TRA I FINALISTI, LO SCRITTORE TRIESTINO INTERVISTATO DA PAGINE EBRAICHE
Dal "Cuore" di Covacich ai "Fantasmi" di Terranova,
i libri in corsa per il Premio Strega 2019
Annunciati
da poche ore, sono ora pubblici i nomi dei dodici candidati al Premio
Strega 2019, selezionati tra i cinquantasette proposti dagli Amici
della domenica. Tra di essi spicca Di chi è questo cuore,
l’ultimo libro di Mauro Covacich, autore triestino protagonista della
grande intervista pubblicata sul numero di marzo di Pagine Ebraiche,
attualmente in distribuzione, firmata dal direttore Guido Vitale.
Partendo da Di chi è questo cuore, con le sue pagine “tutte dedicate
alle questioni di cuore e alle questioni del cuore, dalla cardiologia
all’urgenza di amare e di dichiarare i nostri sentimenti”, il dialogo
si sofferma su quanto sia stata importante per Covacich la lettura del
Diario di Anne Frank ascoltate per la prima volta da una maestra che a
Trieste è ricordata da molti per le sue letture, ad alta voce, in
classe. “Abitavamo allora nella periferia triestina, nel rione di
Valmaura, non lontano dalla Risiera di San Sabba, che fu l’unico campo
di sterminio operante in Italia. Conoscevo il luogo e mi aggiravo
spesso lì intorno per portare all’aperto il cagnolino che avevamo
allora. Ma solo ascoltando quelle pagine ho cominciato a capire, a
pormi delle domande”. E più avanti, un’altra lettura importante che
risuona nel suo ultimo romanzo, quella di Etty Hillesum: “Anche lì un
passaggio necessario, inevitabile, per comprendere che come la
scrittura può certo costituire una testimonianza lancinante, ma in quel
picco dove si spinge oltre ogni limite immaginabile e si fa pienamente
umana, dove apre il suo cuore al mondo, lì sta il suo massimo valore
letterario. C’è una voce che mi parla di cui riferisco in questo ultimo
mio libro. E mi dice che non basta dire la verità. La verità assume
tutto il suo valore quando comporta un costo, quando porta con sé
l’inevitabile messa a nudo di sentimenti inconfessabili e di paure che
non vorremmo ammettere. Anne Frank e Etty Hillesum sono per me la più
limpida dimostrazione di questo fatto”.
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PAGINE EBRAICHE DI MARZO - L'INTERVISTA A MAURO COVACICH
“Il cuore è l’altro dentro di noi”
Terza
media. Prima di cominciare a leggere ad alta voce, la professoressa
abbassava le tende, accoglieva la penombra, lasciava che gli sguardi
riposassero, che i pensieri prendessero il volo. Poi erano pagine vive,
stampate dal libro alla mente, impossibili da cancellare. Qualcuno a
Trieste la ricorda per l’aiuto che quel momento di lettura ha offerto a
chi voleva diventare un cittadino migliore, qualcuno decise allora che
da grande avrebbe fatto lo scrittore.
Mauro Covacich, per esempio: come molti suoi concittadini che si sono
fatti valere ha deciso di navigare nel mare grande, oggi vive
stabilmente a Roma. Arrivato al successo, alla sua città ha dedicato
di recente un omaggio indimenticabile (La città interiore, La Nave di
Teseo editore) e oggi è già in libreria Di chi è questo cuore, il suo
ultimo libro. Proprio su quelle pagine, tutte dedicate alle questioni
di cuore e alle questioni del cuore, dalla cardiologia all’urgenza di
amare e di dichiarare i nostri sentimenti, la sua maestra è tornata con
la sua calda voce e lo scrittore le rivolge un pensiero struggente.
Che cosa si leggeva, in quella classe?
Letteratura di vario genere, brani scelti con cura, apparentemente
difficili, anche da Dante, Canetti, London, ma sempre resi alla nostra
portata. Parole che non posso dimenticare.
Eppure è su
una lettura particolare, apparentemente la più scontata, in un’aula
scolastica, che in Di chi è questo cuore ci si sofferma.
Sì, ho voluto porre innanzi a tutto il resto le pagine del Diario di
Anne Frank ascoltate allora per la prima volta. Abitavamo allora nella
periferia triestina, nel rione di Valmaura, non lontano dalla Risiera
di San Sabba, che fu l’unico campo di sterminio operante in Italia.
Conoscevo il luogo e mi aggiravo spesso lì intorno per portare
all’aperto il cagnolino che avevamo allora. Ma solo ascoltando quelle
pagine ho cominciato a capire, a pormi delle domande.
Vedere, constatare non bastava?
No, non basta vedere. Bisogna capire.
Che tipo di lettura, che tipo di letteratura è quella del Diario, vista oggi con gli occhi di uno scrittore affermato? Si tratta solo di educazione civica, di raccontare ai giovanissimi quello che è stato?
Da allora ho riletto e riascoltato più e più volte il Diario.
Ovviamente la forza della testimonianza è immensa. Ma enorme, forse
ancora più grande, è il valore letterario. Chi ha assassinato quella
ragazzina non ha compiuto solo un mostruoso delitto. Non ha solo spento
un grande cuore. Ha anche privato l’umanità di una promessa. La
promessa di una scrittrice senza pari.
Guido Vitale, Pagine Ebraiche Marzo 2019
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LE DUE VITTIME DELL'ATTENTATO TERRORISTICO PALESTINESE IN CISGIORDANIA
Achiad e Gal, l'ultimo saluto d'Israele
Un
migliaio di persone hanno partecipato nelle scorse ore al funerale del
rabbino Achiad Ettinger, ucciso ieri in un attentato terroristico
palestinese in Cisgiordania in cui ha perso la vita anche il giovane
Gal Keidan, soldato di 19 anni. “Nel tuo eroismo sei diventato un
emissario per l’intera nazione di Israele. Tutti impareranno dalle tue
azioni, sia civili che militari”, il ricordo del rabbino Avraham
Schiller, che ha richiamato l’ultimo gesto di Ettinger: i suo
famigliari hanno raccontato che, nonostante le gravi ferite, Ettinger
ha girato la sua auto e ha sparato quattro proiettili in direzione
dell’aggressore, riuscito a fuggire grazie a un veicolo abbandonato da
un autista in fuga. “Siamo scioccati dal dolore. Ci aspettiamo che
Israele affronti duramente gli assassini”, le parole di un amico della
vittima a ynet. “Una famiglia con 12 figli che ora deve seppellire il
padre… è una cosa difficile da affrontare”.
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QUI ROMA - LA CERIMONIA A VILLA DORA PAMPHILI
“Giusti, un esempio di libertà e giustizia”
“Vogliamo ricordare chi ha lottato
contro ogni forma di ingiustizia e sopraffazione, a tutela dei diritti
fondamentali. Ci ritroveremo qui ogni anno per continuare a fare del
Giardino dei Giusti di Roma un luogo di memoria, per riflettere insieme
sui valori di libertà, democrazia e salvaguardia dei beni comuni“ È la
promessa della sindaca Virginia Raggi, oggi intervenuta alla cerimonia
di dedicazione di cinque nuovi alberi nello spazio verde inaugurato lo
scorso anno a Villa Dora Pamphili. Cinque nuovi alberi nel giardino che
cresce e che in occasione delle celebrazioni per la Giornata europea
dei Giusti si apre alla trasmissione di storie e memorie che scaldano
il cuore. Da chi come Bronislaw Geremek fu tra le anime di Solidarnosc
e dedicò ogni sua energia alla lotta contro i totalitarismi a chi come
Antonio Megalizzi, il giovane giornalista italiano ucciso lo scorso
dicembre in un attentato islamico a Strasburgo, sognava un rilancio del
sogno europeo (oggi, a ricordarlo, le commoventi parole della mamma e
della sorella). E ancora Ursula Hirschmann, che fu protagonista della
scrittura del Manifesto di Ventotene; Alexander Langer, costruttore di
ponti di pace; Karen Jeppe, salvifica figura di sostegno alla
popolazione armena.
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ERETZ
Dvora e una carta per dare la vita
Adi (Ehud) Ben Dror era
un giovane di Petah Tikva, sano e pieno di vita. A 26 anni si ammalò
improvvisamente: aveva un problema ai reni che si deteriorò
velocemente fino a diventare un’insufficienza renale terminale. Per due
lunghi anni fu curato con la dialisi, in attesa di una telefonata che
annunciava che finalmente era stato trovato un rene idoneo al
trapianto. Il tempo in questo caso fu fondamentale: il rene fu trovato
e il trapianto eseguito ma il corpo di Adi era debole, una
complicazione lo portò via dopo due mesi. Suo malgrado, Adi si era
reso conto di quanto fosse complicato il sistema delle donazioni in
Israele. Parlando con i genitori, Dvora e Shmuel Ben Dror, e con gli
amici, espresse l’idea di far firmare una dichiarazione sulla loro
disponibilità a donare i propri organi dopo la morte. Con la sua
scomparsa, quest’idea divenne una dichiarazione d’impegno per i suoi
genitori e nell’ottobre del 1978 fu creata l’Associazione Adi, che
rappresentò un punto di svolta per la consapevolezza della donazione
di organi in Israele. Il pubblico iniziò a firmare la carta dei
donatori Adi, grazie all’inesauribile dei genitori del giovane, Shmuel
e Dvora. In gennaio Dvora, all’età di 93 anni, è morta e qualche
articolo in ebraico l’ha ricordata.
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Rassegna stampa
Italia, i numeri degli sbarchi
Crollo
di sbarchi in Italia: meno 94% negli ultimi tre mesi, secondo i dati
presentati dal Viminale e commentati ieri con soddisfazione dal
ministro Matteo Salvini.
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Diploma di Studi ebraici
Musica ebraica,
il corso UCEI
Da un lato il rapporto dialettico con l’insieme delle fonti scritte
tradizionali, dall’altro quello con le culture musicali delle
maggioranze non ebraiche delle società in cui gli ebrei hanno vissuto
per secoli.
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L'incontro negli Usa
Lotta all’odio,
il summit ADL
Anche
l’Italia ebraica chiamata a partecipare con un suo delegato al
programma “First Responders”, organizzato da European Jewish Congress e
Anti Defamation League con l’obiettivo di offrire a studenti ebrei e
giovani professionisti un’opportunità unica per imparare dagli esperti
della ADL come contrastare l’antisemitismo, il fanatismo e il
pregiudizio anti-israeliano, ed acquisire consapevolezza circa la
ricchezza e la vitalità dell’ebraismo statunitense. La collaborazione
del Congresso ebraico europeo consentirà a cinque studenti e giovani
professionisti europei di prendere parte al programma.
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LO STUDIOSO DI STORIA EBRAICA ITALIANA
Shlomo Simonsohn (1923-2019)
Il
mondo accademico israeliano e la comunità degli studiosi di storia
degli ebrei in Italia hanno perduto lo scorso giovedì uno dei loro
massimi esponenti, il professor Shlomo Simonsohn dellʼUniversità di Tel
Aviv. Nato nel 1923 a Breslavia, che ancora si chiamava Breslau e
faceva parte della Germania, si trasferì con la famiglia in Eretz
Israel nel 1933, laureandosi poi in storia allʼUniversità Ebraica di
Gerusalemme. Già dal suo dottorato, concluso a Londra nel 1952, si
avvicinò alla ricerca nel campo della storia degli ebrei in Italia,
scrivendo una tesi su Leone Modena. La sua carriera accademica si compì
interamente allʼUniversità di Tel Aviv, nella quale cominciò ad
insegnare storia ebraica nel 1955, proprio allʼavvio dellʼateneo .
TIROCINANTE NELLA REDAZIONE UCEI
Mazal tov, Anna!
È
arrivato il grande momento anche per Anna Pagetti, che per la laurea
triennale ha scelto di analizzare il linguaggio colloquiale presente in
un testo della giornalista spagnola Luz Sánchez-Mellado intitolato
“Estereotipas”. Un lavoro complesso che la studentessa della Scuola
Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università
di Trieste – che negli scorsi mesi ha collaborato con la redazione
giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nell’ambito
del tirocinio formativo obbligatorio previsto dal suo piano di studi –
ha affrontato grazie a una preparazione davvero ammirevole, che ha reso
il suo lavoro prezioso per tutta la redazione.
QUI CASALE MONFERRATO
Storia di un crumiro rotto
“Quando
Mauro ci ha proposto una presentazione dal titolo ‘Krumiri Rut’ abbiamo
pensato: beh i krumiri li conosciamo, Ruth è una figura biblica. Lo
mettiamo in calendario a marzo, magari attorno alla festa della donna”.
Elio Carmi, vicepresidente della Comunità ebraica di Casale Monferrato,
scherza un po’ con Mauro Bonelli e gli altri ospiti presentando
l’appuntamento di ieri in Comunità. In realtà “Krumiri Rut” è la
traduzione in dialetto piemontese di Krumiri rotti ovvero la poesia che
dà il titolo a una ampia raccolta di versi di Bonelli, in parte in
dialetto e in parte in italiano .
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La lezione dei maestri
La
Torah, l’insegnamento divino, la Halakhah, la legge, include l’etica,
la morale. L’obbligo morale è implicito nel termine mitzvah. L’ebraismo
riconosce una sola Torah, insegnamento, anche etico, che ha origine in
D-o e si applica nelle mitzvot, i comandamenti che la Torah trasmette.
Questa è da’at Torah, “conoscenza della Torah”, che mostra a un ebreo
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come distinguere tra loro il
bene e il male, e ancor più, come trasformare il male in bene in base
alla volontà del Creatore.
Paolo Sciunnach, insegnante
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Con chi schierarsi
Certo che ci vuole un bel coraggio a
sostenere che il terrorismo da “attenzionare” è quello islamico in un
comunicato di sia pur blanda condanna degli attentati suprematisti alle
moschee della Nuova Zelanda!
Passi per Salvini, di enormità simili ne dice sovente, anche se questa
sembra superarle in disumanità. Ma temo che questa sia un’enormità
molto condivisa anche nel mondo ebraico. In un libro di una sociologa
americana di un paio di decenni fa si raccontava come negli anni
Venti-Trenta del XX secolo, negli Stati Uniti, gli ebrei sono diventati
“bianchi”.
Anna Foa, storica
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Oltremare – Purim
Noi
ebrei italiani siamo abituati a musiche sinagogali magari un po’
impegnative per l’ascoltatore, ma di certo molto belle, piene di
melodia e di doppie voci, e magari diamo per scontato che in tutto il
mondo gli ebrei cantino con scale da cantanti d’opera e cori (una volta
di più, oggi veramente quasi scomparsi) allenatissimi e affiatatissimi.
Ecco, no, non è così. In Israele per sentire buona chazanut, musiche
sinagogali appunto, si va a concerti, di solito prima delle Feste
Ebraiche autunnali. Per il resto, ogni minyan o tempio ha una sua
tradizione, più o meno canterina, ma niente al confronto di certe ugole
italiche di cui ho memoria chiarissima e come si capisce qui, un filo
nostalgica.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Controvento - Il Giallo Pitti
Giallo
come ricerca indiziaria del colpevole, ma anche come contrassegno
discriminatorio degli ebrei. Così, con due parole, si può riassumere la
genesi dell’interessante libro Nessuno sa di lui – Carlo Pitti, il vero
artefice del ghetto ebraico di Firenze recentemente uscito per i tipi
di Le lettere. L’autrice, Ippolita Morgese, è una archivista
fiorentina, che ha partecipato all’ideazione e allo sviluppo del Medici
Archive Project – l’archivio on-line della storia fiorentina. Proprio
trascrivendo per questo progetto due “filze” che riguardavano le
pratiche per l’apertura di banchi dei pegni da parte di prestatori
ebrei invitati a Firenze da Cosimo I nel 1557, e, dieci anni dopo, nel
1567, i processi istruiti contro quegli stessi ebrei per cacciarli,
Morgese si imbatte nel nome di Carlo Pitti, la cui firma appare su
tutti gli atti. Chi era Carlo Pitti? E che cosa era successo in quei
dieci anni, a giustificare il voltafaccia di Cosimo?
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