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16 marzo 2018 - 28 Adar 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Iniziamo il libro del Levítico tra una chiamata di Moshe da parte di Dio, una piccola aleph che ci ricorda l’umiltà e le regole sui sacrifici che in ebraico hanno la stessa radice della parola che indica la vicinanza. Siamo vicini all’altro se ascoltiamo la sua chiamata e se impariamo a chiamare con umiltà sacrificando parte di un ego inutile.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
Di fronte alle macerie della periferia di Damasco e alle file di profughi in fuga o sentendo dell'assedio impietoso della città kurda di Afrin, si ha la netta impressione che i giorni della memoria, le riflessioni sui giusti, le manifestazioni che celebrano lontane pacificazioni siano solo dei vani esercizi di retorica. L'incapacità - quando non la mancanza di volontà - di attivare strategie politiche efficaci e quando serve interventi militari e assistenziali che mettano fine a disastri umani e morali irreparabili è un segno allarmante del degrado morale in cui ci stiamo inoltrando.
 
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Hariri alla Farnesina
Lo scorso gennaio il capo di Stato maggiore israeliano Gadi Eisenkot ha avvertito che il movimento terroristico libanese di Hezbollah sta implementando la sua capacità militare, infrangendo le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma secondo il Primo ministro libanese Saad Hariri, intervenuto ieri alla Farnesina, la principale minaccia per il suo paese sarebbe Israele, non i terroristi di Hezbollah che erodono il suo potere. Davanti ai rappresentanti di 40 nazioni, del segretario dell’Onu Guterres e dei membri della Lega Araba arrivati a Roma per partecipare alla seconda conferenza ministeriale di Roma per il sostegno alle forze di sicurezza di Beirut, Hariri ha sostenuto che i finanziamenti stanziati per il Libano non finiranno nella mani di Hezbollah. “Non succederà mai. La storia del Libano dimostra che gli aiuti stranieri alle nostre forze di sicurezza sono sempre arrivate a destinazione, non abbiamo mai perduto armi e mai succederà. Chi mette in giro queste voci è Israele, ma si tratta di propaganda contro di noi”, la teoria di Hariri. “II ministro degli esteri Alfano – scrive La Stampa – non aggiunge altro e sottolinea invece l’importanza della Conferenza ai fini di ‘un più ampio sostegno istituzionale alla politica di dissociamento del Libano dalle crisi regionali’”.

Russia-Gran Bretagna, crisi internazionale. Dopo la decisione del Primo ministro britannico Theresa May di espellere 23 diplomatici russi dal Regno Unito come ritorsione per l’avvelenamento dell’ex spia russa Sergei Skripal e di sua figlia, è arrivata la risposta dal Cremlino: il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha annunciato che espellerà a sua volta dei diplomatici britannici dal paese. Mossa prevedibile, riportano i quotidiani, con i rapporti tra Londra e Mosca sempre più tesi dopo i diversi casi di avvelenamento di russi in territorio britannico. Tra questi casi, racconta Repubblica, c’è quello di Georgy Shuppe, il genero del defunto oligarca nemico di Putin, Boris Berezovsky. Il quotidiano intervista a riguardo un amico di Shuppe, Mikhail Nekrich, “ingegnere minerario nato nell’ex Unione Sovietica e oggi titolare di due passaporti, svizzero e israeliano”. Secondo Nekrich i presunti avvelenamenti non sono necessariamente frutto di un diretto ordine del Cremlino. “Putin è vicino al quarto mandato e attorno a lui c’è chi non ha bisogno di ordini, così, appena capisce che qualcuno non è gradito all’imperatore, si muove per colpirlo. D’altra parte, anche se non c’è più il comunismo questa è la tradizione sovietica dai tempi di Trotsky. Colpire i nemici anche all’esterno per ingraziarsi i capi, destabilizzare gli Stati esteri e terrorizzare i dissidenti interni”.

“Oggi, i razzisti non si nascondono”. Sulle pagine bolognesi di Corriere della Sera e Repubblica due ampi resoconti dell’incontro ieri in città tra la senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre e circa mille ragazzi di scuole superiori e medie. “Razzisti e antisemiti sono sempre esistiti, solo che dopo la guerra stavano coperti, si vergognavano. Adesso hanno perduto ogni pudore, commettono l’oscenità di riparlare”, il monito di Segre, che poi, nel raccontare la sua testimonianza, afferma di sperare “che almeno uno su mille” dei tantissimi ragazzi incontrati sino ad oggi “preserverà questa memoria. Però non mi illudo, il rischio è che la Shoah diventi una riga nei libri di storia quando noi sopravvissuti non ci saremo più”. 
 
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  davar
la minaccia dei terroristi di hezbollah
Israele-Libano, tensione al nord
Il 27 febbraio scorso, di ritorno da una visita con un delegazione del Congresso americano in Medio Oriente, il senatore repubblicano Lindsey Graham ha annunciato che il Libano meridionale sarà il teatro della “prossima guerra”. Parlando con i giornalisti Graham, senatore della Carolina del Sud, ha spiegato che i funzionari israeliani hanno messo in luce che Israele è pronta a colpire il movimento terroristico libanese Hezbollah e le sue fabbriche di missili. “Ci hanno detto senza mezzi termini che se questa minaccia continua, saranno costretti a intervenire”, ha detto Graham. E i terroristi  di Hezbollah, rileva l'analista franco-libanese Moni Alami, sembrano essere pronti a questa possibilità. Il movimento “sta affinando le sue competenze e svolgendo un ruolo poliedrico in Siria, dove ha anche conseguito diversi importanti obiettivi, secondo uno dei suoi militanti e secondo fonti vicine al gruppo libanese”, scrive Alami. A confermarlo le parole rilasciate a Reuters del vice segretario generale di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, secondo cui il movimento terroristico “è pronto ad affrontare un'aggressione se dovesse avvenire, o se Israele dovesse decidere di intraprendere qualche azione folle”. “Ma – ha aggiunto Qassem - non sembra che le circostanze siano favorevoli per una decisione israeliana verso una guerra".
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gli incontri a torino, bologna, milano, roma
Cristiani, drusi, beduini d'Israele Le minoranze si raccontano
L'immagine d'Israele attraverso una prospettiva diversa, quella delle sue minoranze: a raccontare cosa significa essere cristiani, musulmani e drusi in Israele saranno tre giovani invitati in Italia dall'ambasciata israeliana a Roma. Quattro le città coinvolte, Torino, Milano, Bologna e Roma in cui Jonathan Nizar Elkhoury, Muhammad Ka’biya, Lorene Khateeb porteranno la loro testimonianza su realtà meno conosciute ma importanti della società israeliana. Jonathan Nizar Elkhoury, è coordinatore minoranze dell'organizzazione no profit “Reservists on Duty (nell'immagine a sinistra, al suo fianco Kabiya e altri membri dell'associazione)”: di origine libanese, Jonathan è arrivato in Israele come rifugiato assieme alla famiglia nel 2001. Di famiglia cristiana, collabora a diversi progetti per l’integrazione dei cristiani nella società israeliana e in passato è stato portavoce del Christian Empowerment Forum. Muhammad Ka’biya, rappresenterà invece la comunità israeliana beduina: cresciuto nel villaggio Kabiya (dal nome della sua famigila), nel nord di Israele, Muhammad ha fatto servizio militare nell’aeronautica come soldato speciale nelle operazioni di salvataggio. E infine, Lorene Khateeb, ragazza drusa del villaggio di Smea in Galilea. Studentessa di sociologia e antropologia all’Università di Haifa, Lorene è un’attivista nella comunità drusa e in particolare lavora con i giovani. Ha partecipato al National Project UNICEF e con l’organizzazione Open Door, che lavora con famiglie e minoranze.
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pagine ebraiche - dossier marzo 2018
Da Gerusalemme a Tel Aviv,
il treno veloce viaggia in ritardo

L’ultima notizia è quella di un rinvio. E a dire la verità non sono stati in molti a stupirsi: il treno veloce che collegherà Gerusalemme a Tel Aviv in 28 minuti non verrà inaugurato alla fine di marzo come annunciato dal ministro dei trasporti Israel Katz solo qualche settimana fa, ma non prima di altri sei mesi, necessari per ulteriori test e i permessi relativi alla sicurezza del mezzo. Chiunque abbia viaggiato per le strade israeliane sa che di questo treno c’è un bisogno disperato. Per percorrere i 60 chilometri circa che separano le due principali città del paese nelle ore di punta ci possono volere anche due e mezzo di autostrada (in macchina o autobus). Quindi niente treno? La verità è che un treno attualmente c’è. Non è diretto e ne parte uno all’ora: non esattamente efficiente se si tratta di raggiungere il posto di lavoro. Ma un’opportunità incredibile di guardare dal finestrino angoli dimenticati di un’Israele nascosta. Il convoglio parte da Gerusalemme, Stazione Malcha, al sesto minuto di ogni ora. Destinazione Bet Shemesh, nel centro del paese, una trentina di chilometri a ovest percorsi in tre quarti d’ora, dove parte poi la coincidenza che porta alle varie stazioni di Tel Aviv.
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qui roma - la festa dedicata a purim
“Asili ebraici, il nostro futuro”
Un palco gremito di bambini, protagonisti dal primo all’ultimo minuto. E in sala, ad assistere alla prova, un pubblico folto e appassionato.
Una serata di autentica partecipazione in tutti i sensi quella che ha portato negli scorsi giorni il calore di una intera Comunità alla recita di Purim degli Asili infantili israelitici di Roma.
Non nasconde la soddisfazione il presidente degli Asili, Gino Moscati, e non manca di ringraziare i tanti che si sono prodigati per il buon esito dell’iniziativa. La direttrice Judith Di Porto, le insegnanti, il personale.
“È stata una serata davvero significativa – afferma – anche per la presenza dei tanti amici che ci sono venuti a sostenere. Cito tra gli altri la presidente UCEI Noemi Di Segni, la presidente della Comunità romana Ruth Dureghello, le assessore Giordana Moscati e Daniela Debach, il rav Roberto Colombo, il Consigliere dell’Unione Giacomo Moscati”.
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qui torino
Nizza, una storia ebraica
La “Nazione Ebrea” di Nizza. Popolazioni, istituzioni, usi e costumi (1814-1860), questo il libro presentato nei locali della Comunità Ebraica di Torino, pubblicato dal Centro Studi Piemontesi, con il contributo della Fondazione Guglielmo De Lévy.
In apertura i saluti di Giuseppe Pichetto, presidente del Centro Studi Piemontesi e di Emanuele Menotti Chieli, console onorario della Repubblica francese a Torino. A mettere in luce le peculiarità del lavoro di ricerca archivistica e di ricostruzione storica, sono gli interventi di Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino e curatore della prefazione; di Marco Carassi, già direttore dell’Archivio di Stato di Torino e di Rosanna Roccia, direttore “Studi Piemontesi”. A dialogare con i relatori, l’autrice Simonetta Tombaccini, archivista presso l’Archivio dipartimentale delle Alpi Marittime.
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la raccolta curata dall'ucei
Dalla difesa della razza,
alla difesa dei diritti

Dallo Statuto Albertino, che sancì l’Emancipazione degli ebrei sotto i Savoia, al tradimento delle Leggi razziste del 1938, fino alla Costituzione italiana. Sono alcuni delle norme che fanno parte della raccolta di provvedimenti curata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sotto al titolo “Dalla difesa della razza alla difesa dei diritti” (clicca qui per consultare la raccolta) e realizzata in occasione della rappresentazione “Il processo, a 80 anni dalla firma delle leggi per la difesa della razza”. “Questa pubblicazione riporta un’antologia di provvedimenti legislativi, relativi a tre fasi – spiega nell’introduzione della raccolta nata da un’idea di Nando Tagliacozzo, la Presidente UCEI Noemi Di Segni – che rappresentano un percorso: dalla legittimazione dell’odio e vessazione anti ebraica alla tutela contro ogni forma di odio e violenza".
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pilpul
Come un bicchiere di vino
Qualcuno mi definirà un’incosciente digitale. O forse un’ingenua digitale.
Non ho paura per la mia privacy perché sono convinta che i fatti miei non interessino a nessuno. Non mi dà fastidio che gli allievi cerchino informazioni su internet - anche se so bene che la probabilità di incappare in siti del tutto inattendibili è elevatissima - perché sospetto che in molti casi le fonti cartacee di cui dispongono siano altrettanto inattendibili, e per di più datate. Non mi scandalizza vedere persone sul treno o in metropolitana con gli occhi rivolti esclusivamente allo schermo dello smartphone, e a volte io stessa sono una di queste. Non mi cancello mai dai gruppi whatsapp in cui mi trovo inserita. 


Anna Segre, insegnante
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Il lavoro di Erdogan
"Via da Afrin soltanto quando il lavoro sarà finito” ha esordito il presidente turco Recep Erdogan in risposta alla richiesta da parte dell'Europarlamento di ritirare le proprie truppe dall'enclave curda. Quel “lavoro” di cui parla Erdogan, ha procurato fino ad oggi la morte di almeno 4.000 persone in poco più di un mese, il bombardamento di ospedali e altri luoghi civili, e migliaia di sfollati che in questa area avevano trovato rifugio dopo la fuga dalle altre zone siriane sotto il controllo di Assad, di Daesh e dei “ribelli”. L'obiettivo per il regime turco non è la difesa dei propri confini "minacciati”, ma quello di “liberare” e mettere in un modo o nell'altro sotto il proprio controllo la regione curda del Rojava che si estende sino ai confini dell'Iraq.

Francesco Moises Bassano
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