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8 giugno 2017 - 14 sivan 5777
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CULTURA

Il Rinascimento, la Bibbia e la lettura italiana

img header“La più antica e ancora esistente pièce in ebraico, ‘Una commedia di fidanzamento’ (Tsahut bedihuta deqiddushin), attribuita al drammaturgo ebreo mantovano Leone de’ Sommi (Yehuda Sommo) è un’intrigante fusione delle tradizioni testuali ebraiche riguardanti il matrimonio e delle usanze teatrali italiane rinascimentali. È probabilmente il primo tentativo nella storia di esplorare come la lingua ebraica possa funzionare nelle performance teatrali”. Arrivano anche dall’Italia le suggestioni che hanno animato la conferenza “The Bible in the Renaissance”, La Bibbia nel Rinascimento, che si è svolta alla fine di maggio all’Università ebraica di Gerusalemme, promossa, oltre che dall’ateneo della Capitale israeliana, da Israel Science Fund, Institute for Advanced Studies, Fondazione Giovanni XXIII for Religious Studies, Università di Bar Ilan. A esplorare il modo in cui i riferimenti biblici vengono usati nel corso di questo speciale esempio di opera teatrale è stato Yair Lipshitz, docente della Tel Aviv University, approfondendo in particolare la sua protagonista femminile, la giovane Beruriah, e in lei le eco dei personaggi femminili raccontati appunto nella Bibbia. Teatro dunque (con una particolare attenzioni anche agli straordinari prodotti del genio di William Shakespeare), ma anche letteratura, storia, teologia, sono stati al centro della tre giorni di conferenze, organizzata da Yaakov Mascetti, docente di letterature comparate dell’Università di Bar Ilan.

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Società

La grandezza di un leader secondo rav Sacks

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Cosa caratterizza un leader? E quali i momenti fondamentali che lo definiscono come tale? Nel suo consueto commento dedicato alla parashah (porzione di Torah) settimanale, rav lord Jonathan Sacks, già rabbino capo del Commonwealth, approfondisce un tema forse talvolta sottovalutato: il rapporto tra leadership e disperazione, sconforto, persino depressione.
“Il Tanakh, la Bibbia ebraica è eccezionale per l’estremo realismo con cui ritrae l’animo umano. I suoi protagonisti non sono supereroi. I suoi anti-eroi non sono i l’archetipo dei cattivi. I migliori hanno i loro fallimenti, i peggiori spesso delle virtù salvifiche” sottolinea il rav nel suo testo uscito proprio alla vigilia delle elezioni che in queste ore portano alle urne decine di milioni di cittadini britannici. Se il rabbino mette in luce, come importante osservazione aggiuntiva, l’importanza delle sfumature, di quanto sia difficile, a partire dalla narrativa biblica, trarre un insegnamento dell’etica in cui la realtà viene semplicemente dipinta come bianca o nera, è sul momento di profondo scoraggiamento di Mosè descritto nel brano di Bealotecha che verrà letta nelle sinagoghe di tutto il mondo il prossimo sabato mattina che si sviluppa il nocciolo della sua riflessione. Infatti quando il popolo ebraico nel deserto, si lamenta per la monotonia della manna, il cibo perfetto offerto da D-o, rimpiangendo la maggiore varietà a loro disposizione in Egitto, il più grande Profeta e guida della tradizione ebraica arriva a chiedere di morire piuttosto che di continuare a portare il fardello di guidare la sua gente tanto riottosa.
“Non ho intenzione di paragonare gli eroi religiosi del Tanakh e quelli politici del mondo moderno. Sono figure diverse, che vivono in epoche diverse, e svolgono il proprio compito in ambiti diversi. Eppure possiamo trovare un fenomeno simile in uno dei grandi leader del XX secolo, Winston Churchill, che attraverso la maggior parte della sua vita fu incline a periodi di acuta depressione” fa notare rav Sacks, che ricorda come anche il grande primo ministro inglese arrivò a contemplare il suicidio, citando il libro sul tema firmato dallo psicanalista inglese Anthony Storr.

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FILOSOFIA

Emmanuel Levinas e lo sguardo sul mondo

img headerHans Kelsen, uno dei più grandi filosofi del diritto del XX secolo, riteneva che il superamento di elementi metafisici nel campo conoscitivo fosse speculare all’emancipazione da presupposti teologici nelle scelte valoriali e giuridiche. Dimenticato ogni dualismo “tra l’esperienza e la trascendenza”, l’uomo avrebbe riconosciuto l’ambito della contingenza come l’unico mondo esistente evitando così di cadere nella “teoria dell’immagine”* dove un dato fattuale è riconosciuto in quanto si approssima al suo archetipo (mondo delle idee) e un valore è affermato poiché lo si presume desunto da una matrice preesistente (valori rivelati). Sono, questi, dei passaggi obbligati per approdare alla razionalità della conoscenza e alla responsabilità delle proprie scelte? Levinas, riqualificando la nozione di metafisica come rottura della totalità dell’essere, presenta uno scenario quasi agli antipodi, ove in assenza di metafisica l’uomo si chiuderebbe in un solipsismo che non solo ostacolerebbe ogni ambito del convivere ma, più radicalmente, impedirebbe la conoscenza, facendo regredire l’interazione con il mondo a un rapporto di possesso, di fusione.

Cosimo Nicolini Coen

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ORIZZONTI  

Omaggio all'Europa  

Allo stato attuale della politica relativa alla Brexit, appartengo al gruppo più piccolo, triste e pessimista. Sono un negazionista. È  passato quasi un anno, e continuo a scuotere la testa incredulo: lo so, non è un gesto politico utile. Non accetto questa decisione quasi mistica ed emotiva di lasciare l'Ue. Non posso accettarla, non ce la faccio, credetemi. La rifiuto. La mia fazione vive in uno sconcerto quotidiano. Come è potuto accadere in una democrazia parlamentare matura questo rifiuto del buon senso e del buon governo? Come è possibile che, con un unico voto, poco più di un terzo dell'elettorato abbia determinato il destino della nazione per la prossima metà del secolo? Che a favore della Brexit siano state raccontate delle bugie spudorate? Che un referendum consultivo abbia assunto un valore vincolante?

Ian McEwan, Repubblica Robinson
4 giugno 2017


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ORIZZONTI 

Una statua per Martin 

Ha fatto molto caldo, a Berlino, in questi ultimi giorni. Un caldo inquieto, instabile. Ci si addormenta in estate e ci si risveglia in autunno, con temperature che sdrucciolano di dieci, quindici gradi tra luce e buio, e venti rabbiosi, pieni di rancore, che stritolano gli alberi con le loro mani d'acciaio. Poi, di nuovo, l'idillio, il sole-diamante, che ingioiella l'arsura. I cieli tedeschi hanno pathos. Corrono in giostra, si trasformano, si rovesciano, giocano d'azzardo. E la città muta con loro, fa capriole che non ti aspetteresti. Prendila, se ci riesci. Qui è povera, sdrucita, con strade male in arnese. Un terzo dei bambini di Berlino vive di assistenza sociale. Un amico, che ci lavora, mi dice che alcuni, il lunedì, arrivano alle mense scolastiche affamati. Il fine settimana, a casa, hanno mangiato poco e male.

Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica
4 giugno 2017


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Shir shishi - una poesia per erev shabbat

Guerra di sfinimento

img headerRa’aya Harnik nasce a Berlino nel 1933 e giunge bambina in Terra di Israele prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Studia sociologia e pedagogia all’Università di Gerusalemme e lavora come critica letteraria ed editor per programmi radiofonici. Dopo la prima Guerra del Libano si distingue come attivista contro l’occupazione militare della zona sud del Libano 1982 – 2000 e gli interventi militari voluti da Menahem Begin e Ariel Sharon.
Ra’aya Harnik è una poetessa raffinata, capace di tramettere una grande forza femminile nelle composizioni liriche, apparentemente semplici.
La morte del figlio Gonny, ufficiale, ha segnato un punto di svolta fondamentale nella sua vita e nella sua produzione.

Non porterò in olocausto
mio figlio.
Non io.

Di notte Dio e io
facciamo i calcoli
su cosa spetta a chi.

Io so
a mio figlio no
e non
in sacrificio

Non più l’anno ‘42
non più Treblinka
non più pecore al macello.
Ora fieri
ora come a Massada
ora, come il gregge portato all’olocausto

(Poesie per Gonny, Hakibbutz Hameuchad, Tel Aviv, 1983, pp. 9-11)

Sarah Kaminski, Università di Torino

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