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15 Giugno 2018 - 2 Tamuz 5778
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL


alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Korach ha raccolto nella sua protesta contro Moshe e contro Aaron duecentocinquanta persone. Un buon numero, una buona espressione di volontà popolare e democrazia diretta. Molto moderno il messaggio di Korach, specie quando tutto questa unanimità democratica verrà inghiottita dalla terra: le rivoluzioni non cambiano mai nulla, la grande sfida ebraica resta l’evoluzione e l’impegno sincero per il bene della propria famiglia, della propria comunità e del poprio popolo.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
Uno dei dibattiti più rivelatori nella storia ebraica a proposito di diritti umani si è manifestato in uno scambio di lettere fra Hanna Arendt e Gershom Scholem nell’estate del 1963 alla vigilia della pubblicazione del testo della Arendt su Eichmann. Scholem accusava la Arendt di indifferenza verso il suo popolo: “Nella tradizione ebraica c’è un concetto che è difficile da definire eppure piuttosto concreto che chiamiamo ‘ahavat yisrael’, cioè amore del popolo d’Israele. In te, così come in molti intellettuali provenienti dalla sinistra tedesca, non ne trovo traccia”. Hanna Arendt rispondeva con altrettanta chiarezza: “In effetti hai ragione, non sono mossa da alcun ‘amore’ di questo tipo. Nella mia vita non ho mai ‘amato’ un popolo o una collettività. Né il popolo tedesco, né quello francese né quello americano, né la classe lavoratrice né altre categorie del genere. In effetti ‘amo’ solo i miei amici e l’unico tipo di amore che conosco e in cui credo è l’amore per le persone”. Si trattava all’epoca – come sottolinea James Loeffler in un recente libro (Rooted cosmopolitans. Jews and Human Rights in the Twentieth Century, Yale University Press 2018) – dell’ennesima espressione di conflitto fra il particolarismo e l’universalismo.
 
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"Una via per Almirante"
Poi la Raggi blocca tutto
“Nessuna strada a Roma sarà dedicata a Giorgio Almirante”. L’ha deciso nella notte la sindaca di Roma Virginia Raggi dopo un confronto con la sua maggioranza. Stamane, riferisce l’Ansa, “i Consiglieri M5S prepareranno una mozione per vietare l’intitolazione di strade ad esponenti del fascismo o persone che si siano esposte con idee antisemite o razziali”.
Resta, inquietante segnale, il via libera del Consiglio comunale alla mozione di Fratelli d’Italia approvata a larghissima maggioranza dallo stesso M5S. Una strada o una piazza della Capitale per celebrare uno dei principali artefici della campagna antisemita che portò alla promulgazione delle Leggi Razziste anticamera alla Shoah. “La decisione del Consiglio Comunale di votare una mozione per intitolare una via a Almirante è una vergogna per la storia di questa città. Chi ha ricoperto il ruolo di segretario di redazione del Manifesto per la Difesa della Razza, senza mai pentirsene, non merita una via come riconoscimento” la nota diffusa ieri in serata dalla Comunità ebraica romana. Ferma anche la condanna, tra gli altri, di Aned, Anpi e Partito Democratico.
“Un colpo a sorpresa riuscito in una giornata complicata per l’assemblea capitolina di Roma” scrive il Corriere a proposito della mozione approvata in Campidoglio.
Sottolinea Repubblica: “Nemmeno ai tempi di Gianni Alemanno sindaco, che del Movimento sociale è stato un importante dirigente politico, era riuscito il blitz per intitolare a Roma una strada a Giorgio Almirante”.
 
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  davar
dopo l'intervento della sindaca raggi 
"Nessuna strada per Almirante"

Ma le preoccupazioni restano
“Nessuna strada a Roma sarà dedicata a Giorgio Almirante”. Il breve messaggio diffuso nella notte dalla sindaca Virginia Raggi chiude, per il momento, l’ipotesi di intitolazione di una strada o piazza della Capitale alla memoria dell’esponente fascista come disposto poche ore prima dal Consiglio comunale attraverso una mozione proposta da Fratelli d’Italia e sostenuta dalla grande maggioranza del M5S.
“Auspico che la mozione si trasformi in una coraggiosa decisione di segno esattamente opposto – e non solo in un blocco – quella di dedicare strade a chi davvero ha combattuto per l’affermazione dei valori della vita, e ancor più che definisca priorità educative e valoriali. Allora sì che per un frangente esulteremo anche noi” commenta la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni.
Numerose le voci che si erano levate per condannare l’iniziativa, tra cui quella della Comunità ebraica romana. “La decisione del Consiglio comunale di votare una mozione per intitolare una via a Almirante – il messaggio affidato a una nota – è una vergogna per la storia di questa città. Chi ha ricoperto il ruolo di segretario di redazione del Manifesto per la Difesa della Razza, senza mai pentirsene, non merita una via come riconoscimento”. Ad esprimere ferma condanna, tra gli altri, anche Partito Democratico, Anpi e Aned.


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la nostra inchiesta 
Pagine Ebraiche, Umberto Eco

e l'Italia distratta sulla Memoria
“Strada per strada, lo sbadato omaggio alla geografia dell’odio”. Questo il titolo di un intervento che il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche dedicava nel 2014 alle molte strade che ancora oggi, in varie città, rendono omaggio ai protagonisti dell’antisemitismo fascista tra cui alcuni firmatari del Manifesto della Razza.
Firmato dal direttore Guido Vitale, aveva suscitato un forte interesse nell’opinione pubblica. Ad essa Umberto Eco, tra gli altri, aveva dedicato un approfondimento della sua rubrica “La bustina di Minerva” sulle pagine dell’Espresso.
“Leggo su Pagine Ebraiche un elenco commentato di illustri fascisti, razzisti e antisemiti, cui sono state dedicate strade in alcuni paesi: a Roma e a Napoli si è onorato Gaetano Azzariti, già presidente del Tribunale della Razza, e si sono intitolate strade a Nicola Pende (Modugno di Bari, Bari e Modena), a Sabato Visco (Salerno), ad Arturo Donaggio (Roma e Falconara): e si tratta di tre persone che, pur essendosi rese famose in altri campi, hanno sottoscritto per primi nel 1938 il famigerato ‘Manifesto della razza’. Ma pazienza – scriveva Eco – è noto che in molti comuni sono andati al potere dei fascisti, e magari gli altri partiti, quando è stata fatta la proposta, non sapevano per niente chi fossero i signori cosi celebrati. Inoltre si potrebbe dire che tutti costoro avevano altrimenti meritato in vari settori e che si poteva perdonare loro il peccatuccio occasionale di un’adesione fatta magari per viltà, interesse o eccesso di zelo. Non abbiamo persino perdonato (o quasi) Heidegger, che pure nel nazismo aveva creduto? E, per giovane età o per cruda necessità (vivendo al nord), non avevano aderito in qualche modo alla Rsi personaggi amabili e giustamente amati come Oscar Carboni, Walter Chiari, Gilberto Covi, Gorni Kramer o Ugo Tognazzi? Ma nessuno di loro ha mai scritto o detto che si dovevano massacrare orto milioni di ebrei”.
“Però il fatto che più colpisce – proseguiva Eco – è che a Castellamare del Golfo (Trapani) è stata intitolata una via a Telesio lnterlandi (tra l’altro, neppure nato da quelle parti).Telesio lnterlandi non era uno scienziato altrimenti rispettabile come Pende o un giurista rispettato anche nell’Italia post-bellica come Azzariti, ma uno sporco mascalzone che ha dedicato la vita intera e seminare odio razzista e antisemita con la rivista La difesa della razza. Chi sfoglia le annate di questa ripugnante rivista, o ne legge l’antologia raccolta da Valentina Pisanty (Bompiani), si rende conto che solo un personaggio in completa e servile malafede poteva pubblicare le menzogne e le assurdità tipiche di quella pubblicazione. Dimenticavo; sempre in quegli anni lnterlandi aveva pubblicato un ‘Contra judaeos’, e anche chi non sa il latino può intuire quale fosse la sua missione”.
“D’altra parte – concludeva il grande intellettuale – si sta discutendo a Roma se intitolare una via a Giorgio Almirante, che della Difesa della razza è stato segretario di redazione, con la motivazione (indiscutibile) che poi ha accettato il gioco democratico (e vorrei ben vedere) ed è andato a onorare la bara di Berlinguer. Ma Berlinguer non aveva mai scritto libelli per incoraggiare lo sterminio dei kulaki”.


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la nostra inchiesta
Toponomastica, pulizia necessaria
Se siete di passaggio a Castellammare del Golfo (Trapani), non fatevi mancare una visita alla via Telesio Interlandi. Appena una stradina, niente di speciale per un turista che vuole ammirare le bellezze dell’isola, se non per la curiosità di vedere come sia possibile intitolare uno spazio pubblico alla memoria di un pubblicista passato alla storia solo come propagatore di odio e di infami menzogne antisemite. Trovarla non è facilissimo, ma con un poco di pazienza, aggirandosi dalle parti di corso Garibaldi, è possibile. Quale il motivo di un tale onore a un uomo di fiducia del regime fascista che Mussolini destinava alle missioni più sporche e spregiudicate e che i nazisti presero a esempio come efficiente propagandista antisemita? Non resta nemmeno il pretesto di aver dato i natali all’individuo, visto che Interlandi era nato in provincia di Ragusa, all’altro capo della Sicilia. Certo a Castellammare hanno pensato che fosse opportuno riunire parte
della famigerata redazione del periodico La difesa della Razza, cui Interlandi diede vita e che diresse nel 1938. Una piazza, infatti, si dedica ora anche quello che fu il suo segretario di redazione, Giorgio Almirante.
Ma lo stradario della vergogna non si ferma qui. Come raccontano Mario Avagliano e Marco Palmieri in Di pura razza italiana (Baldini e Castoldi editore), l’appassionata ricerca storica dedicata ai tanti italiani che si macchiarono, per vigliaccheria o opportunismo, di un’entusiastica adesione alle leggi razziste del 1938, e come denuncia da Napoli Daniele Coppin, molti altri che si distinsero nella costruzione dell’impalcatura ideologica antisemita e crearono le premesse per la Shoah, godono impunemente dell’onore di una strada intitolata in qualche città italiana.
È il caso di Nicola Pende (una strada a Bari, una a Modugno di Bari e una a Modena), Sabato Visco (ha una via a Salerno) e Arturo Donaggio (porta il suo suo nome una via alla periferia di Roma e un’altra a Falconara di Ancona), tre gerarchi dell’università italiana che macchiarono il proprio onore e la propria credibilità scientifica sottoscrivendo per primi nel 1938 il Manifesto della razza del fascismo. Il caso che ha dato evidenza allo stradario della vergogna riguarda però forse il più illustre di questi antisemiti, il giurista Gaetano Azzariti.


Guido Vitale, Pagine Ebraiche marzo 2014
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l'organizzazione americana in visita
AJC, la missione italiana

"Pluralismo la nostra forza"
A Gerusalemme, alcuni giorni fa, oltre un migliaio di partecipanti si sono ritrovati al Global Forum promosso dall’organizzazione per lanciare un messaggio di unità interna al mondo ebraico, nel rispetto delle diverse idee, opinioni, prospettive. Un’occasione inoltre per esprimere vicinanza a Israele e riaffermare il legame speciale tra lo Stato ebraico e le Comunità della Diaspora.
Nel solco di quelle giornate la missione di una ventina di rappresentanti dell’American Jewish Committee a Roma si propone di sviluppare alcuni concetti chiave, sia sul fronte interno che esterno.
Nel pomeriggio David Harris, direttore esecutivo Ajc (nell'immagine), terrà un intervento su “Stati Uniti, Europa e Medio Oriente nel secondo anno della presidenza Trump” nella sede della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Ma già da ieri i delegati si sono confrontati su diversi argomenti insieme ad esperti, diplomatici e rappresentanti istituzionali. Da segnalare, tra gli altri, il confronto con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi alla Farnesina. Ma anche un dialogo con l’ambasciatore americano Lewis Eisenberg e il suo collega israeliano Ofer Sachs. O ancora le impressioni sull’attualità politica scambiate con gli ex ministri Angelino Alfano e Rocco Buttiglione e con l’ex ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria Talò.
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qui milano - il festival
A Berlino, con il mare in valigia
Il piccolo teatro Corte dei miracoli si è trasformato in un caffè berlinese degli anni ’20 nel corso della seconda settimana del festival sulle culture ebraiche “A different set of Jews”, diretto da Miriam Camerini e Federico Fagotto, ancora in corso fino a fine giugno a Milano. In scena, “Il mare in valigia”, monologo scritto e diretto da Camerini e recitato da Valeria Perdonò dedicato alla poetessa e pittrice ebrea tedesca Else Lasker – Schüler, amica di Karl Kraus, Franz Marc e Gottfried Benn, che la definì “il più impervio fenomeno lirico che la Germania abbia conosciuto”.
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pilpul
La scuola che vogliamo
Apparentemente tutti concordano nel dire che uno dei principali problemi della scuola italiana di oggi è la perdita di autorevolezza della figura dell’insegnante. Curiosamente, però, molti di coloro che condividono questa opinione contribuiscono a questa perdita di dignità sentendosi in diritto di pontificare sulla scuola senza averne una conoscenza diretta, come se le competenze e la professionalità dei docenti e dei dirigenti scolastici fossero del tutto irrilevanti. Non che questo debba sorprenderci più di tanto in un paese in cui chiunque si sente legittimato ad esprimere pareri su qualunque argomento. Dunque il decalogo sulla scuola proposto alcuni giorni fa da Ernesto Galli della Loggia si inserisce nel consueto costume italiano e non varrebbe la pena di parlarne se non fosse stato citato su queste colonne come modello da seguire (almeno in parte) per le scuole ebraiche italiane. Questo mi sorprende e mi sconcerta perché almeno due punti di quel decalogo mi sembrano del tutto in contrasto con quello che una scuola ebraica dovrebbe proporre ai suoi allievi, sia sul piano pratico sia su quello dei valori.
Prima di tutto, perché dovrebbero essere vietate le gite scolastiche fuori dall’Italia? Dovremmo proibire i viaggi in Israele? Dovremmo togliere ai ragazzi ebrei italiani la possibilità di conoscere comunità ebraiche europee più grandi della nostra e di incontrare i loro coetanei di tutta Europa? La proposta, peraltro, mi pare assurda anche per le scuole pubbliche.


Anna Segre, insegnante
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Sulle rotte dei migranti
Ancora una volta mi ritrovo sulle rotte dei migranti, questa volta alla frontiera nord tra Bosnia e Croazia. In una zona già profondamente martoriata dalle guerre dei Balcani, ma che non per questo ha perso la solidarietà e l’accoglienza verso il prossimo. Per quale ragione? Soprattutto perché voglio comprendere le motivazioni dell’esodo di migliaia di persone dalla propria terra d’origine, conoscere le loro idee, anche alla luce del supposto aumento di casi di antisemitismo in Germania. Non mancheranno quindi forse neppure qui gli individui che un giorno potrebbero commettere qualcosa di sbagliato o che non hanno la coscienza a posto, e come ripetono tutti continuamente questi sono un pericolo in primis per gli altri. Ma ciò che intanto riesco a vedere è un’umanità profondamente eterogenea.

Francesco Moises Bassano
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Le vite da salvare
Commentando il principio halakhico detto piquach nefesh, la salvazione di una vita, così scrive il maggior talmudista e mistico vivente, il rabbino Adin Steinsaltz shlita: “Lo sforzo di salvare una vita umana sospende e sostituisce tutti i comandamenti della Torà, sia positivi sia negativi, ad eccezione delle proibizioni dell’idolatria, dell’assassinio e delle più gravi trasgressioni sessuali. Quando la vita di una persona è in pericolo, non si deve perdere tempo in lunghe discussioni; piuttosto bisogna immediatamente adoperarsi per salvare quella vita”.

Massimo Giuliani 





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