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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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All'inizio del suo discorso alla nazione,
martedì sera in televisione, poteva sembrare che il primo ministro
Benjamin Netanyahu stesse per annunciare le sue dimissioni. Dopo aver
elencato tutti i suoi meriti di soldato, diplomatico e uomo politico,
poteva sembrare logico che seguisse una dichiarazione in cui Netanyahu
prendeva atto dell'accusa di corruzione e violazione della fiducia
emessa dalla Polizia nei suoi confronti e si ritirava a vita privata,
per lo meno temporaneamente, per difendere il suo buon nome. Invece, il
discorso è continuato con parole di sfida al sistema dell'ordine
pubblico e della giustizia, e si è concluso con una inequivocabile
dichiarazione: sono qui, rimango, e resterò.
Nel proclamare questo, Netanyahu si è dimenticato di dire una sola
parola di confutazione delle accuse che gli ha mosso la polizia
israeliana: l'aver ricevuto un milione di shekel in regali da un
potente personaggio al quali è stato restituito il favore attraverso
provvedimenti legislativi che avrebbero creato a quest'ultimo enormi
benefici fiscali; l'aver interferito attivamente nella stampa
quotidiana in modo da far ottenere benefici economici all'editore di
Yediot Aharonot. Per questo, anche Arnon Milchan e Arnon Moses sono
stati messi sotto accusa dalla polizia. Laddove c'è un corrotto c'è
sempre anche un corruttore. In risposta alle accuse, peraltro appunto
non smentite, Netanyahu si è rivolto direttamente alla nazione,
fissando lo schermo e deridendo e delegittimando le pubbliche
istituzioni: la polizia e il sistema giudiziario.
Questo modo di fare è - duole dirlo - dittatoriale. Così come
dittatoriale è il quotidiano culto della personalità propria e dei
propri familiari. Così come lo è il suo esplicito vanto di fronte alla
nazione di essersi immischiato direttamente nell'aprire, chiudere,
fondere o sdoppiare canali televisivi. Il regime del sempre più
autocratico e accentratore Netanyahu degli ultimi anni - Primo
ministro, ministro degli Esteri, ministro delle Comunicazioni
responsabile della Televisione di stato, ministro dell'Economia
responsabile dello Sviluppo delle fonti di gas sottomarine - è
diventato quello di un uomo solo al comando.
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Elia Richetti,
rabbino
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Per
quale motivo le stanghe dell’Arca dovevano rimanere infilate dentro
agli anelli, anche dopo che essa fosse stata deposta nella sua
destinazione finale? I Maestri dicono che l’Arca rappresenta la corona
della Torah, l’onore che dà la conoscenza della Torah. Questo onore
deve essere a disposizione di tutti, perché chiunque possa in ogni
momento prenderlo su di sé.
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“Memoria, un dovere” |
“I tragici fatti di Macerata e i tanti
episodi accaduti purtroppo nel paese fanno emergere rigurgiti xenofobi
e razzisti che dobbiamo contrastare con il massimo impegno. Il primo
dovere è quello della memoria. Per questo Sant’Anna di Stazzema per noi
tutti rappresenta una tappa centrale, da vivere in particolare con le
nuove generazioni, aderendo all’anagrafe antifascista che Matteo
Salvini in questi giorni ha invece deriso vergognosamente”. È quanto
scrive il ministro Maurizio Martina su Democratica, il quotidiano del
PD, in occasione della visita del segretario Matteo Renzi e dei
ministri del partito nei luoghi in cui fu consumata una delle più
efferati stragi nazifasciste. Scrive Paolo Ermini, direttore del
Corriere Fiorentino: “Renzi fece coincidere la sua ascesa con la fine
di quella sorta di guerra civile politica combattuta per vent’anni
dalla sinistra contro Silvio Berlusconi. Ora anche l’ex Cavaliere
dovrebbe dare una mano a fermare questa guerriglia che è cominciata
lungo i confini della convivenza istituzionale. Stazzema, con la sua
storia, il suo dolore e i suoi silenzi, è lì, a chiedere rispetto.
Contro ogni insulto. E anche contro ogni strumentalizzazione”.
“Una strumentale montatura ideologica di chi non riesce a parlare di
temi reali e ha bisogno di spauracchi per sostenere la sua campagna
elettorale”. Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, in una
intervista al Mattino, sul pericolo di ritorno a ideologie fasciste.
Meloni poi attacca: “Sui migranti la sinistra ha fallito”.
Due croci uncinate e la scritta W il Duce sul cavalcavia Buccari a
Milano. E nelle stesse ore nel vicino quartiere Lambrate ecco apparire
volantini che spiegano il perché dell’azione vandalica: quel ponte,
come altri ponti in città, “sono stati fatti dal fascismo”. Scrive il
dorso locale del Corriere: “È quasi un braccio di ferro quello che sta
andando in scena in questa periferia della città”. Su quel muro c’era
infatti una scritta, ‘Bella Ciao Milano’, che lo scorso dicembre è
stata coperta da nostalgici del fascismo. “Dopo un’ondata di
indignazione – si legge – i residenti e l’associazione Ortica Memoria
avevano ripristinato il murale originario. Sono trascorsi soltanto due
mesi ed ecco la nuova prova di forza”.
“Ma che follia processare Netanyahu” sostiene Fiamma Nirenstein sul
Giornale. “Non posso immaginare gioia maggiore per gli iraniani, i
palestinesi, l’ultrasinistra europea, Obama, la Mogherini, i capi del
movimento del bds, la stampa politically correct, per tutti quelli che
accusano Israele, sapendo di mentire, di essere la responsabile del
blocco del processo di pace”.
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Livelli
di guardia
La
lezione di Israele
In
un desolante panorama dove molti farneticano di un’Israele di
cartapesta senza sapere quello che dicono, perché in fondo hanno
interesse a trattare solo di sé stessi e dei loro affari, il professor
Sergio Della Pergola ha donato per tanti anni ai lettori del giornale
dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche e del notiziario quotidiano
online Pagine Ebraiche 24 una straordinaria occasione di conoscenza
dell’Israele reale, dei suoi problemi e delle sue speranze.
Illustre demografo e politologo di fama mondiale, nome di spicco
dell’Università Ebraica di Gerusalemme, consulente strategico di molti
governi israeliani e in particolare del Primo ministro Ariel Sharon, il
professor Della Pergola quando parla di Israele sa di cosa parla. Le
sue opinioni, sempre franche e coraggiose, talvolta anche molto
critiche, costituiscono una dimostrazione d’amore per Israele e per i
suoi destini che ha pochi confronti. E non potrebbe essere
diversamente, visto che non si tratta solo di un autorevole studioso,
ma di uno dei massimi esponenti di quella gioventù ebraica italiana che
Israele l’hanno costruita in prima persona.
In una stagione politica delicatissima e non priva di aspetti
inquietanti Sergio lancia oggi una denuncia dolorosa e lancinante, che
nessuno è in obbligo di condividere, ma che tutti dobbiamo rispettare,
su alcune preoccupanti storture della politica israeliana. Forse
piccolezze, al cospetto dei disastri nostrani. Ma sappiamo tutti fin
troppo bene che l’arma segreta dell’unica democrazia del Medio Oriente
è la moralità, l’amore per la libertà e il rispetto rigoroso delle
regole e dei diritti. Anche una piccola crepa nell’immenso patrimonio
di valori di Israele deve far suonare un campanello d’allarme e
risvegliare la nostra attenzione.
Ora Sergio avverte il lettore che intende entrare in un periodo di
riflessione e di silenzio proprio per non essere confuso con quelli che
si riducono a criticare la politica israeliana abbandonandosi ai propri
preconcetti ideologici.
La sua determinazione deve farci riflettere. La sua decisione non
possiamo che rispettarla, ma vogliamo anche farci interpreti della
gratitudine dei nostri lettori per i seicento editoriali che in questi
ultimi anni ha donato alle nostre testate. Un valore inestimabile che
deve continuare a motivare il nostro impegno professionale e la
generosità degli altri oltre 120 collaboratori che giorno dopo giorno
ci affidano le loro idee e le loro riflessioni perché siano pubblicate
in un contesto giornalistico professione e autorevole.
Vorrei solo aggiungere un piccolo ricordo personale. Alcuni anni fa,
erano giorni assai tesi per Israele, mi trovavo in un ufficio postale
di Gerusalemme e Sergio, che in quei giorni di crisi appariva
continuamente alla televisione israeliana, entrò come un qualunque
comune cittadino per sbrigare qualche incombenza della vita quotidiana.
Prima ancora che riuscissi ad andargli incontro, una bambina che si
trovava lì assieme ai genitori e che probabilmente aveva conosciuto i
suoi modi fermi, sereni, misurati in qualche trasmissione, lo
riconobbe, e si rivolse alla mamma dicendo: “Guarda mamma, ecco il
professore”. Sergio ne fu divertito, ma soprattutto imbarazzato, perché
nel suo immenso lavoro per Israele non aveva mai inseguito la notorietà
o l’esibizione. Ma nello sguardo di simpatia di quella bambina c’era
tutta l’intensità e la speranza di Israele di allora e di domani. Sono
passati alcuni anni. Oggi quella bimba sarà probabilmente una ragazza
che veste con orgoglio la divisa della democrazia a presidio dello
Stato ebraico. L’orgoglio che si può imparare solo da chi non ha paura
di chiamare le cose con il proprio nome e che solo un amore
incrollabile per Israele e per i suoi valori può sostenere.
Grazie, Sergio, per quello che ci hai donato. Il nostro impegno resta
lo stesso. Quando deciderai di tornare, queste Pagine saranno vive e
pronte ad accoglierti ancora con orgoglio e gratitudine.
gv
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israele
Mandelblit,
procuratore generale
che deciderà il futuro del Premier
Per
settimane migliaia di manifestanti israeliani si sono riuniti nei
pressi della casa del procuratore generale Avichai Mandelblit, a Petah
Tikvah, invocando il suo intervento contro il Primo ministro Benjamin
Netanyahu. Volevano che Mandelblit procedesse a formalizzare le accuse
di corruzione contro Netanyahu, su cui da mesi la polizia israeliana
stava indagando. Ora è stato direttamente il comandante della polizia
Roni Alsheikh a passare le carte a Mandelblit e chiedere
l'incriminazione del Premier su due delle tre vicende in cui il leader
del Likud è coinvolto. Ci vorranno mesi, spiegano i quotidiani, prima
che il procuratore generale sciolga le riserve sulla questione,
consapevole che nelle sue mani risiede molto del futuro politico del
suo ex capo. Mandelblit,
dopo una lunga carriera nella magistratura militare, dall'aprile 2013
al febbraio 2016 è stato scelto da Netanyahu come suo segretario di
gabinetto. Un ruolo interrotto una volta diventato procuratore
generale. “Mentre Netanyahu è stato oggetto di un controllo senza fine
da parte dei media durante il suo lungo periodo al potere, - scrive il
quotidiano di destra israeliano Arutz 7- poco si sa di Mandelblit. Uomo
tranquillo e senza pretese, il cui contegno, come dicono gli amici,
maschera una mente giuridica brillante, ha il potere di fare ciò che la
sinistra israeliana, ampie parti d'Europa e i media israeliani sognano
da un decennio: chiudere l'era apparentemente infinita di Netanyahu”.
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la
solidarietà dopo la tragedia in florida
Usa,
una nuova strage a scuola
Il mondo ebraico si mobilita
Parkland,
contea di Broward, Stato della Florida. Una città devastata dall’ultima
strage in una scuola americana. Una città che, ad appena poche ore dai
fatti di sangue che l’hanno colpita, prova faticosamente ad elaborare
quanto avvenuto. Un impegno che vede in prima linea il mondo ebraico,
rappresentato nel territorio da diverse realtà e associazioni.
Ha raccontato rav Mendy Gutnick, direttore delle attività giovanili del
centro Chabad di Parkland, al sito Chabad.org: “La scuola ha un’alta
frequentazione ebraica. Conosciamo quindi molti studenti e i loro
genitori. Insieme a un altro rabbino, rav Shuey Biston, il primo
impulso è stato di recarci presso l’istituto per offrire il nostro
supporto immediato e poi di genitore in genitore. Con tutti, ci siamo
raccolti in preghiera”.
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Setirot
- Il premio a Grossman |
David
Grossman vince il Premio Israele per la Letteratura 2018.
Ma i sostenitori “senza se e senza ma” dei governi di destra di
Gerusalemme e delle loro scelte che Grossman critica aspramente da
sempre come leggono tutte queste onorificenze e attestati a
intellettuali che reputano né più né meno che sostanzialmente “nemici”
del loro stesso paese?
Stefano Jesurum, giornalista
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In
ascolto - The Nanny |
L’ho
già detto altre volte, mi diverte trovare connessioni musicali ardite,
perché si intrecciano biografie, generi diversi, epoche. La storia che
voglio raccontare oggi inizia con il telefilm americano The Nanny,
mandato in onda dalla CBS dal 1993 al 1999 e interpretato da Fran
Drescher. I nonni materni dell’attrice erano ebrei emigrati dalla
Romania, quelli paterni ebrei emigrati dalla Polonia.
Fran Drescher cresce nel Queens e quando crea “The Nanny” insieme al
marito Peter Marc Jacobson, porta nella fiction la realtà della grande
famiglia ostjuden in cui è cresciuta: caotica e divertente, con
personaggi profondamente caratterizzati proprio come in un racconto di
Singer.
Maria Teresa Milano
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Il
male in cambio |
Una
suggestione poetica rileggendo per l’ennesima volta 1° settembre 1939
di Wystan H. Auden e il commento di Iosif Brodskij, in italiano nel
volume pubblicato da Adelphi trent’anni fa con il titolo Il canto del
pendolo:
“I and the public know
What all schoolchildren learn,
Those to whom evil is done
Do evil in return”.
[“Io e il pubblico sappiamo / ciò che ogni bambino impara a scuola, /
quelli cui male è fatto / faranno male in cambio”]
Giorgio Berruto
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Imparare
a leggere
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In The
reader (adattamento cinematografico del romanzo A voce
alta di Bernhard Schlink, film che ha valso il premio Oscar a Kate
Winslet come migliore attrice protagonista e ha ricevuto tanto consenso
di pubblico quante critiche sulla caratterizzazione dei carnefici come
del popolo tedesco contemporaneo e di seconda generazione, ma non di
questo intendo trattare) c'è un inciso in cui la figlia di una
sopravvissuta - davanti all'ex ragazzo tedesco la cui intera esistenza
è stata plasmata dalla relazione adolescenziale e dall'amore mai finito
per una donna matura, di cui in seguito già studente universitario in
legge scopre il passato di aguzzina nelle SS - pur non accettando dal
protagonista il denaro destinatole dalla ex SS (suonerebbe come
un'assoluzione, dice, ed io non posso e non voglio assolverla), lo
invita a destinare la cifra a ciò che meglio crede.
Sara Valentina Di Palma
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