Jonathan Sacks, rabbino | Lo
sforzo che metti in qualcosa non cambia l'oggetto, cambia te stesso.
Più grande lo sforzo, più grande l'amore per quello che hai fatto.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Nei
giorni scorsi, con un’intervista su «Le Figaro», lo storico Pierre Nora
è tornato sul pericolo del dominio della memoria sulla storia indicando
due rischi: il presente che dà le regole con cui si riflette sul
passato; l’istituzione moltiplicata di “giornate memoriali” il cui
effetto è l’affermazione del particolarismo di ciascun attore che si
presenta come vittima, senza che si produca alcun sentimento condiviso.
L’effetto è la marginalizzazione della storia. Che invece deve
rivendicare un ruolo e una funzione civile contrastando la forza
mediatica della storia memoriale che implica: stabilire i fatti,
cercare la verità, senza vincoli e senza tabù, spesso anche in
solitudine o in conflitto con l’azione della politica.
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Iran, la UE per il dialogo
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C’è
anche l’Italia tra i paesi coinvolti nella Conferenza sulla sicurezza
di Monaco di Baviera che mette al centro l’accordo sul nucleare e il
negoziato con l’Iran. Con un filo conduttore, riportano i quotidiani:
spingere Teheran verso la “moderazione”. Scrive al riguardo La Stampa:
“Negli ambienti diplomatici si respira un cauto ottimismo: è apparsa
infatti una volontà di dialogo di Teheran. Da sempre Bruxelles ha
scelto un approccio opposto a quello statunitense e ora questo step è
un approfondimento ulteriore”. Sottolinea il direttore Maurizio
Molinari: “La sovrapposizione fra volontà di rafforzare l’accordo di
Vienna sul nucleare e necessità di arginare l’espansionismo iraniano in
Medio Oriente disegna la cornice di un dialogo Usa-Ue che punta a
definire un nuovo, complessivo, approccio alla Repubblica Islamica”.
Proprio in occasione della conferenza il premier polacco Matheus
Morawiecki, rispondendo a un cronista, ha sostenuto che durante la
Shoah “ci furono colpevoli polacchi, così come ci furono colpevoli
ebrei, russi e ucraini, non solo tedeschi”. Durissima, riportano in
breve i giornali, la reazione di Israele. Tra gli altri l’ex ministro
Yair Lapid ha accusato Morawiecki di antisemitismo e invitato il
governo a richiamare l’ambasciatore israeliano dalla Polonia.
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il progetto ucei e ugei 'Giovani, protagonisti nel lavoro' Creare
le condizioni per l’offerta di tirocini a giovani iscritti nell’ambito
della propria o in altre Comunità ebraiche. È la sfida del progetto
“Chance to Work”, cui stanno lavorando insieme Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane e Unione Giovani Ebrei d’Italia. Un progetto
articolato su un doppio piano: la realizzazione di attività formative
connesse all’inserimento professionale, con una banca dati che sarà
costruita ad hoc. E la sperimentazione in quattro città (o insieme di
città) di un collegamento dei giovani con un network di professionisti,
di diversa formazione e attività svolta.
Oggetto oggi di una prima riunione di lavoro nei locali della Comunità
ebraica fiorentina aperta a Consiglieri UCEI, Consiglieri Ugei,
rabbini, segretari di Comunità, operatori dell’area Cultura e
Formazione dell’Unione, il progetto avrà durata biennale e sarà segnato
da alcune tappe di avvicinamento e coinvolgimento dei diversi soggetti
interessati che sono state individuate proprio in queste ore. Una
iniziativa con i giovani destinatari e protagonisti al tempo stesso.
A presentare un articolato studio di fattibilità del progetto il
Consigliere Saul Meghnagi, intervenuto dopo un saluto della Presidente
dell’Unione Noemi Di Segni. Motore del rapporto un’analisi realizzata
attraverso una serie di studi di caso e completata con informazioni
disponibili su attività svolte in tema dall’UCEI e dalle singole
Comunità. L’analisi, è stato spiegato, è stata perfezionata sulla base
del dibattito e del confronto con i componenti della Commissione
giovani formazione scuola, della Commissione welfare e della
Commissione supporto alle comunità, e poi presentata ai giovani
dell’Ugei (da cui nasce l’idea di tale progetto). Insieme è stato fatto
tesoro di indicazioni e suggerimenti degli operatori del Dipartimento
Educazione e Cultura dell’UCEI. A monte del ragionamento complessivo
una domanda: “Cosa l’UCEI e le Comunità ebraiche possono offrire ai
loro giovani perché non si allontanino, andando all’estero, per ragioni
di studio e lavoro, senza rientrare in Italia?”. Leggi
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il convegno torinese Religioni, diritti e democrazia
"Integrazione, un tema chiave" Un
convegno scandito dagli anniversari, quello che si è svolto a Torino
questo venerdì. Due le tavole rotonde, presiedute rispettivamente da
Federico Vercellone, docente presso il Dipartimento di Filosofia e
Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino e Dario Disegni,
presidente della Comunità ebraica cittadina, per analizzare il
complesso rapporto tra religione e democrazia sia da un posto di vista
storico che da un punto di vista più marcatamente giuridico. In
apertura i saluti del Generale Franco Cravarezza, a nome
dell’Associazione Amici della Biblioteca Nazionale e dell’assessore
alla cultura del Piemonte, Antonella Parigi.
“Religione e democrazia. A 170 anni dallo Statuto albertino, a 80 dalle
leggi razziali” ha visto quindi l’alternarsi degli interventi di Sergio
Soave, direttore del Polo del ‘900; Umberto Levra, storico tra i
massimi esperti del Risorgimento e presidente dell’omonimo museo;
Giulio Disegni, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane e avvocato, e Paolo Ribet, pastore valdese per la sessione
“Dalla monarchia assoluta a quella costituzionale: un passo verso le
libertà?”.
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cordoglio nell'italia ebraica
Giacometta Limentani
(1927-2018)
Traduttrice,
narratrice e saggista. Una penna elegante ed efficace al tempo stesso,
capace di toccare davvero il cuore. E un formidabile tramite di
conoscenza verso l’ebraismo per i tantissimi lettori che in tutta
Italia hanno imparato ad amarla e ad amare il suo stile, le sue parole,
il suo messaggio. Aveva da poco festeggiato 90 anni Giacometta
Limentani, una delle figure più significative dell’Italia ebraica.
Numerose e significative le collaborazioni in campo giornalistico e
letterario, accompagnate da un’intensa azione divulgativa quale
animatrice di gruppi di studio centrati su Torah e Midrash.
“Gli eventi sono passati, saranno futuri, ma c’è una loro pregnanza in
ogni momento. Ogni momento racchiude in sé l’istante, ma anche i
ricordi, le possibilità e il divenire. Il tempo ebraico è un divenire
che si esplica continuamente nelle percezioni del presente” raccontava
in una intervista alla psicoterapeuta Helen Brunner su Pagine Ebraiche
del gennaio 2014, che qui riproponiamo.
La ricorda così Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane: “Instancabile e appassionata testimone di un’epoca,
Giacometta Limentani è stata per molti di noi un formidabile esempio di
vita. Vita nonostante, vita per, vita con. Una donna unica e preziosa,
intelligente e libera. Genitrice di comunità e pensiero ebraico e
generatrice di identità, memoria e cultura”.
Con la sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile. “Ma la sua – aggiunge
la Presidente UCEI – è una traccia indelebile e di guida ai perplessi,
grazie alle numerose opere e nelle molteplici iniziative che ha
intrapreso nel corso della sua intensa esistenza. Un costante lavoro di
connessione tra mondo ebraico e società circostante nel nome della
cultura e dei valori fondamentali, che resterà a lungo patrimonio di
questo paese”.
Grazie quindi Giacometta. Per il tuo impegno, il tuo entusiasmo e la
tua generosità. “Non ti dimenticheremo mai” assicura Di Segni.
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L'estrema destra postindustriale
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Il
radicalismo di destra, che non è più la stanca riedizione dei regimi
degli anni Trenta, avendo sviluppato semmai una sua autonomia politica
da quelle esperienze storiche, si presenta oggi come una complessa e
stratificata galassia. I moventi e le radici, insieme agli sviluppi e
alla sua capacità di adattarsi alle condizioni date, inducono quindi a
parlare più di «estrema destra postindustriale» (sulla scorta di quando
già il politologo Piero Ignazi sottolineava diversi anni fa) che non,
in senso più stretto, di fascismo di ritorno. La cifra comune, tra i
diversi movimenti che affollano la scena continentale, è un radicalismo
non solo politico ma anche culturale e morale. Come tale dichiarato,
rivendicato e compiaciuto di sé. Si tratta di un’area rumorosa che, in
più circostanze, si intreccia, mantenendo irrisolti rapporti di
contiguità e scambio, con le destre di governo. Trova oggi
nell’Ungheria, e più in generale nell’area dei paesi del gruppo di
Visegrád, il vero laboratorio di una trasformazione che rinverdisce il
passato e attenua ogni speranza per un pluralismo a venire. L’intreccio
tra gli autoritarismi di una parte dell’Est europeo e le “democrature”
dei vari Putin ed Erdogan, come anche dei regimi – più o meno solidi o
decadenti – di un Assad (al quale molta parte del neofascismo italiano
guarda con simpatia), piuttosto che dello sciismo iraniano, al di là
dei giochi geopolitici e delle mutevoli alleanze, fanno da cornice alle
singole evoluzioni nazionali.
Claudio Vercelli
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