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  19 gennaio 2018 - 3 Shevat 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Domani leggeremo il comandamento e la descrizione del primo seder della nostra storia, la prima notte della cerimonia eterna che segna l’inizio della nostra libertà come popolo. Ci sono molte differenze tra Pesach “mitzraim”, la celebrazione di Pesach dei nostri antenati in Egitto ed Pesach “dorot”, la celebrazione di Pesach per le future generazioni. Salto all’occhio il gesto ed il comandamento di porre il sangue del sacrificio pasquale sulle porte e sull’architrave delle case ebraiche, cosa che ovviamente non è stata ripetuta nelle generazioni successive.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Lo si dice spesso con orgoglio, Israele è l’unica vera democrazia in Medio Oriente. E come tale, la società israeliana (e di riflesso quella ebraica della Diaspora) si confronta oggi con un problema del tutto simile a quello che attanaglia i paesi europei e nord americani: come trattare la questione dell’immigrazione. Più in particolare, come regolamentare la richiesta e l’accoglimento di domande di asilo politico o umanitario. La risposta dell’attuale governo è stata molto decisa: espulsione. Non è chiaro se siano stati negoziati accordi con il Rwanda e l’Uganda (che negano). Di certo i richiedenti asilo (la gran parte dal Sudan e dall’Eritrea) rischiano, tornando in patria, di essere perseguitati duramente e versano quindi in chiaro stato di pericolo. I numeri sono consistenti: si parla di 40.000 persone, di cui alcune migliaia già “rimpatriate” e altre in procinto di essere espulse.
 
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Gerusalemme, Trump frena Netanyahu
In un'intervista alla Reuters, ripresa da tutti i quotidiani internazionali, il presidente Usa Donald Trump ha smentito il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che aveva annunciato lo spostamento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme entro un anno. “Entro la fine dell'anno? Stiamo parlando di uno scenario diverso. - ha detto Trump - Si potrebbe trovare, entro un anno, una soluzione temporanea. Ma non stiamo cercando di farlo. Assolutamente no”. Dall'ufficio di Netanyahu è quindi arrivata una precisazione: gli Usa starebbero pensando a “a misure ad interim che consentirebbero il trasloco della sede in un anno. Quindi i due leader non avrebbero detto nulla di differente”. A confermarlo il New York Times, secondo cui l'amministrazione Trump sta lavorando per trovare una soluzione temporanea che permetta al suo ambasciatore in Israele, David Friedman, di trasferire il proprio ufficio in un edificio già esistente a Gerusalemme nel 2019, prima della costruzione di un nuovo edificio per l'ambasciata in città. Su Gerusalemme è intervenuto anche Bergoglio nelle scorse ore, inviando una lettera all'imam egiziano Ahmad Al-Tayyib in cui afferma che “solo uno speciale statuto, anch'esso internazionalmente garantito, potrà preservare l'identità, la vocazione unica di luogo di pace alla quale richiamano i Luoghi sacri, e il suo valore universale, permettendo un futuro di riconciliazione e di speranza per l'intera regione” (Osservatore Romano).

Pence in Israele. Come riporta  Avvenire, è stato reso noto il programma degli incontri che attendono il vicepresidente americano Mike Pence, in visita di Stato in Israele da domenica sera, 21 gennaio, al pomeriggio di martedì 23. Tra gli appuntamenti più attesi, il discorso alla Knesset (il 22 alle 10 ora locale) e la tappa al Muro del Pianto (il pomeriggio del 23). “Pence non incontrerà alcun rappresentante palestinese: l'Anp ha deciso una rottura dei rapporti con l'Amministrazione americana dopo la decisione su Gerusalemme”.

Grande pubblico per il Processo a Vittorio Emanuele III. Si è tenuta ieri la rappresentazione teatrale voluta dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nell’ottantesimo dalle Leggi razziste: imputato, Vittorio Emanuele III, il sovrano che firmò nel 1938 le infami norme contro gli ebrei. Un processo, scrive il Messaggero oggi, di cui “si sentiva il bisogno, per capire meglio la nostra storia senza paraocchi” e che ha richiamato all'Auditorium di Roma un grande pubblico.

L'Italia e il Giorno della Memoria. Tante le iniziative realizzate in tutta Italia in occasione del 27 gennaio: a Bologna andrà in scena la seconda edizione di Run For Mem, la corsa per la Memoria organizzata dall'UCEI, che ricorderà tra gli altri il grande allenatore di Inter e Bologna Arpad Weisz (assassinato ad Auschwitz e di cui è stato ripubblicato da Minerva Il giuoco del calcio, come racconta Avvenire); oltre cento gli appuntamenti annunciati a Roma nel segno dello slogan “Memoria genera Futuro”, come racconta il Corriere della Sera (“Cento incontri, e una convergenza di istituzioni, dal Teatro di Roma all'Accademia di Santa Cecilia, al Parco della Musica, al Teatro dell'Opera, alla Museo della Shoah, alle biblioteche, ai centri anziani”); a Milano - dove oggi saranno apposte per il secondo anno le pietre d'inciampo (Repubblica Milano) - lunedì prossimo al Teatro Dal Verme andrà invece in scena “Che non abbiano fine mai”, performance che coinvolge circa 300 studenti delle scuole superiori, pensato e diretto dal regista israeliano Eyal Lerner (Avvenire Milano); il 26 gennaio al Mao di Torino verrà inaugurata l'installazione ideata dalla giornalista Farian Sabahi e dedicata alla storia dei cosiddetti Bambini di Teheran, un gruppo di giovanissimi ebrei fuggiti dalla Polonia invasa dai nazisti e arrivati fino in Iran, da cui poi faranno l'aliyah (Corriere).
 
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  davar
il presidente mattarella chiama la testimone 
Liliana Segre senatrice a vita,
la nomina del Capo dello Stato

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha nominato nelle scorse ore Liliana Segre, Testimone della Shoah sopravvissuta ad Auschwitz, Senatore a vita della Repubblica italiana. “La vita è molto strana, sono così vecchia che purtroppo mi ricordo delle leggi razziste di 80 anni fa. Allora la mia colpa era quella di essere nata. Oggi mi viene riconosciuto come merito. Questo ho detto al Presidente quando mi ha chiamato per annunciarmi la nomina”, spiega a Pagine Ebraiche Segre, pochi minuti dopo la telefonata con Mattarella. “Il Presidente Mattarella mi ha chiamata poco fa e mi ha dato la notizia. È un’onorificenza molto bella, di cui andare orgogliosi – ha sottolineato ancora la Testimone a Pagine Ebraiche – ma la mia vita non cambia, continuerò a dare la precedenza alle scuole. Il mio compito è quello di parlare ai ragazzi e non smetterò di farlo”. Al telefono, prosegue Segre il Capo dello Stato “ha dimostrato grande sensibilità e mi ha detto, ‘lo so che lei ha scritto e detto tante volte che quando era in carcere a San Vittore suo padre le chiedeva scusa per averla messa al mondo’”. Da San Vittore, Liliana Segre, allora tredicenne, assieme al padre Alberto fu condotta il 30 gennaio 1944 al binario 21 della Stazione Centrale di Milano e da lì i due furono deportati ad Auschwitz assieme ad altri 600 ebrei. Tra quelle centinaia di persone, solo in ventidue tornarono. Liliana tra questi, mentre il padre fu ucciso ad Auschwitz.
Da anni Segre dedica il suo tempo e il suo impegno per raccontare alle nuove generazioni la tragedia della persecuzione nazifascista. Ha voluto la nascita del Memoriale della Shoah di Milano, luogo che sorge sul binario 21 da cui lei stessa fu deportata, e ha fatto mettere sul muro all’entrata la parola Indifferenza per ricordare ai visitatori che quella fu una delle più grandi macchie della storia del Novecento: l’indifferenza della società civile di fronte al destino degli ebrei e degli altri perseguitati.
Tante le felicitazioni arrivate in queste ore a Liliana Segre per la sua nomina a senatrice. “A nome di tutte le Comunità ebraiche in Italia la commossa accoglienza di questa decisione del Presidente Mattarella per questa importante nomina. – le parole della Presidente UCEI Noemi Di Segni – Risponde esattamente alla profonda esigenza di assicurare che l’istituzione chiamata a legiferare abbia a Memoria di quanto avvenuto nel passato e sappia in ogni atto associare al formalismo della legge, anche l’intrinseca giustizia e rispondenza ai fondamentali principi etici, in un contesto sempre più preoccupante nel quale l’oblio rischia di divenire legge oltre che fenomeno sociale”.

(Nell'immagine in basso, Segre ritratta da Giorgio Albertini)
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la grande intervista a pagine ebraiche
Liliana Segre: "Testimoniare?
Una importante scelta di vita"

Quale presente, quale futuro per la Memoria? Mai come quest’anno, il periodo del Giorno a essa dedicato è stato denso di eventi e dibattito. Come correre ai ripari dal rischio di cadere nella retorica vuota, dagli effetti della diffusa ignoranza della Storia? Nella sua bella casa milanese, a raccontare il significato più autentico dell’impegno per il ricordo è Liliana Segre, che fu deportata ad Auschwitz quando aveva solo 13 anni e dopo decenni di silenzio, è diventata una delle voci più ascoltate e potenti sugli anni bui della storia europea.

Liliana Segre, sono passati 14 anni dalla nascita del Giorno della Memoria. Come valuta la sua istituzione?
Noi che abbiamo vissuto la Shoah, non dovevamo certo aspettare questa Giornata per ricordare. Tuttavia bisogna sottolineare che il Giorno della Memoria ha risvegliato interesse per l’argomento e soprattutto messo gli insegnanti in condizione di occuparsene. Poi si possono dire tante cose. Forse è vero che negli anni si è arrivati a un’overdose di eventi. Allo stesso tempo, il pensiero che una donna eccezionale come Elena Loewenthal affermi che è necessario dire basta, per chi come me ha dedicato alla trasmissione della Memoria 25 anni di vita, pone interrogativi terribili, sensazioni agghiaccianti. Accade sicuramente che alcune manifestazioni siano organizzate da persone di buona volontà ma prive di conoscenza. Ma noi raccontiamo la nostra storia, poi come viene utilizzata non dipende da noi.

Per tanti anni lei ha scelto di rimanere in silenzio. Come è maturata la decisione di iniziare a parlare?
Sono tornata da Auschwitz molto giovane e mi sono ritrovata diversa dalle altre ragazze della mia età. La mia sofferenza non era facile da condividere. Fino a che non ebbi la fortuna di trovare l’amore. Non avevo ancora 18 anni quando incontrai mio marito Alfredo e fu per la vita. A quel punto, egoisticamente, tutto ciò che volevo fare era pensare a lui, ai miei figli, a quello che rappresentava una casa che potessi chiamare mia, per la prima volta dopo Auschwitz. Per anni mi sono difesa. Poi alcuni avvenimenti mi fecero cambiare prospettiva. Diventai nonna, il traguardo che più di ogni altro per me rappresentava la compiutezza della vita. E uscì il Libro della Memoria di Liliana Picciotto (Mursia, 1991 ). Nella preparazione del volume ero stata molto sollecitata a condividere i miei ricordi. Quando vidi quella sorta di elenco telefonico, con i nomi di tutti i deportati, dei pochissimi sopravvissuti, fui colpita. Erano trascorsi più di quarant’anni e non avevo fatto niente per quei morti. Cominciai a interrogarmi su come rimediare. Non ero insegnante, non mi capitava di avere un pubblico a cui rivolgermi. Non sapevo nemmeno se mi sarebbe uscita la voce. La prima volta che parlai mi trovavo con un gruppo a casa di amici. Poi fu come una valanga.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, marzo 2014

(Ritratto di Giorgio Albertini)
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segnalibro - le testimonianze di liliana segre
"Memoria contro l'indifferenza"
“La madre di tutti gli orrori è l’indifferenza. Combatterla è una battaglia persa”. Non per questo Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, ha smesso di combattere. Seppur consapevole, con amarezza, di non potersi dire ottimista, affaticata da un impegno gravoso, Segre spiega a Pagine Ebraiche di conservare la speranza.
“Quando parlo davanti ai ragazzi, centinai di studenti, dico sempre: ‘Se almeno uno o due di voi si ricorderà di me, sarò felice’. Uno o due di fronte a una moltitudine. No, non sono ottimista ma comunque questo pensiero mi da la forza di continuare. E conservo sempre la speranza”. L’auspicio che l’indifferenza nonostante tutto si sgretoli, che testimoniare gli orrori della Shoah abbia un significato e serva per le future generazioni. A loro sono diretti gli ultimi due suoi libri, pubblicati a gennaio: Fino a quando la mia stella brillerà, scritto con Daniela Palumbo per la collana dedicata ai ragazzi Il battello a vapore (Piemme editore) e La memoria rende liberi (Rizzoli) firmato con Enrico Mentana. “Sono due libri diversi nonostante siano usciti in contemporanea. Il primo, quello del Battello a vapore, è rivolto ai più giovani. È una specie di dissociazione di una me vecchia che racconta la me bambina. Certo le parole sono dure ma per raccontare quegli avvenimenti non ci sono alternative”.

(Nell'immagine, Liliana Segre a Milano con la Pietra d'inciampo dedicata al padre Alberto.Al suo fianco l'artista Gunter Demning e il sindaco di Milano Giuseppe Sala)
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L'iniziativa di ucei e presidenza del consiglio
Leggi del ’38, il re a processo:
“La Storia ti condanna”

La Corte decide all’unanimità. Lo Statuto Albertino, la legge vigente allora, dice che la persona del re è “sacra” e “inviolabile” e quindi Vittorio Emanuele III in un’aula non ci sarebbe finito. Ma resta la “condanna della Storia”, quella sì netta, per una chiara complicità del sovrano nella promulgazione e nell’entrata in vigore delle Leggi razziste. Si chiudono così due intense ore di dibattimento processuale. Uno spettacolo, certo. Ma in cui avvocati e magistrati di fama si confrontano sulle responsabilità di quelle Leggi. E in particolare su quelle del penultimo re d’Italia, al banco degli imputati.
Un lungo applauso decreta il successo de “Il processo”, la rappresentazione teatrale voluta dall’Unione delle Comunità Ebraiche e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nell’ottantesimo anniversario delle Leggi del ’38. Qualificata la platea che si è raccolta all’Auditorium Parco della Musica di Roma: in sala tra gli altri la presidente della Camera Laura Boldrini, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. E qualificato il parterre degli attori-giuristi. Paola Severino, Giuseppe Ayala e Rosario Spina compongono la corte, presieduta dalla prima, che è rettore e professore di Diritto Penale alla Luiss oltre che ex ministro della Giustizia, mentre Ayala è magistrato ed è stato pubblico ministero del maxiprocesso di Palermo contro la mafia e Spina, anche lui magistrato, è presidente della sezione presso la Corte d’Appello di Milano. Marco De Paolis, che in carriera ha istruito oltre 450 procedimenti per crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale, è il pubblico ministero; mentre Giorgio Sacerdoti, avvocato cassazionista, professore emerito di diritto internazionale alla Bocconi e presidente della Fondazione Cdec di Milano, rappresenta la parte civile e nei panni del re troviamo Umberto Ambrosoli, avvocato penalista, editorialista e saggista e già Consigliere regionale della Lombardia.
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il cordoglio del mondo ebraico
Sion Burbea (1922-2018)
Nel giugno scorso, quando il premier Paolo Gentiloni aveva visitato la sinagoga di Roma nel cinquantenario dell’arrivo degli ebrei libici nella Capitale, un particolare omaggio era stato rivolto proprio a lui. Uno dei leader storici e incontestabili di questa comunità. Una figura che, nel corso della sua lunga e intensa esistenza, ha tracciato un sentiero profondo di impegno, partecipazione, consapevolezza. Una vita consacrata anche alla Memoria, con la sua testimonianza di sopravvissuto al lager di Bergen Belsen che con lucidità rievocava quella storia e tutto quello che ne stava a monte: l’internamento a Civitella del Tronto, la detenzione a Fossoli, la deportazione nel campo di sterminio. Finalmente, il 12 settembre del 1945, il ritorno a Tripoli. Ancora una volta il pericolo, che prende la forma dei tumulti antiebraici che più volte metteranno a rischio la vita degli ebrei libici fino al giorno improcrastinabile della fuga nel 1967. Prima destinazione Londra, dove risiede il fratello. E poi Roma, dove la famiglia mette radici e dove Sion è protagonista della nascita del Tempio tripolino di via Veronese.
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la mostra a palazzo ducale a lucca
Alle origini dell’odio
Inaugurata a Lucca, nella sala del Trono di Palazzo Ducale, la mostra itinerante “La razza nemica, la propaganda antisemita nazista e fascista” realizzata dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma.
L’esposizione, a cura di Marcello Pezzetti e Sara Berger, è promossa dall’Istituto Storico della Resistenza dell’Età Contemporanea in provincia di Lucca (Isrec), dalla Provincia e dal Comune di Lucca e dalla Scuola per la Pace. E si avvale inoltre del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Regione Lazio, di Roma Capitale, dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, del CDEC, della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano e della Comunità ebraica di Roma.
“Con questa mostra la Fondazione rinnova il suo costante impegno nella divulgazione della conoscenza della Storia dell’antiebraismo e del razzismo europeo” ha affermato il Vicepresidente della Fondazione Museo della Shoah Paolo Masini ribadendo inoltre che “in questi tempi difficili si tratta di un impegno di fondamentale importanza e che deve vedere coinvolte tutte le istituzioni”.
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la visita al diplomatico americano 
L'ambasciatore Usa a Roma,
l'incontro con il mondo ebraico

Cordiale incontro nella residenza del diplomatico tra l'ambasciatore statunitense in Italia Lew Eisenberg e una delegazione della Comunità ebraica di Roma composta dalla presidente Ruth Dureghello e dal consigliere Daniel Funaro, accompagnati dalla presidente UCEI Noemi Di Segni.
Tra i temi trattati i rapporti con il Vaticano e con il mondo islamico, la lotta all'antisemitismo, le relazioni tra Stati Uniti ed Unione Europea, l'importanza della didattica nelle scuole per trasmettere messaggi forti alle nuove generazioni. I partecipanti hanno anche analizzato lo status diplomatico di Gerusalemme e hanno manifestato apprezzamento per l'orientamento dell'amministrazione di Washington a conferire alla città pieno riconoscimento della sua realtà di capitale d'Israele.
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pilpul
La moda del lapsus
Si può dire qualunque cosa purché poi si dichiari che si è trattato di un lapsus? Gli allievi interrogati lo fanno in continuazione: danno una risposta, guardano la faccia dell’insegnante e poi eventualmente si correggono affermando che è stato un lapsus. E naturalmente protestano se viene contato come errore. Fanno così, s’intende, anche quando le possibili risposte sono solo due, e quindi il sistema garantisce il 100% di probabilità di dare una risposta corretta. Niente male, vero?
Nell’Italia di oggi le persone non sono affatto tenute ad assumersi la responsabilità per quello che dicono. Basta che dichiarino che è stato un lapsus o che non si riconoscono nelle parole che hanno pronunciato (altra moda singolare molto diffusa, anche se non si capisce bene cosa voglia dire) e il gioco è fatto: chi si permette di ricordare le parole pronunciate e poi smentite è accusato di fare polemiche strumentali. 


Anna Segre, insegnante
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Religione e cultura
Può esistere religione senza cultura? Si può discernere per esempio la religione ebraica dalla cultura correlata o da quelle con le quali essa è venuta in contatto? Suona quasi come qualcosa di illogico, e forse in parte lo è.
Nei giorni scorsi mi sono dedicato alla lettura di “La Santa Ignoranza”, pubblicato nel 2008 e scritto dal sociologo francese Olivier Roy. Roy è un profondo conoscitore dell’Islam e negli ultimi anni è stato più volte ospite su varie testate per analizzare l’integralismo islamico. Ha sempre confutato la tesi dello “scontro di civiltà” insistendo invece sullo scisma contemporaneo tra religione e cultura, visibile soprattutto nella tendenza universalizzante dei nuovi movimenti religiosi, del salafismo e di varie branche del protestantesimo cristiano.


Francesco Moises Bassano
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Cittadinanza da conquistare
Raccolgo volentieri l’invito dell’Assessore alla Cultura dell’UCEI David Meghnagi, a parlare e discutere sul tema del riconoscimento della cittadinanza italiana ai tanti amici che sono fuggiti dalla Libia nel 48/51 e, dopo essere passati velocemente per Roma, si sono trasferiti in Israele ricevendo la cittadinanza israeliana in virtù della legge sulla nazionalità n. 5712/1952 promulgata il 14 luglio 1952 conseguente alla “Legge del Ritorno” n. 5710/1950, che riconosce a tutti gli ebrei residenti in Israele al momento della proclamazione dello Stato, il diritto alla cittadinanza in via automatica.
Detti ebrei hanno diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana non solo e non tanto perché tale riconoscimento rappresenterebbe un atto dovuto di riparazione giusto e sacrosanto, seppure simbolico e tardivo, per la persecuzione che ricevettero a causa delle Leggi razziste dell’Italia fascista ma soprattutto perché esso costituisce un loro diritto.
Infatti, come è noto, il Regno di Libia è stato costituito il 7/10/1951 e per la legge sulla cittadinanza libica del 25 aprile 1954 era considerato cittadino libico chiunque fosse nato in Libia ed ivi risiedesse al 7/10/1951, purché in possesso di alcuni requisiti; gli ebrei non sono mai stati considerati dalle autorità libiche cittadini di tale paese, per essere italo-libici e di religione ebraica, circostanze che ostavano al riconoscimento della cittadinanza libica; in assenza di uno specifico accordo tra lo Stato italiano e quello libico, i cittadini italo-libici non hanno, quindi, perduto il loro status civitatis, in base al Trattato di pace che ha sancito la rinunzia dell’Italia ad ogni titolo e diritto sulle colonie in Africa, ed hanno conservato lo stato di cittadini italiani.
Numerose sono le sentenze che stabiliscono tali principi ma altrettante sono quelle che con variegate e fantasiose motivazioni che denotano poca conoscenza della materia, respingono le domande di cittadinanza.
Credo che sia giunto il momento di chiedere al Ministero una nuova circolare che ribadisca la posizione già espressa ed un intervento sul Consiglio Superiore della magistratura per sensibilizzare i Giudici sul tema.


Roberto Coen
Consigliere dell’Associazione italiana avvocati e giuristi ebrei

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