Paolo Sciunnach, insegnante | Questo mondo non è l’unico mondo possibile.
Questo mondo non è il migliore dei mondi possibili.
Questo è un mondo migliorabile.
Per questo motivo sta a noi migliorarlo.
In principio D-o creò migliaia di mondi. Questi mondi erano “perfetti”
e non avevano il libero arbitrio. Ma erano statici. Indifferenziati. Li
distruggeva e ne creava di nuovi. Ma anche questi non andavano oltre
D-o stesso. Alla fine stese la sua destra e inarcò il cielo, poi stese
la sinistra e fondò la Terra. D-o diede il libero arbitrio a questo
mondo e disse: “Speriamo che tenga”.
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Anna
Foa,
storica |
Sessantamila
polacchi doc, cioè non mescolati da nessuna minoranza, hanno
partecipato ad una grande marcia che voleva commemorare il Giorno
dell'Indipendenza, la festa nazionale che in Polonia ricorda
l'anniversario, l'11 novembre, della fondazione della seconda
Repubblica, in sostanza la rinascita a Stato unitario della Polonia
dopo la Prima guerra mondiale. Ma a ascoltare gli slogan scanditi
sembrava fosse l'anniversario della presa del potere di Hitler o una
qualche ricorrenza del Ku Klux Klan: "Per un'Europa bianca", "Polonia
pura, Polonia bianca" erano fra i preferiti, anche se non mancavano
slogan più specificamente antieuropei o antisemiti. Il governo polacco
ha manifestato la sua soddisfazione. Che dire? che fare? Nessuno che si
preoccupi?
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La Polonia nera
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Sessantamila
nazionalisti in marcia per le strade di Varsavia, nel giorno in cui la
Polonia festeggiava il 99esimo anniversario della propria indipendenza.
Estremisti di destra, neofascisti e xenofobi sono giunti da tutta
Europa (tra cui l’italiano Roberto Fiore, di Forza Nuova). E invece di
parole di biasimo, dal governo hanno ricevuto lodi sperticate e
apprezzamenti. Ecco perché, scrive Repubblica, “la Polonia nera deve
spaventarci”.
Agghiacciante la ricostruzione del corteo, fortemente condannato tra
gli altri dal governo israeliano: “‘Polonia pura, Polonia bianca,
Europa bianca’, ‘fuori i rifugiati’, hanno scandito sabato sera i
dimostranti. Uno striscione appeso a un ponte nella capitale diceva
‘Pregate per un Olocausto dei musulmani’. Un giovane manifestante,
intervistato sabato sera in diretta dalla Typ, la televisione pubblica,
ha affermato: ‘È opportuno cacciare l’ebraismo dalle stanze del
potere’. Tra i simboli sventolati dai manifestanti c’era anche la
falanga, che era un emblema dell’estrema destra antisemita polacca
negli anni Trenta”.
La filosofa Agnes Heller, in un’intervista, afferma: “Situazione
brutta, davvero. La Storia passata torna tra noi, irrompe nel presente
come vendetta. Insisto, sessantamila nazionalisti in piazza con quegli
slogan nel più grande paese del gruppo di Viségrad sono un segnale
grosso. E la contro dimostrazione era molto piccola. Stiamo andando giù
tutti, l’Europa appare malata”.
Invita comunque a non perdere la fiducia il giornalista e scrittore
Wlodek Goldkorn: “Come allora, anche oggi, alla gretta ideologia
dell’identità etnico religiosa, appoggiata da gran parte della Chiesa
(con lodevoli e significative eccezioni) si oppone una visione di
nazione formatasi con la partecipazione di diverse culture,
pluriconfessionale, socialisteggiante, tesa verso l’Europa e il
Mediterraneo. È una Polonia in questi giorni spaventata, ma che molto
presto rialzerà la testa, perché ha un’altra, altrettanto antica e
radicate tradizione: laica e multiculturale”.
Su La Stampa si racconta un pomeriggio per le strade di Beirut,
nell’attesa che il quadro sul futuro del paese sia più chiaro. Anche
con riferimento alla vicenda che vede protagonista Saad Hariri, il
premier dimissionario che è ancora a Riad (non si capisce se da
cittadino libero oppure se trattenuto contro la sua volontà). C’è
timore di un imminente conflitto, ma la vita va comunque avanti.
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Oltremare - Made in Italy |
Basta
guardare dall'altra parte del banco di un qualunque bar o ristorante
serio che vende caffè in qualunque parte del mondo, e l'orgoglio
italico ci riempie. Una Favorita o una La Cimbali possono essere più
rappresentative di ambasciatori, conferenze internazionali e patti
bilaterali. In Israele come in molti altri paesi del mondo, le macchine
made in Italy sono tutte intorno a noi ma spesso non le vediamo: se ne
stanno nei laboratori, nelle fabbriche, nei campi. Per esempio nei
negozi di gelati che producono gelati veri e non misture a base di
polverine industriali. Lì, le macchine per fare i gelati sono italiane
per definizione. Certo anche i cinesi ne fanno di quasi perfettamente
identiche, ma ho il sospetto che avere una macchina italiana aumenti di
molto la professionalità del gelataio – con una macchina come quella
non potrebbe anche volendo fare del gelato mediocre, E viceversa, non
si permetterebbe di fare del gelato mediocre avendo un gioiello di
macchinario.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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