
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Ieri
ho passato molto tempo a Mea Shearim e dintorni, il quartiere
“ultraortodosso” di Gerusalemme, per alcune spese e necessità di ordine
religioso: teffilin, mezuzot, talled nuovo, talled vecchio da mettere a
posto e forniture per una vita religiosa e piena di benedizioni per un
prossimo bar mitzvà, a Dio piacendo.
Per quasi sei ore ho vissuto il quartiere come mai ho fatto nella mia
vita: ho parcheggiato dietro un vicolo accanto ad un piccolo mercato
lontano dal percorso turistico e pieno, ovviamente, di popolazione
locale ben definita nella propria osservanza religiosa e nella propria
visione politica del paese.
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Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
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Partiamo
dai dati concreti. Secondo il sondaggio realizzato dall’IPSOS in
collaborazione con l’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC
l’11% degli italiani è antisemita. Percentuale che potrebbe dirci poco
espressa in questi termini, ma che sta a indicare – se si legge bene il
rapporto – tutte quelle persone che rispondono sempre invariabilmente
in maniera negativa a ogni tipo di questione riguardante gli ebrei e
Israele. L’antisemita-tipo in Italia è maschio, è poco istruito,
risiede al centro-sud, è collocato politicamente a destra, esprime
analoga repulsione verso gli immigrati in genere ed ha opinioni
fortemente polarizzate anche su altre questioni. Si tratta di un dato
costante.
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"Fiducia in Trump"
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“Crediamo
in Trump per arrivare alla pace tra Israele e Palestina”. È quanto
dichiara Riad al Malki, ministro degli Esteri dell’Autorità Nazionale
Palestinese, in una intervista alla Stampa. Afferma al Malki: “Durante
gli anni di Obama Netanyahu ha fatto il bello e il cattivo tempo, si è
divertito. Obama è stato un leader esitante e Netanyahu, contando
sull’appoggio del Congresso, lo metteva continuamente in difficoltà.
Con Trump è diverso, il nuovo presidente ha il Congresso dalla sua e
asseconda Netanyahu ma gli ha fatto anche capire che c’è un limite”.
Secondo il ministro, Israele sembra non rendersi conto “che il tempo
sta finendo, che siamo come due gemelli siamesi e che lo Stato
d’Israele non resisterà ancora a lungo senza la nascita di quello
palestinese”.
Non sono cinque ma almeno 50 i morti dell’ultimo naufragio al largo
delle coste siciliane. A svelarlo, scrive il Corriere, le testimonianze
dei migranti superstiti: 59 persone arrivate a Pozzallo lunedì scorso
“dopo il solito viaggio della speranza pagato 400 dollari a testa ai
trafficanti di esseri umani”. La ong tedesca Sea Watch e la Guardia
costiera libica intanto si accusano a vicenda di non essere intervenute
in tempo per i soccorsi. E sui libici, si legge, aleggia anche il
sospetto di aver salvato lo scafista (di cui non si hanno notizie).
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qui ferrara - il convegno Tra bioetica e diritto ebraico
Nuove sfide e nuove risposte
Impegnativi
e complessi gli argomenti trattati nella sessione pomeridiana del
convegno “Questioni bioetiche e diritto ebraico” che si è tenuto
nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università
di Ferrara, organizzato con la collaborazione del Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah nell’ambito del Corso di Diritto e
Religione. Dopo una prima sessione mattutina, presieduta dal rabbino
capo della Comunità ebraica di Ferrara, Luciano Caro, in cui a
confrontarsi sono stati i rabbini Avraham Steinberg, Riccardo e
Gianfranco Di Segni, il pomeriggio moderata e presieduta da Rinaldo
Bertolino (Emerito di Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico
dell’Università di Torino) si è aperto con un primo spostamento del
centro del confronto sui diritti delle religioni e sulla bioetica
interculturale, tema dell’intervento del professor Silvio Ferrari,
docente dell’Università di Milano. La radicale trasformazione del
panorama sociale e culturale, è stato sottolineato. impone riflessioni
su temi sino ad ora poco frequentati e che invece ora si impongono con
forza per la presenza sul territorio di culture, tradizioni e pratiche
prima lontane. Leggi
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qui ferrara - la visita del segretario pd "Meis, un patrimonio italiano"
"Sono
proprio curioso di vedere questa struttura!”. Sono passate da poco le
18, quando Matteo Renzi si presenta sull’uscio del Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – Meis di Ferrara. E da lì inizia
il suo breve ma intenso tour di esplorazione del Museo, con alcuni
ciceroni d’eccezione: il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e
del Turismo, Dario Franceschini, il sindaco di Ferrara, Tiziano
Tagliani, la direttrice del MEIS, Simonetta Della Seta, e il rabbino
capo rav Luciano Caro. Atteso in Via Piangipane da una folta schiera di
giornalisti, fotografi e supporter, Renzi è stato condotto innanzitutto
davanti al plastico che mostra quale volto avrà il Museo, una volta
completato. Proprio lì, Franceschini ha chiarito che “con
l’inaugurazione del 13 dicembre si concretizzerà un importante passo
avanti nel progetto, avviato ormai quindici anni fa e sul quale il
governo, compreso quello di Renzi, ha investito complessivamente 47
milioni di euro".
A
tagliare il nastro della mostra sui primi mille anni di presenza
ebraica in Italia – ha poi annunciato ufficialmente – sarà il
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Leggi
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qui roma - Lo studio di sarfatti Mussolini contro gli ebrei
Era
il 10 novembre del 1938 quando il Consiglio dei ministri approva le
Leggi Razziste che porteranno gli ebrei italiani ai margini della
società. Il preludio a molte sofferenze e difficoltà che di lì a poco
seguiranno. La cacciata dalle scuole, dalle università, dalle
professioni. L’anticamera, per molte migliaia di loro, alla successiva
deportazioni nei campi di sterminio e all’annientamento.
Preziosa, per inquadrare quell’epoca di scelte e di infamie, la
decisione dello storico Michele Sarfatti di proporre, proprio in queste
settimane, una versione ampliata del saggio Mussolini contro gli ebrei con l’editore Silvio Zamorani. Sottotitolo: cronaca dell’elaborazione delle Leggi del 1938.
“La figura di Mussolini va analizzata e studiata con attenzione, va
davvero capita nei suoi pantaloni. Il dittatore fascista fu un essere
estremamente pensante, che sviluppava ragionamenti, cambiava idea,
rifletteva sulle proprie decisioni. Aveva un fortissimo senso
dell’opinione pubblica” ha sottolineato Sarfatti, ospite ieri della
Fondazione Museo della Shoah di Roma. Leggi
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la giornata di studio a bologna "Tzedakah, dovere sociale"
Giustizia
sociale e filantropia nella storia degli ebrei in Italia. È il tema
svolto ieri al Museo ebraico di Bologna in occasione di una giornata di
studio organizzata con il proposito di onorare la memoria di Styra
Campos Goldstein (1922-2016), imprenditrice nel settore import-export
di caffè e poi nell’immobiliare, impegnata nel sociale, con particolare
attenzione per gli orfani e per la formazione di giovani donne, per
illustrare l’idea e la pratica etica della Tzedakàh
"A differenza della Carità, virtù legata alla benevolenza, la Tzedakah
è un preciso dovere improntato all’idea di giustizia sociale, che
obbliga l’ebreo a donare a tutte le persone bisognose, in particolare
vedove e orfani, indipendentemente dalla loro appartenenza. È questo
l’imperativo etico che moltissimi ebrei in Italia e nel mondo, e in
particolare molte donne ebree, hanno continuato a onorare anche in modo
laico” ha sottolineato nel suo intervento il presidente del Museo
ebraico Guido Ottolenghi.
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Uscire d'obbligo
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Letture
dantesche, approfondimenti tematici su Napoleone Bonaparte, corso di
economia civile, educazione alla salute, educazione alla legalità,
educazione finanziaria, due o tre conferenze, vari spettacoli teatrali
e proiezioni di film dedicate alle scuole, un po’ di concorsi, un po’
di corsi di formazione per insegnanti, oltre naturalmente ai nostri
laboratori e alle nostre attività normali: è quanto contenuto nella
prima schermata della posta ricevuta al mio indirizzo mail di scuola,
che più o meno corrisponde alle mail arrivate nell’ultima settimana. E
non è una delle settimane peggiori, anzi, forse è la prima di calma
relativa dopo il turbinoso inizio dell’anno scolastico.
A leggerle tutte sul serio non rimarrebbe molto tempo per fare altre
cose come correggere compiti o preparare lezioni. E naturalmente non
c’è nessuno che in assenza di risposte positive non si senta in diritto
di offendersi e di andare in giro a pontificare sulla scarsa
sensibilità degli insegnanti su questo o quell’altro tema.
Anna Segre, insegnante
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Incontri dal basso
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Un
sondaggio pubblicato di recente dall’Israel Democracy Institute ha
rivelato che il 58% degli ebrei israeliani sosterrebbero che “gli
arabo-israeliani che non riconoscono Israele come patria ebraica
dovrebbero perdere il loro diritto di voto”. Quello che per Haaretz è
un’altra conferma dell’”intolleranza e della diffidenza
ebraico-israeliana nei confronti degli arabi” non dovrebbe in fondo
granché sconcertare. Se un sondaggio simile fosse proposto in Francia o
in qualunque altro paese, dove la domanda sarebbe per esempio “ritenete
che coloro che non riconoscono la Francia come patria dei francesi o la
stessa costituzione o storia nazionale abbiano diritto di voto”
probabilmente i risultati contrari sarebbero stati anche superiori,
senza però l’indignazione di nessuno.
Francesco Moises Bassano
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