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2 Novembre 2018 - 24 Cheshvan 5779
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav

Alberto Sermoneta, rabbino capo
di Bologna
Due sono gli episodi simbolo della parashà di Chayè Sarà. Abramo, tornando dal Sacrificio – non sacrificio – di suo figlio Isacco, trova Sara morta. Si adopera nel miglior modo possibile per darle una sepoltura, degna della tradizione abramitica, in un campo dove non ci siano salme appartenenti ad altre tradizioni religiose. Egli è disposto a pagare una somma di denaro elevatissima per ottenere tutto ciò, creando la prima istituzione di un cimitero ebraico.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
A cent’anni dalla fine della Grande Guerra il tema dei profughi resta prioritario nelle grandi devastazioni provocate dai conflitti. Fu quella la guerra che per prima fece strage fra i civili e spinse milioni di persone ad abbandonare case e terre, spinte da improvvisi rivolgimenti di fronte o da insopportabili condizioni di inedia e di malattia. Da allora sono state le popolazioni civili le vere protagoniste dei conflitti. Ieri, cent’anni orsono, erano gli italiani del Friuli in fuga dopo Caporetto o gli ebrei che scappavano da Lvov (naturalmente dopo essere stati massacrati, che non sia mai che si perda l’abitudine). Oggi sono i siriani o i congolesi o gli hondureñi, che fuggono – quando possono – e divengono spesso prede di mafie della migrazione e di strumentalizzazione politica. Perché dei civili in fuga si può dire e fare quel che si vuole. Sono senza nulla, sanno quel che lasciano e non sanno quel che trovano né dove. Sono ricattabili, specie se si tratta di famiglie o peggio di donne. Gli si può fare violenza e non c’è chi li protegga, mentre si trova sempre chi li usa.
 
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L'annuncio di Bolsonaro
Il neo presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha annunciato che trasferirà l’ambasciata del suo Paese in Israele a Gerusalemme. In un’intervista – citata oggi dal Corriere – a Boaz Bismuth, direttore del quotidiano gratuito Israel HaYom, Bolsonaro ha ribadito la sua intenzione: “Israele è un Paese sovrano. Se decide quale è la sua capitale, noi concordiamo. Voi siete gli unici a stabilire quale debba essere la vostra capitale, non altri Paesi”. Nella stessa intervista, riporta La Stampa, Bolsonaro ha dichiarato che non riconoscerà la Palestina come Stato indipendente, nonostante il Brasile lo faccia ufficialmente dal 2010. Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di aver apprezzato il discorso di Bolsonaro e aveva già confermato di voler presenziare alla cerimonia d’insediamento in Brasile. “L’ambasciatore israeliano in Brasile – le dichiarazioni di Bolsonaro a Bismuth riprese anche dalla Gazzetta del Mezzogiorno – mi ha fatto visita due volte questa settimana e abbiamo da sempre una eccellente relazione. Sono molto contento di essere stato trattato in modo così caloroso e che un rappresentante ufficiale dello Stato di Israele mi tratti in questo modo, il sentimento è reciproco. Amo il popolo e lo stato di Israele. Potete essere certi che promuoverò strette relazioni e una cooperazione produttiva per entrambe le parti a partire dal 2019”. Bolsonaro è considerato un personaggio molto controverso, che più volte – da ex militare – ha detto di rimpiangere i tempi della dittatura e ha promesso che darà grandi poteri alla polizia pur di combattere la corruzione e la criminalità, e ha espresso più volte opinioni intolleranti e omofobe.
 
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  davar
gli stati generali ucei
Cultura, risorse, rabbinato

Un confronto costruttivo
Identità, partecipazione, futuro. Le relazioni tra piccole e grandi Comunità. Il confronto aperto tra rabbini, dirigenza comunitaria e iscritti. I nuovi modelli di aggregazione e inclusione nella società che cambia.
Molte voci e un confronto costruttivo su temi complessi hanno inaugurato ieri gli Stati Generali dell’Ebraismo Italiano a Roma. Consiglieri UCEI, Presidenti di Comunità, Consiglieri comunitari, rabbini, referenti di organizzazioni ed enti ebraici in Italia. Un’occasione di incontro quadriennale che, come ha sottolineato la Presidente dell’Unione Noemi Di Segni nel suo intervento di apertura, è stata pensata per favorire la più ampia partecipazione e il più ampio dibattito. Un’occasione in cui ciascuno è protagonista ed è invitato a portare un contributo.
Ad aprire i lavori una relazione di Elio Carmi, Consigliere UCEI di riferimento per la Comunità di Casale Monferrato, sulle sfide che investono quotidianamente realtà che sono molto piccole nei numeri ma che sono chiamate a essere protagoniste delle società di riferimento e a garantire la continuità di nuclei radicati nel territorio da secoli e millenni.
“La nostra, la vita di noi ‘piccoli’ – ha spiegato Carmi – è un po’ come un’esperienza a fronte. Essere ebrei nelle piccole Comunità vuol dire rispondere ogni giorno della tua identità, in un confronto costante con il mondo esterno che per l’ebraismo italiano ha un ritorno di valore incommensurabilmente più alto di quello che dicono i soli numeri. Lo testimonia ad esempio la raccolta dell’Otto per Mille, garantita in larga parte dalle piccole e medie Comunità”.
Un contributo che, sottolinea Carmi, non è sempre compreso dalla realtà più grandi. “Le piccole Comunità – le sue parole – sono un patrimonio di tutti. E come tali devono essere tutelate, con l’erogazione di servizi e con iniziative che facciano davvero rete”.
Moderata da Dan Segre, la successiva sessione si è aperta con alcune riflessioni del presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia rav Alfonso Arbib e dell’anglista Dario Calimani. Un confronto, dedicato al rapporto tra rabbini e Comunità, e in particolare agli aspetti critici di questa relazione, che è stato animato da molte decine di interventi tra il pubblico.
“Fare il rabbino porta inevitabilmente a direi dei no. Un fatto che non rende sempre simpatici” ha osservato il rav Arbib, in risposta a Calimani che lamentava l’esistenza di una generale mancanza di empatia.
“Il futuro dell’ebraismo italiano come lo si garantisce?” si è domandato Calimani. “C’è altro oltre all’inaugurazione di musei, alla presentazione di libri, alla lotta all’antisemitismo, alla difesa di Israele? Non mi pare si abbia mai il coraggio di affrontare il problema di dove stiamo portando le nostre Comunità. La mia critica è ai rabbini, certo. Ma non solo”.
Per il rav Arbib sarebbe necessario ricalibrare gli sforzi oggi profusi tra interno ed esterno. “Nessuno può permettersi di non aver rapporti con l’esterno, ci mancherebbe. Il problema è definire una scala di priorità. Un ragazzino che studia Torah – ha detto – è più importante”.
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gli stati generali ucei
Israele e un mondo che cambia
In una realtà internazionale in profondo cambiamento, quale messaggio può portare il mondo ebraico, quale Israele? E attraverso quali modalità e strumenti? Sono alcuni degli interrogativi su cui si è riflettuto stamane nel corso degli Stati Generali. Ospiti della prima sessione dei lavori, introdotta dalla presidente UCEI Noemi Di Segni, la viceambasciatrice israeliana in Italia Ofra Farhi, il ministro per gli affari pubblici dell’ambasciata Ariel Bercovich, lo storico Claudio Vercelli. Ad essere proiettato anche un intervento video del direttore de La Stampa Maurizio Molinari. “Oggi è molto importante il confronto con voi” ha affermato in apertura Farhi. “Noi siamo come degli avvocati: ci prendiamo la responsabilità di difendere l’esistenza fondamentale dello Stato d’Israele per tutto il popolo ebraico”. “Israele è molte cose oltre al conflitto”, ha ricordato Bercovich, riportando il focus sulla necessità di raccontare le tante sfaccettature della realtà israeliana. “Siamo ad esempio in questi giorni paese ospite del Festival della Scienza a Genova: un’opportunità di raccontare le nostre eccellenze in questo campo”. Un’analisi più ampia sulla situazione geopolitica è stata fatta invece da Molinari e Vercelli. “Siamo di fronte a una stagione in cui le democrazie si sono indebolite dal di dentro a causa della protesta populista”, ha sottolineato Molinari, concetto ribadito anche da Vercelli che ha parlato di “Stato nazionale in crisi, per via di processi globali che hanno trasformato società e culture”.
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pittsburgh, la commemorazione a roma
"Sull'odio niente zone grigie"
Non sono passati molti mesi da quando in sinagoga leadership comunitaria, iscritti e istituzioni si ritrovarono in numero significativo per ricordare Mireille Knoll, l’anziana donna francese uccisa dai suoi vicini di casa islamici nell’ennesimo episodio di violenza antisemita in Europa e per ribadire un fermo rifiuto dell’odio strisciante.
Il Tempio Maggiore di Roma, come diverse altre sinagoghe italiane nei giorni precedenti, ha ospitato ieri un nuovo momento di raccoglimento e preghiera. L’odio è tornato a colpire, non più in Europa ma negli Stati Uniti, e questa volta nelle fattezze di un estremista di destra che ha portato la morte in una sinagoga conservative di Pittsburgh.
“Siamo qui per testimoniare ai nostri fratelli il nostro dolore e la nostra commozione” ha sottolineato la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, rivolgendosi alla platea (in sinagoga, tra gli altri, il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani). “Su razzismo e antisemitismo non possono esistere zone grigie” ha poi esortato, chiamando tutta la società a una presa di posizione forte in ragione di un odio che cresce e che spesso sfugge al controllo come nel caso di web e social network.
“Sappiamo bene cosa significa un attentato del genere, che conseguenze ha nella vita di una comunità” la riflessione del rabbino capo rav Riccardo Di Segni, che ha ricordato con queste parole l’attentato al Tempio Maggiore del 1982. “Se gli ebrei non sono tranquilli, vuol dire che il mondo non può essere tranquillo” ha poi aggiunto il rav.
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vercelli ricorda castelnuovo-tedesco
Un fiorentino a Beverly Hills
Una conferenza e un concerto per ricordare Mario Castelnuovo-Tedesco, il grande compositore che fu vittima delle Leggi razziste promulgate dal fascismo e che lasciò l’Italia per gli Stati Uniti.
L’appuntamento è per domenica alle 16.30, nella Sala Foa della Comunità ebraica di Vercelli, su iniziativa della Presidente Rossella Bottini Treves in collaborazione con Simonetta Heger,
La figura di Castelnuovo-Tedesco sarà delineata da Angelo Gilardino, che proporrà un intervento su “Un fiorentino a Beverly Hills”. Gilardino, chitarrista, musicologo e compositore italiano, ha insegnato al Liceo Musicale “G.B. Viotti” di Vercelli, al Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria e all’Accademia Lorenzo Perosi di Biella. Pluripremiato in Italia e all’estero, ha ottenuto in ottobre il premio alla carriera consegnatogli a Firenze presso il Conservatorio “Luigi Cherubini”.
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qui roma - segnalibro 
Da Azzariti all'eroe Biancheri,

il Novecento da conoscere
Instancabile promotore di iniziative di Memoria sul territorio, Nico Pirozzi è artefice dello sradicamento dalla toponomastica napoletana di Gaetano Azzariti, il presidente del “Tribunale della razza” fascista che nel dopoguerra fu anche presidente della Corte Costituzionale. Una infamia solo recentemente sanata, con l’innesto al suo posto del nome di Luciana Pacifici, giovanissima vittima della Shoah, grazie al decisivo intervento di Pirozzi.
Scritta insieme a Massimiliano Amato e Ottavio Di Grazia, la raccolta di saggi “Una storia sbagliata. Un secolo di bugie e di mezze verità” pubblicata dalla partenopea Edizioni dell’Ippogrifo ha il merito di aiutarci a riflettere, a guardare con ulteriore e documentata consapevolezza a quell’epoca. A quello che si è raccontato. E a quello che resta ancora da svelare.
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pilpul
Illusioni
Dall’Egitto di 3500 anni fa alla Persia di 2500 anni fa, dall’Italia di 80 anni fa (e speriamo non di domani) agli Stati Uniti di oggi: l’idea che, una volta tanto, l’odio sia rivolto verso altri obiettivi, l’illusione di far parte, una volta tanto, della maggioranza lasciata in pace o, addirittura, di appartenere a una minoranza privilegiata, che si sa muovere bene, che ha i contatti giusti, che è in grado di tutelarsi grazie ai buoni rapporti con il potere che una volta tanto se la prende con qualcun altro, si rivela sempre effimera.
Quando mai capita che la libertà di odio, insulti e bugie contro qualcun altro non finisca prima o poi per ricadere addosso agli ebrei? Eppure da 3500 anni continuiamo ad illuderci.
Sarebbe anche interessante se una volta o l’altra avessimo l’occasione di metterci alla prova sul serio, se potessimo lottare contro il razzismo non perché sappiamo che inevitabilmente si accompagna all’antisemitismo, se potessimo mettere in guardia da chi dice “prima gli italiani” non perché ricordiamo che 80 anni fa la nostra stessa italianità era in discussione, se potessimo difendere i diritti delle minoranze sentendoci in tutto e per tutto parte della maggioranza. Temo però che anche questa sia un’illusione.


Anna Segre, insegnante

Il sovranismo e le minoranze
Un’ideologia o una mentalità che pone al centro ed elegge un’unica nazionalità “che dovrebbe venire prima” può convivere con altre nazionalità interne ad uno Stato o con una minoranza religiosa o culturale? La dialettica nazionalista/sovranista sostiene sovente che un cittadino straniero o di altre origini “per bene”, ben integrato e rispettoso, è il benvenuto e non ha niente da temere. Ma nell’eventualità che lo stesso cittadino commetta un qualunque reato riceverà, specialmente nell’opinione pubblica, lo stesso trattamento di un “nativo”? Poniamo poi che quel cittadino sia perfettamente inserito nella società che lo ospita, abbia una casa e un lavoro “rispettabile”, ma segua invece un culto differente da quello maggioritario. Nel momento che reclamerà il rispetto dei propri costumi alimentari, come un tipo diverso di macellazione delle carni, o l’assenza dal proprio luogo di lavoro nei giorni di festa della propria religione, verranno comprese le sue richieste? Se poi ancora ai mondiali di calcio tiferà per un’altra squadra, o ha amici e parenti che vivono in un paese considerato “nemico”, o in famiglia parla un’altra lingua, come verrà percepito sotto le lenti di quell’ideologia?

Francesco Moises Bassano
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