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 3 Ottobre 2018 - 24 Tishri 5778
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Giuseppe Momigliano,
rabbino
Ogni anno, concludendo e ricominciando dall’inizio la lettura della Torah nella festa di Simchat Torah, siamo sollecitati a trovare nel testo, immutabile nel tempo, nuove spiegazioni, nuove risposte, nuove chiavi di interpretazione, a domande che sono anch’esse nuove e antiche al tempo stesso,perché sono le domande con le quali cerchiamo di comprendere il senso della nostra vita. Non c’è bisogno di inoltrarsi tra le righe del testo per trovare la prima domanda, la Torah si apre con una grande lettera Bet, iniziale della parola “Bereshit- All’inizio” che pare appositamente collocata per suscitare la domanda “Perché mai la Torah inizia proprio con questa lettera?”
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Davide
Assael,
ricercatore
Le chiacchiere stanno a zero, si dice. Dopo mesi di propaganda che si sta sempre più rivelando una trappola per se stessi, alla prima prova dei fatti il nuovo governo italiano sta mostrando tutte le contraddizioni di un progetto neo-nazionalista in Europa. L’idea che tutto sia colpa di vecchie élites ormai tramontate, capitanate dal «barcollante» Juncker è solo l’ultima sciocchezza di una propaganda davvero sterile. Le dichiarazioni di questi giorni dimostrano che Il nuovo assetto europeo che si sta profilando all’orizzonte, con l’avanzare di quelli che dovrebbero essere gli alleati del governo gialloverde, sarà ancor più punitivo per l’Italia. Basta vedere le dichiarazioni austriache per rendersi conto che i partiti populisti sono, in ogni nazione del Nord, rappresentanti di quell’opinione pubblica nutrita a colpi di slogan contro il Sud spendaccione.
 
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'L'Iran pianificò attentato'
L’Iran dietro un attentato sventato a giugno alle porte di Parigi, dove si teneva un raduno di oppositori al regime. È quanto sostengono gli 007 francesi.
L’annuncio delle scorse ore, scrive La Stampa, ha coinciso con altre iniziative in cui sono stati mostrati i muscoli agli iraniani. “Ieri mattina, all’alba, oltre 200 poliziotti hanno perquisito im centro islamico sciita (Zahra France) a Grande-Synthe, cittadina del Nord. Lì hanno sede varie associazioni, come il Partito antisionista, che secondo la prefettura locale assicurano un ‘forte sostegno a diverse organizzazioni terroristiche’. Le forze dell’ordine sono andate anche a casa dei leader di queste associazioni e tre di loro sono stati fermati per detenzione illegale di armi da fuoco. Per entrare nel centro Zahra France – si legge – bisogna pulirsi i piedi su uno zerbino che riproduce la bandiera israeliana”.

Ha fatto il giro del mondo la notizia dell’arresto di Domenico Lucano, sindaco di Riace, diventato negli anni un simbolo di integrazione possibile, con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Scrive La Stampa: “Per i 430 rifugiati che vivono a Riace, su una popolazione di 1900 abitanti, non è stato facile capire. Ma continuavano ad arrivare le televisioni per tutto il giorno. E tutte parlavano del sindaco”. Afferma il fratello Giuseppe: “Mi sembra che ci sia stato dell’accanimento nei suoi confronti. Se ha sbagliato, lo ha fatto in buona fede. Mio fratello ripeteva sempre: ‘Quello che è giusto, bisogna farlo. La legge non è umana’”.
 
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  davar
la medaglia al valor militare
"Brigata Ebraica un esempio

da seguire nelle generazioni"
Il fondamentale contributo nella Liberazione del paese dal nazifascismo, con azioni che lasciarono il segno come lo sfondamento della Linea Gotica e l’ingresso in diverse città e località di importanza strategica. Ma anche il determinante aiuto offerto, nell’immediato dopoguerra, alle Comunità ebraiche italiane devastate da anni di isolamento e poi dalle persecuzioni e dalla Shoah. Un impegno materiale e immateriale, nel segno di una speranza che tornava finalmente a pulsare.
Questa la duplice veste in cui sono stati ricordati gli eroi della Brigata Ebraica in occasione della solenne cerimonia di consegna della medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza che, attribuita dal Parlamento italiano all’unanimità nel 2017, è stata oggi appuntata sul petto di alcuni reduci (tra cui, unico italiano, il fiorentino Gualtiero Cividalli).
Una cerimonia intensa e coinvolgente che ha oggi richiamato a Netanya l’ambasciatore italiano Gianluigi Benedetti, la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, il capo dell’esercito Kobi Barak, il viceministro Michael Oren. Il preludio a una nuova commemorazione che si terrà il 18 ottobre prossimo a Piangipane, nel cimitero alleato dove riposano i caduti della Brigata. Una consuetudine che si rinnova ormai da alcuni anni.
“La cerimonia di oggi rappresenta un’altra pietra miliare in questo 2018. Un anno che, al di là di ogni dubbio, può essere considerato eccezionale nei rapporti tra Italia e Israele perché ha segnato i 70 anni dalla Dichiarazione d’indipendenza israeliana e i 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana” ha sottolineato l’ambasciatore Benedetti. Settanta anni di democrazia e libertà che sono merito anche “dell’impegno di persone come i soldati che oggi onoriamo, la nostra vita poggia sulle spalle di questi giganti”. Giganti in molti casi giovanissimi che, lasciando la loro patria senza esitazione, “sono venuti a combattere nel nostro Paese”. Ai reduci l’ambasciatore si è rivolto con gratitudine in ebraico, dicendo loro ‘Toda Raba!’ – Molte grazie!.
Questa medaglia, ha affermato la presidente Di Segni, ha il merito di rendere vicende troppo a lungo sconosciute dal grande pubblico una storia condivisa. Un’iniziativa che mette inoltre al riparo “da strumentalità e mortificanti distorsioni che ogni 25 Aprile, Festa della Liberazione, puntualmente si ripropongono per iniziativa di gruppi accecati dall’odio”. Perché chi nega e disconosce quanto da loro fatto, ha osservato Di Segni, “si pone inequivocabilmente fuori dalla Storia o ne racconta una diversa”. Una lezione, quella degli eroi della Brigata e dei caduti di varie nazionalità e religioni che riposano a Piangipane, che vale inevitabilmente anche per il presente. “Il loro esempio, l’esempio di giovani di varie provenienze affratellati da un ideale comune, ha permesso all’Europa di voltare pagina dopo anni di orrore e di lanciarsi nella costruzione di una era nuova, nata sotto i migliori auspici di amicizia e fratellanza”. Valori su cui, ha detto, “siamo tutti chiamati a vigilare con la massima attenzione in un momento storico segnato purtroppo dal riemergere di nefasti nazionalismi e populismi che puntano a disintegrare tutto quel che è stato costruito”.
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la lotta agli estremisti in curva
Beitar, un nuovo possibile inizio
Ligat ha’al, la prima serie del calcio israeliano. Il Beitar di Gerusalemme che ospita il Bnei Sakhnin, squadra a forte trazione araba, in una serata di fine settembre. Per una volta solo buone notizie da dove non era scontato aspettarsele. E questo anche per la fortissima attenzione che è stata dedicata, su tutti i fronti, a un incontro che definire “a rischio” sarebbe un eufemismo. “Hope for soccer” titolava il Jerusalem Post qualche giorno prima, ricordando gli eclatanti episodi di violenza degli anni precedenti e auspicando un cambio di direzione. La curva del Beitar che nel 2008 offendeva a gran voce il profeta Maometto, la stessa che nel 2012 protestata veementemente per l’acquisto di due giocatori ceceni “colpevoli” di essere musulmani, gli scontri tra tifoserie sfociati in vera e propria guerriglia urbana, i calciatori ospiti costretti a lasciare lo stadio sotto la scorta della polizia. E la necessità di far disputare le successive partite a porte chiuse. Un clima gravissimo di intimidazione ricostruito nel documentario Forever Pure dell’israeliana Maya Zinshtein, vincitore nelle scorse ore di un Emmy Award.
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ivrea - la cerimonia
Caduti ebrei della Grande Guerra Una targa per fare memoria

È tornata leggibile dopo un restauro la lapide dedicata ai soldati appartenenti all’Armata Polacca in Italia, già prigionieri Austro-ungarici del Regio Esercito Italiano durante la Prima Guerra Mondiale, seppelliti al cimitero ebraico di Ivrea. Scoperta questa mattina in una cerimonia congiunta, la lapide ricorda i nomi di sette soldati ebrei che morirono negli ospedali di Ivrea dopo esservi stati ricoverati a causa degli stenti patiti in prigionia. Alla cerimonia hanno partecipato – da sinistra nella fotografia – il Sindaco di Ivrea Stefano Sertoli, il Presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni con il delegato per la sezione locale Guido Rietti, la Console Generale della Repubblica di Polonia in Milano Adrianna Siennicka, la Presidente della Comunità Polacca di Torino e il Console Onorario di Polonia in Torino, Ulrico Leiss de Leimburg.
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qui torino - la lezione
Israele e la filosofia dell'acqua
È in una “Adunanza pubblica” – così si chiamano gli incontri organizzati dall’Accademia dell’Agricoltura di Torino che oggi pomeriggio alle 16 il professor Roberto Jona introdurrà e aprirà la conferenza intitolata “La filosofia dell’acqua”, in cui, col sottotitolo “Spunti da una visita in Israele”, approfondirà quanto già raccontato ai lettori di questa newsletter e del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche. Gli altri relatori, infatti – Marco De Vecchi, Enrico Borgogno Mondino, Ilaria Mignani e Francesca Mazzino – sono Docenti di Architettura del paesaggio e di Agraria provenienti da quattro Università italiane che hanno partecipato al viaggio organizzato dal professor Jona (già Docente di Colture arboree della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino) alla scoperta della realtà israeliana.
Riproponiamo il suo racconto del viaggio, pubblicato sul numero di luglio di Pagine Ebraiche.

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pilpul
Ticketless - Amici veri
Il 17 ottobre del 1978 moriva a Salisburgo Jean Améry. Mi piacerebbe che qualcuno lo ricordasse a quarant’anni dalla scomparsa. I suoi libri sono oggi poco fortunati, non hanno la stessa popolarità di quelli di Levi. Il 23 ottobre del 2003 moriva l’astrofisico Nicolò Dallaporta: a quindici anni dalla sua scomparsa vorrei che ci si ricordasse pure di lui. Nell’imminenza del centenario della nascita di Primo Levi, la cui celebrazione è alle porte, vorrei che venisse restituita la giusta parte di gloria anche a chi, come Améry e Dallaporta, contestarono Levi su punti cruciali. Saranno amici veri come loro ad evitarci di cadere nel 2019 in una beatificazione, un ipse dixit inglorioso che serpeggia qua e là nella critica su levi dell’ultima generazione. Il duello a distanza fra Levi e Améry sul tema delle responsabilità dei tedeschi (e sul tema del perdono) è uno di quei dialoghi grandiosi del secondo dopoguerra osservando i quali riesce difficile scegliere da che parte stare. È un dialogo per intensità secondo solo al dialogo che divise la Arendt e Scholem. Io, per esempio, ondeggio fra Scholem e Arendt un mese sì e uno no, ma non me la sentirei di dare tutti i torti a Améry.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Fortini identitari
Pur avendo letto o consultato, nell’arco della mia vita, per piacere e per motivi professionali, migliaia di libri e di saggi di storia, posso dire con sicurezza che raramente mi sono imbattuto in un’opera che abbia avuto il potere di allargarmi la mente e gli orizzonti concettuali al pari di Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, dell’israeliano Yuval Noah Harari. La dura e multiforme lotta per la sopravvivenza tra i miliardi di creature viventi, i due milioni e mezzo di presenza dell’uomo sul nostro pianeta, la nascita del Sapiens e i suoi controversi e mutevoli rapporti con le altre specie vegetali e animali (tra cui gli altri tipi di Homo), l’origine e il consolidamento della sua supremazia nel creato, la nascita del linguaggio, delle culture, delle civiltà, della scrittura, dei miti, delle religioni vengono ricostruiti in un affresco affascinante, in cui le nozioni di genetica, biologia, antropologia, storiografia sono intrecciate in modo avvincente, dando corpo a una sorta di lungo romanzo, intessuto di stupore, sorpresa e mistero.

Francesco Lucrezi, storico
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Imparare degli errori
Devo fare autocritica e chiedere scusa ad Alberto Angela. Domenica scorsa ho criticato la sua spiegazione della lunetta michelangiolesca della Cappella Sistina (andata in onda su Rai1 sabato in prima serata) dedicata a Iacob-Ioseph, pensando (e non sono stato il solo) che si riferisse al patriarca Ja’akov/Giacobbe e a Joseph/Giuseppe di cui leggiamo la lunga storia nella Torà, nel libro della Genesi (capitoli dal 37 al 50). Fare di quel Giuseppe il padre di Gesù, e di Giacobbe suo nonno, è suonato come un grave svarione. Ma il presentatore della trasmissione ‘Ulisse’ aveva ragione nel senso che quel Giacobbe e suo figlio Giuseppe non sono quelli della Genesi, ma quelli citati nella genealogia di Gesù in Matteo 1,16

Massimo Giuliani
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