ai miei
concittadini, al mio ministro degli Esteri. L’Occidente ha mostrato il
proprio vero volto, una lampante dimostrazione di islamofobia”.
Mercoledì in Olanda si vota, con l’ultradestra di Wilders data in forte ascesa.
Perde un altro pezzo la rete di contatti in Italia del terrorista Anis
Amri, autore della strage di Berlino del dicembre scorso. Un 37enne
tunisino residente a Latina, che per gli investigatori aveva aderito
alla compagine ‘radicale’ gravitante attorno alla moschea di Latina, è
stato infatti espulso e rimpatriato su provvedimento del ministro
dell’Interno Marco Minniti. La notizia è riportata dal Corriere.
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l'attentato palestinese di questa mattina Gerusalemme, alba di sangue
Rafforzata la sicurezza in città Aveva
25 anni e proveniva da Jabel Mukaber, quartiere di Gerusalemme Est, il
terrorista palestinese che all’alba si è scagliato, armato di coltello,
contro due soldati israeliani che si trovavano all’interno di una
piccola postazione nei pressi della Porta dei Leoni, uno degli accessi
alla Città Vecchia.
Rimasto ucciso nel corso dell’attacco, il terrorista era arrivato da
poco nella zona (luogo di accesso privilegiato all’area del Monte del
Tempio) a bordo di una vettura, parcheggiata nei paraggi.
A renderlo noto il portavoce della polizia di Gerusalemme, Micky
Rosenfeld, che in queste ore ha fatto il punto su alcune iniziative
intraprese per la sicurezza nazionale: la chiusura dell’area limitrofa
al luogo dell’attacco, ma anche l’arresto di alcuni parenti del
terrorista che si suppone fossero al corrente dei piani del 25enne. Non
destano particolare preoccupazione invece le condizioni di salute dei
due soldati, ricoverati con ferite lievi presso il centro medico
dell’Università Hadassah.
Non sorprende, a detta dei principali analisti, il fatto che il
terrorista provenisse da Jabi Mukaber. Dallo stesso quartiere sono
infatti partite numerose azioni di sangue che hanno colpito la
collettività israeliana in questi anni. Leggi
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I GENITORI DEI SOLDATI israeliani caduti Or Lamishpachot, ancora Roma
"Qua come a casa nostra"
“Roma è la vostra casa. Questa Comunità è la vostra casa”.
Non nasconde l’emozione Ruth Dureghello, presidente della Comunità
ebraica romana. Di fronte, in una serata molto diversa dal solito, una
folta delegazione del gruppo di Or Lamishpachot, associazione
israeliana che raggruppa i genitori che hanno perso il loro figlio
durante la leva militare o in guerra.
Di nuovo a Roma, a distanza di un anno dalla loro prima visita. Di
nuovo in sinagoga, ultima tappa di una giornata fatta di molti incontri
ed emozione.
Sono storie terribile, quelle che raccontano i genitori di Or
Lemispachot. Storie di annunci terribili, che sconvolgono l’esistenza.
Storie di vite e sogni infranti.
Ma anche storie di coraggio, di tenacia, di speranza. Storie di donne e
uomini che hanno scelto di non arrendersi al dolore. La loro presenza a
Roma, nelle ore in cui si celebra la ricorrenza del Purim (ieri
dedicata alla storica insegnante della scuola ebraica Emma Alaltri, in
cui onore è stata organizzata una festa a sorpresa) è una chiara
dimostrazione in questo senso.
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Oltremare - Kikar HaMedinà
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Nelle
città ci sono sempre luoghi che l’urbanista di turno ha pianificato con
un pensiero ben chiaro in testa, e che la realtà ha trasformato in
qualcosa di completamente diverso. Un po’ come quegli alberi che
crescono avviluppando nel loro tronco un cancello, una buca delle
lettere, un palo della luce: anarchia della natura o dei luoghi. A Tel
Aviv un esempio è Kikar HaMedinà, l’unica piazza davvero tonda della
città, perfino libera del traffico che le gira intorno e non forma
alcun incrocio di linee rette, causando non pochi giri a vuoto di
automobilisti che perdono il conto dell’uscita giusta e ritentano,
finchè non la trovano e escono finalmente dalla centrifuga. Kikar
HaMedinà vorrebbe essere la piazza principale di Tel Aviv e non lo è.
Intanto perchè è troppo lontana dalla spiaggia, e poi perchè i negozi
carissimi che vi si affacciano vanno bene per lo shopping selvaggio con
carta di credito rubata, giammai propria, ma non attirano alla fermata
e alla chiacchiera. Poi perchè i cerchi concentrici di cui è formata
confondono il telavivese che non capisce se deve usarla come giardino,
ma è troppo terrosa per essere un giardino; o come un luogo di ritrovo,
ma non ha neanche un chiosco come tutte le altre piazze o slarghi anche
molto meno perfettamente rotondi; o come spazio in cui portare il cane
a fare i suoi bisogni, ma non ha lo spazio dedicato in cui far correre
i cani, e quindi anche per questo uso è inutile. Insomma, la piazza ha
un serio problema di personalità, ogni giorno dell’anno a parte Purim.
A Purim, tutte le entrate vengono chiuse ad ogni traffico a partire
dalle due ruote, e Kikar HaMedinà si riempie di un fiume immane di
israeliani dagli zero anni in su, in maschera: si riversano a fiotti da
ogni stazione di treni o autobus, ballano per tutta la giornata in una
specia di rave diurno, o estremo after-hour, e danno così un senso alla
piazza, che ci mette poi un anno intero a riprendersi della sbornia, ma
ne valeva la pena.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Analisi scorretta - Sensibilità
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La
elezione di Donald Trump negli Stati Uniti ha messo in evidenza una
questione che si era già affacciata per noi ebrei italiani in occasione
dei governi del centrodestra: la divaricazione tra lo Stato d’Israele e
gli ebrei della diaspora nella valutazione di un governo. Lo Stato
ebraico giustamente informa i rapporti con gli altri governi sulla base
delle esigenze e valutazioni politiche proprie di uno Stato. La
sensibilità dell’elettorato ebraico di un dato Paese è invece
condizionata da valutazioni di altro genere.
Anselmo Calò
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