Jonathan Sacks, rabbino | Se vi trovate in difficoltà con la fede, tenete conto che siete in ottima compagnia: Giacobbe-Israele, padre di tutti noi.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Ieri
e oggi ad Asti molti amici hanno ricordato Paolo De Benedetti a un anno
alla morte. Per me ascoltarlo, oltreché leggerlo, è stato scoprire che
il pensiero è profondo quando con parole semplici si aprono porte su
nuovi significati. Perché il senso delle parole è come l’utopia: fai un
passo pensando di agguantare il significato delle cose e quello si
sposta.
A differenza del sogno, che marca la distanza, senza colmarla, tra ciò
che c’è e ciò che non c’è, l’utopia è lo stimolo che ci fa camminare
per tentare di annullare quella distanza.
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Il Reich in caserma
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Ci
potrebbero essere conseguenze penali per l’iniziativa di un
carabiniere, che ha esposto un vessillo del Reich dentro una delle
stanze della caserma Baldissera di Firenze. Notizia che è diventata
virale dopo la pubblicazione di un video su un sito locale
(www.ilsitodifirenze.it). “Poco dopo la pubblicazione – scrive
Repubblica – l’Arma ha spiegato che in quella stanza alloggiano quattro
carabinieri del sesto battaglione. Uno solo di loro, già individuato, è
considerato responsabile e contro di lui è stato avviato un
procedimento disciplinare”. La ministra della Difesa Roberta Pinotti ha
parlato di episodio “vergognoso” e chiesto al comandante dell’Arma,
generale Tullio Del Sette, “chiarimenti rapidi e provvedimenti
rigorosi”.
L’ex segretario del Pd Walter Veltroni in un’intervista con Repubblica
afferma: “Ci sono momenti della storia in cui i cittadini non possono
essere spettatori ma devono mobilitarsi con volontà e coscienza. La
bandiera nazista nella caserma dei carabinieri dimostra che dobbiamo
vigilare anche su chi la democrazia dovrebbe difenderla”. Ammette
inoltre Veltroni: “Nutro una profonda inquietudine sul futuro della
democrazia. Si stanno creando condizioni politiche e persino
antropologiche per le quali la più grande conquista del Novecento,
costata il sangue di Auschwitz e la prova dei gulag, e cioè la
democrazia, può essere rimessa in discussione”.
Possibile futuro politico (con Fratelli d’Italia) per Caio Giulio
Cesare Mussolini, 50 anni, manager di Finmeccanica e bisnipote di
Benito. Al Corriere che gli chiede cosa pensa di chi si dichiara ancora
fascista, come CasaPound o i naziskin, Mussolini risponde: “Non sono
molto addentro. Di certo rappresentano più una minaccia all’ordine
pubblico i centri sociali. Il fascismo è un periodo chiuso”.
Mentre Björn Höcke, controverso capo di Alternative für Deutschland in
Turingia, a Repubblica nega di essere un sostenitore di Hitler e di
aver definito il Memoriale della Shoah di Berlino “una vergogna”.
Afferma Höcke: “Forse a volte non mi sono espresso con sufficiente
chiarezza, in passato. E ogni politico ha il dovere di essere limpido.
Ma ho pagato per i miei errori. Forse ho persino fatto delle cose poco
sagge. Ma quelle accuse di nazismo non sono vere”.
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la riunione ucei in corso a roma Bilancio 2018 e nuovi impegni,
il Consiglio cerca la strada
Ventiquattro
voti favorevoli, cinque contrari e un significativo numero di astenuti
per il Bilancio preventivo 2018 dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane. Dopo un lungo e articolato confronto il Consiglio
dell’Unione, riunitosi a Roma, si è espresso sul documento con
l’impegno – previsto da una specifica mozione – di affidare alla
Commissione Bilancio la redazione di una proposta finanziaria più
articolata e utile a definire l’assestamento del bilancio stesso nella
chiave strategica di avviare nell’arco di un triennio una ampia
ristrutturazione della massima istituzione dell’ebraismo italiano. Il
piano sarà presentato alla Giunta dell’Unione e poi discusso in un
Consiglio straordinario che sarà convocato entro febbraio 2018.
La Giunta dovrà anche provvedere al reintegro dell’incarico di
assessore al Bilancio, dopo la decisione del consigliere Guido Guetta
di rassegnare le proprie dimissioni. All’organo direttivo dell’Unione –
secondo quanto deciso oggi dall’assise dell’ebraismo italiano –
parteciperanno anche gli assessori esterni alle Giunta, Jacqueline
Fellus (Casherut), David Meghnagi (Cultura) e Giacomo Moscati (Rapporti
internazionali). Nel corso della riunione odierna del Consiglio sono
stati anche approvati alcuni dei progetti elaborati dalle diverse
Commissioni di lavoro.
I lavori dell’assise sono poi continuati con un momento di riflessione
dedicato ai trent’anni dall’Intesa stipulata con lo Stato dall’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane. Un appuntamento nato nella
consapevolezza che gli anni Ottanta sono stati testimoni, nel nostro
Paese, di una svolta decisiva nella storia dei rapporti tra lo Stato e
le confessioni religiose. E questo perché dopo un quarantennio
dall’entrata in vigore una parte assai importante della Costituzione
repubblicana, fino ad allora rimasta confinata sul piano dei principi,
ha trovato finalmente attuazione sul piano sostanziale, con nuove e più
solide basi del diritto di libertà religiosa delle confessioni di
minoranza. A testimoniarlo alcuni qualificati esperti, invitati a
parlare dopo una introduzione del vicepresidente UCEI Giulio Disegni:
nell’ordine Francesco Margiotta Broglio (“All’origine dell’Intesa”);
Dario Tedeschi (“Storia di un’Intesa”); Roberto Mazzola (“L’intesa con
l’UCEI, un modello per il futuro?); Giorgio Sacerdoti (“Trent’anni dopo
l’Intesa: un negoziato che ha portato alla pari dignità”).
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jciak
Torino Film Festival 2017,
triplice vittoria per Israele
"Ho
una propensione per le commedie romantiche eccentriche, sebbene detesti
le storie d’amore e sia terribilmente cinico”. Si racconta così Ram
Nehari, il regista israeliano che con il suo primo lungometraggio ha
vinto il premio maggiore al Torino Film Festival. E il suo “Al
tishkechi oti”, o “Don’t forget me”, coproduzione di Israele, Francia e
Germania, ha vinto anche il premio alla miglior attrice, Moon Shavit –
che lo condivide ex aequo con la britannica Emily Beecham, protagonista
di “Daphne” di Peter Mackie Burns – e al miglior attore, Nitai Gvirtz.
E non solo: al film sono stati assegnati anche il Premio Avanti e la
menzione speciale della giuria Interfedi, promossa dalla Chiesa Valdese
e dalla Comunità ebraica di Torino, con il patrocinio del Comitato
Interfedi della Città di Torino, composta da Carlotta Monge, Anna Segre
e Beppe Valperga perché “sottolinea magistralmente l’incontro tra due
situazioni di disagio, con un’ottima interpretazione”. Un successo che
arriva dopo un apparente calo della cinematografia israeliana, che dopo
anni di successi pareva aver perso un po’ del suo smalto: due soli
cortometraggi presenti a Locarno – di cui uno premiato – e sette film
molto interessanti ma non premiati a Venezia, poca cosa rispetto alle
scorse edizioni.
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qui torino - la mostra Olivetti, la vita e i progetti
Inaugurata
nei locali del tempio piccolo della Comunità ebraica di Torino la
mostra in ricordo di Giorgio Olivetti, ingegnere e architetto, ad un
anno dalla sua scomparsa. Non poteva che essere rinominata “sinagoga
sotterranea” a fare da cornice alla sinagoga che venne progetta dallo
stesso Olivetti e inaugurata nel dicembre del 1970, assieme ad altri
due importanti locali della Comunità, il Centro Sociale e la Sala Adei:
tre spazi di aggregazione fondamentali per lo svolgimento delle
attività comunitarie, da quelle liturgiche a quelle culturali.
Le installazioni, la scelta dei disegni, degli schizzi e delle
fotografie sono stati curati dalla storica dell’arte Lucetta Levi
Momigliano, da Lia Montel Tagliacozzo per l’Archivio Terracini,
dall’architetto e collaboratore di Olivetti, Avi Reich, sotto la
supervisione di Elena Dellapiana, professore associato di Storia
dell’architettura e del design al Politecnico di Torino. Contributo per
le installazioni multimediali di David Terracini.
Alice Fubini Leggi
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Weizmann e la Dichiarazione
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Nel
1917 per il movimento sionista l’obiettivo fondamentale era di arrivare
ad un suo pieno riconoscimento politico e diplomatico da parte dei
maggiori attori presenti nello scenario internazionale, così come delle
istanze che portava avanti, a partire dal radicamento del nuovo Yishuv,
l’insediamento. Ciò tanto più dal momento che si era consolidata la
presenza britannica nella regione mediorientale, con il parallelo
declino prima e la scomparsa poi dell’Impero ottomano. Chi e meglio di
molti altri si adoperò in tale senso, per tutta la durata della sua
esistenza, fu Chaim Weizmann. Che di fatto fu il vero regista, per
parte ebraica, della Dichiarazione Balfour, resa pubblica il 2 novembre
del 1917, con la quale si manifestava la posizione inglese riguardo
alle rivendicazioni sioniste, affermando che: «Il governo di Sua Maestà
guarda con favore allo stabilirsi in Palestina di un focolare nazionale
per il popolo ebraico [«a national home for the Jewish people»], e si
adopererà attivamente per facilitare il raggiungimento di questo scopo
[«and will use their best endeavours to facilitate the achievement of
this object»]». Nato a Motal nel 1874, parte dell’allora Impero russo,
scienziato di talento, dopo avere studiato chimica in Germania e
Svizzera ed avere quindi conseguito un dottorato, iniziò a insegnare
all’Università di Manchester, divenendo infine nel 1910 cittadino
britannico. Il suo impegno come responsabile dei laboratori
dell’Ammiragliato britannico nel corso della Prima guerra mondiale,
dove sviluppò gli studi sugli esplosivi, consolidò il capitale di
credibilità che aveva maturato nei confronti delle autorità
britanniche. Parallelamente a ciò, Weizmann era andato sviluppando
un’intensa azione politica, divenendo ben presto l’esponente più in
vista della componente liberale del movimento sionista. Come tale, ne
rappresentava gli interessi anche nel Regno Unito, dinanzi ad una
comunità ebraica locale invece perlopiù perplessa, se non ostile,
all’ipotesi della costituzione di un’entità politica nazionale
indipendente, vista infatti come un potenziale ostacolo ai percorsi di
emancipazione e d’integrazione dei correligionari britannici.
Claudio Vercelli
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