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7 dicembre 2017 - 18 kislev 5778
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Shir shishi - una poesia per erev shabbat

Nava Semel, poesie dalla voce forteimg header

img headerQualche giorno fa è morta Nava Semel. Era malata di cancro e ha lottato con tutte le sue forze, con intelligenza, coraggio e sfacciataggine contro il male. Lo ha sfidato parlandone con amici, lettori e giornalisti e tra un trattamento medico e l'altro ha scritto un romanzo sulla storia rocambolesca dei suoi nonni.
Nata a Jaffa nel 1954 da genitori sopravvissuti alla Shoah, è stata tra i primi scrittori israeliani (insieme a David Grossman e Savyon Liebrecht) a trattare l'argomento della seconda generazione, pubblicando una bellissima raccolta di racconti, “Il Cappello di vetro” (1985, traduzione italiana 2002). Ha scritto per il teatro, i bambini e i ragazzi. Nel suo “I segreti del cuore” (Edizioni Sonda) tratta una questione estremamente attuale, l'amore tra due ragazzi e la delicatezza di viverlo senza le interferenze violente della società.
Nava parlava velocemente, in un ebraico ricco, forte ed estremamente diretto, che mutava in poetica esplorativa nei suoi romanzi, come ne “Il riso del ratto” (2001), un poema complesso su una bambina salvata da un prete polacco durante l’occupazione nazista. “Il riso del ratto” è stato riadattato nella forma dell’opera lirica (con un pizzico di surreale), dalla sua amica compositrice Ela Sherif e in quattro anni ha visto molte repliche, compresa una a Varsavia. Nel 2008 ha rielaborato alcuni testi profetici e con lo stesso senso dell’ironia si è avventurata tra i versetti della Genesi (2005), sempre con le musiche di Ela Sherif.
Nava Semel ha vinto il Premio del Primo Ministro Israeliano Women Writers of the Mediterranean (1994) e per molti anni è stata membro del Comitato Scientifico dell’Istituto per la Didattica della Shoah Massua. Tra i suoi ultimi libri troviamo “Testastorta” (2013), in cui la protagonista è la Shoah in Italia, in particolare la realtà contadina di Borgo San Dalmazzo (CN). Il bambino orfanello chiamato, appunto, dai suoi padroni e protettori, Testastorta, scopre che nell'attico della casa si nasconde un essere misterioso, un principe, un partigiano, o forse un ebreo.
Nava ha conosciuto la storia di Borgo San Dalmazzo, del campo di concentramento e delle storie di salvataggio in occasione della sua visita a una scuola di Fossano, una delle tappe del tour che ho condiviso con lei nel 2008. Alla vista del Monviso innevato si è commossa e ha voluto conoscere meglio la storia del luogo e della sua gente. Maria Teresa Milano, che stava lavorando sulle biografie dei Giusti del Piemonte ha accompagnato Nava alla scoperta del territorio e delle tradizioni e ricordo una sera particolarmente interessante in cui il coro di Maria Teresa ha messo in scena per lei una vijà piemontese, con racconti di donne, di masche e canti.
Nava aveva una tale hutzpa, che pochi mesi fa ha pubblicato il suo ultimo romanzo, il racconto dei nonni, Fanni e Gavriel, genitori molto particolari di Yitzhak Artzi, parlamentare, e nonni di due nipoti eccezionali: Shlomo Artzi, uno dei cantautori più amati in Israele e Nava, z"l.

Tre poesie scelte da Nava per un incontro con le scolaresche a Torino e Fossano
 
IL CORAGGIO DI AVERE PAURA

Coniglio
Codardo
Pappamolle
Fifone
È così che mi chiamano quando non voglio saltare dalla terrazza
o mi rifiuto di fare a botte
o di lanciare una pietra contro la finestra dei vicini
Allora la mamma mi dice:
Ci vuole molto coraggio per avere paura!

IL PAESE DELLA NON PAURA

Nel paese della non paura i serpenti non hanno veleno
Le tigri mangiano insalata e spinaci
I topi sono animali da compagnia
Gli aerei atterrano come fossero di cotone
Si può mandare una email a Dio e ricevere subito risposta
Nella terra della non paura persino la parola coraggio
è inesistente

PERICOLI

Un fuoco che brucia tutto
Un enorme tsunami che si solleva
La terra che trema
La montagna che cade
Li conosco bene tutti
questi pericoli.
L’unico che non conosco è l’uomo senza volto
Nascosto lì,
da qualche parte
in agguato

SENZA TITOLO

Avere il tempo di abbracciare forte
e dire ti amo
e di stare vicini il più possibile
Poi, quando arriverà il momento,
Avere il tempo di dire addio.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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MACHSHEVET ISRAEL

Lechaim, un augurio per la vita

img headerNon ho conosciuto Rav Laras se non tramite la lettura di alcuni dei suoi testi – durante la triennale in filosofia, in Statale, preparai un esame monografico per la cattedra di pensiero ebraico, dopo di lui retta dai professori Giulio Busi e Patrizia Pozzi, proprio su un programma da Laras preparato anni prima su Maimonide. Il giorno dopo la sua scomparsa mi sono imbattuto nell’articolo a lui dedicato dal Corriere della Sera a firma di Gian Guido Vecchi. Nell’articolo, oltre a una restituzione a tutto tondo del profilo di rabbino e docente, venivano ripresi dei virgolettati di Laras, suppongo estrapolati da interviste in precedenza rilasciate allo stesso quotidiano. In uno di questi Laras ricordava il giorno (2 ottobre 1944) in cui, a causa di una delazione, venne assieme alla madre e alla nonna materna preso dai fascisti. Laras rievoca quindi il cammino verso l’Albergo Nazionale, a Torino, doveva aveva sede la Gestapo: “Guardai mia mamma, mi liberai con uno strattone e corsi via: fu l’ultima volta che le vidi, lei e la nonna”. Uno scambio di sguardi, come sottolinea Vecchi, è ciò in cui si risolse quel momento. Proprio il contrasto tra l’assenza di parole e l’azione è ciò che mi colpì del racconto – analogo ma differente negli esiti – della madre di mia madre, di quando venne avvisata dal macellaio dell’arrivo della Gestapo, a Firenze.

Cosimo Nicolini Coen

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società  

Come si spiega il fascismo
   

Vivo in un Paese in cui un carabiniere espone nella propria stanza una bandiera neonazista. Il carabiniere in questione ha 24 anni, e si definisce «appassionato di simboli storici». Vivo in un Paese in cui i militanti di un gruppo di ispirazione neonazista — Veneto Fronte Skinhead — fanno irruzione nel corso dell'assemblea di una rete sociale, per leggere un proclama delirante contro i migranti. Il leader è un trentenne. Vivo in un Paese in cui la pagina Facebook "I giovani fascisti italiani" piace a oltre 27 mila persone. Giovani, appunto. In un post recente, sotto le immagini di felpe e ciondoli con il volto di Mussolini, si legge: «Essere fascisti non è reato». Vivo in un Paese in cui il cosiddetto "Blocco studentesco" evidenzia con orgoglio la militanza fascista degli studenti italiani.


Paolo Di Paolo, La Repubblica,
4 dicembre 2017


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orizzonti 

La grande vergogna dell'ostentazione nera   

Poi, per carità, nessuno parla mai sul serio: si tratta sempre di spacconate come quella del professore dell'istituto nautico di Camogli costretto due mesi fa dagli studenti a esibirsi nel saluto romano e filmato per i voyeur della Rete, che passerebbero senza lasciare traccia se i soliti permalosissimi antifascisti non stessero lì a menarsela troppo. E però, a ripercorrere a ritroso questo 2017 di passione, l'evocazione del Ventennio in forma di citazioni casuali o simboli pertinenti appare trasversale ai contesti, tutt'altro che timida, certamente ricorrente. Quando a febbraio il Buongiorno de La Stampa rivelò che l'istituto Ronconi di Roma aveva organizzato un «Gran Ballo in Epoca Fascista» con musiche d'epoca e gerarchi stivaluti sugli inviti, s'invocò l'attenuante carnevalesca e su richiesta esplicita di molti genitori l'evento fu cancellato.

Francesca Paci, La Stampa,
4 dicembre 2017


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Società

I social soffocano la comunicazione

img headerRecentemente un mio amico ha scritto un articolo apparso su queste pagine. Ho dato un’occhiata ai commenti postati sotto e sono rimasto scioccato da quanto fossero perfidi nei confronti del mio amico e degli altri commentatori. Quasi nessuno dei commenti si riferiva al contenuto del pezzo, erano tutti attacchi ad hominem contro lo scrittore o chi d’altro avesse commentato. Mi chiedo se questa gente avesse realmente letto il pezzo o semplicemente supposto il punto di vista dell’autore basandosi solo sul titolo. “È palese che odi Israele e ami i terroristi che ammazzano i bambini nel sonno “era il commento più gentile. Comunque, non è una sorpresa che internet sia uno dei principali responsabili dell’incapacità della nostra società di intavolare un discorso civile. Nella comunicazione istantanea, le persone rispondono spesso a caldo, trascinate dall’enfasi del momento, e dicono cose che probabilmente avrebbero evitato se avessero avuto il tempo di rifletterci o se avessero dovuto scriverle e mandarle per e-mail. Gran parte della comunicazione istantanea è poi anonima.

Michael Strassfeld, Society for the Advancement of Judaism New York, The Forward

Versione italiana per Pagine Ebraiche di Francesca Antonioli, studentessa della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinante presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

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