Ephraim Mirvis, rabbino capo
di
Gran Bretagna
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Il
nostro esilio in Egitto è iniziato con la Sinat Chinam (odio gratuito)
e siamo stati riscattati attraverso la Ahavat Chinam - attraverso
l'amore disinteressato, attraverso l'unità tra le nostre file.
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Giorgio Berruto, Hatikwà
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Belmonte
è un isolato paese di montagna del Portogallo centrosettentrionale, a
quaranta chilometri dal confine con la Spagna. Quando nel 1917 un ebreo
polacco, l’ingegnere minerario Samuel Schwartz, si imbattè per caso in
una comunità di criptogiudei non poteva credere ai propri occhi. Ma lo
stupore degli “ebrei nascosti” di Belmonte nel momento in cui Schwartz
si presentò come ebreo e raccontò dell’esistenza di comunità ebraiche
in tutto il mondo fu molto probabilmente ancora più grande. Per
convincerli Schwartz recitò lo Shemà e fu solo alla parola “Adonai”,
l’unica ebraica che i criptogiudei di Belmonte ancora conoscevano, che
li persuase.
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“e” |
“I
blocco del processo di pace”.
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parigi e le parole del figlio di Mireille Knoll
In corteo contro l'antisemitismo
"Cambiamo volto alla Francia"
Migliaia
di persone hanno sfilato silenziosamente a Parigi per onorare la
memoria di Mireille Knoll, sopravvissuta alla Shoah, uccisa dalla
violenza antisemita. “Oggi dobbiamo cambiare il volto della Francia. È
tempo che finiscano gli attacchi contro gli ebrei”, le parole del
figlio di Mireille, Daniel, durante la cerimonia tenutasi alla sinagoga
di Tournelles. Ricordando con affetto la madre, Knoll ha invitato i
presenti a pensare all'unità, a mettere da parte l'odio: “i bambini
devono imparare di nuovo ciò che hanno imparato 30-40 anni fa: il
rispetto per le autorità. Voglio davvero che tutto cambi”.
Durante la manifestazione, Marine Le Pen, leader del partito di estrema
destra Front National, e Jean-Luc Melenchon, a capo dell'estrema
sinistra, sono stati contestati. "Oggi avremmo dovuto essere tutti
uniti, tutta la Francia – ha affermato Daniel Knoll in risposta ai
contestatori - Che importa il partito a cui si appartiene?”.
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Setirot
- Il percorso della libertà |
Pesach
ci ricorda, anno dopo anno, il lungo percorso che ci aspetta verso la
libertà, materiale e interiore. Libertà profonda e consapevole,
ancestrale. Una sorta di psico-DNA, che nulla ha da spartire con quello
del sangue, e che io chiamo identità.
Mi perdoneranno i Maestri se dico che, per me, tra le nostre ricorrenze
Pesach è, se non la più importante, certamente quella maggiormente
sentita. Più di Kippur. Poco importa quale sia il livello di
osservanza, che si sia religiosi e no, credenti o agnostici, che si
frequenti il Tempio con maggiore o minore assiduità e convinzione. Le
cene di Pesach in famiglia sono lì a perpetuare il “mistero”:
l’identità appunto. Ogni anno mi domando e mi domandano il perché di
tutto questo. Do risposte che quasi sempre convincono abbastanza dal
punto di vista affettivo, emotivo, però lasciano irrisolto il nodo
sulla razionalità del percorso.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - La regina di Pesach |
Louis
Gilrod nasce il 10 settembre 1879 a Ruizna, un piccolo villaggio in
Ucraina. Frequenta il heder locale ma quando compie 12 anni, si
trasferisce in America con il papà che però torna in Europa dopo poco e
lasciandolo con uno zio, a lavorare come parrucchiere. Louis ha un
talento naturale per il teatro ed è davvero poco interessato a tagliare
e acconciare i capelli, per cui a 17 anni decide di darsi una
possibilità nel mondo dello spettacolo e si avvicina a una compagnia.
Comincia anche a comporre testi per canzoni e alcuni suoi testi, come
Got un zayn mishpt iz gerekht, ottengono un buon successo. Ama scrivere
e recitare e dopo aver ricoperto ruoli minori in alcune produzioni,
entra nel grande mondo del teatro in yiddish dove oltre a salire sul
palcoscenico, scrive sceneggiature. Ricordiamo ad esempio lo spettacolo
di vaudeville “Tsar Nikolay un Tsharli Tshaplin (Lo zar Nikolay e
Charile Chaplin) e l’operetta “Dos freylekhe itumhle” su musica di
Joseph Rumshinsky, allestita al Second Avenue Theatre.
Maria Teresa Milano
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Haggadoth
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Come
in tante altre case, stiamo freneticamente finendo gli ultimi
preparativi. Poi c'è sempre la sensazione di non aver fatto tutto per
tempo, o come avremmo voluto, ma fa parte della consapevolezza che
anche noi, come i nostri padri, partiamo di fretta e come il pane non
lievita perché bisogna andare, così ci accorgiamo quasi all'ultimo che
c'è ancora qualcosa di importante, poi manca il caffè solubile (ma
troviamo una volenterosa ospite che trascorrerà con noi tutta Pesach e
che stamattina lo ha acquistato apposta per portarcelo).
Sara Valentina Di Palma
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