Società – La grandezza di un leader secondo rav Sacks

sacks 2Cosa caratterizza un leader? E quali i momenti fondamentali che lo definiscono come tale? Nel suo consueto commento dedicato alla parashah (porzione di Torah) settimanale, rav lord Jonathan Sacks, già rabbino capo del Commonwealth, approfondisce un tema forse talvolta sottovalutato: il rapporto tra leadership e disperazione, sconforto, persino depressione.
“Il Tanakh, la Bibbia ebraica è eccezionale per l’estremo realismo con cui ritrae l’animo umano. I suoi protagonisti non sono supereroi. I suoi anti-eroi non sono i l’archetipo dei cattivi. I migliori hanno i loro fallimenti, i peggiori spesso delle virtù salvifiche” sottolinea il rav nel suo testo uscito proprio alla vigilia delle elezioni che in queste ore portano alle urne decine di milioni di cittadini britannici. Se il rabbino mette in luce, come importante osservazione aggiuntiva, l’importanza delle sfumature, di quanto sia difficile, a partire dalla narrativa biblica, trarre un insegnamento dell’etica in cui la realtà viene semplicemente dipinta come bianca o nera, è sul momento di profondo scoraggiamento di Mosè descritto nel brano di Bealotecha che verrà letta nelle sinagoghe di tutto il mondo il prossimo sabato mattina che si sviluppa il nocciolo della sua riflessione. Infatti quando il popolo ebraico nel deserto, si lamenta per la monotonia della manna, il cibo perfetto offerto da D-o, rimpiangendo la maggiore varietà a loro disposizione in Egitto, il più grande Profeta e guida della tradizione ebraica arriva a chiedere di morire piuttosto che di continuare a portare il fardello di guidare la sua gente tanto riottosa.
“Non ho intenzione di paragonare gli eroi religiosi del Tanakh e quelli politici del mondo moderno. Sono figure diverse, che vivono in epoche diverse, e svolgono il proprio compito in ambiti diversi. Eppure possiamo trovare un fenomeno simile in uno dei grandi leader del XX secolo, Winston Churchill, che attraverso la maggior parte della sua vita fu incline a periodi di acuta depressione” fa notare rav Sacks, che ricorda come anche il grande primo ministro inglese arrivò a contemplare il suicidio, citando il libro sul tema firmato dallo psicanalista inglese Anthony Storr.
“Perché i più grandi sono così spesso tormentati da un senso di fallimento? Storr offre alcune pregnanti spiegazioni psicologiche, ma al livello più semplice possiamo senz’altro riconoscere tratti comuni ad alcuni profeti biblici: un’appassionata determinazione a cambiare il modo unito a un profondo senso di personale inadeguatezza. Il medesimo senso di responsabilità che spinge il profeta ad ascoltare la chiamata di Dio, può condurlo ad addossarsi la colpa del fatto che chi lo circonda non presta attenzione al medesimo appello” spiega.
“Tuttavia, è questa stessa voce interiore che alla fine offre anche la cura. Il profeta non crede in se stesso: crede in Dio. Non assume il ruolo di leader perché si considera tale, ma perché vede una missione che deve essere portata avanti e nessun altro pronto a prendersene carico. La grandezza non sta dentro a se stesso, ma oltre se stesso e in questo senso è chiamato a un compito che deve essere svolto a prescindere dal proprio senso di inadeguatezza”.
È così che dalla disperazione che accompagna talvolta il vero leader, può nascere una nuova grandezza, conclude il rabbino, quando l’impopolarità e le lamentele perdono centralità, e a contare diventa solo la missione, l’alto obiettivo da raggiungere. Nell’età dei populismi, un messaggio importante per i leader presenti e futuri di Gran Bretagna, ma forse anche del resto d’Europa e del mondo.

Rossella Tercatin