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 21 dicembre  2017 - 3 Tevet 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Nel rivelarsi ai fratelli, Yosèf dimostra la sua identità dicendo “I vostri occhi vedono … che è la mia bocca che parla con voi”. Alla domanda sul reale significato di questa frase, ossia come la bocca dimostri l’identità di qualcuno, Rashì risponde che parlò con loro “bi-lshòn ha-qòdesh”, nella lingua sacra, ossia in ebraico.
In realtà, questo fatto non dimostrerebbe niente: un personaggio politico influente può parlare varie lingue. Ma Yosèf sta dicendo di più: egli insiste che sono i loro occhi a vedere come lui parla, non le loro orecchie.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
Doppia cittadinanza agli Alto-atesini? Esiste uno straordinario parallelismo fra le vicende dell'Alto Adige (Sud Tirolo) e della Giudea e Samaria (Cisgiordania). Dopo una guerra, la potenza vincitrice occupa una parte del territorio della potenza nemica e con questo una cospicua popolazione di etnia diversa da quella prevalente nel paese occupante. La potenza vincitrice attua un'intensa politica di popolamento dei territori occupati con persone della propria etnia. All'interno dell'etnia del territorio occupato si sviluppano movimenti terroristici che causano gravi danni a persone e beni del paese occupante.
 
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Onu, gli Stati Uniti
alzano la voce
Cresce la tensione in vista del voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che oggi si esprimerà (presumibilmente a favore) su una risoluzione che boccia il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele. Al centro dell’attenzione le parole dell’ambasciatrice statunitense Nikki Haley, che ha annunciato di essere pronta a prendere nota dei paesi che voteranno contro la linea di Washington.
“Mentre considerate il vostro voto, vi incoraggio a tenere presente che il presidente e gli Stati Uniti lo prenderanno come un fatto personale” ha scritto ieri la Haley in una lettera inviata ai suoi colleghi ambasciatori. Non è il primo scontro, come ricorda tra gli altri La Stampa: “Quando lunedì il Consiglio di Sicurezza aveva votato la risoluzione proposta dall’Egitto per bocciare la decisione di Trump su Gerusalemme, gli Usa si erano trovati completamente isolati. Anche la Gran Bretagna e l’Ucraina, oltre all’Italia, avevano votato contro Washington – si legge – e Haley aveva dovuto usare il veto per bloccare il provvedimento”.
Intervistato dal Corriere, il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin si dice a favore di uno statuto internazionale per Gerusalemme. “Gerusalemme – afferma – è una città unica e sacra per ebrei, cristiani e musulmani. Dovrebbe avere uno statuto speciale che ne faccia una ‘città aperta’, offra assicurazioni di libertà religiosa per i membri delle tre religioni che condividono i luoghi santi e permetta l’accesso ai pellegrini. II cuore della proposta, quindi, è quello di uno statuto speciale garantito internazionalmente”. Radicalmente contrario alla proposta di Trump, il celebre direttore d’orchestra Daniel Barenboim (cittadino israeliano, ma anche palestinese ad honorem) sulle stesse pagine dice: “Di fronte alla decisione unilaterale degli Usa, faccio un appello al resto del mondo: riconoscete lo Stato della Palestina come avete riconosciuto Israele. Non ci si può attendere che due popoli, nemmeno due persone, che non si riconoscono reciprocamente trovino un compromesso. Per una soluzione a due Stati servono appunto due Stati che al momento non ci sono”.

Penosa intervista al Giornale di Emanuele Filiberto, pronipote del re Vittorio Emanuele III. In un passaggio tra i più grotteschi, il rampollo di casa Savoia parla così del bisnonno: “Di lui sono giudicati solo gli ultimi 10 anni del suo operato, ma regnò per 46. Fu responsabile del suo Paese, nel bene e nel male, ma Mussolini andò al potere per volontà del Parlamento e tra i parlamentari ce n’erano anche ebraici. Tutti criticano per le Leggi razziali, che furono una cosa ignobile e insensata. Il re, però, per ben tre volte le rimise davanti al Parlamento. Lui non voleva firmarle”.

Le ultime vicende relative a Banca Etruria hanno riportato nelle cronache nazionali la figura di Marco Carrai, storico amico del segretario del Pd Matteo Renzi. Molti, e in particolare Repubblica, enfatizzano la rete dei suoi rapporti con Israele. “I sussurri dei palazzi romani – si legge – gli attribuiscono un ruolo da kingmaker nelle nomine pubbliche, etichettano il suo interesse per la Popolare di Etruria (o la Federico Del Vecchio, chissà) come un tentativo per togliere le castagne dal fuoco a Boschi e a Matteo. Di sicuro accompagna il premier in visita di Stato in Israele e nella Silicon Valley, accoglie Benjamin Netanyhau in visita privata all’aeroporto di Firenze. Lui si schermisce dicendo di contare poco o nulla”.

 
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  davar
il voto alle nazioni unite
Usa-Israele, sfida comune all'Onu
Gerusalemme e Washington sempre più allineate in una aperta sfida alle Nazioni Unite. Ultimo capitolo di questo scontro comune, l'odierno voto all'Assemblea Generale dell'Onu sulla risoluzione che stigmatizza il discorso del Presidente Usa Donald Trump su Gerusalemme capitale d'Israele tenuto lo scorso 6 dicembre. “Lo Stato di Israele respinge questo voto senza riserve”, ha dichiarato il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nelle scorse ore. “Gerusalemme è la nostra capitale, continueremo a costruirla e altre ambasciate vi si trasferiranno”, ha detto Netanyahu in riferimento all'annunciata scelta di Trump di spostare da Tel Aviv a Gerusalemme l'ambasciata americana. Secondo il Premier “l'atteggiamento verso Israele da parte di molti paesi del mondo, in tutti i continenti, sta cambiando e alla fine si farà strada anche all'interno delle mura dell'edificio dell'ONU, la casa delle menzogne”. E sul voto all'Onu si è espresso anche il Presidente Trump, minacciando di tagliare gli aiuti americani a qualsiasi paese che voti la risoluzione in questione.
“Tutte queste nazioni che prendono i nostri soldi e poi votano contro di noi al Consiglio di sicurezza o contro di noi, potenzialmente, all'Assemblea Onu. Prendono centinaia di milioni di dollari e persino miliardi di dollari e poi votano contro di noi", ha detto Trump. “Beh, stiamo osservando quei voti - ha aggiunto il presidente - Votate contro di noi, e risparmieremo molto. Non ci interessa”.
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qui roma - la nuova sala
Ebrei di Libia, storie e memorie
al Museo ebraico della Capitale

Uno spazio rinnovato, per una grande e complessa storia da raccontare. L’inaugurazione della nuova sala dell’ebraismo libico al Museo ebraico di Roma chiude idealmente dodici mesi di iniziative organizzate nel cinquantenario della fuga forzata dal paese e dall’arrivo in Italia. Convegni, tavole rotonde, progetti culturali. Ma anche la visita del Premier Paolo Gentiloni in sinagoga, altamente significativa per vari motivi. “L’esodo degli ebrei dalla Libia ha impoverito quel Paese, così come oggi, lo dico da cristiano, corriamo il rischio di ulteriore impoverimento per la preoccupazione che c’è in molti Paesi per un’emarginazione o addirittura un allontanamento delle comunità cristiane” affermò il Primo Ministro dentro al Tempio Maggiore, prima di esprimere il proprio apprezzamento per la “ventata cosmopolita” che gli ebrei libici hanno portato con sé.
Entrando nella sala museale rinnovata in bella vista appare il lungomare di Tripoli, in tutta la sua struggente bellezza evocatrice di memorie e ricordi violentemente sradicati. Ma ad essere esposti sono anche oggetti liturgici, tessuti, fotografie. Testimonianze familiari, che dagli armadi privati sono arrivati a teche pubbliche grazie alla generosità di tanti donatori. Una nuova fondamentale finestra di conoscenza, svelata ieri dalla presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, dall’assessore alla cultura Giorgia Calò, dalla direttrice del museo Alessandra Di Castro e dalla curatrice Olga Melasecchi. La memoria della fuga è evidentemente centrale in questa narrazione, ma ad essere ricostruito è anche tutto il percorso antecedente. I molti secoli di convivenza spezzata, fin dalle radici storiche. Un percorso sviluppato in continuità con la strada tracciata nell’aprile del 2009, quando l’allora direttrice del museo Daniela Di Castro fece aprire un primo spazio dedicato a questa realtà, alle sue peculiarità e tradizioni.
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  pilpul
Setirot - "Amici"
Lo ripeto, e non mi stancherò di dirlo. Considero molti sedicenti amici di Israele e degli ebrei individui verso cui nutro assai più paure che speranze. Non ne faccio una questione politico-ideologica. Facile sostenere che certa sinistra, più o meno estrema, odia Israele ed è profondamente antisemita (vero, anche se: è davvero sinistra?; e fortunatamente perde ormai da anni sempre più peso nel mondo politico reale). Meno facile è leggere invece che cosa scrive chi, ben meglio di quanto possa fare io, esprime però medesimi timori. Un esempio recentissimo è un lungo articolo di Bernard-Henri Lévy intitolato “Trump, Jerusalem, and the Jews”.

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - La Badoglieide e il re
Da Alessandria d’Egitto a Levaldigi. Sembrerebbe il titolo di un racconto divertente, forse un po’ surreale e invece è la realtà di questi giorni. La salma di Vittorio Emanuele III è arrivata a bordo di un velivolo nel cuore della provincia di Cuneo, in un piccolo aeroporto ritagliato tra i campi e gli allevamenti di bestiame ed è stata trasferita al Santuario di Vicoforte, un gioiello architettonico che da un paio di anni offre anche la salita alla famosa cupola ellittica, con una visione mozzafiato. Non intendo soffermarmi sui commenti dei giornali (non è mio compito) e non riporterò le battute sarcastiche degli indigeni, ma mi limito a commentare il fatto con la musica, come faccio sempre.

Maria Teresa Milano
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I lumi dell'Ugei
“Benedetto sei tu Signore... che ci hai comandato di accendere il lume di Chanukkah”. L’augurio più bello rivolto da rav Alberto Somekh ai ragazzi convenuti da tutta Italia a Torino durante il weekend di Chanukkah per il Congresso Ugei è stato di non smettere di accendere lumi, e anzi di farlo con sempre maggiore consapevolezza e intensità. Perché non è sufficiente osservare i lumi già accesi da altri, è invece indispensabile un’azione in prima persona; un’azione piccola o grande, ma in ogni caso diretta, personale.

Giorgio Berruto
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Fine
E così anche quest’anno sono arrivati e già passati i giorni più bui dell’anno, in cui cerchiamo un po’ di luce osservando le nostre Chanukkiot illuminate. Da un lustro questo periodo così magico tanto atteso dai bambini, fatto di cene e feste, scambi di doni e canti gioiosi, coincide spesso con personalissimi Giorni Terribili per uno sparuto gruppetto di persone, lontane geograficamente eppure riunite da una grande amicizia e un altrettanto grande dolore ed un lutto forse mai pienamente elaborato.

Sara Valentina Di Palma
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