AMOS
OZ: IL SEGNO DI UNO SCRITTORE
“Ora siamo noi i custodi delle sue parole”
Uno
dei momenti più emozionanti della letteratura israeliana è senza dubbio
il passo in cui Amos Oz – Klausner ricorda la sera in cui si attendeva
il destino della possibile nascita dello Stato ebraico. Era il novembre
1947 e Amos era ancora un bambino. Nel quartiere Kerem Avraham di
Gerusalemme, come anche a Tel Aviv e a Haifa erano tutti incollati alla
radio, che trasmetteva da Lake Success i risultati della votazione
delle Nazioni Unite in merito alla costituzione dello Stato di Israele.
Amos, un ragazzino con il nome impegnativo di un profeta, si sveglia,
si appoggia al davanzale della finestra e guarda la strada, in cui i
vicini, gli amici e i genitori seguono in trepidante attesa la voce
gracchiante che arriva d’oltreoceano. “Trentatré a favore. Tredici
contro. Uno stato assente dall’assemblea. Dieci astenuti. La proposta
era accolta. Dopo due o tre secondi di sbigottimento...Gerusalemme
scoppiò in un primo urlo tremendo... un grido di cataclisma”, leggiamo
in Una storia d’amore e di tenebra. Lo Yishuv che attendeva con
nervosismo il ritiro delle forze inglesi dalla Palestina Mandataria fu
travolto dalla gioia e dalle danze, in una strana “situazione di
euforia mescolata all’incertezza”, come scrive Tom Segev nella sua
biografia di David Ben Gurion dal titolo Uno stato ad ogni costo
(Keter, 2018).
Sarah Kaminski, Università di Torino
Pagine Ebraiche, febbraio 2019
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AMOS
OZ: IL SEGNO DI UNO SCRITTORE
Un racconto per immagini
Nella
memoria restano le immagini di Gerusalemme al crocevia
dell’Indipendenza. Le sue vie povere e buie, la sua umanità tormentata
e sempre di fretta, le piogge torrenziali dove i sogni della madre
Fania finiscono per naufragare. Al cinema il mondo di Amos Oz, il
grande scrittore israeliano appena mancato, resterà legato a Sognare è
vivere, diretto e interpretato dall’israelo-americana Natalie Portman,
che nel 2015 ha trasposto sullo schermo Storia d’amore e di tenebra, la
monumentale autobiografia di Oz. Focalizzato sugli anni fra il 1945 e
il 1947, il film narra la nascita di uno scrittore sullo sfondo della
nascita dello Stato d’Israele. In una magnifica ricostruzione d’epoca,
che alterna al girato preziosi footage storici, entriamo nel cuore del
legame tragico e tenerissimo fra Amos e la madre Fania, interpretata
dalla stessa Portman. Parole e immagini parlano lingue diverse. E
tradotto in film, ogni libro si asciuga della densità che sulla pagina
lo fa respirare. In questo caso l’operazione è stata ancora più
rischiosa perché Storia d’amore e d’ombra, il libro forse più famoso di
Amos Oz, è un lavoro monumentale (627 pp., nell’edizione Feltrinelli,
per la magistrale traduzione di Elena Loewenthal). Un memoir
sfaccettato e rapsodico, che impasta cronache famigliari, Storia,
favole, politica, letteratura e spezzoni di conversazione in un
linguaggio unico. Forse era aveva già avuto le sue trasposizioni al
cinema. Il suo primo grande successo, Michael mio (1968), era diventato
un film dello stesso titolo nel 1974. Diretto da Dan Wolman, il lavoro
racconta la storia di una giovane coppia di Gerusalemme che s’innamora,
ha un figlio e finisce per allontanarsi. Mentre il marito Michael
combatte nella Guerra dei sei giorni, Hannah scivola in un mondo di
fantasticherie animato da due gemelli arabi amici d’infanzia.
Daniela Gross, Pagine Ebraiche, febbraio 2019
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biografie
Toscanini,
una vita in musica
Harvey Sachs / TOSCANINI, LA COSCIENZA DELLA MUSICA
/
Il Saggiatore
Maestro e alfiere della musica, direttore intransigente e guida
visionaria capace di ammaliare le platee di tutto il mondo: Arturo
Toscanini, il più influente direttore d’orchestra del XX secolo, ha
incarnato con la propria vita e la propria carriera il genio
incandescente del panorama musicale globale. Dal Teatro alla Scala di
Milano al Metropolitan di New York, ha diretto le prime mondiali di
opere come Pagliacci, La bohème e Turandot, e prime italiane di Wagner,
Čajkovskij e Debussy, e ha collaborato con voci indimenticabili, da
Enrico Caruso a Renata Tebaldi. Sempre guidato dalla convinzione che la
musica non fosse qualcosa di “immobile”, ma che esigesse una visione
forte, assoluta, in grado di permeare ogni piega del proprio tempo, per
farsi di quest’ultimo non un riflesso ma uno strumento di resistenza e
avanguardia.Toscanini di Harvey Sachs, edito da Il Saggiatore, è la
biografia definitiva del direttore d’orchestra e una lente che mette a
fuoco per la prima volta i lati più intimi della sua vita. Ne affiora
una generosità sconfinata, un amore critico ma puro per l’umanità, un
temperamento esplosivo e illuminato dal coraggio. Sempre disposto ad
aiutare gli amici e chiunque avesse bisogno anche a costo di rinunce
personali, Toscanini fu in prima linea contro il fascismo e l’incalzare
dei sentimenti nazionalisti, come quando nel 1931 venne picchiato
perché si rifiutò di eseguire a Bologna l’inno fascista Giovinezza
oppure quando volle inaugurare, viaggiando a proprie spese,
un’orchestra di musicisti ebrei fuggiti in Palestina a metà degli anni
trenta.
mdp
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narrativa
Nei
panni (rubati)
degli altri
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narrativa
Due
sopravvissuti ai lager
e la caccia al loro aguzzino
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Cinzia Leone / TI RUBO
LA VITA / Mondadori
L’esordio di questo romanzo di Cinzia Leone è tremendo, mozzafiato,
sembra una rocambolesca scena cinematografica: agguato notturno,
bastonature a morte, gambe spezzate, timpani fracassati, un'intera
famiglia massacrata senza pietà, il padre — già scampato a un pogrom a
Odessa —, la madre, la figlia che piange disperata prima di essere
uccisa a colpi di spranga. E peggio di un pogrom in cui si spara nel
mucchio, quello che annienta una famiglia di ebrei nella Giaffa
del1936. È un'esecuzione mirata che mette fine alla vita di Avrahàm
Azoulay, per di più condotta con una ferocia smisurata. Si sentono i
tonfi, le urla, i lamenti, gli ultimi gemiti prima di spirare. Si
percepisce il terrore.
Pierluigi Battista,
Corriere della Sera,
8 febbraio 2019
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Giaime Alonge /
IL SENTIMENTO
DEL FERRO / Fandango
Gli anni del secondo conflitto mondiale, il nazismo, la Shoah, la lunga
catena di conseguenze politiche e geopolitiche che quegli avvenimenti
hanno comportato, la richiesta di una nuova giustizia, le vendette
consumate o, al contrario, lo slancio per un mondo migliore, sono
materia ampiamente trattata dalla letteratura e dal cinema. Difficile
immaginare un'ennesima variazione narrativa in un terreno così
elaborato da scrittori e registi. Giaime Alonge (Torino, 1968) in
questo suo ll sentimento del ferro (Fandango) dimostra che lo spazio
c'è. La struttura del suo racconto è a metà tra la spy-story e il
romanzo storico. Della prima ha l'andamento avventuroso, i colpi di
scena, i rischi corsi dai protagonisti.
Corrado Augias,
Il Venerdì,
8 febbraio 2019
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