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13 giugno 2017 - 19 Sivan 5777
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IDENTITÀ

Dentro alla Storia con le ketubbot
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img headerLionella Viterbo / LE KETUBBOT DELLA FAMIGLIA AMBRON

Costituita nel 1998, grazie al lascito di Luisa Ambron Errera, la Fondazione Ambron Castiglioni ha lo scopo di attuare iniziative intese a promuovere e divulgare studi e ricerche nel campo della storia dell'arte, con particolare riferimento alla pittura e scultura italiana dell'Ottocento e Novecento, nonché all'apporto degli artisti ebrei e della cultura ebraica alle correnti pittoriche e artistiche italiane dell'Ottocento e Novecento.
Ultima iniziativa intraprese in ordine di tempo la presentazione, a Palazzo Incontri a Firenze, di un prestigioso quaderno dedicato alle ketubbot (i contratti matrimoniali) stipulati all'interno della stessa famiglia Ambron.
Iniziativa che ha preso il via da un ritrovamento di Lionella Viterbo, instancabile nell’indagare, attraverso i documenti d’archivio, la storia della Comunità e delle famiglie ebraiche fiorentine degli ultimi due secoli.

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IDENTITÀ

Guardare a Israele da sinistra

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Roberto Delera / L’ASINELLO DI ELISHA

 Poco più di due anni fa se ne andava, appena sessantaduenne, Roberto Delera, giornalista, ex militante di Lotta Continua, sposato con la studiosa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano Betti Guetta, e padre di Michele. Betti, in sua memoria, ha amorevolmente dato alle stampe, per un circuito ristretto, la sua tesi di laurea, discussa da non molti anni e intitolata “L’asinello di Elisha – La solitudine degli ebrei di sinistra in Italia, dal dopoguerra all’attentato a Rabin”, dedicata a un tema spinoso e complesso: il rapporto tra la sinistra e Israele. Un rapporto segnato in Italia da incomprensioni, prese di posizione politiche miopi e fin troppo “fedeli alla linea” (del Pci), ma anche da avvicinamenti e aperture serie e motivate. Il libro è stato al centro di un recente incontro alla Casa della Cultura di Milano, per onorare i due anni dalla scomparsa di Delera.
L’asinello di Elisha a cui fa riferimento il titolo è presente in un noto midrash del Talmud, in cui si narra la storia del grande rabbino Meir che aveva per maestro un rav di nome Asher, "lo straniero". Il midrash si dipana in un racconto che ha a che fare con l’esplorare nuovi orizzonti, con il superamento della tradizione da parte del rabbi "eretico", ed è accostato dall’autore alla vicenda degli ebrei di sinistra, sospesi tra il legame profondo con la propria identità religiosa, e la scelta di campo politica.

Marco Di Porto

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STORIA

L’ultimo custode della memoria di Asmara

img headerSamuel Menahem Cohen, Mansoor Jacob Cohen, Donatella Simeone / ASMARA. EBREI IN ERITREA

In uno dei racconti de L’ebreo errante, Elie Wiesel rievoca il suo ritorno nella nativa Sighet, la piccola città della Transilvania da cui fu deportato nel 1944, con destinazione Auschwitz III-Monowitz. Liberato nel 1945 a Buchenwald, dov’era stato trasferito, scelse l’esilio in Francia e solo vent’anni più tardi rimise piede a Sighet, che gli sembrò irriconoscibile: “L’unico luogo dove mi sentii a casa fu il cimitero. È l’unico luogo di Sighet che mi ricorda Sighet, l’unico luogo che resta di Sighet”. Comincia da qui – dalla citazione di Wiesel e non casualmente da un cimitero – il volume Asmara. Ebrei in Eritrea, curato da Samuel Menahem Cohen, Mansoor Jacob Cohen e Donatella Simeone, con la collaborazione di Franco Dell’Oro, Moshe Jacob Cohen e ‘Adi Cohen. E nell’epigrafe, affidata ad alcuni versi tratti dal Sefer ta’me ha-mitzwot (“I morti di ogni famiglia di tutto Israele / sono legati come le radici di un albero, / i cui rami sono i vivi. / Da sempre i vivi sussistono per merito dei morti”), c’è l’intento degli autori: far conoscere e preservare la storia della comunità ebraica di Asmara dalle origini, sul finire del XIX secolo, all’inesorabile declino, nel 1975, salvandola dalla distruzione e sottraendo i suoi morti all’oblio.

d.m., Pagine Ebraiche, giugno 2017 

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STORIA

L'ambiguità di Balfour
 

NARRATIVa

"Il mio Otello rivive nell’America razzista"

Arturo Marzano / STORIA DEI SIONISMI / Carocci


Singolare accoppiata di ricorrenze per la storia di Israele. Quest'anno non cadono solo i cinquant'anni dalla guerra dei Sei giorni (giugno 1967), ma anche i cento dalla Dichiarazione Balfour (novembre 1917). In più saranno anche centonovanta anni dal primo viaggio in Palestina di Moses Montefiore (1827) che avrebbe poi fondato un importante quartiere ebraico a Gerusalemme; centoventi anni dal congresso di Basilea (29-31 agosto 1897) che segnò la nascita del sionismo politico di Theodor Herzl e i settanta dalla risoluzione 181 delle Nazioni Unite (1947) che rese possibile la fondazione di uno Stato ebraico in Palestina. In Storia dei sionismi. Lo Stato degli ebrei da Herzl a oggi, che sta per essere pubblicato da Carocci, Arturo Marzano ricorda che il congresso di Basilea inizialmente avrebbe dovuto tenersi a Monaco ma dovette essere spostato per l'ostilità dei leader della comunità israelitica bavarese che ritenevano inesistente la «questione ebraica» (quantomeno nell'Europa centro occidentale) e non volevano offrire «argomenti» all'antisemitismo tedesco. Furono molte le comunità ebraiche a rifiutare l'invito a Basilea, tra le quali quella britannica.








Paolo Mieli
Corriere della Sera
13 giugno 201
7

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Tracy Chevalier / IL RAGAZZO NUOVO / Rizzoli

Tracy Chevalier è una scrittrice coraggiosa e lieve. Si è sempre buttata in operazioni audaci. Restituendo vita al fascinoso Vermeer con la "Ragazza dall'orecchino di perla" o all'enigmatico William Blake con "L'innocenza" o alle protofemministe inglesi di "Quando cadono gli angeli", comunque piroettando con i suoi romanzi nel passato per coglierne nebulose ancora da mettere a fuoco e, con un linguaggio slegato dal tempo di allora, portandole anche ai lettori meno accorti, rendendole potabili, consumabili, gustabili subito, pop. E diventando uno degli autori più letti del pianeta. Stavolta l'impresa è davvero ardua. Gliel'ha proposta la Hogart Press in occasione dei 400 anni dalla morte di Shakespeare (impresa in cui ha coinvolto altri prestigiosi autori, da Margaret Atwood a Jo Nesbo, da Anne Tyler a Howard Jacobson) affidando ad ognuno la riscrittura di un dramma del Bardo. E lei ha raccolto la sfida. Scegliendo l'Otello, masterpiece dell'opacità strategica dell'autore di Stratford, del suo modo inarrivabile di focalizzarsi su personaggi misteriosi e abbaglianti. Pensiamo allo strano matrimonio di Desdemona e il Moro, la perfidia di Lago, la furia assassina di Otello scatenata da un fazzoletto, l'intrigo improbabile capace invece di convocare e illuminare la tragedia della gelosia, l'identità, la razza, il tradimento.

Susanna Nirenstein
La Repubblica
13 giugno 201
7

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