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11 gennaio 2018 - 24 tevet 5778
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orizzonti

Venezuela, la resilienza ebraica contro la crisi   

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Uno dei divieti in vigore di Shabbat è il trasporto di oggetti. Per questo David, giovane ebreo venezuelano, non ha con sé né portafoglio né cellulare mentre si avvia verso la sinagoga di Caracas. Lungo la strada, due uomini armati lo fermano e gli ordinano di consegnarli tutto quello che ha. “Come fai a spiegare, in una situazione del genere, a due persone che ti puntano la pistola e che vogliono rapinarti che non hai nulla con te perché è Shabbat?”. In un Venezuela considerato il secondo paese più violento al mondo – escluse le zone di guerra - , in cui nel 2016 sono stati registrati 28,479 omicidi (per fare un confronto, in Italia nello stesso anno sono stati 397), non è raro che una rapina finisca in tragedia. “Pensavano li prendessi in giro e ho veramente temuto per la mia vita”, racconta il 26enne David, che fortunosamente riuscì a scamparla. A Caracas, David è cresciuto e l'ha vista precipitare sempre più nella violenza, nella rabbia e nella povertà. “Ho visto con i miei occhi uomini in uniforme rovistare nella spazzatura per cercare da mangiare e poi andare a lavoro”. Uno studio sul Venezuela (Encuesta Nacional de Condiciones de Vida) racconta di un Paese in cui la povertà estrema misurata in termini di reddito è passata dal 24 per cento del 2014 al 52 del 2016.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, gennaio 2018

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MACHSHEVET ISRAEL

Praga, il golem e il concetto ebraico di verità

img headerUna visita a Praga, a cavallo dei due anni civili, è per me occasione per qualche riflessione filosofica, ebraica e non. Rifletto anzitutto su di un anniversario che l’Europa dovrà quest’anno ben meditare: i quattro secoli esatti dall’incipit della guerra dei Trent’anni – il più violento conflitto di religione (tra cattolici e protestanti), oggi si dice “clash of civilizations” – proprio nella primavera del 1618, emblematicamente fissato con la famosa Defenestrazione di Praga. Tre rappresentanti (cattolici) dell’imperatore vennero fatti volare dalle finestre del castello imperiale, che fu già casa dell’illuminato Rodolfo II: la posta in gioco era la libertà di culto ossia il diritto di professare la propria “verità religiosa”. La verità sul modo di onorare Dio professata dai gesuiti – le cui vestigia nella capitale boema sono ovunque – divergeva dal modo praticato e predicato dagli hussiti, i protestanti fedeli al riformatore-martire Jan Hus. Le armi sciolsero i dilemmi teologici. Non era la prima volta (sarà forse l’ultima?). Nelle pause della visita, ho letto una breve opera di Carlo Levi intitolata “Paura della libertà”, scritto in Francia nel 1939 e pubblicato in Italia da Einaudi nel 1946: “Ogni guerra è un duello di dèi – scriveva un po’ ironicamente e un po’ no il grande intellettuale antifascista torinese – è un giudizio di Dio nei due sensi del termine: ché il Dio è giudice e giudicato... Le guerre seguono e rispecchiano la natura del dio con cui si identificano... Sempre il senso idolatrico dello Stato richiede la guerra, totale e continua... Solo lo stato di libertà è stato di pace: dove è vera pace là è vera libertà, perché gli idoli non vivono senza guerra” (pp.89-90). Che sia la guerra il discrimine tra idolatria e verità?

Massimo Giuliani, docente al Diploma Studi Ebraici, UCEI

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Orizzonti   

L'onda nera in Europa   

Ci vorrebbe quel tragico panico freddo auspicato con lucido realismo da Paul Virilio per farsi le giuste domande nell’auspicio di capirci qualcosa, di fronte all’onda nera che avanza in Europa. Al suo centro c’è quella pericolosa e netta distinzione tra amici e nemici, nella quale si identifica la cornice in cui trovano progressivamente posto le tessere delle forme totalitarie del potere. Come ogni buona analisi di psicologia del potere evidenzia, le vie della sua affermazione non si ripetono mai. Ogni volta gli inizi sono diversi e minime differenze iniziali producono esiti irriconoscibili se non col tempo. Spesso quando è troppo tardi. Una certa spontanea ingenuità iniziale, inconsapevole persino ai portatori, diventa poi una belva indomabile. L’antagonismo, si sa, è un eccitatore di emozioni di base, arcaiche, che vanno direttamente dal biologico al comportamentale, saltando la mediazione fragile eppure capace di filtro della riflessione.


Ugo Morelli, Doppio Zero, 8 gennaio 2018


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orizzonti 

Così cambiano i confini   

Se c'è un termine capace di descrivere e riassumere i cambiamenti in atto sul nostro Pianeta è confine". In Medio Oriente è la scomparsa dei confini fra Siria e Iraq ad aver consentito al Califfato jihadista di affermare nella sua sanguinosa brutalità e ora, sulle sue macerie, a permettere all'Iran degli ayatollah di ambire all'egemonia regionale. In Maghreb sono i confini divorati dal deserto del Sahel ad alimentare il traffico di un fiume di esseri umani che fugge dalla disperazione dell'Africa inseguendo il miraggio della prosperità in Europa. In Ucraina sono i confini travolti dai tank di Vladimir Putin in Crimea e nel Donbass a svelare le ambizioni strategiche del Cremlino, che investono l'intera Eurasia. A Gerusalemme sono i confini da 'decidere assieme" fra israeliani e palestinesi a distinguere la nuova iniziativa di pace americana del presidente Donald Trump a cui va dato atto di aver avuto il coraggio di riconoscere senza perifrasi il legame trimillenario fra il popolo ebraico e Sion. .

Maurizio Molinari, La Stampa Origami,
11 gennaio 2018 


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Shir shishi - una poesia per erev shabbat

Kaddish, o Che sia grande il Cielo

img headerQuando ci lasciano persone care, la parte razionale della nostra esistenza viene sovrastata dal dolore e dal caos, dal subbuglio primordiale così vicino al Tohu Vavohu che precedette il faticoso lavoro della creazione del mondo in sei giorni. Il buio ci riavvolge e se la dipartita non è di una persona anziana "sazia di giorni" come il patriarca Abramo e che "ha visto il bene"- come dice di Isacco il poeta Haim Guri  - si vive un senso di strazio e confusione.
Nel corso dei secoli, in particolare dal Medioevo in poi, l'ebraismo ha elaborato e in seguito stabilito chiare normative, estremamente umane e dignitose, per aiutare i perplessi e gli smarriti. Il rabbino Asher ben Yekhiel, conosciuto con l'acronimo HARO"SH (Germania XIII sec.), ha diffuso l'uso del Kaddish, il breve testo in aramaico che loda Dio per la sua grandezza, solleva a sfere superiori le suppliche disperate di noi mortali e santifica la vita su cui regna un ordine divino, che supera ogni spiegazione.
Nelle scorse settimane in Israele sono mancati Ronit Matalon, una grande scrittrice ed intellettuale di origine egiziana e Aharon Appelfeld, fondamentale voce della Memoria.

יהי שמן צרור בצרור החיים

Sia magnificato e santificato il Suo grande nome, nel mondo che Egli ha creato conforme alla Sua volontà, venga il Suo Regno durante la vostra vita, la vostra esistenza e quella di tutto il popolo d’Israele, presto e nel più breve tempo. Amen. Sia il Suo grande nome benedetto per tutta l’eternità. Sia lodato, glorificato, innalzato, elevato, magnificato, celebrato, encomiato, il nome del Santo Benedetto. Egli sia, al di sopra di ogni benedizione, canto, celebrazione, e consolazione che noi pronunciamo in questo mondo. Amen. Scenda dal cielo un’abbondante pace ed una vita felice su di noi e su tutto il popolo d’Israele. Colui che fa regnare la pace nell’alto dei cieli, nella Sua infinita misericordia la accordi anche a noi e a tutto il popolo d’Israele. E dite Amen.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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