Elia Richetti,
rabbino
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L’indurimento
del cuore del Faraone ha due scopi dichiarati: “Lemà’an shithì othothày
élle ve-qirbò” (per porre questi Miei segni dentro di lui, per
impressionarlo), e “Ulmà’an tesappèr be-oznè vinkhà u-ven binkhà ….
wyda’tèm ki Anì HaShèm” (perché tu racconti a tuo figlio ed al figlio
di tuo figlio … e sappiate che Io sono il Signore).
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Mahmoud
Abbas, detto Abu Mazen, è stato eletto presidente dell'Autorità
Palestinese il 15 gennaio 2005. Il suo mandato è scaduto ufficialmente
nel 2009, anche se poi è stato eletto presidente a vita dal Consiglio
Centrale dell'OLP. Da allora Abbas siede privo di legittima autorità
nel vecchio edificio della polizia britannica oggi sede del governo di
Ramallah. Da giovane, Abbas ha scritto a Mosca una tesi di dottorato
nella quale con la massima serietà cerca di valutare se il movimento
sionista sia stato complice dei nazisti nella Shoah. L'altro giorno al
Consiglio Nazionale Palestinese, Abbas ha tenuto un bellicoso discorso
in cui ha dichiarato decaduti gli accordi di Oslo, ha escluso ogni
possibilità di mediazione americana nel conflitto con Israele, e ha
sciorinato una vetusta serie di luoghi comuni anti-israeliani e
antisemiti. A suo favore, va peraltro ricordato che Abbas ha per lo più
mantenuto un atteggiamento contrario al terrorismo e ha cercato di
coordinare le azioni preventive con i servizi israeliani. Per questo,
fra le correnti palestinesi più militanti, Abbas è una figura odiata e
commiserata, la cui funzione principale è quella di evitare la
sanguinosa guerra di successione che inevitabilmente avverrà il giorno
della dipartita dell'ultraottantenne.
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I proclami di Abu Mazen
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“Noi
a Gerusalemme prima degli ebrei”. Questa la posizione sostenuta dal
presidente dell’Anp Abu Mazen, intervenuto ieri al Cairo. Parole che
arrivano a poche ore dalle gravissime dichiarazioni sul negoziato
(“Oslo è morto”).
Osserva La Stampa: “La doppia mossa di Donald Trump ha messo
nell’angolo il vecchio raiss. Abu Mazen ha reagito con rabbia. A ogni
discorso i toni, da increduli, sono diventati sempre più duri. Un salto
indietro di trent’anni, fino alla ricusazione degli accordi di Oslo,
del riconoscimento dello Stato ebraico”.
In scena stasera all’Auditorium parco della Musica di Roma “Il
Processo”, rappresentazione teatrale dedicata alle Leggi razziste del
’38 che vedrà sul palco giuristi ed esperti di diritto tra i più
qualificati. “Un processo al re e al fascismo, ma anche all’Italia di
oggi smemorata, distratta, quella che ‘il Duce fece anche cose buone'”
scrive tra gli altri Il Fatto Quotidiano. “Vogliamo sfatare la leggenda
che le Leggi razziste furono un provvedimento all’acqua di rose”
afferma al riguardo la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Noemi Di Segni. “A distanza di ottanta anni, il fatto che
questo Paese non abbia fatto i conti con la storia si rivela
pericoloso” aggiunge Viviana Kasam, giornalista, scrittrice e curatrice
dello spettacolo.
Da registrare anche il patetico intervento dell’Unione Monarchica, un
cui rappresentante al Tempo dichiara: “I processi prevedono anche una
difesa, invece a noi non è stato chiesto niente”. Per il quotidiano
romano, non nuovo a controverse uscite sul tema della Memoria, l’evento
di stasera rischia addirittura “di trasformarsi in un caso”.
Sulla Gazzetta dello sport si parla di “emergenza razzismo” negli stadi
italiani. Un’emergenza per cui le istituzioni preposte si sarebbero
finora mosse in modo non adeguato. Si cita ad esempio il caso degli
adesivi antisemiti con Anna Frank giallorossa, con una sentenza di
primo grado piuttosto mite alle porte. “La richiesta della Procura sarà
al massimo di una gara a porte chiuse. E non è scontato – sostiene la
Gazzetta – che si arrivi alla condanna”.
“Non mi riconosco in quella frase. Da amministratore e da uomo ho
sempre mostrato la massima disponibilità e vicinanza a tutti. Non sono
mai stato né xenofobo né razzista. Infatti, benché io sia
orgogliosamente leghista da sempre, nessuno mi ha mai insultato né
tantomeno denunciato per questo”.
È quanto sostiene Attilio Fontana, candidato alla Regione Lombardia per il centrodestra, in una intervista con La Stampa.
Intervistata da Famiglia Cristiana sul suo ultimo libro, la scrittrice
Lia Levi dice a proposito delle Leggi del ’38: “Penso che siano state
sottovalutate e che tutte le colpe sono state riversate sui tedeschi.
Gli italiani hanno cercato di minimizzare, non si è mai davvero preso
coscienza di questa pagina della nostra storia. Tutti gli Stati,
compreso il Vaticano, hanno chiesto scusa agli ebrei, l’Italia no”.
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qui Milano
Dialogo, nel segno di rav Laras
“Rav
Giuseppe Laras ci teneva che si partisse dai testi. Nei suoi ultimi
scritti, ha più volte invitato a tornare a studiare la Bibbia, su cui
purtroppo in Italia c'è molta ignoranza”. A ricordare rav Laras,
scomparso nel novembre scorso, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib
in occasione della 29esima Giornata per l’approfondimento e lo
sviluppo del dialogo fra cattolici ed ebrei in Italia. Rav Arbib, in
dialogo con l'arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo -
moderati da Sara Comparetti, presidente del Consiglio delle Chiese
cristiane di Milano – ha ricordato il ruolo avuto da rav Laras nel
dialogo tra ebraismo e cristianesimo di cui fu uno dei pionieri insieme
al cardinale Martini. Nel ricordare il tema della Giornata, dedicato
alla Meghillat Echà (Lamentazioni), rav Arbib ha sottolineato come si
tratti di un “testo terribile”, che gli ebrei leggono in un giorno di
lutto come il 9 di Av e che racconta “una tragedia ma che al contempo
si chiude con una speranza”.
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jciak Due bimbi in fuga dai nazisti
“Sei
ebreo?” lo incalza il padre schiaffeggiandolo. “No”, mente il piccolo
Joseph fra le lacrime. “Meglio il dolore di uno schiaffo che perdere la
vita perché se ne ha paura”, lo conforta il padre. Sono i preparativi
che, nella Francia occupata dai nazisti, precedono la fuga del bambino
e del fratello Maurice in Un sacchetto di biglie di Christian Duguay da
oggi al cinema. Tratto dall’omonimo romanzo in cui Joseph Joffo aveva
raccontato la sua odissea e già adattato per il grande schermo nel 1975
da Jacques Doillon, il film arriva in Italia in occasione del Giorno
della Memoria dopo aver totalizzato l’anno scorso in Francia quasi un
milione di spettatori.
La prima versione cinematografica di Un sacchetto di biglie, un
bestseller che ha venduto oltre 20 milioni di copie in 22 paesi, non
era piaciuta allo scrittore Joseph Joffo. L’adattamento di Christian
Duguay ha invece ottenuto la sua piena approvazione. “Queste immagini
della mia infanzia sono la mia ricompensa, il mio bastone da
maresciallo. Quando ho visto Patrick Bruel nel ruolo di mio padre ed
Elsa Zylberstein in quello di mia madre mi è sembrato di ritrovarli. Ho
ritrovato lo spirito dell’epoca, le scene chiave, gli ambienti, la
relazione con mio fratello, tutto”.
Daniela Gross
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Setirot
- Frenesie |
Confesso
che la frenesia degli editori pre Giorno della Memoria comincia a darmi
l’orticaria, e ormai è qualche anno che questa forma di dermatite si
manifesta. Non che moltissimi libri pubblicati intorno al 27 gennaio
non siano interessanti, utili, belli. Uno per tutti, dell’annata 2018,
è I bambini di Moshe di Sergio Luzzatto, Einaudi: storia di Moshe
Zeiri, giovane ebreo galiziano che lasciò il mondo yiddish dello shtetl
per inseguire il sogno della rinascita ebraica in Palestina; e che
raccolse in seguito tra i monti di Selvino, vicino a Bergamo, gli
orfani della Shoah, centinaia di bambini che lui, soldato volontario
nel Genio militare britannico, attraversata l’Italia per combattere i
tedeschi, restituì alla vita per prepararli alla aliyah verso Eretz
Israel. Resta il fatto che l’accumularsi di titoli in un periodo così
breve credo sia, oltre che inutile, anche, forse, controproducente –
come lo è ogni sovraesposizione un poco di maniera e ritualistica.
Stefano Jesurum, giornalista
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Israele: contesto e proporzione |
Mi
chiedo spesso che cosa sia più utile fare per cercare di arginare la
diffusa disinformazione che emerge quando il discorso si rivolge a
Israele. Credo che la maggioranza delle persone, in Italia, non abbia
una posizione di principio fortemente ostile a Israele e nemmeno
particolarmente favorevole, ma sia piuttosto poco interessata,
nonostante l’occhio dei media illumini in maniera spropositata, e in
casi non rari distorca, quanto accade in questo piccolo Paese del Medio
Oriente grande come una regione italiana di medie dimensioni. Perciò
sono convinto che, discutendo di Israele e anche difendendolo dalle più
comuni obiezioni sollevate per mettere in dubbio la stessa ragione di
esistere dello Stato, sia più utile fornire una complessità che una
serie di slogan adatti al massimo a farci sentire meglio, ma che certo
non fanno cambiare idea ai nostri interlocutori.
Giorgio Berruto
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La persecuzione degli invisibili
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Lo
scorso giovedì si è tenuta presso lo storico caffè Valiani di Pistoia –
aperto dal 1864 e presto divenuto ritrovo di artisti ed intellettuali
provenienti da tutta Italia, da Verdi a Rossini, da Soffici a Marini –
la presentazione di Presidenti di
Adam Smulevich (Giuntina 2017), introdotto e moderato dai giornalisti
Maurizio Gori e Gianluca Barni, con letture di Marco Leporatti. Si
tratta del primo di un ciclo di incontri sull'identità ebraica
attraverso la Shoah fino ai giorni nostri, cui seguiranno il 25 gennaio
Genocidio e identità: appunti di sopravvivenza sui problemi legati
all'assunzione della falsa identità per i bambini ebrei durante lo
sterminio (tema trattato da chi scrive), il Primo febbraio la
presentazione di L'arse argille consolerai. Carlo Levi dal confino alla Liberazione di Firenze del giornalista Nicola Coccia (Edizioni ETS 2015), ed infine il 15 febbraio E le ripeterai ai tuoi figli: educazione alla vita nell'Ebraismo moderato
da Odelia Liberanome la quale intervisterà Antonella Castelnuovo su
alcuni dei temi trattati negli atti del convegno L'ebraismo ed i grandi
educatori del '900: le religioni come sistemi educativi (Belforte 2016).
Sara Valentina Di Palma
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