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Elia Richetti,
rabbino
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Nel
rivelarsi ai fratelli, Yosèf dimostra la sua identità dicendo “I vostri
occhi vedono … che è la mia bocca che parla con voi”. Alla domanda sul
reale significato di questa frase, ossia come la bocca dimostri
l’identità di qualcuno, Rashì risponde che parlò con loro “bi-lshòn
ha-qòdesh”, nella lingua sacra, ossia in ebraico.
In realtà, questo fatto non dimostrerebbe niente: un personaggio
politico influente può parlare varie lingue. Ma Yosèf sta dicendo di
più: egli insiste che sono i loro occhi a vedere come lui parla, non le
loro orecchie.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Doppia
cittadinanza agli Alto-atesini? Esiste uno straordinario parallelismo
fra le vicende dell'Alto Adige (Sud Tirolo) e della Giudea e Samaria
(Cisgiordania). Dopo una guerra, la potenza vincitrice occupa una parte
del territorio della potenza nemica e con questo una cospicua
popolazione di etnia diversa da quella prevalente nel paese occupante.
La potenza vincitrice attua un'intensa politica di popolamento dei
territori occupati con persone della propria etnia. All'interno
dell'etnia del territorio occupato si sviluppano movimenti terroristici
che causano gravi danni a persone e beni del paese occupante.
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Onu, gli Stati Uniti
alzano la voce |
Cresce
la tensione in vista del voto dell’Assemblea generale delle Nazioni
Unite, che oggi si esprimerà (presumibilmente a favore) su una
risoluzione che boccia il riconoscimento di Gerusalemme come capitale
di Israele. Al centro dell’attenzione le parole dell’ambasciatrice
statunitense Nikki Haley, che ha annunciato di essere pronta a prendere
nota dei paesi che voteranno contro la linea di Washington.
“Mentre considerate il vostro voto, vi incoraggio a tenere presente che
il presidente e gli Stati Uniti lo prenderanno come un fatto personale”
ha scritto ieri la Haley in una lettera inviata ai suoi colleghi
ambasciatori. Non è il primo scontro, come ricorda tra gli altri La
Stampa: “Quando lunedì il Consiglio di Sicurezza aveva votato la
risoluzione proposta dall’Egitto per bocciare la decisione di Trump su
Gerusalemme, gli Usa si erano trovati completamente isolati. Anche la
Gran Bretagna e l’Ucraina, oltre all’Italia, avevano votato contro
Washington – si legge – e Haley aveva dovuto usare il veto per bloccare
il provvedimento”.
Intervistato dal Corriere, il segretario di Stato vaticano Pietro
Parolin si dice a favore di uno statuto internazionale per Gerusalemme.
“Gerusalemme – afferma – è una città unica e sacra per ebrei, cristiani
e musulmani. Dovrebbe avere uno statuto speciale che ne faccia una
‘città aperta’, offra assicurazioni di libertà religiosa per i membri
delle tre religioni che condividono i luoghi santi e permetta l’accesso
ai pellegrini. II cuore della proposta, quindi, è quello di uno statuto
speciale garantito internazionalmente”. Radicalmente contrario alla
proposta di Trump, il celebre direttore d’orchestra Daniel Barenboim
(cittadino israeliano, ma anche palestinese ad honorem) sulle stesse
pagine dice: “Di fronte alla decisione unilaterale degli Usa, faccio un
appello al resto del mondo: riconoscete lo Stato della Palestina come
avete riconosciuto Israele. Non ci si può attendere che due popoli,
nemmeno due persone, che non si riconoscono reciprocamente trovino un
compromesso. Per una soluzione a due Stati servono appunto due Stati
che al momento non ci sono”.
Penosa intervista al Giornale di Emanuele Filiberto, pronipote del re
Vittorio Emanuele III. In un passaggio tra i più grotteschi, il
rampollo di casa Savoia parla così del bisnonno: “Di lui sono giudicati
solo gli ultimi 10 anni del suo operato, ma regnò per 46. Fu
responsabile del suo Paese, nel bene e nel male, ma Mussolini andò al
potere per volontà del Parlamento e tra i parlamentari ce n’erano anche
ebraici. Tutti criticano per le Leggi razziali, che furono una cosa
ignobile e insensata. Il re, però, per ben tre volte le rimise davanti
al Parlamento. Lui non voleva firmarle”.
Le ultime vicende relative a Banca Etruria hanno riportato nelle
cronache nazionali la figura di Marco Carrai, storico amico del
segretario del Pd Matteo Renzi. Molti, e in particolare Repubblica,
enfatizzano la rete dei suoi rapporti con Israele. “I sussurri dei
palazzi romani – si legge – gli attribuiscono un ruolo da kingmaker
nelle nomine pubbliche, etichettano il suo interesse per la Popolare di
Etruria (o la Federico Del Vecchio, chissà) come un tentativo per
togliere le castagne dal fuoco a Boschi e a Matteo. Di sicuro
accompagna il premier in visita di Stato in Israele e nella Silicon
Valley, accoglie Benjamin Netanyhau in visita privata all’aeroporto di
Firenze. Lui si schermisce dicendo di contare poco o nulla”.
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il voto alle nazioni unite
Usa-Israele, sfida comune all'Onu
Gerusalemme
e Washington sempre più allineate in una aperta sfida alle Nazioni
Unite. Ultimo capitolo di questo scontro comune, l'odierno voto
all'Assemblea Generale dell'Onu sulla risoluzione che stigmatizza il
discorso del Presidente Usa Donald Trump su Gerusalemme capitale
d'Israele tenuto lo scorso 6 dicembre. “Lo Stato di Israele respinge
questo voto senza riserve”, ha dichiarato il Primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu nelle scorse ore. “Gerusalemme è la nostra capitale,
continueremo a costruirla e altre ambasciate vi si trasferiranno”, ha
detto Netanyahu in riferimento all'annunciata scelta di Trump di
spostare da Tel Aviv a Gerusalemme l'ambasciata americana. Secondo il
Premier “l'atteggiamento verso Israele da parte di molti paesi del
mondo, in tutti i continenti, sta cambiando e alla fine si farà strada
anche all'interno delle mura dell'edificio dell'ONU, la casa delle
menzogne”. E sul voto all'Onu si è espresso anche il Presidente Trump,
minacciando di tagliare gli aiuti americani a qualsiasi paese che voti
la risoluzione in questione.
“Tutte queste nazioni che prendono i nostri soldi e poi votano contro
di noi al Consiglio di sicurezza o contro di noi, potenzialmente,
all'Assemblea Onu. Prendono centinaia di milioni di dollari e persino
miliardi di dollari e poi votano contro di noi", ha detto Trump. “Beh,
stiamo osservando quei voti - ha aggiunto il presidente - Votate contro
di noi, e risparmieremo molto. Non ci interessa”.
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qui roma - la nuova sala
Ebrei di Libia, storie e memorie
al Museo ebraico della Capitale
Uno
spazio rinnovato, per una grande e complessa storia da raccontare.
L’inaugurazione della nuova sala dell’ebraismo libico al Museo ebraico
di Roma chiude idealmente dodici mesi di iniziative organizzate nel
cinquantenario della fuga forzata dal paese e dall’arrivo in Italia.
Convegni, tavole rotonde, progetti culturali. Ma anche la visita del
Premier Paolo Gentiloni in sinagoga, altamente significativa per vari
motivi. “L’esodo degli ebrei dalla Libia ha impoverito quel Paese, così
come oggi, lo dico da cristiano, corriamo il rischio di ulteriore
impoverimento per la preoccupazione che c’è in molti Paesi per
un’emarginazione o addirittura un allontanamento delle comunità
cristiane” affermò il Primo Ministro dentro al Tempio Maggiore, prima
di esprimere il proprio apprezzamento per la “ventata cosmopolita” che
gli ebrei libici hanno portato con sé.
Entrando nella sala museale rinnovata in bella vista appare il
lungomare di Tripoli, in tutta la sua struggente bellezza evocatrice di
memorie e ricordi violentemente sradicati. Ma ad essere esposti sono
anche oggetti liturgici, tessuti, fotografie. Testimonianze familiari,
che dagli armadi privati sono arrivati a teche pubbliche grazie alla
generosità di tanti donatori. Una nuova fondamentale finestra di
conoscenza, svelata ieri dalla presidente della Comunità ebraica Ruth
Dureghello, dall’assessore alla cultura Giorgia Calò, dalla direttrice
del museo Alessandra Di Castro e dalla curatrice Olga Melasecchi. La
memoria della fuga è evidentemente centrale in questa narrazione, ma ad
essere ricostruito è anche tutto il percorso antecedente. I molti
secoli di convivenza spezzata, fin dalle radici storiche. Un percorso
sviluppato in continuità con la strada tracciata nell’aprile del 2009,
quando l’allora direttrice del museo Daniela Di Castro fece aprire un
primo spazio dedicato a questa realtà, alle sue peculiarità e
tradizioni.
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Setirot
- "Amici" |
Lo
ripeto, e non mi stancherò di dirlo. Considero molti sedicenti amici di
Israele e degli ebrei individui verso cui nutro assai più paure che
speranze. Non ne faccio una questione politico-ideologica. Facile
sostenere che certa sinistra, più o meno estrema, odia Israele ed è
profondamente antisemita (vero, anche se: è davvero sinistra?; e
fortunatamente perde ormai da anni sempre più peso nel mondo politico
reale). Meno facile è leggere invece che cosa scrive chi, ben meglio di
quanto possa fare io, esprime però medesimi timori. Un esempio
recentissimo è un lungo articolo di Bernard-Henri Lévy intitolato
“Trump, Jerusalem, and the Jews”.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - La Badoglieide e il re |
Da
Alessandria d’Egitto a Levaldigi. Sembrerebbe il titolo di un racconto
divertente, forse un po’ surreale e invece è la realtà di questi
giorni. La salma di Vittorio Emanuele III è arrivata a bordo di un
velivolo nel cuore della provincia di Cuneo, in un piccolo aeroporto
ritagliato tra i campi e gli allevamenti di bestiame ed è stata
trasferita al Santuario di Vicoforte, un gioiello architettonico che da
un paio di anni offre anche la salita alla famosa cupola ellittica, con
una visione mozzafiato. Non intendo soffermarmi sui commenti dei
giornali (non è mio compito) e non riporterò le battute sarcastiche
degli indigeni, ma mi limito a commentare il fatto con la musica, come
faccio sempre.
Maria Teresa Milano
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I lumi dell'Ugei |
“Benedetto
sei tu Signore... che ci hai comandato di accendere il lume di
Chanukkah”. L’augurio più bello rivolto da rav Alberto Somekh ai
ragazzi convenuti da tutta Italia a Torino durante il weekend di
Chanukkah per il Congresso Ugei è stato di non smettere di accendere
lumi, e anzi di farlo con sempre maggiore consapevolezza e intensità.
Perché non è sufficiente osservare i lumi già accesi da altri, è invece
indispensabile un’azione in prima persona; un’azione piccola o grande,
ma in ogni caso diretta, personale.
Giorgio Berruto
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Fine
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E
così anche quest’anno sono arrivati e già passati i giorni più bui
dell’anno, in cui cerchiamo un po’ di luce osservando le nostre
Chanukkiot illuminate. Da un lustro questo periodo così magico tanto
atteso dai bambini, fatto di cene e feste, scambi di doni e canti
gioiosi, coincide spesso con personalissimi Giorni Terribili per uno
sparuto gruppetto di persone, lontane geograficamente eppure riunite da
una grande amicizia e un altrettanto grande dolore ed un lutto forse
mai pienamente elaborato.
Sara Valentina Di Palma
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