Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Ieri
sera ho volato da Catania a Roma per poi proseguire per Tel Aviv.
Arrivati a Roma le porte scorrevoli che conducevano ai transiti e alle
uscite erano fuori uso ed eravamo bloccati, mentre al di là del vetro
il personale aeroportuale tentava di risolvere il problema senza grande
successo. Ad un certo punto, gettata la spugna con grande eleganza, gli
addetti ai lavori sono spariti lasciando la piccola folla di
viaggiatori imprigionati tra il finger e le uscite irraggiungibili. Lo
stress aumentava, la folla nutriva se stessa e così quattro o cinque
volenterosi hanno preso a calci le porte scorrevoli e rompendole ci
hanno liberati.
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Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
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Su
Il Tempo di oggi un breve corsivo di Pierangelo Buttafuoco lamenta
l’irrilevanza internazionale della questione palestinese. I sauditi non
la considerano più una priorità, dice, e non c’è più neppure un
Gheddafi che rimproveri ai fratelli arabi della Lega l’incapacità di
risolvere la questione. Lo cita così: “Ma cosa ci riuniamo a fare se
non siamo in grado di fare per la Palestina, la terra dei nostri
fratelli, quello che Nelson Mandela da solo fece per il Sudafrica”?
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La Grande Partenza,
il via al Giro da Israele
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Prende
il via in queste ore da Gerusalemme il Giro d’Italia numero 101: la
Grande Partenza, come ricordano i quotidiani italiani, che anche oggi
dedicano pagine e approfondimenti alle tre tappe israeliane. “Ci vuole
coraggio per immaginare una partenza in Israele, la prima di una grande
corsa a tappe fuori dai confini dell’Europa, e un arrivo a Roma ai Fori
Imperiali: il cammino delle Crociate all’incontrario”, scrive il
direttore de La Gazzetta dello Sport Andrea Monti, aprendo lo speciale
del quotidiano rosa dedicato al Giro. Quotidiano che intervista per
l’occasione il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, secondo cui il Giro
è “una vetrina imperdibile per mettere in mostra ciò che possiamo
offrire”. Gazzetta, Corriere e La Stampa ricordano poi come sin da
Gerusalemme tutti gli occhi saranno puntati soprattuto su tre campioni:
Froome-Dumoulin-Aru, “la triade dei campioni che scendono nell’arena
della corsa”. “Far partire il Giro d’Italia da Israele è una scelta
carica di significati simbolici, per una serie di motivi. – scrive Aldo
Cazzullo sul Corriere – Dà uno slancio internazionale a una
competizione che negli ultimi tempi era scivolata troppo sotto il Tour
de France, con cui si deve confrontare. Tiene Israele dentro il
circuito europeo e mediterraneo dello sport, com’è giusto che sia,
senza di per sé esprimere un giudizio sulla politica del suo governo.
Rappresenta un segnale per la comunità ebraica italiana ed europea,
giustamente inquieta per le tensioni in Medio Oriente e per
l’immigrazione islamica incontrollata in Occidente”.
Germania, le preoccupazioni ebraiche. “Pensavo soprattutto ai bambini e
agli adolescenti che girano soli nelle grandi città. È sconsigliabile
che si facciano riconoscere come ebrei. In generale penso che una certa
cautela non sia sbagliata, anche se non mi spingerei sino a dire che
sia pericoloso vivere in Germania come ebrei”, così il presidente delle
Comunità ebraiche tedesche Josef Schuster, parlando del suo invito a
non portare la kippah che ha suscitato diverse critiche. Intervistato
oggi da Repubblica, Schuster spiega le due problematiche legate
all’antisemitismo in Germania: “molti pregiudizi antisemiti sono stati
trasmessi attraverso i secoli. Nelle famiglie tedesche, da una
generazione all’altra. La quota è costante, attorno al 20%, da anni.
Purtroppo sul web assistiamo anche a uno sdoganamento verbale. Un
numero crescente di persone che ormai esprime apertamente i propri
pregiudizi nei confronti degli ebrei. Ad essi si aggiunge l’odio verso
Israele e l’antisemitismo da parte di una parte dei musulmani che vive
in Germania. Sono cresciuti con quest’odio. L’antisemitismo tra
musulmani è sentito dagli ebrei molto più spesso di quanto non lo
registrino le statistiche della polizia”.
Israele e la scelta di andare in guerra. Repubblica riporta il voto di
lunedì sera del Parlamento israeliano su una nuova legge sui “poteri di
guerra”. “D’ora in poi in ‘circostanze estreme’ basterà la decisione
del premier e del ministro della Difesa per mandare il Paese in guerra.
– scrive il quotidiano – In condizioni normali a decidere sarà sempre
il ‘gabinetto di sicurezza’, che secondo la legge è l’organo
costituzionale che ha il potere di impegnare il paese in operazioni
belliche”. Aviad Kleinberg su Yedioth Ahronoth scrive “questa
decisione, che naturalmente è stata relegata dai media ai margini dello
show sull’Iran, farà sì che le scelte del primo ministro e del ministro
della Difesa potranno essere valutate solo in retrospettiva”.
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la condanna dell'ihra e le scuse tardive
"Le parole di Mahmoud Abbas esempio tipico di antisemitismo"
Too
little, too late, dicono gli inglesi. Così suonano le scuse diffuse in
queste ore dal presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud
Abbas dopo le sue recenti e vergognose dichiarazioni antisemite. Abbas,
in un discorso pubblico, è arrivato a sostenere che i “comportamenti
sociali” tenuti dagli ebrei, come “l’usura, le banche e cose del
genere” siano state la causa della Shoah. Affermazioni duramente
condannate da Israele ma anche a livello internazionale. “In qualità di
presidente dell'International Holocaust Remembrance Alliance(IHRA),
sono rimasto costernato e molto preoccupato dai commenti espressi dal
presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, il 2 maggio, in
cui ha usato stereotipi antisemiti”, ha affermato l'ambasciatore Sandro
De Bernardin, capo delegazione dell'IHRA, sottolineando come “fare
accuse mendaci sugli ebrei che controllano l'economia è un esempio
tipico degli stereotipi antisemiti denunciati nella definizione di
antisemitismo dell'IHRA. I tentativi di incolpare gli ebrei di aver
causato il proprio genocidio sono un chiaro caso di distorsione della
Shoah, come indicato nella Working Definition of Holocaust Denial and
Distortion”. L'ambasciatore De Bernardin ha invitato la comunità
internazionale a difendere la terribile verità della Shoah “contro
coloro che la negano. Dobbiamo rafforzare l'impegno morale dei nostri
popoli, e l'impegno politico dei nostri governi, per garantire che le
generazioni future possano comprendere le cause della Shoah e
riflettere sulle sue conseguenze”. Leggi
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giro d'italia al via
Gerusalemme, emozione rosa
La
lunga attesa è finita. In una Gerusalemme carica di positività e calore
è stato il ciclista toscano Fabio Sabatini, il primo della starting
list odierna, a dare il via alla 101esima edizione della corsa rosa.
Sua infatti la prima bicicletta ad affrontare il frizzante percorso
della cronometro d’esordio, poco meno di dieci chilometri con molti
saliscendi e cambi di ritmo con partenza e arrivo nei pressi della
Città Vecchia.
Una
gran folla assiepata ai lati del percorso in questa emozionante festa
di sport. Vogliamo indurvi a dire, quando lascerete questa terra, che
Israele è un Paese sicuro, che vi siete sentiti sicuri e che noi
garantiamo la massima sicurezza di tutti. Il Giro per Israele è un
evento di fondamentale importanza” ha detto nelle scorse ore Daniel
Benaim, responsabile dell’organizzazione della Grande Partenza del Giro
in Israele, rivolgendosi alla stampa italiana e internazionale. Copertura
mediatica senza precedenti per la corsa, che nei prossimi giorni
porterà la carovana, in altre due tappe molto attese, da Haifa a Eilat
prima del trasferimento in Sicilia da dove il gruppo scalerà la
Penisola fino alle Alpi.
Gran finale il 27 maggio a Roma.
(Nelle immagini, dall’alto in basso, un momento delle prove della
cronometro; il collega Adam Smulevich durante un collegamento con la
Rai davanti all’arrivo; la Presidente UCEI Noemi Di Segni insieme a
Gioia Bartali, nipote di Gino cui è dedicata questa edizione del Giro,
durante la presentazione delle squadre in Piazza Safra). Leggi
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Poco autorevoli e poco solidali |
Attacchi
verbali, aggressioni fisiche, vero e proprio bullismo: in queste ultime
settimane sembra che gli insegnanti siano stati presi di mira più che
mai (o forse sono i media che finalmente si sono decisi a parlarne?)
Ovviamente, come viene ogni volta puntualmente evidenziato, i casi
clamorosi finiti nelle cronache non sono che la punta dell’iceberg: è
la funzione stessa dell’insegnante, l’autorevolezza della sua figura,
ad essere messa continuamente in discussione, dagli allievi, dai
genitori, dai dirigenti scolastici, dalla società in generale e,
diciamocelo, dagli stessi insegnanti. Quanti sono davvero solidali con
i colleghi che subiscono attacchi e insulti o a cui gli allievi mancano
di rispetto e quanti invece sono subito pronti a spettegolare e
lanciare frecciatine contro il collega troppo severo / troppo
permissivo / troppo freddo / che dà troppa confidenza / che non sa
spiegare / che non sa tenere la disciplina / che umilia gli allievi /
che fa troppe preferenze? Quante volte una nota sul registro diventa
l’occasione per una sorta di processo contro l’insegnante che l’ha
scritta?
Anna Segre, insegnante
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Le origini d'Israele |
"In
certi ambienti il pensiero israeliano parve a volte avere un
preponderante carattere guerresco e disdegnare l'antico amore per
l'intellettualismo e la spiritualità. Sorse persino una corrente di
pensiero che disprezzava apertamente l'ideale della pace e dell'armonia
nell'area mediorientale. Ma questi pericoli furono compensati dalla
feconda inquietudine che suscitarono in Israele. Esisteva ancora
un'audace speranza che questo popolo, una volta liberato dalla paura
per la sua sopravvivenza, avrebbe insistito per essere espresso,
rappresentato e guidato in accordo coi valori umani che avevano
ispirato la sua nascita. Anche quando i problemi e i dilemmi di natura
esterna si affollarono intorno allo stato d'Israele, la questione
fondamentale fu costituita dalle sue qualità intrinseche. La soluzione
sarebbe stata raggiunta se il futuro di Israele avesse potuto venire a
patti col suo passato. Non è semplice, dopo tutto, essere gli eredi del
patrimonio ebraico e non essere fedeli ai suoi più alti ideali. Per
Israele il più grave pericolo sarebbe stato quello di vivere
all'interno dei suoi angusti limiti territoriali piuttosto che nelle
più vaste dimensioni della sua storia e della sua cultura. Israele
cercò un punto di equilibrio e di riconciliazione tra i due poli
dell'universalismo ebraico e del particolarismo nazionale".
Queste parole di Abba Eban (1915-2002), politico e diplomatico
israeliano, sono estrapolate dal celebre “Storia del popolo ebraico”
(1968-1971) e furono scritte alla luce della Guerra dei Sei Giorni.
Francesco Moises Bassano
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