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Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Korach
ha raccolto nella sua protesta contro Moshe e contro Aaron
duecentocinquanta persone. Un buon numero, una buona espressione di
volontà popolare e democrazia diretta. Molto moderno il messaggio di
Korach, specie quando tutto questa unanimità democratica verrà
inghiottita dalla terra: le rivoluzioni non cambiano mai nulla, la
grande sfida ebraica resta l’evoluzione e l’impegno sincero per il bene
della propria famiglia, della propria comunità e del poprio popolo.
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Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
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Uno
dei dibattiti più rivelatori nella storia ebraica a proposito di
diritti umani si è manifestato in uno scambio di lettere fra Hanna
Arendt e Gershom Scholem nell’estate del 1963 alla vigilia della
pubblicazione del testo della Arendt su Eichmann. Scholem accusava la
Arendt di indifferenza verso il suo popolo: “Nella tradizione ebraica
c’è un concetto che è difficile da definire eppure piuttosto concreto
che chiamiamo ‘ahavat yisrael’, cioè amore del popolo d’Israele. In te,
così come in molti intellettuali provenienti dalla sinistra tedesca,
non ne trovo traccia”. Hanna Arendt rispondeva con altrettanta
chiarezza: “In effetti hai ragione, non sono mossa da alcun ‘amore’ di
questo tipo. Nella mia vita non ho mai ‘amato’ un popolo o una
collettività. Né il popolo tedesco, né quello francese né quello
americano, né la classe lavoratrice né altre categorie del genere. In
effetti ‘amo’ solo i miei amici e l’unico tipo di amore che conosco e
in cui credo è l’amore per le persone”. Si trattava all’epoca – come
sottolinea James Loeffler in un recente libro (Rooted cosmopolitans.
Jews and Human Rights in the Twentieth Century, Yale University Press
2018) – dell’ennesima espressione di conflitto fra il particolarismo e
l’universalismo.
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"Una via per Almirante"
Poi la Raggi blocca tutto
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“Nessuna
strada a Roma sarà dedicata a Giorgio Almirante”. L’ha deciso nella
notte la sindaca di Roma Virginia Raggi dopo un confronto con la sua
maggioranza. Stamane, riferisce l’Ansa, “i Consiglieri M5S prepareranno
una mozione per vietare l’intitolazione di strade ad esponenti del
fascismo o persone che si siano esposte con idee antisemite o razziali”.
Resta, inquietante segnale, il via libera del Consiglio comunale alla
mozione di Fratelli d’Italia approvata a larghissima maggioranza dallo
stesso M5S. Una strada o una piazza della Capitale per celebrare uno
dei principali artefici della campagna antisemita che portò alla
promulgazione delle Leggi Razziste anticamera alla Shoah. “La decisione
del Consiglio Comunale di votare una mozione per intitolare una via a
Almirante è una vergogna per la storia di questa città. Chi ha
ricoperto il ruolo di segretario di redazione del Manifesto per la
Difesa della Razza, senza mai pentirsene, non merita una via come
riconoscimento” la nota diffusa ieri in serata dalla Comunità ebraica
romana. Ferma anche la condanna, tra gli altri, di Aned, Anpi e Partito
Democratico.
“Un colpo a sorpresa riuscito in una giornata complicata per
l’assemblea capitolina di Roma” scrive il Corriere a proposito della
mozione approvata in Campidoglio.
Sottolinea Repubblica: “Nemmeno ai tempi di Gianni Alemanno sindaco,
che del Movimento sociale è stato un importante dirigente politico, era
riuscito il blitz per intitolare a Roma una strada a Giorgio Almirante”.
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la nostra inchiesta Pagine Ebraiche, Umberto Eco
e l'Italia distratta sulla Memoria
“Strada
per strada, lo sbadato omaggio alla geografia dell’odio”. Questo il
titolo di un intervento che il giornale dell’ebraismo italiano Pagine
Ebraiche dedicava nel 2014 alle molte strade che ancora oggi, in varie
città, rendono omaggio ai protagonisti dell’antisemitismo fascista tra
cui alcuni firmatari del Manifesto della Razza.
Firmato dal direttore Guido Vitale, aveva suscitato un forte interesse
nell’opinione pubblica. Ad essa Umberto Eco, tra gli altri, aveva
dedicato un approfondimento della sua rubrica “La bustina di Minerva”
sulle pagine dell’Espresso.
“Leggo su Pagine Ebraiche un elenco commentato di illustri fascisti,
razzisti e antisemiti, cui sono state dedicate strade in alcuni paesi:
a Roma e a Napoli si è onorato Gaetano Azzariti, già presidente del
Tribunale della Razza, e si sono intitolate strade a Nicola Pende
(Modugno di Bari, Bari e Modena), a Sabato Visco (Salerno), ad Arturo
Donaggio (Roma e Falconara): e si tratta di tre persone che, pur
essendosi rese famose in altri campi, hanno sottoscritto per primi nel
1938 il famigerato ‘Manifesto della razza’. Ma pazienza – scriveva Eco
– è noto che in molti comuni sono andati al potere dei fascisti, e
magari gli altri partiti, quando è stata fatta la proposta, non
sapevano per niente chi fossero i signori cosi celebrati. Inoltre si
potrebbe dire che tutti costoro avevano altrimenti meritato in vari
settori e che si poteva perdonare loro il peccatuccio occasionale di
un’adesione fatta magari per viltà, interesse o eccesso di zelo. Non
abbiamo persino perdonato (o quasi) Heidegger, che pure nel nazismo
aveva creduto? E, per giovane età o per cruda necessità (vivendo al
nord), non avevano aderito in qualche modo alla Rsi personaggi amabili
e giustamente amati come Oscar Carboni, Walter Chiari, Gilberto Covi,
Gorni Kramer o Ugo Tognazzi? Ma nessuno di loro ha mai scritto o detto
che si dovevano massacrare orto milioni di ebrei”.
“Però il fatto che più colpisce – proseguiva Eco – è che a Castellamare
del Golfo (Trapani) è stata intitolata una via a Telesio lnterlandi
(tra l’altro, neppure nato da quelle parti).Telesio lnterlandi non era
uno scienziato altrimenti rispettabile come Pende o un giurista
rispettato anche nell’Italia post-bellica come Azzariti, ma uno sporco
mascalzone che ha dedicato la vita intera e seminare odio razzista e
antisemita con la rivista La difesa della razza. Chi sfoglia le annate
di questa ripugnante rivista, o ne legge l’antologia raccolta da
Valentina Pisanty (Bompiani), si rende conto che solo un personaggio in
completa e servile malafede poteva pubblicare le menzogne e le
assurdità tipiche di quella pubblicazione. Dimenticavo; sempre in
quegli anni lnterlandi aveva pubblicato un ‘Contra judaeos’, e anche
chi non sa il latino può intuire quale fosse la sua missione”.
“D’altra parte – concludeva il grande intellettuale – si sta discutendo
a Roma se intitolare una via a Giorgio Almirante, che della Difesa
della razza è stato segretario di redazione, con la motivazione
(indiscutibile) che poi ha accettato il gioco democratico (e vorrei ben
vedere) ed è andato a onorare la bara di Berlinguer. Ma Berlinguer non
aveva mai scritto libelli per incoraggiare lo sterminio dei kulaki”.
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la nostra inchiesta Toponomastica, pulizia necessaria
Se
siete di passaggio a Castellammare del Golfo (Trapani), non fatevi
mancare una visita alla via Telesio Interlandi. Appena una stradina,
niente di speciale per un turista che vuole ammirare le bellezze
dell’isola, se non per la curiosità di vedere come sia possibile
intitolare uno spazio pubblico alla memoria di un pubblicista passato
alla storia solo come propagatore di odio e di infami menzogne
antisemite. Trovarla non è facilissimo, ma con un poco di pazienza,
aggirandosi dalle parti di corso Garibaldi, è possibile. Quale il
motivo di un tale onore a un uomo di fiducia del regime fascista che
Mussolini destinava alle missioni più sporche e spregiudicate e che i
nazisti presero a esempio come efficiente propagandista antisemita? Non
resta nemmeno il pretesto di aver dato i natali all’individuo, visto
che Interlandi era nato in provincia di Ragusa, all’altro capo della
Sicilia. Certo a Castellammare hanno pensato che fosse opportuno
riunire parte
della famigerata redazione del periodico La difesa della Razza, cui
Interlandi diede vita e che diresse nel 1938. Una piazza, infatti, si
dedica ora anche quello che fu il suo segretario di redazione, Giorgio
Almirante.
Ma lo stradario della vergogna non si ferma qui. Come raccontano Mario Avagliano e Marco Palmieri in Di pura razza italiana
(Baldini e Castoldi editore), l’appassionata ricerca storica dedicata
ai tanti italiani che si macchiarono, per vigliaccheria o opportunismo,
di un’entusiastica adesione alle leggi razziste del 1938, e come
denuncia da Napoli Daniele Coppin, molti altri che si distinsero nella
costruzione dell’impalcatura ideologica antisemita e crearono le
premesse per la Shoah, godono impunemente dell’onore di una strada
intitolata in qualche città italiana.
È il caso di Nicola Pende (una strada a Bari, una a Modugno di Bari e
una a Modena), Sabato Visco (ha una via a Salerno) e Arturo Donaggio
(porta il suo suo nome una via alla periferia di Roma e un’altra a
Falconara di Ancona), tre gerarchi dell’università italiana che
macchiarono il proprio onore e la propria credibilità scientifica
sottoscrivendo per primi nel 1938 il Manifesto della razza del
fascismo. Il caso che ha dato evidenza allo stradario della vergogna
riguarda però forse il più illustre di questi antisemiti, il giurista
Gaetano Azzariti.
Guido Vitale, Pagine Ebraiche marzo 2014 Leggi
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l'organizzazione americana in visita AJC, la missione italiana
"Pluralismo la nostra forza"
A
Gerusalemme, alcuni giorni fa, oltre un migliaio di partecipanti si
sono ritrovati al Global Forum promosso dall’organizzazione per
lanciare un messaggio di unità interna al mondo ebraico, nel rispetto
delle diverse idee, opinioni, prospettive. Un’occasione inoltre per
esprimere vicinanza a Israele e riaffermare il legame speciale tra lo
Stato ebraico e le Comunità della Diaspora.
Nel solco di quelle giornate la missione di una ventina di
rappresentanti dell’American Jewish Committee a Roma si propone di
sviluppare alcuni concetti chiave, sia sul fronte interno che esterno.
Nel pomeriggio David Harris, direttore esecutivo Ajc (nell'immagine),
terrà un intervento su “Stati Uniti, Europa e Medio Oriente nel secondo
anno della presidenza Trump” nella sede della Società Italiana per
l’Organizzazione Internazionale. Ma già da ieri i delegati si sono
confrontati su diversi argomenti insieme ad esperti, diplomatici e
rappresentanti istituzionali. Da segnalare, tra gli altri, il confronto
con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi alla Farnesina. Ma
anche un dialogo con l’ambasciatore americano Lewis Eisenberg e il suo
collega israeliano Ofer Sachs. O ancora le impressioni sull’attualità
politica scambiate con gli ex ministri Angelino Alfano e Rocco
Buttiglione e con l’ex ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria
Talò. Leggi
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La scuola che vogliamo
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Apparentemente
tutti concordano nel dire che uno dei principali problemi della scuola
italiana di oggi è la perdita di autorevolezza della figura
dell’insegnante. Curiosamente, però, molti di coloro che condividono
questa opinione contribuiscono a questa perdita di dignità sentendosi
in diritto di pontificare sulla scuola senza averne una conoscenza
diretta, come se le competenze e la professionalità dei docenti e dei
dirigenti scolastici fossero del tutto irrilevanti. Non che questo
debba sorprenderci più di tanto in un paese in cui chiunque si sente
legittimato ad esprimere pareri su qualunque argomento. Dunque il
decalogo sulla scuola proposto alcuni giorni fa da Ernesto Galli della
Loggia si inserisce nel consueto costume italiano e non varrebbe la
pena di parlarne se non fosse stato citato su queste colonne come
modello da seguire (almeno in parte) per le scuole ebraiche italiane.
Questo mi sorprende e mi sconcerta perché almeno due punti di quel
decalogo mi sembrano del tutto in contrasto con quello che una scuola
ebraica dovrebbe proporre ai suoi allievi, sia sul piano pratico sia su
quello dei valori.
Prima di tutto, perché dovrebbero essere vietate le gite scolastiche
fuori dall’Italia? Dovremmo proibire i viaggi in Israele? Dovremmo
togliere ai ragazzi ebrei italiani la possibilità di conoscere comunità
ebraiche europee più grandi della nostra e di incontrare i loro
coetanei di tutta Europa? La proposta, peraltro, mi pare assurda anche
per le scuole pubbliche.
Anna Segre, insegnante
Leggi
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Sulle rotte dei migranti
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Ancora
una volta mi ritrovo sulle rotte dei migranti, questa volta alla
frontiera nord tra Bosnia e Croazia. In una zona già profondamente
martoriata dalle guerre dei Balcani, ma che non per questo ha perso la
solidarietà e l’accoglienza verso il prossimo. Per quale ragione?
Soprattutto perché voglio comprendere le motivazioni dell’esodo di
migliaia di persone dalla propria terra d’origine, conoscere le loro
idee, anche alla luce del supposto aumento di casi di antisemitismo in
Germania. Non mancheranno quindi forse neppure qui gli individui che un
giorno potrebbero commettere qualcosa di sbagliato o che non hanno la
coscienza a posto, e come ripetono tutti continuamente questi sono un
pericolo in primis per gli altri. Ma ciò che intanto riesco a vedere è
un’umanità profondamente eterogenea.
Francesco Moises Bassano
Leggi
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Le vite da salvare
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Commentando
il principio halakhico detto piquach nefesh, la salvazione di una vita,
così scrive il maggior talmudista e mistico vivente, il rabbino Adin
Steinsaltz shlita: “Lo sforzo di salvare una vita umana sospende e
sostituisce tutti i comandamenti della Torà, sia positivi sia negativi,
ad eccezione delle proibizioni dell’idolatria, dell’assassinio e delle
più gravi trasgressioni sessuali. Quando la vita di una persona è in
pericolo, non si deve perdere tempo in lunghe discussioni; piuttosto
bisogna immediatamente adoperarsi per salvare quella vita”.
Massimo Giuliani
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