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2 Gennaio 2018 - 15 Tevet 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Nel Talmùd (Sotà, 13 a) si racconta che quando i figli di Yaaqòv giunsero alla grotta di Makhpelà per seppellire il padre, Esaù cercò di impedire la sepoltura accampando il suo diritto di primogenito a essere sepolto in quel luogo accanto a suo padre Ytzchàk.
 
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
È vero quanto va dicendo da tempo il pensiero populista per raccogliere adesioni da elettori di ogni sorta: destra e sinistra non esistono più. È una verità innegabile, verificabile soprattutto con riferimento all’antisemitismo. Lo dimostra in modo ineccepibile il generale silenzio politico in cui sono cadute le grida di odio antiebraico e le minacce antisemite dei manifestanti islamici che a Milano hanno manifestato in favore della causa filo-palestinese. L’odio politico anti-israeliano prende con estrema facilità la strada dell’antisemitismo, e non più solo a distanza di sicurezza da casa nostra. L’odio e la minaccia ora sono fuori dalla porta. Quelle urla dei manifestanti islamici sono solo metafore, o sono già promesse?
 
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Le accuse di Hezbollah
Le proteste antigovernative in Iran ancora al centro delle cronache. Significativa al riguardo l’intervista de La Stampa al responsabile della politica estera del gruppo terroristico Hezbollah, che naturalmente non perde l’occasione per attaccare Israele: “L’asse della resistenza Teheran-Baghdad-Damasco-Beirut – sostiene – è uscito rafforzato dalla guerra contro lo Stato islamico, e questo provoca l’ira di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, manovratori di una regia destabilizzante iniziata con Gerusalemme capitale e che mira a spostare il conflitto all’interno dell’Iran”.
Molteplici anche le analisi e gli approfondimenti. Secondo Guido Olimpio, che ne scrive sul Corriere, ogni gesto di supporto sarà usato da Teheran come la prova conclamata di un’ingerenza straniera e fornirà il pretesto per azioni ancora più repressive. Scrive Olimpio: “I guardiani della rivoluzione non aspettano altro le vittime di questi giorni sono un avviso”. Mentre Fabio Nicolucci, sul Messaggero, ricorda l’attacco a due sinagoghe a Shiraz qualche giorno prima dell’inizio dei moti. “Un sinistro segno premonitore – si legge – che è sfuggito anch’esso all’attenzione generale”.

In due diverse interviste (al Corriere il primo, alla Stampa il secondo) il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani e l’ex ministro Franco Frattini auspicano, in vista della prossima campagna elettorale, una solida alleanza tra Forza Italia e Lega Nord. L’invito di Tajani è a un voto “per la lotta contro i populismi”.
 
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  davar
pagine ebraiche gennaio 2018
Rav Toaff, l'eredità di un Maestro
Un personaggio straordinario e globale nelle sue diverse manifestazioni. Un grande leader e formatore, un Maestro di maestri. Ma anche un formidabile divulgatore, dal vivo e in trasmissioni radiofoniche che hanno fatto la storia. Con l’innata capacità di comunicare efficacemente sia con le grandi figure del suo tempo, e ne incontrò molte, che con le persone più umili.
Per Sergio Della Pergola queste le principali qualità che si possono attribuire al rav Elio Toaff, insieme alla capacità di conciliare i dettami antichi della Tradizione con un evidente pragmatismo. È questo lo sguardo di un attento osservatore delle vicende ebraiche italiane, ma anche quello di una persona che del rav ha conosciuto molto da vicino la dimensione più intima e familiare
Non è un caso che sia proprio un’introduzione dell’illustre demografo e accademico ad aprire la riedizione del saggio Perfidi giudei, fratelli maggiori, pubblicato nel 1987 da Mondadori e oggi nuovamente in libreria grazie al Mulino. Diversi gli elementi nuovi che integrano lo scritto, presentato questo autunno nella sede del Tirreno a Livorno e quindi, alcune settimane dopo, al museo ebraico di Roma. Tra cui una lettera inedita del rav Toaff, scritta nel 1945 al fratello Renzo (che si trovava nell’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele); il discorso di commiato nel Tempio Maggiore di Roma del 2001; un ricordo dell’allievo rav Gianfranco Di Segni, oggi coordinatore del Collegio Rabbinico Italiano e una testimonianza dei figli Daniel, Miriam e Ariel che ricostruisce gli anni dal 1987 al 2001.
In entrambe le circostanze, a Roma e Livorno, sala piena e grande interesse per questa iniziativa editoriale che riporta al centro non solo la vocazione dialogica del rav, immortalata in particolare dalla visita di papa Wojtyla al Tempio Maggiore, ma anche la profondità del suo impegno in ogni campo e le esperienze di vita che portarono a determinate scelte. Dagli anni dell’università con la complessa sfida di laurearsi in regime di Leggi Razziste alla prima esperienza rabbinica ad Ancona, dall’attività nella Resistenza al contributo per far risorgere l’ebraismo italiano dalle macerie della guerra e della Shoah. Per arrivare naturalmente a Roma, al suo lunghissimo magistero in cui furono scritte pagine indimenticabili di leadership rabbinica.
È sotto il regime, con la progressiva intensificazione della dialettica antiebraica, fino all’estrema conseguenza delle Leggi Razziste controfirmate dal re Vittorio Emanuele III a Pisa, che prendono forma i grandi valori e principi per cui il rav (già instradato verso la carriera rabbinica dal padre, il rav Alfredo Sabato Toaff) sceglierà di battersi senza esitazione. Dalla tevah di un Tempio, dove inizierà ad esercitare poco più che ventenne, ma anche in qualità di combattente partigiano testimone tra gli altri dell’orrore di Sant’Anna di Stazzema. Racconta il rav Toaff a proposito degli anni che precedettero l’entrata in vigore delle Leggi: “L’adesione all’organizzazione sionistica fu il primo motivo di divisione tra gli ebrei. I sionisti, che erano una minoranza, erano guardati con sospetto e con timore dagli ebrei fedeli al regime o che volevano – quanto meno – farsi considerare tali. La politica di Mussolini, ambigua e oscillante tra un cauto sostegno al sionismo e una opposizione basata sulla dichiarata inammissibilità di una doppia lealtà degli ebrei all’Italia e alla Palestina, favoriva l’azione contro i sionisti che venivano presentati causa di tutti i mali e di tutte le disgrazie. Gli articoli di Farinacci, di Preziosi, di Interlandi, razzisti e ferocemente antisemiti, erano attribuiti da molti ebrei all’incoscienza di quei loro correligionari che si proclamavano sionisti, e quindi era necessario scindere le proprie responsabilità e rilasciare solenni dichiarazioni di incondizionata lealtà”.
Aggiunge poi il rav: “Chi come me ha vissuto in prima persona quel periodo sente ancora tutto il disagio, lo sgomento, la vergogna, la rabbia impotente verso chi in tutta Italia dimostrò così poca dignità e scarso amore per l’ebraismo, pubblicando – malgrado quanto stava accadendo – professioni di fede fascista e di lealtà al regime. Era come sprofondare in un abisso dal quale sembrava impossibile poter risalire”.
Si legge nella targa apposta la scorsa primavera in suo onore a Pisa, all’interno del campus umanistico tra i dipartimenti di Civiltà e forme del Sapere e di Filologia, Letteratura e Linguistica: “Rabbino capo di Roma. Maestro e studioso. Combattente per la libertà. Uomo di pace e di dialogo”. Un luogo non casuale perché fu proprio a Pisa, con le Leggi Razziste già in vigore, che il rav completò gli studi universitari in Giurisprudenza avviati nella medesima facoltà alcuni anni prima.
“Nel 1938 – racconta – nessuno voleva assegnarmi la tesi di laurea e quindi non avrei potuto laurearmi. Allora il professor Mossa mi invitò a casa sua e mi chiese: ‘lei ha abbastanza coraggio?’. Risposi: ‘penso di sì’. Allora Mossa propose: ‘guardi, potrebbe fare una tesi sul conflitto legislativo in Palestina fra la legislazione ottomana, quella inglese e quella ebraica’. Io accettai e così feci la mia tesi di laurea. Alla discussione, con Mossa, c’erano un altro professore di cui non ricordo il nome e il presidente della commissione Cesarini Sforza. Mossa mi presentò dicendo che avrei parlato di un paese che si stava avviando ad avere un destino felice e continuò su questo tono. A un certo punto, Cesarini Sforza si tolse la toga, la gettò sul tavolo e se ne andò. Io guardai stupito Mossa, non sapendo come si potesse procedere, e lui reagì a quello sguardo dicendo: ‘vabbé, si farà in due, è lo stesso’. Così continuammo la discussione della tesi di laurea e alla fine lui mi propose: ‘guardi 110 non glielo posso dare, si accontenta di 105?’. ‘Anche troppo’, replicai io. E lui: ‘allora le darò 103!’. Accettai felice”.
Sono ricordi, osserva il rav, “che non si possono cancellare e che si conservano per tutta la vita, finendo per far parte della stessa personalità di un individuo”.


oltre ottanta i donatori privati
Sinagoga di Firenze, lavori al via

"Raccolta fondi un successo"
Significativo successo per la campagna straordinaria di raccolta dei fondi per il restauro e la messa in sicurezza della cupola interna alla sinagoga di Firenze lanciata nelle scorse settimane da Opera del Tempio Ebraico e Comunità ebraica. Più di ottanta i donatori che hanno risposto all’appello, sottolineano in un messaggio congiunto il presidente dell’Opera del Tempio Renzo Funaro e la presidente della Comunità ebraica Daniela Misul. Tra questi iscritti alla Comunità ebraica, all’Opera del Tempio, tanti comuni cittadini, importanti organizzazioni locali e internazionali. Determinante, viene spiegato, il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, così come da New York la collaborazione e l’aiuto del World Monuments Fund, della David Berg Foundation. Fondamentale anche il sostegno della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia Onlus, della Jewish Heritage Europe, dell’Adei di Firenze e del Centro Giovanile Ebraico Fiorentino.
I lavori, spiegano Funaro e Misul, partiranno appena possibile nel mese di gennaio così da limitare la chiusura dell’aula centrale del Tempio, disposta prontamente dalla Comunità per motivi di sicurezza, su segnalazione dell’Opera.
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lutto nel mondo dell'arte
Mauro Staccioli (1937-2018)
Mauro se n’è andato in una giornata di festa, in punta di piedi, quasi non volesse far notare la sua scomparsa a chi era immerso nella spensieratezza dei festeggiamenti del nuovo anno. Invece, tra chi lo conosceva, la notizia si è diffusa velocemente.
L’iniziale dolore, appresa la notizia, presto si è trasformato nella percezione che non potremo mai più vivere l’attesa delle nuove sue creazioni, un pensiero intrecciato con la consapevolezza che molti dei lavori che Mauro ci ha lasciato sono già divenuti icone, dei land-mark, di altrettanti paesaggi e luoghi culturali, inscindibili dal suo intervento.
Legatissimo alla sua Toscana, dove ha trovato spesso e volentieri le sue ispirazioni, attraverso l’essenzialità delle stesse opere, era capace di far acquisire una dimensione poetica universale.
Mauro ha accettato un mio invito, mediato da un comune amico, Andrea Alibrandi, a partecipare alla collezione ExLibris che ho curato per la Fondazione Italia Israele per la Cultura e le Arti (iniziativa dei due relativi Ministeri degli Affari Esteri, il cui Consiglio esprime la propria partecipazione). L’azione di Mauro è stata forte ed inattesa: ha scelto di “decorare” il libro, trasformandolo in una scultura, con la “dissacrante distruzione” dell’opera letteraria, l’ha resa illeggibile, per poi, sfaccettando e alterando la geometria del volume, aggiungere un “nuovo capitolo” al testo originale. Questo gesto artistico, nonostante proprio fosse una azione intimamente personale, ha generato una delle opere tra le più apprezzate della collezione.
Mauro per il suo carattere schivo probabilmente non immaginava, e comunque sarà rimasto sicuramente incurante del fatto che le sue opere sono entrate da tempo nel pantheon dell’arte italiana, minima, seppur significativa, consolazione.


David Palterer
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pilpul
Storie - Il re complice
L’Italia dopo la guerra non ha vissuto, a differenza della Germania, un processo del tipo di quello di Norimberga. Questo vulnus giudiziario ha pesato anche sul giudizio storico sulle responsabilità delle istituzioni italiane e degli italiani circa le pagine nere del Novecento nel nostro Paese, a partire dalla dittatura fascista e dalle leggi razziste del 1938.
Un processo di questo tipo non avrebbe potuto ignorare il ruolo assai negativo esercitato in queste vicende dall’ex re Vittorio Emanuele III e dalla Casa Savoia. Fu il monarca sabaudo nell’autunno del 1922 ad affidare a Benito Mussolini l’incarico di presidente del Consiglio, a seguito della farsa della marcia su Roma, assecondandolo dopo il delitto Matteotti nel varo delle leggi cosiddette “fascistissime” di soppressione delle libertà democratiche e delle libere elezioni e di persecuzione degli oppositori politici.


Mario Avagliano

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Irène Némirovsky
Ho l’impressione che si sia parlato poco in Italia di Irène Némirovsky, e sarebbe un’occasione persa se non ci affrettassimo a recuperare il tempo perduto. Per l’intanto un cenno nei riguardi di una scrittrice nata a Kiev l’undici febbraio 1903 ed uccisa ad Auschwitz il 17 agosto 1942.
Un’occasione persa perché l’orribile vicenda che la coinvolse sovrasta e supera – purtroppo, è il caso di soggiungere – la grande quantità dei suoi scritti che la videro autrice di best seller che l’industria editoriale francese le strappava, diciamo, dalle mani. Come dire che la storia della sua vita è importante quanto i suoi numerosi e pregevoli romanzi.


Emanuele Calò
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