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23 GIUGNO 2017
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scuola - maturità

Addio alla storia

Nella scuola di qualche decennio fa tutto era storia: storia dell’arte, storia della filosofia, storia della letteratura. Guai a farsi traviare da allettanti ma fuorvianti percorsi tematici, guai a non contestualizzare, guai a ignorare le basi materiali della vita di artisti e personaggi letterari. Forse questo ridurre tutto a storia era eccessivo (tanto più per chi, come noi ebrei, si mette in testa anno dopo anno di essere realmente uscito dall’Egitto), ma, come spesso accade, in poco tempo si è passati da un estremo all’altro. La contestualizzazione storica non è più una percezione istintiva ma un esercizio faticoso; allievi anche molto bravi stentano a tener presente chi è venuto prima e chi è venuto dopo.

Anna Segre

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aprrendimento

Scrivere a mano?

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“In un mondo dominato dalla scrittura delle macchine digitali (computer, iPad, smartphone, iPhone, ecc.), scrivere a mano non è soltanto un residuo nostalgico, ma qualcosa di estremamente utile e necessario. Gunnlaugur S. E. Briem, noto type designer e scrittore d’origine islandese, racconta che in una ricerca dell’Università dell’Indiana, condotta dal professor Karin Harman James, è stato seguito un gruppo di bambini tra i tre e i cinque anni. Alcuni avevano imparato le lettere dell’alfabeto digitando sulla tastiera, altri scrivendole a mano. Quest’ultimi ricordavano meglio l’orientamento delle lettere, per esempio distinguendo con sicurezza la p da dalla q. Inoltre, la risonanza magnetica mostrava che i bambini che avevano appreso l’alfabeto scrivendo a mano, avevano un’attività cerebrale simile a quella di un adulto; riconoscevano con più esattezza le lettere, cosa che è molto importante per “vedere” in anticipo le lettere e sviluppare quindi una velocità di lettura maggiore. Scrivere una lettera dell’alfabeto è meglio che guardarla, udirla o digitarla. .

Marco Belpoliti per doppiozero

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ottanta dafdaf

Il potere del linguaggio

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Ottanta, un altro traguardo rotondo. Chiuso lo scorso maggio, il numero ottanta di DafDaf è arrivato appena prima dell'estate, prima che il giornale ebraico dei bambini apra la consueta serie dei numeri estivi, pensati per accompagnare i suoi giovani lettori durante le vacanze. Era il settembre del 2010 quando uscì il numero zero di DafDaf, prova di coraggio e di speranza, e soprattutto volontà di affermare a testa alta che l'ebraismo italiano non solo non è ripiegato sul suo glorioso passato bimillenario, ma punta con decisione sui più giovani, e guarda al futuro. Sono passati quasi sette anni, e DafDaf ogni mese si presenta all'appuntamento coi lettori grazie al lavoro della redazione ma soprattutto grazie ai regali preziosi dei collaboratori che, un numero dopo l'altro, permettono l'uscita del giornale ebraico dei bambini offrendo illustrazioni, testi, riflessioni e soprattutto voglia di guardare avanti e di progettare, insieme. Nell'ultimo numero, dopo la suggestiva copertina di Luisa Valenti, che ha voluto introdurre il tema con i suoi ottanta piccoli personaggi colorati, DafDaf si apre con una riflessione del direttore della testata, Guido Vitale, dedicata proprio al traguardo rotondo e al suo rapporto con l'idea che da sempre guida le scelte della redazione del giornale dedicato ai giovani lettori: "Parlare, dialogare, confrontarsi".
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