Ephraim Mirvis, rabbino capo
d'Inghilterra
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La fede religiosa deve condurre a uno stile di vita responsabile.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Purtroppo,
di questi tempi e con certi interlocutori, bisogna sempre continuare ad
anticiparlo in modo inequivocabile: non sono comunista e non ho mai
coltivato simpatie per regimi comunisti di sorta, di ieri o di oggi.
Non mi sono mai piaciuti Stalin e accoliti, e non ho alcuna difficoltà
a riconoscerne senza mezzi termini la barbarie. Anche se, indubbiamente
i suoi piani quinquennali sono stati una – opinabile – manna dal cielo.
Del resto, anche Mussolini, si dice, ‘ha fatto tante cose buone’,
strade e ponti e paludi bonificate.
Dunque, non sono comunista, e tuttavia rimango fervente antifascista,
perché non voglio dimenticare che cosa è stato il fascismo, e non solo
per noi ebrei. Del resto, è il fascismo stesso che quotidianamente ci
ricorda di che pasta sono fatte la sua ideologia e la sua prassi. È per
questo che continuo a preoccuparmi quando sento dire che ‘Non esistono
più destra e sinistra. Esiste solo la barbarie’. La sinistra, è vero,
non esiste più. Ma la destra fascista esiste eccome, e si fa sentire e
vedere, solo che si sta fingendo di non riconoscerla, pro bono pacis, o
per convenienza politica.
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Ucciso il killer in fuga
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La
polizia catalana ha trovato e ucciso Younes Abouyaaquoub, l’attentatore
ventiduenne considerato responsabile della strage di Barcellona.
Abouyaaqoub è stato localizzato da una pattuglia intorno alle 16.15 nel
paese attaccato a Sant Sadurnì, Subirats. I poliziotti gli hanno detto
di fermarsi e tenere le mani in vista. Lui ha urlato “Allah akbar” e
s’è aperto la camicia, mostrando la cintura esplosiva: a quel punto gli
agenti, da una decina di metri di distanza, gli hanno sparato,
uccidendolo (Corriere). L’indagine sull’attentato intanto continua per
capire le ramificazioni della cellula terroristica che ha colpito
Barcellona. “Il timore ormai ben radicato – scrive La Stampa – è che
dietro gli attacchi della settimana scorsa ci sia la regia di una
centrale europea dell’Isis”. Tra chi ha coordinato l’attacco, afferma
il quotidiano, il siriano Ahmad Alkhald che ha addestrato ai primi di
luglio alcuni membri della cellula catalana nell’uso dell’esplosivo.
Contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura da parte della
Francia, già nel 2016 a causa del suo ruolo negli attentati di Parigi
del novembre 2015 (Stade de France) e di Bruxelles del marzo 2016
(Zaventem).
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l'inaugurazione nel 2018 Da Gerusalemme a Tel Aviv,
l'alta velocità unisce Israele
Il
presidente israeliano Reuven Rivlin ne ha simbolicamente visitato un
tratto in occasione dell’ultimo Yom Yerushalaim, la ricorrenza che
celebra l’unità della Capitale israeliana. E ora, dopo anni di lavori e
intoppi burocratici, la linea ferroviaria ad alta velocità che
collegherà Gerusalemme a Tel Aviv sembra finalmente pronta: per
l’inaugurazione ufficiale bisognerà aspettare aprile 2018 ma domenica
scorsa si è tenuto il primo giro di prova della linea. Senza
passeggeri, il treno ci ha messo 28 minuti a percorrere il tratto di
quasi 70 chilometri che divide le due città (contro i 78 minuti sulla
vecchia linea costruita ai tempi dell’Impero Ottomano).
Il progetto iniziale risale al 2001 e i lavori avrebbero dovuto
concludersi nel 2008, ma un accumulo di ritardi, problemi burocratici
nonché proteste da parte di gruppi ambientalisti, preoccupati che la
linea potesse causare dei danni ad alcune zone collinari e valli
protette intorno a Gerusalemme, hanno causato uno lungo stallo. Ora si
è arrivati a questo significativo primo viaggio di prova e i test
continueranno su base quotidiana anche nei prossimi mesi. Il ministro
dei Trasporti Yisrael Katz ha parlato dell’impatto e del beneficio che
porterà la nuova linea ferroviaria: “È un treno veloce che ci metterà
28 minuti per arrivare da Tel Aviv a Gerusalemme. Questo assicurerà il
ruolo di Gerusalemme e darà alla gente la possibilità di viverci,
crearvi nuovi business e cambierà completamente il collegamento tra
Gerusalemme e il resto dello Stato di Israele”. I treni raggiungeranno
i 160 km e, a regime, partiranno ogni 15 minuti, trasportando fino a
1.000 passeggeri ciascuno. Leggi
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pagine ebraiche agosto 2017 Sendak, attesa per il libro segreto
Si
intitola Presto and Zesto in Limboland l’inedito di Maurice Sendak da
poco ritrovato da Lynn Caponera, presidente della Fondazione intitolata
a quello che è considerato un vero e proprio “mostro sacro” della
letteratura per l’infanzia, noto soprattutto per Where the Wild Things
Are, pubblicato nel 1963 e tradotto in italiano come Nel paese dei
mostri selvaggi. Il titolo del libro ritrovato, la cui uscita è
prevista per il prossimo anno, ha origine dai soprannomi che si erano
dati i due autori, Sendak e Arthur Yorinks. Avevano già lavorato
insieme a The Miami Giant, uscito nel 1995 e a Mommy?, del 2006:
“Presto” era il soprannome che Sendak aveva appioppato a Yorinks una
volta che era arrivato prima del previsto, e in cambio era stato
rinominato “Zesto”.
Contestato per il suo approccio rivoluzionario alla narrativa per
ragazzi, Sendak ha messo nelle sue pagine ciò che gli altri avevano
escluso, cosa che gli attirò molto critiche. “Un libro da non mettere
in mano a bambini sensibili che potrebbero esserne negativamente
influenzati” fu una delle opinioni più moderate all’uscita di Where the
Wild Things Are. Un inizio contrastato per un testo ora considerato
fondamentale cui DafDaf, il giornale ebraico dei bambini ha dedicato
nel 2015 un numero speciale, firmato da Anna Castagnoli.
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Quando manca la chiarezza
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Mi
chiedo, e mi chiedono, il peso che sia giusto attribuire ai segnali
piccoli e grandi di intolleranza, razzismo, antisemitismo. Me ne sono
occupato anche recentemente su queste colonne. Nei giorni scorsi ci
sono giunte notizie e immagini stupefacenti dagli Stati Uniti: simboli
neonazisti, cappucci del KKK, attentati ai manifestanti democratici. I
numeri, da quanto apprendo, rimangono decisamente contenuti. Colpisce e
indigna invece l’assenza di chiarezza da parte del potere, che in
America significa Donald Trump: condanna debole e incerta delle
iniziative razziste, difesa dei monumenti confederati che sono serviti
da detonatore a molte delle proteste. Quest’ultimo, un argomento
tutt’altro che univoco, che meriterebbe ragionamento e saggezza come
sempre quando ci si occupa di memoria, sensibilità, identità. Il
problema è tutto in questi due dati apparentemente in conflitto. Le
sciagure nella storia nascono da minoranze violente e accanite; la
massa delle persone osserva tra diffidenza e indifferenza; le elite
hanno il compito di stabilire quale sia il perimetro oltre al quale non
è lecito spingersi. Trump ha affermato che quel confine non è stato
violato. Questo rafforza enormemente le minoranze bianche suprematiste
e sposta il senso comune per la maggioranza della popolazione. Brutta
storia.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
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Il mezzo è mezzo messaggio
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I
manicomi sono stati (giustamente) chiusi ma, per fortuna, è rimasta
Facebook, che ci permette di scambiarci feroci contumelie senza il
fastidio dei freni inibitori. Mi pare di ricordare che, secondo William
James, non si piange perché si è tristi ma si è tristi perché si
piange. Se le cose stanno così, non insultiamo su Facebook perché siamo
infuriati ma siamo infuriati perché insultiamo. Non c’è che dire: è un
grandissimo passo avanti.
Su Facebook vi sono pure lati ameni, quasi frivoli, come postare la
foto del piatto ordinato in ristorante; peccato che non esista più il
settimanale Cuore, perché la sua rubrica “E chi se ne frega” sarebbe
stata particolarmente idonea. Col piatto, nessun problema, è qualche
cosa di innocuo, ma so che molti tremerebbero al pensiero di quel che
potrebbe postare chi s’ispirasse ai commensali de Il fantasma della
libertà di Luis Buñuel.
Grazie a Facebook tutti diventiamo editorialisti. Ciascuno di noi,
durante la sua giornata, si persuade di essere autore di una trovata
unica da comunicare in fretta all’universo mondo, anche se si trattasse
dell’invenzione della ruota; oppure vi è chi considera di dover reagire
ad un’ingiustizia, sommando la propria voce a quella altrui, in
particolar modo contro ebrei ed immigrati, e se i primi sono pure
israeliani ed i secondi hanno la pelle scura, meglio ancora.
Emanuele Calò
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