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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Rosh
Hashanà è una ricorrenza che nonostante il passare del tempo conserva
un’attrattiva ed una carica di spiritualità inalterate. Una delle
denominazioni bibliche del Rosh Hashanà è Yom Ha Zikaròn, Giorno del
Ricordo. Rosh Hashanà è giorno di ricordo per eccellenza: ricordo del
passato più profondo e misterioso, ricordo del passato più prossimo e
recente, ricordo del presente, sempre così difficile da cogliere e da
fermare, proprio perché in movimento. Ricordiamo la nostra vita e le
nostre azioni, sperando di non trovarle irrimediabilmente indegne.
Ricordiamo le persone care che non ci sono più, le cose e i momenti che
avevamo in comune con loro e che le nostre tradizioni ci consentono di
perpetuare e rivivere con la passione del cuore. Ricordiamo i giorni
dell’anno trascorso, che ormai non ci appartengono più, ma che pesano
ugualmente sulla nostra vita, per passarli al vaglio della nostra
coscienza. È quindi, con consapevolezza e umiltà, non disgiunte da
speranza e fede, che ci prepariamo ad aprire un nuovo anno, senza botti
e fuochi d’artificio, ma addentrandoci in silenzio nei meandri oscuri e
inquietanti del nostro animo per ascoltarci e provare a migliorarci.
Shanà Tovà Umvorechet.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Sembra
si stia diffondendo una sindrome fra gli opinion makers per la quale
non si sopporta che degli intellettuali possano proporre per il
problema israeliano soluzioni ideali, magari anche utopistiche. Magari
utopistiche dalla prospettiva pessimistica dell’oggi. Ma che cosa
dovrebbero fare gli intellettuali, gli scrittori, coloro che per vizio
o per mestiere usano e mettono a frutto il pensiero, se non stimolare
la società a pensare soluzioni di vita anziché soluzioni di morte; se
non proporre visioni ardite di luce e soluzioni impossibili anziché le
soluzioni possibili di un oggi deprimente e a cul-de-sac?
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La storica stretta di mano
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Il
Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato nelle scorse
ore a New York il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Si tratta,
raccontano i quotidiani israeliani, del primo incontro pubblico tra i
due da quando al-Sisi è salito al potere in Egitto. Una riunione tenuta
a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, durata un’ora e
mezza e in cui il presidente egiziano ha espresso a Netanyahu la
volontà di sostenere il processo di pace tra israeliani e palestinesi.
Un desiderio che sembra aver già portato un cambiamento, come ricorda
Avvenire: nelle scorse ore infatti è arrivato l’annuncio del movimento
terroristico di Hamas di voler passare la mano ed essere disposto a
consegnare il controllo della Striscia di Gaza (sempre più in
difficoltà) a Fatah. “Nello specifico, – scrive Avvenire – la dirigenza
islamista ha detto sì allo scioglimento della Commissione
amministrativa (l’organismo rivale del governo di Ramallah),
all’organizzazione del voto politico in tutti i Territori palestinesi e
all’apertura di negoziati per la creazione di un Esecutivo di unità
nazionale”. Si tratterebbe del quarto tentativo e la dirigenza dell’Anp
si è espressa con cautela sull’apertura di Hamas. Un’apertura che per
il momento, comprensibilmente, non convince Israele e di cui Netanyahu
ha parlato con al-Sisi.
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primo incontro pubblico con al-sisi
Iran e pace con i palestinesi
L'agenda di Bibi all'Onu
Due
incontri significativi per il Primo ministro israeliano Benjamin
Netanyahu, in queste ore a New York per partecipare all’Assemblea
generale dell’Onu: prima il vis-a-vis con il Presidente degli Stati
Uniti Donald Trump poi l’incontro – di grande rilevanza perché per la
prima volta pubblico – con il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.
Al centro dei due vertici, la minaccia iraniana e la questione dei
negoziati di pace con i palestinesi. A tirare fuori il tema
dell’accordo nucleare, definendolo “terribile”, è stato soprattutto
Netanyahu, che ha chiesto a Trump di mettere mano alla questione. Di
contro, il presidente Usa, che ha più volte criticato aspramente
l’accordo siglato dal suo predecessore con Teheran, non ne ha quasi
fatto menzione, concentrandosi invece sul tema dei palestinesi: “Credo
davvero che abbiamo una possibilità – ha detto Trump parlando ai
giornalisti dell’accordo di pace, con al suo fianco Netanyahu – Penso
che Israele e i palestinesi vorrebbero vederlo. E posso dirvi che
l’amministrazione di Trump vorrebbe vederlo. Per questo stiamo
lavorando molto; vedremo cosa succede. Storicamente, la gente sostiene
che non possa accadere. Io dico che è possibile”. Leggi
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informazione - international edition Italia ebraica, l'anno che verrà
Che
anno sarà il 5778 per l’Italia ebraica? Quali le sfide da affrontare,
le risposte da cercare? L’odierna uscita di Pagine Ebraiche
International Edition, alla vigilia di Rosh Hashanah, il capodanno
ebraico, si apre con l’editoriale del direttore della redazione
giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane pubblicato
sul numero di settembre del giornale in apertura del dossier Focus
sull’anno, che riepiloga gli accadimenti salienti del 5777. “Per essere
fedeli alla nostra missione e all’eredità spirituale che abbiamo preso
in consegna dobbiamo dimostrarci capaci di parlare chiaro e
serenamente, di essere aperti e contemporaneamente fedeli alle
tradizioni. Di guardare, nonostante tutto, con fiducia al domani”
scrive tra l’altro Vitale. A firmare la traduzione in lingua inglese,
Anna Pagetti, una delle studentesse della Scuola traduttori e
interpreti di Trieste che sta svolgendo il proprio tirocinio presso
l’UCEI. Leggi
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livelli di guardia
Un futuro da conquistare
Questo 5778 che sta per aver inizio sarà per le istituzioni dell’ebraismo italiano l’anno di decisioni che lasciano il segno.
Il mondo ebraico è disorientato, insufficientemente preparato ad agire
in un contesto dove le vecchie divisioni fra conservatori e
progressisti hanno ormai scarso significato e diviene invece necessario
confrontarsi con un fronte di globalisti e internazionalisti
contrapposto al risorgere di una forte componente nazionalista e
qualunquista. Ma al di là dei grandi problemi globali, l’agenda
dell’ebraismo italiano è gravata da specifici nodi irrisolti.
La crisi dei valori e delle idee
L’ebraismo italiano fatica sempre di più a definire quale messaggio
vuole effettivamente trasmettere alla società circostante, quale ruolo
vuole assumere nell’Italia di oggi. La situazione consiglia di non
accontentarsi più di idee generiche e di espressioni consuetudinarie,
ma di definire un contenuto specifico, chiaramente percepibile da tutti
gli italiani. Limitarsi a iniziative riservate ad ambiti ristretti,
riprodurre frammenti di discorsi tratti dal patrimonio del passato, in
una società dove i comuni cittadini sono pressati da problemi nuovi e
gravi, significa semplicemente certificare la propria marginalità.
La crisi della Memoria della Shoah
La percezione della Memoria si è enormemente deteriorata in questi
ultimi anni. La distanza crescente nel tempo, la scomparsa degli ultimi
Testimoni e la pericolosa tendenza alla ritualizzazione e
all’istituzionalizzazione corrono il rischio di privare la Memoria del
suo ruolo di funzione necessaria della vita e di relegarla a una
dimensione meramente formale. Nell’anno che verrà il nostro Paese
assumerà la guida dell’International Holocaust Remembrance Alliance
(IHRA) e tutti noi avremo l’occasione di contribuire per ridefinire e
preservare la Memoria viva.
Le nuove generazioni
Le scelte dei più giovani, che in gran numero lasciano l’Italia,
parlano da sole. Una politica credibile non può reggersi sugli
ammiccamenti di iniziative di svago e intrattenimento. Deve passare da
un’azione seria per creare nuovi posti di lavoro e quella intensa
formazione che sola può garantire un accesso all’attuale mercato del
lavoro.
Le risorse economiche
L’afflusso sempre più precario delle risorse dell’Otto per mille,
peraltro comunque insufficienti, ha finito per impigrire le
intelligenze e impedire una presa di coscienza di cosa sono le risorse,
da dove vengono, come si reperiscono. La progettualità non dovrebbe
solo costituire la misura di un insostenibile fabbisogno economico, ma
anche il motore per raccogliere i finanziamenti necessari.
Il ruolo dell’informazione
Ognuno dei temi precedenti può essere letto attraverso le diverse
percezioni che gli ebrei italiani e i loro amici si vanno formando
rispetto al problema dell’informazione e di conseguenza anche ai
destini del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche e dei
notiziari realizzati dalla redazione. Chi vuole adattare l’animo
dell’ebraismo italiano alle strettoie della propaganda e della demenza
digitale, chi non crede all’utilità di un’informazione libera e
professionale, corre il rischio di lasciare dietro di sé disastri e
problemi di catastrofiche dimensioni. Per essere fedeli alla nostra
missione e all’eredità spirituale che abbiamo preso in consegna
dobbiamo dimostrarci capaci di parlare chiaro e serenamente, di essere
aperti e contemporaneamente aderire alle tradizioni. Di guardare,
nonostante tutto, con fiducia al domani.
Da oltre due millenni gli ebrei italiani si sono assunti il compito di
comunicare un messaggio di coesione nella diversità, di fedeltà ai
valori, di tolleranza e ferma opposizione a ogni prevaricazione, di
amore per Israele, di fiducia che, nonostante i piccoli numeri, grandi
ideali e grandi idee possano affermarsi.
Lasciare da un canto la propria vocazione originaria non sarebbe solo
una grave distorsione, ma anche il tragico errore di imboccare una via
senza ritorno di povertà e marginalità.
Guido Vitale, giornalista
(Pagine Ebraiche, settembre 2017)
(Il disegno è di Michel Kichka)
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JW3
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Ci
presentiamo tutti profumati e incravattati, ci hanno invitati a cena
nel centro comunitario della comunità ebraica di Londra e non vogliamo
farci trovare impreparati. Con la delegazione del World Jewish Congress
procediamo in pullman fino a Finchley road, una strada molto
trafficata, sopravvivendo al traffico impazzito come di consueto.
Quando finalmente arriviamo, belli eleganti, eccoci di fronte a uno
spettacolo insolito. Niente muri, reti metalliche, guardiole per la
sicurezza. C’è un cortile – a cui si accede se ammessi da una guardia –
e poi una grande parete vetrata, attraverso cui si scorge ciò che
accade all’interno.
Sembra una quinta teatrale: corsi di aerobica e di Krav Maga, c’è chi
prende l’aperitivo e chi siede al ristorante, corsi di lingua e di
storia dell’arte. Giovani e anziani, nerovestiti e in ciabatte. Questa
trasparenza sorprende il nostro immaginario, quello che ci aspettiamo
dalla sede di un’organizzazione ebraica.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Leggi
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Rivalutiamo i mestieri noiosi
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Marcel
Proust, nella Recherche (Il tempo ritrovato, Matinée dai Principi di
Guermantes), informa il mondo di essere disceso ancora dalla carrozza
poco prima di arrivare dalla principessa di Guermantes, ricominciando a
pensare alla malavoglia e alla noia con la quale, la vigilia, aveva
tentato di trovare la linea che, in una delle campagne più belle di
Francia, separava sugli alberi l’ombra dalla luce. Le conclusioni
intellettuali che ne aveva tratto non coinvolgevano quel giorno, così
crudelmente, la sua sensibilità, ma restavano le stesse. Tuttavia, come
ogni volta che veniva strappato alle sue abitudini, uscito in un’ora
diversa dal solito e giunto in un luogo nuovo, provava un grande piacere
Emanuele Calò
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