Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Secondo
un’opinione talmudica (Meghillà, 12 a) il decreto di sterminio del
popolo ebraico da parte di Hamàn sarebbe una punizione per la
partecipazione al grande banchetto di Achashveròsh narrato nel primo
capitolo della Meghillàt Ester. Nonostante il Re avesse provveduto alla
kashrùt del cibo, Mordekhai aveva proibito alla sua comunità di
partecipare. Cosa si nasconde dietro questo inquietante Midràsh?
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Dario
Calimani,
Università
Ca' Foscari
di Venezia
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Quando
si tratta di rilevare espressioni di antisemitismo nella nostra società
appare sempre sorprendente che ci si sorprenda. Quando questi fenomeni,
poi, giungono da un ambiente della Chiesa è, per alcuni di noi almeno,
ancora più sorprendente. Non più tardi dell’anno scorso ho avuto
occasione di contestare su questo sito la lettura stantia che il
cardinale Ravasi dava del Mercante di Venezia, come opposizione fra
l’implacabile giustizia ebraica e la salvifica misericordia cristiana
(Il Sole 24 Ore, 10 luglio 2016).
Ora, si scopre con inutile sorpresa che qualcuno sta organizzando a
Venezia un convegno dal titolo “Israele popolo di un Dio geloso:
coerenze e ambiguità di una religione elitaria”, riuscendo a fondere
insieme tutti i pregiudizi dell’antigiudaismo più bieco e più antico
sulla faccia della terra. Bisogna purtroppo abituarsi all’idea che,
soprattutto nelle sue conventicole più retrive, la Chiesa cattolica
debba da sempre affermare la sua novità e dichiarare la propria
superiorità distanziandosi e distinguendosi dall’ebraismo.
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Milano, nuovi fondi
per il Memoriale
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La
Regione Lombardia ha stanziato un milione e centomila euro per il
completamento dei lavori del Memoriale della Shoah di Milano. I fondi
serviranno, sottolinea Repubblica Milano, alla realizzazione della
biblioteca, del centro studi e dei relativi allestimenti. A prevederlo,
il protocollo firmato ieri a Palazzo Lombardia dal governatore Roberto
Maroni e da Ferruccio de Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale
della Shoah. Presenti anche l’assessore alle Culture della Regione
Cristina Cappellini e il vicepresidente della Fondazione Roberto
Jarach. “La Regione ci permette di completare l’ultimo miglio dei
lavori – ha spiegato De Bortoli – nell’unico luogo in Europa rimasto
allo stato originario dall’inizio della deportazione”. Jarach, racconta
il Corriere Milano, “ha invece ripercorso la storia della Fondazione
nata nel 2007, ricordando che da quando, nel 2013, sono state
organizzate le prime visite per le scuole, le presenze al Memoriale
sono passate dai 7.500 studenti nel primo anno ai 21 mila attesi oggi
(il venti per cento in più rispetto al 2016). Quanto ai tempi, –
riporta il quotidiano – la certezza è quella di fare presto. A fine
anno, nei progetti della Fondazione, sia la biblioteca che il centro
studi dovranno essere pronti. Jarach ha infine confermato l’impegno del
Memoriale nell’accoglienza dei profughi in arrivo a Milano”.
Israele, Intel e la risposta al boicottaggio. Mentre a Torino c’è chi
ancora invoca al boicottaggio da parte di Politecnico e Università ai
danni del Technion di Haifa – tra le accademie è stato firmato un
Memorandum di ricerca su oncologia, genetica e risorse idriche
(Repubblica Torino) – il gigante della tecnologia Intel ha acquisito
l’israeliana Mobileye per 15,3 miliardi di dollari. Una delle
acquisizioni più costose di sempre e diretta a far fare un balzo in
avanti a Intel nel settore del futuro, quello delle auto senza pilota.
La Mobileye, spiega La Stampa, è “un operatore specializzato nello
sviluppo di ‘advanced driver assistance systems’ (Adas), ovvero sistemi
di visione per la guida assistita. L’azienda è nata 13 anni fa a
Gerusalemme da un gruppo di soci e docenti universitari che avevano
sviluppato il primo sistema capace di individuare veicoli in movimento
con l’uso di telecamera e di computer. II gruppo conta oggi 600
dipendenti, impiegati nelle diverse unità, ed è considerato il pioniere
nello sviluppo di sistemi avanzati di assistenza alla guida”.
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qui milano - la giornata dei giusti
Da Parigi a Tunisi ad Istanbul,
donne e uomini contro l'orrore Etty
Hillesum, la giovane ebrea olandese morta ad Auschwitz che rifiutò la
logica dell’odio verso i tedeschi nonostante la persecuzione; Lassana
Bathily, il musulmano che ha nascosto gli ebrei nell’Hyper Cacher di
Parigi nell’attentato del 2015; Raif Badawi, blogger saudita simbolo
della lotta per una società libera, Pinar Selek, la scrittrice turca
costretta all’esilio per aver difeso i diritti delle minoranze, e
Hamadi ben Abdesslem, guida tunisina che ha salvato decine di turisti
durante l’attentato al museo del Bardo nel marzo 2015. “A loro è
dedicata questa giornata dei Giusti, al loro esempio” ha ricordato
nelle scorse ore Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, nel corso della
due giorni (14 e 15 marzo) che celebra questi cinque personaggi che
hanno segnato la storia moderna con le loro azioni a favore del
prossimo. Leggi
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qui milano - lo stanziamento della regione
Memoriale, l'ultimo miglio “La
Regione ci permette di completare l’ultimo miglio dei lavori nell’unico
luogo in Europa rimasto allo stato originario dall’inizio della
deportazione”. L’ultimo miglio di cui parla Ferruccio De Bortoli, è
quello per il completamento del Memoriale della Shoah di Milano. La
Regione Lombardia ha infatti siglato un protocollo con la Fondazione
del Memoriale, presieduta proprio da De Bortoli, che prevede lo
stanziamento di un milione e centomila euro per portare a termine i
lavori all’interno della struttura, simbolo della Memoria milanese e
non solo. I fondi saranno destinati alla realizzazione della
biblioteca, del centro studi e dei relativi allestimenti.
“Questo protocollo è un atto dovuto, ma anche un’iniziativa che
facciamo volentieri in nome della memoria e dei valori universali
rappresentanti da questo memoriale. Valori che devono essere sempre
ricordati dalla nostra società, promossi e sostenuti, così come le
iniziative della Fondazione, fra i giovani e non solo”, ha affermato il
presidente della Lombardia Roberto Maroni.
A spiegare il ruolo sempre più importante a livello cittadino e
nazionale – con lo sguardo rivolto anche al panorama internazionale –
il vicepresidente della Fondazione del Memoriale Roberto Jarach, che ha
ricordato la crescita costante delle presenze delle scuole all’interno
della struttura che sorge nel luogo da cui partirono i treni della
deportazione.
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TORINO, L'INTERVENTO DELLA COMUNITà EBRAICA "Università, la libertà di ricerca
prevalga sull'oscurantismo" Tra
i vari punti all’ordine del giorno della odierna riunione del Senato
Accademico dell’Università di Torino in svolgimento anche una proposta
presentata dal Consiglio degli Studenti in cui si chiede l’interruzione
dei rapporti di collaborazione tra l’ateneo stesso e il Technion di
Haifa (nell’immagine).
Approvato a larga maggioranza dal Consiglio studentesco – 16 voti
favorevoli, cinque contrari – il documento chiede all’ateneo torinese
“di prendere pubblicamente posizione contro le violazioni per parte
israeliana della legislazione internazionale e della Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo, di non intessere relazioni con tutti
quei soggetti, pubblici o privati, che contribuiscano o traggano
beneficio dalle violazioni della legislazione internazionale da parte
israeliana e dai loro contatti con le forze armate israeliane”.
A tal proposito il Consiglio della Comunità ebraica torinese ha
approvato ieri e all’unanimità il seguente testo, inviato al magnifico
rettore dell’Università: “La Comunità ebraica di Torino esprime la sua
viva preoccupazione per l’ipotesi che il Senato Accademico, convocato
per domani, martedì 14 marzo, deliberi l’interruzione dei rapporti di
collaborazione scientifica tra l’Università degli Studi di Torino e il
Technion di Haifa. Siamo fiduciosi che i principi della libertà della
ricerca e della cooperazione tra istituzioni accademiche dei Paesi
democratici, che da sempre ispirano l’Università di Torino, prevalgano
sull’oscurantismo di chi intende isolare le libere e avanzate istanze
della ricerca scientifica e della cultura espresse dalla società
israeliana”.
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protagonista con la brigata ebraica Haim Abrahami (1925-2017) Per
partecipare a quell’impresa, chiese a un suo amico rabbino di
falsificargli il documento con l’anno di nascita: non più 1925, ma
1924. Ufficialmente, era maggiorenne. Nessuna autorità di Sua Maestà
avrebbe più potuto più impedirgli di arruolarsi alla Brigata Ebraica,
il corpo di eroici volontari che dalla Palestina mandataria, al fianco
dei soldati inglesi, si ritagliarono un ruolo decisivo nella
liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Haim Abrahami ci ha lasciati ieri, uno degli ultimi soldati della
Brigata ancora in vita. Viveva da tempo in Italia, nei pressi di Lucca,
dove si era trasferito definitivamente a partire dagli Anni Ottanta. La
sua bandiera, quella della Brigata, l’ha accompagnato anche quest’oggi
in occasione dell’ultimo saluto, a Livorno, nel cimitero ebraico
cittadino.
Un vero combattente fino all’ultimo, raccontano i figli. Nonostante una
malattia incurabile, proseguiva nelle sue attività quotidiane senza mai
lamentarsi, sempre col sorriso sul volto.
Eppure ne aveva viste tante: la Seconda Guerra Mondiale, e poi a
stretto giro quella del ’48 per l’indipendenza di Israele e nel ’56 la
crisi di Suez. Ricordava spesso quei giorni, condividendo emozioni,
angosce, speranze. Come nel 2015, quando aveva partecipato alla solenne
commemorazione per i caduti della Brigata al cimitero di Piangipane.
Sia il suo ricordo di benedizione. Leggi
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Poveri noi
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In
televisione non si parla d’altro che di legittima difesa. Sera e
mattina. Pare che in Italia il problema principale sia poter sparare a
chiunque si introduca illegalmente nella propria abitazione o nel
proprio negozio. Una cosa orribile, sia chiaro. Un’esperienza che
nessuno vorrebbe fare.
Dunque si intervistano commercianti, tabaccai, anziani aggrediti, vip
rapinati. E poi naturalmente parlano quelli che avevano una pistola e
l’hanno usata. Chi ha ammazzato, involontariamente, è molto richiesto
in tv perché se hai solo ferito, in effetti, la storia non c’è: se sei
un ladro e ti colgono sul fatto e ti feriscono, in effetti, dove è la
notizia? Per essere televisivamente appetibile devi perlomeno avere un
morto sulla coscienza.
Quindi scatta la diatriba destra e sinistra, tra chi vorrebbe dare armi
a tutti e chi no. Con un problema: se tutti possono avere la pistola,
il primo ad acquistarla non sarà proprio il ladro? E non sarà lui ad
averla già carica, già in pugno, nonché il più svelto a usarla?
Non possono mancare, chiaro, i paesani in collegamento. La vecchietta
che incita al massacro, il macellaio già pronto con gli strumenti del
suo mestiere.
Il conduttore sobilla tutti. Fa finta di placare ma in realtà gode ogni volta che i toni si alzano e il pensiero si attenua.
Alla terza trasmissione in cui incappavo di questo tenore, in
collegamento telefonico la prima e unica voce di buon senso: un uomo,
dopo aver ammazzato per difendersi, dichiarava semplicemente che da
allora – nonostante l’assoluzione – la sua vita non è stata più la
stessa.
Evviva. E poveri noi.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - Mal d'Africa |
La
“conquista” dell’Impero di Etiopia, datata 9 maggio 1936, è al centro
dell’interesse dell’editoria. Tre libri sono usciti di recente
sull’argomento, affrontandolo da diverse prospettive, e svelando con
documenti coevi, memorie o la forza della narrativa il grande bluff di
Mussolini.
Il saggio storico “L’ora solenne” di Marco Palmieri (Baldini &
Castoldi, pp. 316) racconta come vissero gli italiani quella fase
storica, in cui si registrò il massimo dei consensi per il regime
fascista e per l’impresa militare, che in realtà venne compiuta al
prezzo di violenti eccidi, anche con l’impiego di gas, con i ribelli
che continuarono a resistere e solo una piccola parte del territorio
effettivamente controllata dalle forze militari italiane.
Mario Avagliano
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I paradossi della Memoria
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La
disinformazione nei riguardi di Israele da parte di molti mass media
inizia a dare i suoi frutti, con la campagna che tende ad isolare lo
Stato ebraico a stregua di un lebbroso. Nel frattempo, è da domandarsi
se le frequentissime iniziative per la Memoria dell’Olocausto possano
frenare l’antisemitismo, che (anche) di quello si tratta.
Emanuele Calò, giurista
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