Haim Korsia, Gran rabbino di Francia
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Libertà e uguaglianza non possono prescindere dalla fratellanza.
Quando l'11 gennaio del 2015 abbiamo marciato tutti insieme a Parigi
contro il terrorismo ci siamo resi conto che questo obiettivo è
irrinunciabile. Se non metti le cose importanti come obiettivo per
andare avanti, queste poi svaniscono.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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È
vero, non stiamo vivendo in un’epoca fascista. Sembra tuttavia che vi
sia l’intenzione di prepararci, a poco a poco, giorno dopo giorno, una
norma dopo l’altra, al gran ritorno del ventennio nero.
Il richiamo continuo al mito dell’ordine, che ci dà la percezione
(falsa) di un disordine diffuso, le norme che man mano ci distanziano
dal sentire umanitario, dallo spirito di solidarietà, ci stanno
portando a un isolamento che non è solo quello dall’Europa, per
assuefare gli italiani a una politica autarchica.
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Lo Stato che non c'è
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Scarso
interesse dei media per la visita a Roma del leader palestinese Abu
Mazen, che ieri ha incontrato Bergoglio, Mattarella e Conte. La notizia
è in genere poco più di un trafiletto. L’accento è posto principalmente
sulla visita in Vaticano.
Scrive al riguardo l’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa
Sede: “Durante i cordiali colloqui sono stati rilevati i buoni rapporti
tra la Santa Sede e la Palestina e il ruolo positivo dei cristiani e
dell’attività della Chiesa nella società palestinese, sancito
dall’Accordo globale del 2015. Ci si è quindi soffermati sul cammino di
riconciliazione all’interno del popolo palestinese, nonché sugli sforzi
per riattivare il processo di pace tra israeliani e palestinesi e
raggiungere la soluzione dei due Stati, auspicando un rinnovato impegno
della comunità internazionale nel venire incontro alle legittime
aspirazioni di entrambi i popoli”.
In un editoriale non firmato e intitolato “Il governo ha un problema
con Israele” il Foglio attacca: “‘Il presidente del Consiglio, Giuseppe
Conte, incontrerà lunedì 3 dicembre, alle ore 16 a Palazzo Chigi, il
presidente della Palestina, Mahmoud Abbas’. Questo l’annuncio domenica
sul sito del governo. Peccato che Abbas sia ‘il presidente
dell’Autorità palestinese’. Differenza non da poco, visto che anche
quando è accolto all’Eliseo, oltre alla Casa Bianca, Abbas è presentato
con quel titolo”.
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l'intesa italiana sull'agricoltura con israele "Impariamo da chi è più bravo" Settanta
anni di storia e innovazione. E un rapporto che su queste solide basi
guarda sempre più al futuro, anche nel segno di un protocollo d’intesa
per favorire la crescita delle imprese agricole di entrambi i paesi
siglato stamane dall’ambasciatore israeliano Ofer Sachs e dal
presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti alla presenza del
ministro Gian Marco Centinaio. Un duplice compleanno quello che si è
celebrato oggi nel nome della ricerca scientifica e dell’innovazione
tecnologica. I 70 anni dello Stato ebraico e i 70 anni
dell’organizzazione degli imprenditori agricoli italiani.
“Oggi Israele è considerata a livello mondiale uno dei principali hub
per ricerca e innovazione tecnologica. Parte di questo successo è
merito delle pinorestiche tecniche introdotte nell’agricoltura” ha
sottolineato l’ambasciatore israeliano Ofer Sachs nel suo intervento.
“I sistemi produttivi di Italia e Israele sono altamente complementari
e continuano a prospettare nuove sinergie per gli operatori del
settore. La firma di protocolli d’intesa – ha proseguito il
diplomatico, che ha oggi illustrato le peculiarità dell’impegno
israeliano nel settore, in particolare in relazione alle politiche di
gestione e sfruttamento dell’acqua – rappresenta un importante
strumento di collaborazione per incrimentare le già ottime relazioni
tra i nostri paesi”.
“Nella mia vita – ha affermato il ministro Centinaio – ho sempre fatto
questo ragionamento. Guardare gli altri, cercare di imparare dai più
bravi riconoscendone i meriti, è un buon metodo per migliorarsi.
Israele, in questo campo, ha raggiunto un livello molto più avanzato
del nostro. Portandone qui le eccellenze non sminuisco quel che già si
fa in Italia. Al contrario aiuto il paese a crescere in un settore che
ha sempre più da dire”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente Giansanti: “Oggi
cambiamento significa innovazione, precision farming, digitalizzazione.
Ma anche per internazionalizzazione, per apprendere nuove tecniche di
coltivazione e per promuovere il made in Italy nel mondo, incentivando
partenariati e collaborazioni con operatori di altri Paese, come
Israele”. Un Paese che, ha riconosciuto Giansanti, ha fatto delle sfide
vinte in questo settore un marchio d’eccellenza.
(L'ambasciatore
israeliano Ofer Sachs, il ministro Gian Marco Centinaio, il presidente
di Confagricoltura Massimiliano Giansanti)
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fu la svizzera a respingerla in fuga Liliana Segre, le scuse del Ticino Una storica visita, una nuova prova di coraggio e un cerchio che si chiude per Liliana Segre.
Di ragazzi ne incontra a migliaia ogni anno per raccontare la sua
storia e le sue ferite, ma anche per condividere un messaggio di
impegno rivolto necessariamente al futuro. Mai però l’aveva fatto a
Lugano, in Canton Ticino, in Svizzera. Il paese che la respinse in modo
atroce, lei e suo padre in fuga dal mostro nazifascista. L’inizio
dell’abisso, con la di poco successiva cattura e la deportazione ad
Auschwitz-Birkenau. Un numero tatuato sul braccio che oggi ha portato
al Senato a difendere i diritti di tutti.
“Ho tanti amici qui. Sarebbe ingiusto generalizzare, ma certo non posso
dire di non provare rancore verso l’uomo che quel giorno ci rimandò in
Italia. Mi buttai a terra come una disperata, abbracciai le sue gambe
implorandolo di non mandarci via. Lui ci fece riaccompagnare dalle
guardie con la baionetta puntata alle spalle. Ricordo che
sghignazzavano” ha detto la senatrice a vita nell’aula magna
dell’Università della Svizzera italiana nel corso dell’affollato
incontro organizzato ieri dalla Goren Monti Ferrari Foundation. Ad
ascoltarla, tra tanti giovani, e insieme tra gli altri al presidente
onorario del Memoriale della Shoah milanese Ferruccio De Bortoli, il
consigliere di Stato del Canton Ticino Manuele Bertoli.
“È stata vittima – ha detto Bertoli – di leggi sbagliate, quelle
italiane, ma anche quelle del nostro paese. Qui, ha chiesto asilo ma la
Svizzera non lo ha concesso. Lo ha fatto in altri casi, ma non nel suo.
Anche se non ne ho l’autorità, il compito spetterebbe alle autorità
nazionali, le chiedo scuso sia a titolo personale che come esponente
del Governo cantonale, sperando che errori del genere non si ripetano”.
Parole che hanno dato ulteriore significato a una giornata che resterà
a lungo nella memoria. "Chiediamo scusa oggi per gli errori di ieri
perché se vogliamo che non si replichino domani le vecchie ferite vanno
rimarginate, non ignorate. Per non aggiungere all'indifferenza di ieri
quella di oggi. Chi ha sofferto ha bisogno di vedere riconosciute le
colpe di chi l'ha fatto soffrire. Non per vendetta, non per vittimismo.
Per giustizia, per quel principio - ha scritto oggi Carlo Silini sul
Corriere del Ticino - che cerca di riequilibrare il torto con la
ragione".
(Nell’immagine il Consigliere Bertoli con Liliana Segre)
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George H. W. Bush
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Quando
comandava George H. W. Bush, lo contestavamo (io ero ancora un po’
piccolino, ma così, per dire). Poi è arrivato suo figlio George W.
Bush, e nel contestarlo cominciammo un po’ a rimpiangere suo padre
George H. Poi è stato eletto Donald J. Trump, e a quel punto abbiamo
iniziato a rimpiangere il figlio George W. e ancor di più a glorificare
il padre George H. W. Ora io mi chiedo: in che momento abbiamo preso a
sbagliare, l’altro ieri, ieri o oggi?
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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La rimozione del passato
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Simon
Levis Sullam, nella suo importante opera I carnefici italiani, Scene
dal genocidio degli ebrei, 1943 – 1945, Milano, 2016, ebbe a formulare,
giustamente, un’osservazione critica sulla legge istitutiva della
Giornata della memoria (p. 118). Trattasi della legge 20 luglio 2000,
n. 211, recante “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo
dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati
militari e politici italiani nei campi nazisti”, la quale prevede che
“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data
dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al
fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi
razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani
che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché’
coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al
progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato
altre vite e protetto i perseguitati”, senza troppo spendersi sui
persecutori.
Emanuele Calò, giurista
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Il Premio Interfedi
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I
quotidiani dei giorni scorsi riportavano con un certo risalto la
notizia che “Wildlife” di Paul Dano (regista, attore e sceneggiatore)
ha vinto il premio per il miglior film del 36° Torino Film Festival.
Decisamente meno nota è l’esistenza, all’interno della rassegna
torinese, del “Premio Interfedi”, riconoscimento assegnato a un’opera
che si distingua per l’attenzione portata alla cultura della tolleranza
e del rispetto, alla condizione di disagio e ingiustizia, alle
minoranze di vario genere, alla laicità. Quando, sei anni fa, il
Consiglio allora in carica della Comunità ebraica di Torino decise
insieme al Concistoro Valdese e al Comitato Interfedi del Comune di
dare vita a un inedito premio cinematografico nell’ambito
dell’importante concorso locale, l’iniziativa rappresentava una
scommessa e una sfida.
David Sorani
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