Jonathan Sacks, rabbino
| La sinagoga è l'attestazione suprema di un'idea: il Signore è dappertutto e può essere raggiunto ovunque.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Domani sera alle 21 al Memoriale della Shoah di Milano si parlerà di “Politically correct: una specie a rischio”.
Uno si chiede: perché? Che c’entra? Poi fa mente locale nella storia
italiana e si ricorda che la prima mossa per distruggere gli avversari
era indicarli con un dispregiativo, oppure storpiare il loro nome. Il
fine era renderli ridicoli, ovvero non trattare il bersaglio della
propria critica come “pari di grado”. Per cui, per esempio, il Partito
socialista italiano diventa il “Pus” (partito socialista ufficiale), il
Primo Ministro Francesco Saverio Nitti diventa “Cagoia”.
E chi era in prima linea a divertirsi con nomignoli e prese in giro? Ma Benito Mussolini ovviamente!
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Orrore a Gerusalemme
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Un
paese stretto nel dolore e vicino ai familiari di Ori Ansbacher, la
19enne israeliana uccisa e orrendamente mutilata da un 29enne
palestinese affiliato ad Hamas. Una notizia che, salvo rare eccezioni,
non trova molto spazio sui media. “L’uomo – spiega la Stampa – è stato
arrestato nei pressi della città cisgiordana di Ramallah, dove si
nascondeva nella zona residenziale della moschea Abdel-Nasser, durante
un’operazione congiunta dell’unità speciale Yamam e dello Shin Bet, il
servizio di sicurezza interna”. Il portavoce della polizia, si legge
ancora, “ha ammesso che si tratta di uno dei crimini ‘più orrendi’ mai
commessi”.
L’attenzione dell’Espresso è invece rivolta alle elezioni di aprile,
con alcuni approfondimenti. Al centro la figura del Primo ministro
Benjamin Netanyahu, di cui viene proposto un quadro a tinte fosche. “II
suo nazionalismo estremo – si legge – lo ha portato ad avvicinarsi ai
sovranisti di destra occidentali”. Il premier viene descritto come
“ossessionato dalla Shoah” e convinto “che solo lo Stato etnico salverà
gli ebrei”. Più benevole il ritratto che viene fatto del generale Benny
Gantz, suo principale sfidante.
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l'uccisione della 19enne israeliana Ori, vittima dell'odio palestinese
Un
paese stretto nel dolore e vicino ai familiari di Ori Ansbacher, la
19enne israeliana uccisa e orrendamente mutilata da un 29enne
palestinese, Arafat Irfaya, membro di una famiglia simpatizzante del
gruppo terroristico Hamas, che a poche ore dall’arresto ha confessato
l’assassinio.
Figlia di un rabbino, mortalmente colpita in un bosco vicino a
Gerusalemme, Ori viveva nell’insediamento di Tekoa non lontano da
Hebron. Durante lo straziante ultimo saluto, i suoi cari hanno
ricostruito la voglia di vivere, la passione, i sogni di una ragazza
che tutta Israele, in queste ore, sente un po’ come una figlia.
“Non ci faremo scoraggiare e non cesseremo la nostra lotta senza
compromessi contro il terrorismo. Cercheremo i responsabili e i loro
complici fin quando li troveremo e li puniremo nel modo più estensivo
previsto dalla legge” aveva sottolineato il Presidente israeliano
Reuven Rivlin appena appresa la notizia del ritrovamento del corpo. Il
presidente ha inviato a nome di tutto il Paese le proprie condoglianze
alla famiglia di Ori, definita una ragazza “dal cuore grande e
generoso”. Sulla stessa lunghezza d’onda il Premier Benjamin Netanyahu,
che pure ha fatto pervenire un suo messaggio di vicinanza in occasione
della cerimonia funebre.
In attesa che le dinamiche dell'assassinio e delle violenze vengano
definitivamente chiarite, da segnalare la presa di posizione della
ministra della Giustizia Ayelet Shaked che ha invocato la pena di morte
per questo crimine. Per l’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman,
tale punizione “è necessaria per i terroristi”. Leggi
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qui livorno - il lutto
David Novelli (1955-2019)
Nel
solco di una tradizione di famiglia, continuando lungo la via tracciata
dal padre, il Parnas Guido (a lungo una delle anime del Tempio e della
Comunità ebraica di Livorno), accanto alla vita privata e
professionale, David Novelli ha svolto un’intensa e ininterrotta
attività al servizio delle istituzioni ebraiche e nell’associazionismo,
occupandosi anche di sociale. Nemmeno i momenti difficili della vita
hanno scalfito un’opera pluridecennale svoltasi, solo per citare alcuni
esempi, nell’amministrazione della Comunità ebraica labronica e in
tante associazioni, quali l’Amicizia Ebraico Cristiana, il Bene Berith,
Italia-Israele, Federazione Sionistica e Coro Ventura.
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Ricordare bene, ricordare tutto
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Il
problema non è solo cosa si intenda ricordare in ambito pubblico ma,
soprattutto, il modo in cui lo si fa. Alla selettività della memoria
pubblica (quest’ultima espressione è quasi un ossimoro, a ben pensarci)
si accompagna il ricorso – ovvero gli usi – della medesima in una
funzione compensativa o surrogatoria. Soprattutto rispetto all’azione
politica nel presente. Si tratta di un argomento di riflessione comune
al campo degli studi storici, come anche alla pubblicistica di vaglia,
quest’ultima tale quando non intenda inseguire il clamore e lo scalpore
dell’occasionalità, privilegiando semmai la riflessione di lungo
periodo. Lo sguardo rivolto al passato, ai giorni nostri, infatti,
sembra sempre più spesso essere rivolto a compensare la sgradevole
impressione di un’assenza di futuro. Una sorta di maniacale rimando ai
trascorsi; per soprammercato, con l’impressione, che in certi casi si
fa certezza, di una forte propensione a lottizzare politicamente le
memorie dei drammi e delle tragedie trascorse. Che scindere memoria da
partigianeria dei sentimenti sia una impresa spesso difficile, poiché
nella prima si sommano (del tutto legittimamente) anche rancori
repressi, conflitti irrisolti, richieste di riconoscimento disattese o
postcipate, non è meno vero.
Claudio Vercelli
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