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20 febbraio 2018 -  5 adar 5778
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memoriA

Nuove pagine per riflettere

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Il ritorno dai campi di sterminio dei sopravvissuti in un'Italia che molto poco, per l'imbarazzo e la vergogna, fece per riaccoglierli. E il ritorno alla vita di una famiglia fiorentina scampata alle persecuzioni antiebraiche. Due significative elaborazioni, in questa intensa stagione di Memoria, per riflettere con nuovi elementi su quel periodo storico. In La strada di casa il riferimento è La Tregua di Primo Levi, uno dei pochissimi a scrivere della ferita aperta del ritorno. Pagine che per Guida sono state una bussola costante. "Una tregua - ha scritto lo storico Mario Toscano - tra la guerra da cui si usciva e quella che si profilava per continuare a vivere, in cui esplodeva il contrasto tra il mondo esterno e il mondo interiore dei sopravvissuti; affioravano il timore e le angosce di fronte alla prospettiva di rientrare in case vuote di persone e di affetti e il divario incolmabile tra il sogno e la realtà del rimpatrio, esplicitato da tanti episodi che testimoniavano il disinteresse diffuso per i tormenti patiti". Per quanto riguarda Cronaca a due voci, di cui pubblichiamo uno stralcio dell'introduzione della studiosa Caterina Del Vivo, il libro si basa sul "Romanzo di vita vissuta" scritto dal padre di Lionella Viterbo per la sua famiglia, sulla base degli appunti quotidiani che per anni ha preso su una piccola agenda tascabile.

Italia Ebraica, febbraio 2018

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memoriA

Demolita la retorica degli 'italiani brava gente'

img headerElisa Guida / LA STRADA DI CASA / Viella

È uscito da pochi mesi, ma si è già ben distinto. Storici e addetti ai lavori concordi: è un libro che colma un vuoto, permettendo di inserire nuovi tasselli di consapevolezza nel grande quadro di una Memoria su cui ancora tanto si può lavorare. La strada di casa (ed. Viella), brillante saggio di Elisa Guida dedicato al ritorno dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti nelle loro città e nei loro paesi d’origine, è un libro che lascia il segno. E in cui, con testimonianze inedite, si mette nuovamente a nudo la retorica degli "italiani brava gente" che tante volte ha inquinato il discorso pubblico sul Novecento e le responsabilità del paese, a tutti i livelli, nella persecuzione e nella deportazione degli ebrei. Chi si occupò di loro, e che cosa significò tornare a casa dopo essere sopravvissuti all’esperienza più drammatica del Novecento? Si sviluppa a partire da questi interrogativi il saggio di Guida, che è dottore di ricerca all’Università degli Studi della Tuscia e che tra i vari incarichi siede nel comitato che ogni anno permette l'apposizione di nuove "stolpersteine" ‐ le pietre d'inciampo ideate dall'artista tedesco Gunter Demnig ‐ nelle strade di Roma. Un lavoro, quello della 35enne studiosa laziale, che dopo la prima presentazione alla Camera dei Deputati avvenuta su iniziativa dell’Associazione Nazionale Ex Deportati, ha fatto il giro di molti atenei. Scrive l'autrice nel suo testo: “Nella memorialistica il momento della liberazione dai campi, trattato in poche battute, segna in genere la fine del racconto. Solamente pochi testimoni, e per lo più in memorie di scrittura recente, hanno aperto la riflessione al dramma del ritorno a casa e alla normalità”..

Italia Ebraica, febbraio 2018 

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memoriA

Dall’emarginazione alla speranza,
un racconto a due voci

img headerLionella Neppi Modona Viterbo / CRONACA A DUE VOCI / Aska

Ancora una volta Lionella Neppi Modona Viterbo ci accompagna con garbo e affabilità nel passato della sua famiglia. Un passato che già appartiene alla storia, ma che questo testo propone come più che mai intenso e attuale. Episodi di oltre settant'anni fa, eppure così vivaci in queste pagine in cui Lionella, nella doppia veste di curatrice e autrice e con la consueta facilità narrativa, delinea figure ed eventi, talvolta lieti, più spesso drammatici. Momenti raffigurati con la leggerezza coinvolgente che è propria di chi scrive con piena conoscenza dell'argomento trattato, eppure senza nascondere o evitare la propria partecipazione emotiva, di quel tempo e di oggi: padroneggiata con talento, ma senza indulgere nella "bella pagina". È la tonalità propria di chi nel tempo abbia definito e affinato in sé le trame da condividere con i lettori; di chi possieda l'esperienza per renderli partecipi di eventi quanto mai gravi con la cadenza pacata ma coinvolgente con la quale desidera guidarli. Più che mai il pensiero e gli stati di animo si esprimono nel farsi parola e, proprio nei canoni di una particolare forma narrativa, acquistano definizione e consistenza. Come Laura Orvieto ci ricorda nel Viaggio meraviglioso di Gianni nel paese delle parole, attraverso le frasi del giovane protagonista, è innegabile "il beneficio immenso che la parola è per gli uomini": per chi la esprime, per chi la legge, per chi la tramanda.

Caterina Del Vivo, Italia Ebraica, febbraio 2018

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storia

Le firme della vergogna

img headerFranco Cuomo / I DIECI / Bonanno editore

Chi erano i dieci professori che nel 1938 sottoscrissero il Manifesto degli scienziati razzisti? Per quali ragioni dopo la guerra mantennero le loro cattedre e continuarono le loro carriere, nonostante la terribile colpa di avere posto le basi per la discriminazione e la persecuzione degli ebrei italiani? In cosa consisteva il razzismo fascista, ed è vero che fu portato avanti in autonomia rispetto a quello nazista?
Ruota intorno a questi interrogativi il saggio “I dieci” di Franco Cuomo, intellettuale, giornalista, saggista e scrittore napoletano, che l’editore Bonanno ha ripubblicato di recente per commemorare i dieci anni dalla sua scomparsa, e gli ottant’anni dalla promulgazione delle leggi.
Scrive Cuomo in un brillante passaggio: “Nessuno dimentichi i dieci scienziati del '38. Nessuno li perdoni. Si chiamavano Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Donaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco ed Edoardo Zavattari. Legittimarono la deportazione in Germania di ottomila persone, tra cui settecento bambini. Volevano dimostrare che esistono esseri inferiori. E ci riuscirono, in prima persona. Perché lo furono.”

mdp

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società

Fascismi, il Ventennio
che ha scosso la Francia  

narrativa

La donna dietro il silenzio

Enzo Traverso / I NUOVI VOLTI DEL FASCISMO / Ombre Corte

Con questo libro, inquieto, Enzo Traverso propone un laboratorio di analisi, ricco di contenuti, generoso negli spunti, non dogmatico, aperto alla curiosità. Traverso, infatti, si impegna prima di tutto a descrivere i contorni di una crisi complessiva (politica, culturale, sociale, ma anche intellettuale) in cui la parola fascismo risulta più deviante che non capace di dare risposte. È la Francia degli ultimi venti anni il luogo attraverso cui l'autore sviluppa le sue riflessioni: dai primi anni 90 all'inizio della seconda presidenza Mitterrand, fino al 2013 quando si avvia la presidenza triste di François Hollande. In quel ventennio molti degli elementi che segnano il linguaggio e lo scenario che hanno fatto tornare in auge la parola fascismo in Europa si presentano in forma più precisa che in altri Paesi europei. Sono gli anni dell'ascesa del Front National, prima di Jean-Marie e poi di Marine le Pen; gli anni della crisi del gollismo e dei socialisti francesi; gli anni della malinconia, e quelli della rabbia, prima delle banlieue tra il 2005 e il 2007 (ai tempi di Nicolas Sarkozy ministro degli Interni); poi della Francia profonda, contro la globalizzazione: ma anche gli anni della paura, del Paese scosso dalla trafila di terrorismo e di attentati a partire da quello del 7 gennaio 2015 (attacco alla redazione di «Charlie Hebdo») fino al Bataclan e alla promenade di Nizza.

David Bidussa,
Il Sole 24 Ore Domenica, 18 febbraio 2018


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Michal Ben-Naftali / L’INSEGNANTE / Mondadori

Senza perifrasi: L'insegnante dell'israeliana Michal Ben-Naftali, magnificamente tradotto da Alessandra Shomroni, è uno dei più bei romanzi pubblicati in questi mesi. E tuttavia, per insipienza, forse per distrazione o per una sorta di diabolico meccanismo resosi ormai autonomo dalla volontà degli umani, l'editore italiano, Mondadori, aveva deciso di farlo uscire in libreria in occasione della Giornata della Memoria e così, una vera perla è finita nella massa di testi, per lo più indistinguibili l'uno dell'altro, tra veri e inventati ricordi dell'Olocausto. Peccato, perché sebbene la Shoah sia presente in L’insegnante, si tratta di un'opera dove lo sterminio degli ebrei per mano dei nazisti è un dispositivo di narrazione importante, per parlare però del rapporto maestra-allieva, della psicosi e paranoia, della solitudine, dell'identità femminile, dei sensi di colpa, della responsabilità personale per le scelte fatte e non fatte, e anche (ma appunto non solo) della condizione dei sopravvissuti alla tragedia europea in Israele. E tutto questo, con una prosa asciutta ed essenziale e che ha un effetto quasi magico: ogni pagina costringe il lettore a continuarefino alla rivelazione finale, specie di epifania del rapporto tra silenzio e parola.




Wlodek Goldkorn,
La Repubblica,
19 febbraio 2018


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