Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Nel
Talmùd (Sotà, 13 a) si racconta che quando i figli di Yaaqòv giunsero
alla grotta di Makhpelà per seppellire il padre, Esaù cercò di impedire
la sepoltura accampando il suo diritto di primogenito a essere sepolto
in quel luogo accanto a suo padre Ytzchàk.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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È
vero quanto va dicendo da tempo il pensiero populista per raccogliere
adesioni da elettori di ogni sorta: destra e sinistra non esistono più.
È una verità innegabile, verificabile soprattutto con riferimento
all’antisemitismo. Lo dimostra in modo ineccepibile il generale
silenzio politico in cui sono cadute le grida di odio antiebraico e le
minacce antisemite dei manifestanti islamici che a Milano hanno
manifestato in favore della causa filo-palestinese. L’odio politico
anti-israeliano prende con estrema facilità la strada
dell’antisemitismo, e non più solo a distanza di sicurezza da casa
nostra. L’odio e la minaccia ora sono fuori dalla porta. Quelle urla
dei manifestanti islamici sono solo metafore, o sono già promesse?
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Le accuse di Hezbollah
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Le
proteste antigovernative in Iran ancora al centro delle cronache.
Significativa al riguardo l’intervista de La Stampa al responsabile
della politica estera del gruppo terroristico Hezbollah, che
naturalmente non perde l’occasione per attaccare Israele: “L’asse della
resistenza Teheran-Baghdad-Damasco-Beirut – sostiene – è uscito
rafforzato dalla guerra contro lo Stato islamico, e questo provoca
l’ira di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, manovratori di una
regia destabilizzante iniziata con Gerusalemme capitale e che mira a
spostare il conflitto all’interno dell’Iran”.
Molteplici anche le analisi e gli approfondimenti. Secondo Guido
Olimpio, che ne scrive sul Corriere, ogni gesto di supporto sarà usato
da Teheran come la prova conclamata di un’ingerenza straniera e fornirà
il pretesto per azioni ancora più repressive. Scrive Olimpio: “I
guardiani della rivoluzione non aspettano altro le vittime di questi
giorni sono un avviso”. Mentre Fabio Nicolucci, sul Messaggero, ricorda
l’attacco a due sinagoghe a Shiraz qualche giorno prima dell’inizio dei
moti. “Un sinistro segno premonitore – si legge – che è sfuggito
anch’esso all’attenzione generale”.
In due diverse interviste (al Corriere il primo, alla Stampa il
secondo) il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani e l’ex
ministro Franco Frattini auspicano, in vista della prossima campagna
elettorale, una solida alleanza tra Forza Italia e Lega Nord. L’invito
di Tajani è a un voto “per la lotta contro i populismi”.
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pagine ebraiche gennaio 2018
Rav Toaff, l'eredità di un Maestro
Un
personaggio straordinario e globale nelle sue diverse manifestazioni.
Un grande leader e formatore, un Maestro di maestri. Ma anche un
formidabile divulgatore, dal vivo e in trasmissioni radiofoniche che
hanno fatto la storia. Con l’innata capacità di comunicare
efficacemente sia con le grandi figure del suo tempo, e ne incontrò
molte, che con le persone più umili.
Per Sergio Della Pergola queste le principali qualità che si possono
attribuire al rav Elio Toaff, insieme alla capacità di conciliare i
dettami antichi della Tradizione con un evidente pragmatismo. È questo
lo sguardo di un attento osservatore delle vicende ebraiche italiane,
ma anche quello di una persona che del rav ha conosciuto molto da
vicino la dimensione più intima e familiare
Non è un caso che sia proprio un’introduzione dell’illustre demografo e
accademico ad aprire la riedizione del saggio Perfidi giudei, fratelli
maggiori, pubblicato nel 1987 da Mondadori e oggi nuovamente in
libreria grazie al Mulino. Diversi gli elementi nuovi che integrano lo
scritto, presentato questo autunno nella sede del Tirreno a Livorno e
quindi, alcune settimane dopo, al museo ebraico di Roma. Tra cui una
lettera inedita del rav Toaff, scritta nel 1945 al fratello Renzo (che
si trovava nell’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di
Israele); il discorso di commiato nel Tempio Maggiore di Roma del 2001;
un ricordo dell’allievo rav Gianfranco Di Segni, oggi coordinatore del
Collegio Rabbinico Italiano e una testimonianza dei figli Daniel,
Miriam e Ariel che ricostruisce gli anni dal 1987 al 2001.
In entrambe le circostanze, a Roma e Livorno, sala piena e grande
interesse per questa iniziativa editoriale che riporta al centro non
solo la vocazione dialogica del rav, immortalata in particolare dalla
visita di papa Wojtyla al Tempio Maggiore, ma anche la profondità del
suo impegno in ogni campo e le esperienze di vita che portarono a
determinate scelte. Dagli anni dell’università con la complessa sfida
di laurearsi in regime di Leggi Razziste alla prima esperienza
rabbinica ad Ancona, dall’attività nella Resistenza al contributo per
far risorgere l’ebraismo italiano dalle macerie della guerra e della
Shoah. Per arrivare naturalmente a Roma, al suo lunghissimo magistero
in cui furono scritte pagine indimenticabili di leadership rabbinica.
È sotto il regime, con la progressiva intensificazione della dialettica
antiebraica, fino all’estrema conseguenza delle Leggi Razziste
controfirmate dal re Vittorio Emanuele III a Pisa, che prendono forma i
grandi valori e principi per cui il rav (già instradato verso la
carriera rabbinica dal padre, il rav Alfredo Sabato Toaff) sceglierà di
battersi senza esitazione. Dalla tevah di un Tempio, dove inizierà ad
esercitare poco più che ventenne, ma anche in qualità di combattente
partigiano testimone tra gli altri dell’orrore di Sant’Anna di
Stazzema. Racconta il rav Toaff a proposito degli anni che precedettero
l’entrata in vigore delle Leggi: “L’adesione all’organizzazione
sionistica fu il primo motivo di divisione tra gli ebrei. I sionisti,
che erano una minoranza, erano guardati con sospetto e con timore dagli
ebrei fedeli al regime o che volevano – quanto meno – farsi considerare
tali. La politica di Mussolini, ambigua e oscillante tra un cauto
sostegno al sionismo e una opposizione basata sulla dichiarata
inammissibilità di una doppia lealtà degli ebrei all’Italia e alla
Palestina, favoriva l’azione contro i sionisti che venivano presentati
causa di tutti i mali e di tutte le disgrazie. Gli articoli di
Farinacci, di Preziosi, di Interlandi, razzisti e ferocemente
antisemiti, erano attribuiti da molti ebrei all’incoscienza di quei
loro correligionari che si proclamavano sionisti, e quindi era
necessario scindere le proprie responsabilità e rilasciare solenni
dichiarazioni di incondizionata lealtà”.
Aggiunge poi il rav: “Chi come me ha vissuto in prima persona quel
periodo sente ancora tutto il disagio, lo sgomento, la vergogna, la
rabbia impotente verso chi in tutta Italia dimostrò così poca dignità e
scarso amore per l’ebraismo, pubblicando – malgrado quanto stava
accadendo – professioni di fede fascista e di lealtà al regime. Era
come sprofondare in un abisso dal quale sembrava impossibile poter
risalire”.
Si legge nella targa apposta la scorsa primavera in suo onore a Pisa,
all’interno del campus umanistico tra i dipartimenti di Civiltà e forme
del Sapere e di Filologia, Letteratura e Linguistica: “Rabbino capo di
Roma. Maestro e studioso. Combattente per la libertà. Uomo di pace e di
dialogo”. Un luogo non casuale perché fu proprio a Pisa, con le Leggi
Razziste già in vigore, che il rav completò gli studi universitari in
Giurisprudenza avviati nella medesima facoltà alcuni anni prima.
“Nel 1938 – racconta – nessuno voleva assegnarmi la tesi di laurea e
quindi non avrei potuto laurearmi. Allora il professor Mossa mi invitò
a casa sua e mi chiese: ‘lei ha abbastanza coraggio?’. Risposi: ‘penso
di sì’. Allora Mossa propose: ‘guardi, potrebbe fare una tesi sul
conflitto legislativo in Palestina fra la legislazione ottomana, quella
inglese e quella ebraica’. Io accettai e così feci la mia tesi di
laurea. Alla discussione, con Mossa, c’erano un altro professore di cui
non ricordo il nome e il presidente della commissione Cesarini Sforza.
Mossa mi presentò dicendo che avrei parlato di un paese che si stava
avviando ad avere un destino felice e continuò su questo tono. A un
certo punto, Cesarini Sforza si tolse la toga, la gettò sul tavolo e se
ne andò. Io guardai stupito Mossa, non sapendo come si potesse
procedere, e lui reagì a quello sguardo dicendo: ‘vabbé, si farà in
due, è lo stesso’. Così continuammo la discussione della tesi di laurea
e alla fine lui mi propose: ‘guardi 110 non glielo posso dare, si
accontenta di 105?’. ‘Anche troppo’, replicai io. E lui: ‘allora le
darò 103!’. Accettai felice”.
Sono ricordi, osserva il rav, “che non si possono cancellare e che si
conservano per tutta la vita, finendo per far parte della stessa
personalità di un individuo”.
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oltre ottanta i donatori privati Sinagoga di Firenze, lavori al via
"Raccolta fondi un successo"
Significativo
successo per la campagna straordinaria di raccolta dei fondi per il
restauro e la messa in sicurezza della cupola interna alla sinagoga di
Firenze lanciata nelle scorse settimane da Opera del Tempio Ebraico e
Comunità ebraica. Più di ottanta i donatori che hanno risposto
all’appello, sottolineano in un messaggio congiunto il presidente
dell’Opera del Tempio Renzo Funaro e la presidente della Comunità
ebraica Daniela Misul. Tra questi iscritti alla Comunità ebraica,
all’Opera del Tempio, tanti comuni cittadini, importanti organizzazioni
locali e internazionali. Determinante, viene spiegato, il contributo
della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, così come da New York
la collaborazione e l’aiuto del World Monuments Fund, della David Berg
Foundation. Fondamentale anche il sostegno della Fondazione Beni
Culturali Ebraici in Italia Onlus, della Jewish Heritage Europe,
dell’Adei di Firenze e del Centro Giovanile Ebraico Fiorentino.
I lavori, spiegano Funaro e Misul, partiranno appena possibile nel mese
di gennaio così da limitare la chiusura dell’aula centrale del Tempio,
disposta prontamente dalla Comunità per motivi di sicurezza, su
segnalazione dell’Opera. Leggi
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lutto nel mondo dell'arte Mauro Staccioli (1937-2018) Mauro
se n’è andato in una giornata di festa, in punta di piedi, quasi non
volesse far notare la sua scomparsa a chi era immerso nella
spensieratezza dei festeggiamenti del nuovo anno. Invece, tra chi lo
conosceva, la notizia si è diffusa velocemente.
L’iniziale dolore, appresa la notizia, presto si è trasformato nella
percezione che non potremo mai più vivere l’attesa delle nuove sue
creazioni, un pensiero intrecciato con la consapevolezza che molti dei
lavori che Mauro ci ha lasciato sono già divenuti icone, dei land-mark,
di altrettanti paesaggi e luoghi culturali, inscindibili dal suo
intervento.
Legatissimo alla sua Toscana, dove ha trovato spesso e volentieri le
sue ispirazioni, attraverso l’essenzialità delle stesse opere, era
capace di far acquisire una dimensione poetica universale.
Mauro ha accettato un mio invito, mediato da un comune amico, Andrea
Alibrandi, a partecipare alla collezione ExLibris che ho curato per la
Fondazione Italia Israele per la Cultura e le Arti (iniziativa dei due
relativi Ministeri degli Affari Esteri, il cui Consiglio esprime la
propria partecipazione). L’azione di Mauro è stata forte ed inattesa:
ha scelto di “decorare” il libro, trasformandolo in una scultura, con
la “dissacrante distruzione” dell’opera letteraria, l’ha resa
illeggibile, per poi, sfaccettando e alterando la geometria del volume,
aggiungere un “nuovo capitolo” al testo originale. Questo gesto
artistico, nonostante proprio fosse una azione intimamente personale,
ha generato una delle opere tra le più apprezzate della collezione.
Mauro per il suo carattere schivo probabilmente non immaginava, e
comunque sarà rimasto sicuramente incurante del fatto che le sue opere
sono entrate da tempo nel pantheon dell’arte italiana, minima, seppur
significativa, consolazione.
David Palterer Leggi
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Storie - Il re complice
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L’Italia
dopo la guerra non ha vissuto, a differenza della Germania, un processo
del tipo di quello di Norimberga. Questo vulnus giudiziario ha pesato
anche sul giudizio storico sulle responsabilità delle istituzioni
italiane e degli italiani circa le pagine nere del Novecento nel nostro
Paese, a partire dalla dittatura fascista e dalle leggi razziste del
1938.
Un processo di questo tipo non avrebbe potuto ignorare il ruolo assai
negativo esercitato in queste vicende dall’ex re Vittorio Emanuele III
e dalla Casa Savoia. Fu il monarca sabaudo nell’autunno del 1922 ad
affidare a Benito Mussolini l’incarico di presidente del Consiglio, a
seguito della farsa della marcia su Roma, assecondandolo dopo il
delitto Matteotti nel varo delle leggi cosiddette “fascistissime” di
soppressione delle libertà democratiche e delle libere elezioni e di
persecuzione degli oppositori politici.
Mario Avagliano
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Irène Némirovsky
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Ho
l’impressione che si sia parlato poco in Italia di Irène Némirovsky, e
sarebbe un’occasione persa se non ci affrettassimo a recuperare il
tempo perduto. Per l’intanto un cenno nei riguardi di una scrittrice
nata a Kiev l’undici febbraio 1903 ed uccisa ad Auschwitz il 17 agosto
1942.
Un’occasione persa perché l’orribile vicenda che la coinvolse sovrasta
e supera – purtroppo, è il caso di soggiungere – la grande quantità dei
suoi scritti che la videro autrice di best seller che l’industria
editoriale francese le strappava, diciamo, dalle mani. Come dire che la
storia della sua vita è importante quanto i suoi numerosi e pregevoli
romanzi.
Emanuele Calò
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