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22 Agosto 2017 - 30 Av 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Ephraim Mirvis, rabbino capo
d'Inghilterra
La fede religiosa deve condurre a uno stile di vita responsabile.
 
Dario
Calimani,
Università di Venezia
Purtroppo, di questi tempi e con certi interlocutori, bisogna sempre continuare ad anticiparlo in modo inequivocabile: non sono comunista e non ho mai coltivato simpatie per regimi comunisti di sorta, di ieri o di oggi. Non mi sono mai piaciuti Stalin e accoliti, e non ho alcuna difficoltà a riconoscerne senza mezzi termini la barbarie. Anche se, indubbiamente i suoi piani quinquennali sono stati una – opinabile – manna dal cielo. Del resto, anche Mussolini, si dice, ‘ha fatto tante cose buone’, strade e ponti e paludi bonificate.
Dunque, non sono comunista, e tuttavia rimango fervente antifascista, perché non voglio dimenticare che cosa è stato il fascismo, e non solo per noi ebrei. Del resto, è il fascismo stesso che quotidianamente ci ricorda di che pasta sono fatte la sua ideologia e la sua prassi. È per questo che continuo a preoccuparmi quando sento dire che ‘Non esistono più destra e sinistra. Esiste solo la barbarie’. La sinistra, è vero, non esiste più. Ma la destra fascista esiste eccome, e si fa sentire e vedere, solo che si sta fingendo di non riconoscerla, pro bono pacis, o per convenienza politica.
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Ucciso il killer in fuga
La polizia catalana ha trovato e ucciso Younes Abouyaaquoub, l’attentatore ventiduenne considerato responsabile della strage di Barcellona. Abouyaaqoub è stato localizzato da una pattuglia intorno alle 16.15 nel paese attaccato a Sant Sadurnì, Subirats. I poliziotti gli hanno detto di fermarsi e tenere le mani in vista. Lui ha urlato “Allah akbar” e s’è aperto la camicia, mostrando la cintura esplosiva: a quel punto gli agenti, da una decina di metri di distanza, gli hanno sparato, uccidendolo (Corriere). L’indagine sull’attentato intanto continua per capire le ramificazioni della cellula terroristica che ha colpito Barcellona. “Il timore ormai ben radicato – scrive La Stampa – è che dietro gli attacchi della settimana scorsa ci sia la regia di una centrale europea dell’Isis”. Tra chi ha coordinato l’attacco, afferma il quotidiano, il siriano Ahmad Alkhald che ha addestrato ai primi di luglio alcuni membri della cellula catalana nell’uso dell’esplosivo. Contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura da parte della Francia, già nel 2016 a causa del suo ruolo negli attentati di Parigi del novembre 2015 (Stade de France) e di Bruxelles del marzo 2016 (Zaventem).
 
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  davar
l'inaugurazione nel 2018
Da Gerusalemme a Tel Aviv,

l'alta velocità unisce Israele
Il presidente israeliano Reuven Rivlin ne ha simbolicamente visitato un tratto in occasione dell’ultimo Yom Yerushalaim, la ricorrenza che celebra l’unità della Capitale israeliana. E ora, dopo anni di lavori e intoppi burocratici, la linea ferroviaria ad alta velocità che collegherà Gerusalemme a Tel Aviv sembra finalmente pronta: per l’inaugurazione ufficiale bisognerà aspettare aprile 2018 ma domenica scorsa si è tenuto il primo giro di prova della linea. Senza passeggeri, il treno ci ha messo 28 minuti a percorrere il tratto di quasi 70 chilometri che divide le due città (contro i 78 minuti sulla vecchia linea costruita ai tempi dell’Impero Ottomano).
Il progetto iniziale risale al 2001 e i lavori avrebbero dovuto concludersi nel 2008, ma un accumulo di ritardi, problemi burocratici nonché proteste da parte di gruppi ambientalisti, preoccupati che la linea potesse causare dei danni ad alcune zone collinari e valli protette intorno a Gerusalemme, hanno causato uno lungo stallo. Ora si è arrivati a questo significativo primo viaggio di prova e i test continueranno su base quotidiana anche nei prossimi mesi. Il ministro dei Trasporti Yisrael Katz ha parlato dell’impatto e del beneficio che porterà la nuova linea ferroviaria: “È un treno veloce che ci metterà 28 minuti per arrivare da Tel Aviv a Gerusalemme. Questo assicurerà il ruolo di Gerusalemme e darà alla gente la possibilità di viverci, crearvi nuovi business e cambierà completamente il collegamento tra Gerusalemme e il resto dello Stato di Israele”. I treni raggiungeranno i 160 km e, a regime, partiranno ogni 15 minuti, trasportando fino a 1.000 passeggeri ciascuno.
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pagine ebraiche agosto 2017
Sendak, attesa per il libro segreto
Si intitola Presto and Zesto in Limboland l’inedito di Maurice Sendak da poco ritrovato da Lynn Caponera, presidente della Fondazione intitolata a quello che è considerato un vero e proprio “mostro sacro” della letteratura per l’infanzia, noto soprattutto per Where the Wild Things Are, pubblicato nel 1963 e tradotto in italiano come Nel paese dei mostri selvaggi. Il titolo del libro ritrovato, la cui uscita è prevista per il prossimo anno, ha origine dai soprannomi che si erano dati i due autori, Sendak e Arthur Yorinks. Avevano già lavorato insieme a The Miami Giant, uscito nel 1995 e a Mommy?, del 2006: “Presto” era il soprannome che Sendak aveva appioppato a Yorinks una volta che era arrivato prima del previsto, e in cambio era stato rinominato “Zesto”.
Contestato per il suo approccio rivoluzionario alla narrativa per ragazzi, Sendak ha messo nelle sue pagine ciò che gli altri avevano escluso, cosa che gli attirò molto critiche. “Un libro da non mettere in mano a bambini sensibili che potrebbero esserne negativamente influenzati” fu una delle opinioni più moderate all’uscita di Where the Wild Things Are. Un inizio contrastato per un testo ora considerato fondamentale cui DafDaf, il giornale ebraico dei bambini ha dedicato nel 2015 un numero speciale, firmato da Anna Castagnoli.


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pilpul
Quando manca la chiarezza
Mi chiedo, e mi chiedono, il peso che sia giusto attribuire ai segnali piccoli e grandi di intolleranza, razzismo, antisemitismo. Me ne sono occupato anche recentemente su queste colonne. Nei giorni scorsi ci sono giunte notizie e immagini stupefacenti dagli Stati Uniti: simboli neonazisti, cappucci del KKK, attentati ai manifestanti democratici. I numeri, da quanto apprendo, rimangono decisamente contenuti. Colpisce e indigna invece l’assenza di chiarezza da parte del potere, che in America significa Donald Trump: condanna debole e incerta delle iniziative razziste, difesa dei monumenti confederati che sono serviti da detonatore a molte delle proteste. Quest’ultimo, un argomento tutt’altro che univoco, che meriterebbe ragionamento e saggezza come sempre quando ci si occupa di memoria, sensibilità, identità. Il problema è tutto in questi due dati apparentemente in conflitto. Le sciagure nella storia nascono da minoranze violente e accanite; la massa delle persone osserva tra diffidenza e indifferenza; le elite hanno il compito di stabilire quale sia il perimetro oltre al quale non è lecito spingersi. Trump ha affermato che quel confine non è stato violato. Questo rafforza enormemente le minoranze bianche suprematiste e sposta il senso comune per la maggioranza della popolazione. Brutta storia.


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi



Il mezzo è mezzo messaggio
I manicomi sono stati (giustamente) chiusi ma, per fortuna, è rimasta Facebook, che ci permette di scambiarci feroci contumelie senza il fastidio dei freni inibitori. Mi pare di ricordare che, secondo William James, non si piange perché si è tristi ma si è tristi perché si piange. Se le cose stanno così, non insultiamo su Facebook perché siamo infuriati ma siamo infuriati perché insultiamo. Non c’è che dire: è un grandissimo passo avanti.
Su Facebook vi sono pure lati ameni, quasi frivoli, come postare la foto del piatto ordinato in ristorante; peccato che non esista più il settimanale Cuore, perché la sua rubrica “E chi se ne frega” sarebbe stata particolarmente idonea. Col piatto, nessun problema, è qualche cosa di innocuo, ma so che molti tremerebbero al pensiero di quel che potrebbe postare chi s’ispirasse ai commensali de Il fantasma della libertà di Luis Buñuel.
Grazie a Facebook tutti diventiamo editorialisti. Ciascuno di noi, durante la sua giornata, si persuade di essere autore di una trovata unica da comunicare in fretta all’universo mondo, anche se si trattasse dell’invenzione della ruota; oppure vi è chi considera di dover reagire ad un’ingiustizia, sommando la propria voce a quella altrui, in particolar modo contro ebrei ed immigrati, e se i primi sono pure israeliani ed i secondi hanno la pelle scura, meglio ancora.


Emanuele Calò
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