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Elia Richetti,
rabbino
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Nella
Parashà di questa settimana sono elencate le ricorrenze, fra le quali
il giorno di Kippur. A proposito di questo giorno, la Torah dice
qualcosa di strano: “Affliggerete le vostre persone il 9 del mese alla
sera”. Ora, tutti sappiamo che il giorno di Kippur è il 10 di Tishrì,
non il 9! Il problema se lo sono posti anche i Maestri della Ghemarà,
che lo hanno risolto in maniera ancora più sibillina. Leggi
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Contrariamente
ai miei amici e colleghi su questa pagina, Anna Foa, Dario Calimani e
Davide Assael, non mi concedo nessun attimo di festeggiamento in
seguito all’elezione di Emmanuel Macron a presidente francese. Sono
ovviamente sollevato dalla vittoria del giovane e liberale Macron sulla
più navigata e reazionaria Marine Le Pen. Ma i dati della vittoria mi
sembra meritino un’ulteriore cauta riflessione. Al secondo turno, su
47.568.588 francesi aventi diritto al voto, 12.101.416 non hanno
votato, 4.069.256 hanno votato scheda bianca o nulla, 10.644.118 hanno
votato Le Pen, e 20.753.798 hanno votato Macron. Il neo-presidente ha
quindi ricevuto il sostegno del 43,6% (meno della metà) degli elettori
potenziali, il 58,5% dei votanti, e il 66,1% dei voti validi. Macron,
che era partito con un vantaggio al primo turno di un milione di voti
rispetto alla Le Pen, ha aumentato il numero dei suoi sostenitori di
12.097.452, mentre Le Pen ha conquistato 2.965.627 nuovi sostenitori.
Il successo di Macron nella raccolta di voti per il secondo turno è
dunque schiacciante, ma significa anche che il vincitore è una seconda
e non una prima scelta per il 58,7% dei suoi elettori al secondo turno.
Si tratta dunque chiaramente di un voto di salvezza nazionale per
evitare il danno che sarebbe derivato dalla vittoria della sua
concorrente, ma anche di un voto di ripiego espresso da parte di una
maggioranza eterogenea e disamorata. La vittoria di Macron, candidato
senza partito, conferma anche la tendenza al crollo dei partiti
politici tradizionali. Al primo turno i due principali partiti francesi
hanno ottenuto insieme il 26,4% dei voti (20,0% il gollista Fillon,
6,4% il socialista Hamon). Dunque quasi tre quarti dei voti validi al
primo turno sono andati a candidati di movimenti extra-partito o
anti-partito, non rappresentati o malapena presenti nel parlamento
francese uscente. È grave la debacle dei partiti che nella loro
espressione migliore costituivano una camera di riflessione e di
elaborazione delle idee, oltre che una palestra per la crescita dei
leaders. La focalizzazione sull’uomo, anzi sempre più sull’Uomo (vedi
Trump), è un ben miserevole sviluppo all’interno delle democrazie
occidentali. Nulla di tutto ciò aiuta a risolvere i problemi sempre più
complessi delle società mediatiche e post-capitaliste. I problemi
accumulati, soprattutto del disequilibrio interno e del ristagno delle
iniziative, sono pesanti e difficilmente risolvibili senza gravi
sacrifici che nessuno è disposto ad accettare, o addirittura senza un
nuovo contratto sociale che però verrebbe a contraddire molte delle
fondamenta delle società esistenti. Soluzioni populistiche non portano
da nessuna parte. Pertanto lo scenario più verosimile è quello della
continua accumulazione di ulteriori tensioni sociali e socioeconomiche
– alla fine delle quali il dilemma della contrapposizione fra stato
democratico e regime totalitario si riproporrà con forza ancora
maggiore. L’incubo dell’involuzione fascista non è eliminato dalle
nuove elezioni, è solo rimandato.
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"Chi uccide i bambini
non è un uomo"
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“Quando
si arriva a uccidere i bambini si è al di sotto del genere umano.
Bisogna accertare i responsabili e condannarli severamente”. Le parole
del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, commentando quanto
accaduto a Roma, dove un incendio doloso ha ucciso tre sorelle rom –
Francesca di 8 anni, Angelica di 4 e Elisabeth di 20 – che dormivano
all’interno di un camper. Secondo la magistratura, si tratta di un
regolamento interno. “Qualcuno ha lanciato una bottiglia incendiaria. –
riporta il Corriere – La telecamera del centro commerciale ha
registrato la scena: il rogo è divampato in pochi minuti. Le tre
sorelle hanno fatto un fine orribile nel parcheggio di Centocelle, i
familiari non sono riusciti a tirarle fuori, forse sono rimaste
incastrate o le fiamme le hanno bloccate”. Repubblica racconta del
clima che si respira nel quartiere diviso tra odio e pietà: “Che pena
per le bambine ma quelli se ne devono andare”, uno dei commenti degli
abitanti della zona.
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Leggi
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ieri il messaggio della presidente ucei Fifa, via la mozione anti-Israele
Anche l'Italia con Infantino
È
stata tolta dall’ordine del giorno dei lavori del Congresso Fifa in
svolgimento in Bahrein, su indicazione del presidente Gianni Infantino,
la proposta di sanzioni ai danni della Federazione israeliana avanzata
dalla dirigenza palestinese. Una provocazione (con conseguenze molto
gravi, come la possibile sospensione di Israele dalla Fifa) che ha
rischiato di essere davvero sul tavolo dei protagonisti del Congresso,
tra cui non pochi paesi arabi. A monte di questa proposta, la richiesta
di revoca dello status di professionismo ai club israeliani che giocano
nei Territori (sei in tutto, nelle serie minori).
In una comunicazione ufficiale della Fifa si è rinviato il confronto a
una eventuale prossima occasione, ritenendo prematuro un voto senza
degli ulteriori approfondimenti. Come riportato dalla stampa
israeliana, nel fine settimana Infantino era stato contattato
personalmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu. “Sport e politica
devono restare su due piani distinti” avrebbe detto Netanyahu al leader
del calcio mondiale, esprimendo una ferma richiesta di cancellazione di
questa proposta dall’agenda Fifa. Inoltre, il premier avrebbe
sottolineato come questa iniziativa sia, per il presidente della
Federazione palestinese Jibril Rajoub, nient’altro che un tentativo per
farsi pubblicità. Con la speranza, in futuro, di ereditare la
leadership di Abu Mazen.
Tra i paesi che maggiormente hanno rappresentato a Infantino
l’impossibilità di affrontare questioni che nulla hanno a che fare con
il pallone in sede Fifa anche la Federcalcio italiana. Su indicazione
personale del presidente Carlo Tavecchio, si apprende dalla Figc,
l’Italia avrebbe infatti mantenuto una posizione ferma e non
negoziabile su questo punto. A Tavecchio e per conoscenza al presidente
del Coni Giovanni Malagò (oggi confermato in carica per un nuovo
mandato) la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Noemi Di Segni, in una lettera concertata con il Presidente del Maccabi
Italia Vittorio Pavoncello, si era rivolta ieri con un messaggio da
trasmettere ai rappresentanti riuniti in Bahrein. “Permettere alla Fifa
di diventare un campo di battaglia in una delle controversie politiche
più complesse del mondo – le sue parole – porterebbe l’organizzazione
ad interpretare un ruolo ben diverso da quello proprio”. Leggi
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brigata ebraica - il ricordo
Piangipane, un nuovo omaggio
Tanti giovani alla cerimonia
La
voce, la testimonianza, la presenza di tanti giovanissimi. Un segnale
importante e rivolto al futuro quello che arriva da Piangipane, dove si
è svolta oggi la tradizionale commemorazione dei soldati della Brigata
Ebraica organizzata dalla Comunità di Ferrara, con il sostegno
dell’Ambasciata d’Israele.
Sono stati infatti gli alunni della terza, quarta e quinta della scuola
primaria “Caruso Balella” del comune ravennate (in cui ha sede il
cimitero, dove riposano coloro che persero la vita nel tentativo di
liberazione dell’Italia) i protagonisti dell’odierna cerimonia.
Tra le pagine ricordate in questa circostanza, non solo le numerose
azioni militari di successo portate a compimento ma anche il contributo
profuso per far ripartire, nei mesi successivi, le attività e la vita
delle comunità ebraiche italiane. E inoltre, la fondamentale difesa di
queste memorie contro i professionisti dell’odio e della menzogna che,
il 25 Aprile e non solo, puntualmente si affacciano ogni volta alla
ribalta.
Tra
i vari interventi, hanno preso la parola Luciano Caro, rabbino capo di
Ferrara; Romano Rossi, autentica memoria storica delle vicende della
Brigata; Andrea Pesaro, presidente della Comunità ebraica ferrarese,
che ha preso la parola anche a nome dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane. A rappresentare l’ambasciata d’Israele l’addetto per la
Difesa Harel Taggar, mentre è stata la presidente della Comunità
ebraica romana Ruth Dureghello ad accompagnare Pesaro nella deposizione
di una corona. Tra il folto pubblico che ha assistito alla cerimonia
anche la vicepresidente della Comunità ferrarese Eileen Cartoon.
È di ieri intanto la notizia dell’approvazione della proposta di legge,
da parte della Camera, per far attribuire la medaglia d’oro al valore
militare alla Brigata. La proposta, che aveva tra i suoi primi
firmatari i parlamentari Lia Quartapelle ed Emanuele Fiano, andrà ora
al Senato.
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Setirot - Dobbiamo parlarne
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Togliere
la parola a chicchessia in un qualsivoglia consesso democratico –
un’assemblea, un convegno, un forum – è (eccezion fatta, a mio avviso,
per fascisti e/o antisemiti dichiarati e “nellʼesercizio delle loro
funzioni”) da un punto di vista laico la negazione dellʼebraismo. E
forse nemmeno solo da un punto di vista laico. Di conseguenza, mi
indigno e mi rattristo ogni volta che vedo questo brutto spettacolo, in
particolare quando viene messo in scena allʼinterno della nostra
comunità. Gli attori sono più o meno sempre gli stessi. Personaggi a
cui, credo, nessuno abbia mai imposto il silenzio in una assemblea, in
un convegno, in un forum. Vogliamo parlarne una buona volta?
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Gli scaffali vuoti
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C’è
una piazza a Berlino, nel Mitte, che al centro ha una piccola lastra di
vetro conficcata nel pavimento. La gente ci cammina sopra andando a
lavorare o all’opera o alla chiesa di Santa Edvige. Di quando in quando
qualche turista si ferma e cerca di catturare con l’obiettivo o il
cellulare quel che è nascosto sotto quella lastra: una biblioteca
vuota, scaffali di libri che non esistono più perché bruciati, proprio
su quella piazza, nel grande rogo nazista, il più imponente dei tanti
eseguiti allora in diverse località della Germania.
È il 10 maggio 1933 e nell’Opernplatz sono in 40.000 ad assistere al
falò di 25.000 libri “non tedeschi”, incitati dagli slogan facili e dai
proclami di Joseph Goebbels: “No alla decadenza e alla corruzione
morale! Sì al decoro e alla moralità in famiglia e nello stato. Io
consegno alle fiamme gli scritti di…”. Ad allietare la folla ci sono
bande e orchestre che quella notte eseguono pura musica ariana, priva
di contaminazioni e di elementi pericolosi per l’integrità del popolo
tedesco.
Maria Teresa Milano
Leggi
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Tornare da Gerico
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Da
Gerusalemme a Gerico e il Mar Morto la strada scende rapidamente in
mezzo alle gobbe del terreno arido. Chissà che cosa hanno pensato i
primi soldati israeliani che l’hanno percorsa cinquant’anni fa, durante
la Guerra dei sei giorni di cui fra pochi giorni cadrà l’anniversario.
Sempre che abbiano pensato qualcosa di specifico, scendendo giù giù
fino al punto più basso della Terra. “Torneremo a scendere verso il Mar
Morto, sulla strada di Gerico”, cantava Naomi Shemer in “Yerushalaim
shel zahav”, avviata a divenire un simbolo tra i più vivi del “miracolo
dei sei giorni”, la vittoria fulminante su numerosi eserciti che
minacciavano Israele di distruzione. Una strada deserta e in discesa,
dove non c’è posto per altro che non sia la gioia della vittoria.
Giorgio Berruto
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Siamo ancora qui
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“Raccontare
le nostre edot al Meis” è stato argomento di discussione allo scorso
Moked di Milano Marittima (so di aver già parlato di questo evento, ma
gli spunti sono tali e tanti da poterne riflettere ancora a lungo). La
direttrice del Museo Simonetta Della Seta ha sottolineato innanzitutto
che si tratta di un museo dell’ebraismo italiano prima che della Shoah,
e che della vitalità ebraica italiana vuole raccontare, a mostrare come
non ci siano solo gli ebrei del passato o gli ebrei morti nella Shoah –
come sembrerebbe invece dalla lettura di molti testi scolastici dei
ragazzi italiani.
Sara Valentina Di Palma
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