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26 settembre 2017 - 5 Tishri 5778
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ORIZZONTI

Lehman Brothers, una storia anche ebraica

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img headerStefano Massini / QUALCOSA SUI LEHMAN / Einaudi

L’immagine, in sé impietosa, rimane consegnata agli annali della fotografia e a quelli della nostra storia più recente: alcuni addetti rimuovono a New York le insegne della Lehman Brothers, spostandole chissà dove. Non troppo distanti da loro, gruppi di oramai ex dipendenti escono quasi alla chetichella da una porta, accompagnandosi con delle scatole di cartone, dove hanno riposto i loro effetti personali. Si abbassa il sipario. È il 15 settembre 2008, un altro settembre nero, ma ancora per New York, come dopo l’attentano alle Twin Towers. La bancarotta della società finanziaria internazionale, nonché banca di affari, che portava il nome dei fratelli Lehman, una public company tra i più importanti operatori del mercato dei titoli di stato americani, era come una terza torre che crollava fragorosamente verso il basso. Non fu un caso, infatti, che la sua caduta, dopo i numerosi scricchiolii che si era ripetuti nel corso del tempo, a causa della crisi dei mutui subprime, e che sembravano già preannunciare sinistramente un esito così drammatico, avvenisse poi repentinamente, nel giro di pochi giorni.

Claudio Vercelli, Pagine Ebraiche, settembre 2017

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IDENTITÀ

Una lingua per combattere l’esilio

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Massimo Pieri / DOIKEYT. NOI STIAMO QUI ORA! / Mimesis

Centoventi anni fa, il 7 ottobre 1897, nasceva l’Unione Generale dei Lavoratori Ebrei di Russia, Polonia, Lituania, meglio nota come Bund. Un movimento che ebbe una documentata rilevanza nei moti che avrebbero condotto alla rivoluzione russa, e che fu generato dalle terribili condizioni di vita delle masse ebraiche a fine ‘800.
Il volume di Massimo Pieri Doikeyt. Noi stiamo qui ora!, di recente pubblicazione per Mimesis, ne ripercorre la storia e racconta le battaglie di un movimento al contempo universalista (nella sostanza del messaggio di affermazione di dignità e diritti dei lavoratori) e caratterizzato dall’appartenenza religiosa e culturale dei suoi membri.
Esclusi dalle industrie avanzate, a fine ‘800 gli ebrei erano principalmente occupati nelle piccole fabbriche, che richiedevano mano d’opera ad alta intensità, con orari fino a venti ore e bassi salari, e dove fame e malattie li ponevano ai livelli più infimi della società.

Marco Di Porto

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BIOGRAFIE

Bazlen lo scrittore
che non scrisse 

MEMORIa

Gli ebrei sfuggiti
all'orrore nazista

Cristina Battocletti / BOBI BAZLEN / La nave di Teseo

Si può parlare bene di un libro iniziando con una critica? «Meglio dire troppo poco che troppo, non per un basso calcolo di effetti, ma perché in realtà il meno è sempre più plausibile, più suggestivo e più vivo del più». Così scriveva e così avrebbe detto a Cristina Battocletti Bobi Bazlen se avesse letto il suo libro. Un libro davvero benemerito per la quantità di informazione che fornisce su Bobi, una sorta di mappa particolareggiatissima (dunque lodevolissima) che registra tutti movimenti, i colloqui, i pensieri i sentimenti, le provocazioni del suo biografato che era un uomo movimentatissimo, ricercatissimo, attivissimo, un gran provocatore, generoso e dispettoso correndo il rischio (la Battocletti) di rendere difficile al lettore di tenere in mano (e dunque di confondersi) gli infiniti fili che gli propone.







Angelo Guglielmi,
La Stampa TuttoLibri,
23 settembre 201
7

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Liliana Picciotto / SALVARSI / Einaudi

Dico subito che è stato stimolante leggere il libro-documento di Liliana Picciotto, che ha un titolo accarezzato dal vento della speranza: Salvarsi (Einaudi). Stimolante perché questo studio documentatissimo sugli «ebrei d'Italia sfuggiti alla Shoah dal 1943 al 1945» ha l'indubbio merito di sfatare alcuni luoghi comuni: che cioè il fascismo italiano fosse una sola cosa con il nazismo di Adolf Hitler. Intendiamoci. I due regimi erano imparentati nell'ideologia e compenetrati inesorabilmente. Il leader-pagliaccio (come molti lo definivano in Germania, persino i comunisti) che veniva da Vienna, di sicuro meno attrezzato culturalmente di Benito Mussolini, aveva copiato il Duce all'inizio, costringendolo poi all'abbraccio mortale sul fronte di una guerra orrenda e di una sfida mortale. Guerra e sfida che hanno annientato più di una generazione di giovani. Decine di milioni di morti.

Antonio Ferrari,
Corriere della Sera,
26 settembre 201
7

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