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Ephraim Mirvis, rabbino capo di Gran Bretagna
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L’unità
deve essere una priorità assoluta delle comunità ebraiche in tutto il
mondo. È inaccettabile avere spaccature all’interno, mentre ci sono
così tante minacce dall’esterno.
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Giorgio Berruto
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Il
fanatico? Un punto esclamativo ambulante. Sono parole di Amos Oz, un
maestro vero. Ma esiste una cura per guarire il fanatico? Si tratta di
trasformare i punti esclamativi in punti interrogativi, una terapia
difficile che Oz ha condotto innanzitutto su se stesso. Il suo libro
più bello e più importante, Una storia di amore e di tenebra, è pieno
di punti esclamativi e di punti interrogativi. Ma la cosa più
importante è che nella maggior parte dei casi questi segni così diversi
sono espressioni della stessa persona: il bambino di cui lo scrittore
mappa le inquietudini, le aspirazioni, i sogni; il bambino che nasce
nella memoria dello scrittore e diventa sippur, racconto di vita.
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I 100 anni di Primo Levi
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Al
via oggi le celebrazioni del Centenario della nascita di Primo Levi. Ad
aprire il calendario delle iniziative, l’evento di oggi pomeriggio a
Fossoli – campo di transito da cui lo scrittore venne deportato ad
Auschwitz 75 anni fa – organizzato dal Centro internazionale di Studi
Primo Levi di Torino e la Fondazione Fossoli: Fabrizio Gifuni leggerà
alcuni brani tratti da Se questo è un uomo e I sommersi e i salvati
(Corriere). E per celebrare il centenario, La Stampa dedicata due
pagine a Levi e pubblica una sua lettera inedita del ’45, prima
testimonianza della deportazione. “Com’è d’uso, i migliori sono
scomparsi, e a cose finite la scena è stata invasa dall’ambizione e
dalla dubbia fede. – scrive Levi – Le superstiti coscienze integre sono
deluse: il fascismo ha dimostrato di avere radici profonde, cambia nome
e stile e metodi ma non è morto, e soprattutto sussiste acuta la rovina
materiale e morale in cui esso ha indotto il popolo”. “C’è già in quel
testo la voglia, l’urgenza, il dovere del racconto”, spiega sul
quotidiano torinese Ernesto Ferrero. Parlando dell’iniziativa a Fossoli
e del clima antisemita in Francia, Michele Serra nella sua Amaca
(Repubblica) scrive “Fare memoria, in questa Europa, non è più solo un
dovere. È una pulsione vitale: per non morire di confusione. La
confusione, dolosa, tra i liberi e i sopraffattori”.
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jciak La sfida di Nadav Lapid
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notizia della settimana è la vittoria di Nadav Lapid alla Berlinale. Il
regista passerà alla storia come il primo israeliano a conquistare
l’Orso d’oro con il film Synonimes, storia brillante e rabbiosa di
Yoav, israeliano espatriato a Parigi. Prima di lui, a salire su quel
podio, era riuscito solo Joseph Cedar, vincitore nel 2007 per il suo
magnifico terzo film, Beaufort. La seconda e più recente notizia è che,
mentre tutti attendevano uno scontro epico fra Lapid e la ministra
della Cultura Miri Regev, non nuova alle sparate contro registi a suo
dire colpevoli di infangare il nome di Israele (fra i bersagli, si
segnala Shmuel Maoz con Foxtrot), lo scontro per ora non c’è stato.
Daniela Gross Leggi
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Setirot
- Denunciare l'odio
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Ogni
denuncia dell’antisemitismo – sia essa pubblica (meglio) o privata,
gridata o ragionata, di pancia o storicamente motivata – è sacrosanta,
doverosa. Ieri come oggi, anzi, forse oggi ancor più di ieri. Dai gilet
gialli al sostanziale silenzio del M5S sul loro “senatore” Elio
Lannutti rilanciatore dei Protocolli dei savi Anziani di Sion, dalla
stretta vicinanza tra il razzismo dilagante di matrice salviniana con
gli slogan di Forza Nuova e Casa Pound, passando per le schifose parole
di Vittorio Feltri e l’aggressione subita da Alain Finkielkraut – e
chiedo scusa per avere messo i due nomi uno a fianco dell’altro.
Stefano Jesurum, giornalista
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Piccoli cittadini
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Mi
è recentemente capitato di partecipare ad un incontro in biblioteca con
due classi quarte di una scuola primaria, in una zona multietnica di
periferia. Come spesso mi trovo a pensare, l’apprendimento non
nozionistico ma attivo passa attraverso figure di riferimento portanti,
insegnanti che vogliono e sanno veicolare messaggi di analisi e di
partecipazione.
Così, ci sono bambini di nove anni che ti spiegano il termine
‘resilienza’ – ci sono arrivati da soli, aggiunge la maestra di fronte
allo stupore dei convenuti, partendo dall’osservazione delle piante in
ambienti sfavorevoli.
Sara Valentina Di Palma
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Gilet gialli
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Sull’aggressione
a Alain Finkelkraut da parte dei “gilet gialli” è già stato detto molto
ma può essere utile qualche altra riflessione. Intanto, sulle
caratteristiche degli insulti che sono stati rivolti a Finkelkraut.
Secondo quanto riportato dai media (prendiamo ad esempio il “Corriere
della Sera” di domenica 17 febbraio) non gli è stato urlato soltanto
“Sporco ebreo”, ma a questa ingiuria, diciamo così, tradizionale, si è
aggiunta quella, più “moderna”, “Sporco sionista”. Gli aggressori non
si sono limitati a gridare “La Francia è nostra” ma hanno aggiunto
“Torna a Tel Aviv”. Si sono così saldati nell’immaginario dei “gilet
gialli” l’antisemitismo storico – quello di Edouard Drumont,
dell’Action Française, della Francia di Vichy, l’antisemitismo cioè
della destra nazionalista – e quello (relativamente) nuovo,
l’antisionismo, che ha una coloritura politica più variegata ma un
segno prevalentemente di sinistra.
Valentino Baldacci
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