Giuseppe Momigliano,
rabbino
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Essere
veramente sinceri innanzitutto con noi stessi, è il primo, forse più
difficile, ma decisivo passo da compiere nell’esame di coscienza dei
giorni di Teshuvà.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Sono
davvero ore decisive per il destino dell’UE. È oggi la giornata tanto
attesa in cui si vota per sanzionare o meno l’Ungheria di Viktor Orban
per una serie di leggi che ledono libertà di stampa, di opinione, dei
diritti delle minoranze e del diritto d’asilo. A cui si aggiungono la
deformazione dell’assetto istituzionale, con una Corte Costituzionale
di fatto assoggettata all’esecutivo e la cosiddetta legge anti-Soros,
che in sostanza costringe le ONG sgradite a lasciare il Paese. Insomma,
oggi si vota se accettare o meno l’esistenza, presente e futura, di
governi autoritari, nazionalisti e xenofobi in Europa. Sembrerebbero
non esserci dubbi sul cosa fare, ma il ginepraio europeo in cui ci
siamo noi stesso infilati fa pensare che ogni opzione possa risultare
un boomerang per la tenuta complessiva dell’Unione.
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Il voto UE su Orban
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Il
Parlamento europeo deciderà oggi se aprire la procedura d’infrazione
contro l’Ungheria per violazione dello Stato di diritto dovuto alle
politiche del governo Orban contro i migranti, le ong, l’università e
la magistratura. La Commissione Affari interni dell’europarlamento ha
preparato un documento – redatto dalla deputata verde olandese, Judith
Sargentini, – per denunciare le violazioni di Orban che il Corriere
definisce un “atto d’accusa devastante”, elencandone i dodici punti
principali e sottolineando la preoccupazione espressa per “la libertà
accademica e di religione, i diritti dei rifugiati, quelli delle
minoranze, compresi ebrei e rom, il diritto alla parità di trattamento
tra uomini e donne, i diritti economici e sociali, la tutela della
privacy”. Orban, sottolinea il Corriere, ha risposto producendosi ieri
“in un j’accuse violento e sprezzante contro ‘le forze in favore
dell’immigrazione che vogliono vendicarsi dell’Ungheria’, baluardo dei
‘valori cristiani’ e decisa a difendere le sue frontiere e quelle
dell’Unione”. Il Premier ungherese ha elogiato il ministro degli
Interni italiano Matteo Salvini e la Lega ha già annunciato che voterà
contro la procedura d’infrazione, così come faranno gli
europarlamentari di Forza Italia dopo una telefonata tra Berlusconi e
Orban. Il Movimento 5 Stelle invece voterà a favore della messa in
stato di accusa e si prospetta quindi una ulteriore divisione
all’interno del governo italiano.
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25 anni fa gli accordi di oslo Netanyahu: 'Il rifiuto palestinese
è il primo ostacolo alla pace' Venticinque
anni fa, il 13 settembre 1993, furono firmati gli accordi di Oslo. La
foto della stretta di mano tra il Primo ministro israeliano di allora
Yitzhak Rabin e il presidente palestinese Yasser Arafat, con alle
spalle il presidente Usa Bill Clinton, sembrava rappresentare il passo
decisivo per la risoluzione del pluridecennale conflitto. “Noi, soldati
ritornati dalla battaglia macchiati di sangue, noi che abbiamo
combattuto contro di voi, i palestinesi, vi diciamo oggi con voce forte
e chiara: basta sangue e lacrime, basta!”, disse allora Rabin.
Venticinque anni dopo la pace è lontana e il ritorno al negoziato tra
le parti – con la collaborazione Usa – sembra un miraggio. Come
dimostrano le parole del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che nelle
scorse ore ha elogiato la decisione degli Stati Uniti di chiudere la
missione diplomatica palestinese a Washington in risposta al rifiuto
dell’Anp di avviare negoziati di pace con Israele. Leggi
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l'intervento sul settimanale valdese 1938, l'infamia e il monito “Quella
che viviamo è un’epoca complessa, sempre più caratterizzata dalla
diffusione di fake news, da odio gratuito che inquina spazio pubblico e
social network, dal riaffiorare di complottismi e pregiudizi mai del
tutto sconfitti. Una minaccia che riguarda non solo i soggetti e le
comunità colpite ma che deve vederci sempre più uniti – istituzioni
democratiche, società civile, le diverse
minoranze – nella consapevolezza della criticità del momento che stiamo
attraversando. Davanti a noi un bivio storico, dalle conseguenze
potenzialmente devastanti”. È quanto scrive la Presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni in un intervento
pubblicato sull’ultimo numero del settimanale delle chiese battiste,
metodiste e valdesi Riforma. “Oggi più che mai – sottolinea ancora la
Presidente UCEI – appare urgente la riaffermazione del valore
dell’educazione, della cultura, dell’incontro, della condivisione. Non
sarà facile, il compito è evidentemente in salita, ma questo è un
orizzonte imprescindibile per tutti coloro che hanno a cuore le
conquiste democratiche e i principi sanciti nella Costituzione
repubblicana”. Leggi
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LE "GIORNATE DEL LAVORO" DELLA CGIL Dal '38 ai dieci anni senza Foa,
un confronto sulla democrazia Una
mostra dedicata agli 80 anni delle Leggi razziste, un ricordo di
Vittorio Foa a dieci anni dalla scomparsa, diversi spazi di confronto
sul futuro della democrazia.
Sono alcuni degli argomenti cui sarà dedicata la quinta edizione delle
“Giornate del Lavoro”, manifestazione organizzata dalla Cgil al via
nelle prossime ore a Lecce. “Democrazia è” il tema di questa edizione,
che vedrà al centro i temi del lavoro, dei diritti e delle grandi
trasformazioni sociali ed economiche.
La manifestazione, che si concluderà domenica 16 settembre con una
intervista pubblica al segretario generale del sindacato Susanna
Camusso, vedrà, tra gli altri, la partecipazione del ministro dello
Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio
e del ministro per gli Affari Europei Paolo Savona.
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5779 - gli auguri Un anno per la cultura
A
nome della Comunità ebraica di Torino, ma anche del MEIS e della
Fondazione Beni Culturali Ebraici, desidero far giungere a tutti i più
calorosi auguri di Shanah Tovah uMetukah.
L’anno 5779, che accogliamo con gioia e colmi di speranze, si apre
purtroppo in un quadro denso di gravi preoccupazioni per la virulenta
rinascita in Europa e in Italia di fenomeni di intolleranza, di
razzismo, di xenofobia, di antisemitismo e di autentico odio nei
confronti di Israele, ai quali mai dalla fine della II Guerra Mondiale
avevamo assistito in questa dimensione.
Occorre allora un impegno civile consapevole e forte da parte degli
ebrei italiani per porre un argine a questa deriva e per porre le basi
di un futuro più sereno, nel quale i valori di giustizia, di libertà e
di solidarietà ritrovino il loro irrinunciabile posto al centro della
vita delle nostre società.
Dario Disegni, presidente Comunità ebraica di Torino Leggi
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Ticketless - Percezioni
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Va meditato l’ultimo rapporto
dell’Istituto Cattaneo di Bologna dedicato alla scarsa conoscenza che
gli italiani mostrano di fronte alla percentuale vera di immigrati che
vivono in Italia. Impressionante è la somiglianza con la altrettanto
vaga nozione, denunciata da mille inchieste, che gli italiani hanno
sempre mostrato sulla percentuale vera di ebrei residenti nella
penisola. Se si passa ad osservare le stime sulla percentuale di
immigrati fornite dagli intervistatori, confrontandole con i dati reali
forniti dall’Eurostat (2017), l’incertezza e l’imprecisione nella
valutazione sulla presenza di immigrati vengono confermate. I cittadini
europei sovrastimano nettamente la percentuale di immigrati presenti
nei loro paesi: di fronte al 7,2% di immigrati non UE presenti
“realmente” negli Stati europei, gli intervistati ne stimano il 16,7%.
Ma in questo caso il dato che ci riguarda è più inquietante: gli
italiani sono quelli che mostrano un maggior distacco (in punti
percentuali) tra la percentuale di immigrati non-UE realmente presenti
in Italia (7%) e quella stimata, o percepita, pari al 25%. Almeno in
parte, queste differenze sembrano essere il prodotto di una errata
percezione del fenomeno. Chi ne ingigantisce la portata, è indotto
anche a ingigantirne le conseguenze.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Famiglia felice
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In
occasione del mio ultimo viaggio di studio e di piacere in Israele,
nell’ultima settimana di agosto, ho avuto, come e più delle volte
precedenti, la grande gioia di trascorrere molte ore con i miei diversi
carissimi amici israeliani, ad alcuni dei quali mi lega ormai
un’amicizia di diversi decenni. Considero un vero privilegio avere
tanti legami personali, così profondi e sinceri, in quel Paese a cui mi
sento tanto legato. E sono proprio queste persone, le loro famiglie, le
loro storie a farmi guardare a quella terra, prima che come a un luogo,
come a una viva comunità di esseri umani, ognuno dei quali portatore di
uno specifico bagaglio di affetti, idee, ricordi, progetti, gioie e
dolori. Israele è un giardino di fiori colorati, ognuno dei quali
diverso da tutti gli altri. Sono tornato, da questo bagno di umanità,
carico di gratitudine, di emozione e di pienezza. E anche di un po’ di
tristezza, per i problemi personali di qualche amico, a me
particolarmente caro. La vita è così.
Francesco Lucrezi, storico
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