Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui         1 luglio 2019 - 28 Sivan 5779
L'INTELLIGENCE ISRAELIANA SULLA MINACCIA IRANIANA E LE PROSPETTIVE REGIONALI 

 Il capo del Mossad: “In Medio Oriente
c’è un’opportunità unica di pace”

Il capo del Mossad Yossi Cohen (nell'immagine) ha confermato in queste ore che è stato l’Iran a colpire le petroliere nel Golfo Persico e ad attaccare l’ambasciata del Bahrain a Baghdad. Intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza di Herzliya, Cohen ha affermato che “sulla base delle migliori fonti di spionaggio sia israeliano che occidentale, dietro questi attacchi c’è l’Iran. Sono stati approvati dalla leadership iraniana e realizzati, in gran parte, dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche e dai suoi delegati”. “Pur essendo diversi tipi di obiettivi e in luoghi diversi, fanno parte della stessa campagna guidata dalla stessa figura”, ha detto Cohen, accusando il regime di Teheran di cercare di appiccare un incendio in Medio Oriente. Sul presunto attacco israeliano nelle scorse ore in Siria – che avrebbe preso di mira obiettivi iraniani e in cui secondo i media locali sarebbero morte 16 persone – il capo del Mossad non si è espresso ma ha spiegato che Israele non è interessata ad aprire un conflitto. “Non possiamo accettare però che la Siria diventi un palcoscenico per le forze iraniane o le forze usate (dall’Iran) contro di noi. Non possiamo accettare che la Siria diventi una base logistica per il trasferimento di armi a Hezbollah e in Libano. Israele ha agito negli ultimi quattro anni, apertamente e segretamente, per bloccare il radicamento e le linee di produzione di missili di precisione”. “A prima vista, non c’è motivo per cui un paese che si trova a 2.000 chilometri di distanza si trovi in uno stato di conflitto con noi. Purtroppo, la situazione attuale è il risultato di processi profondi di radicalizzazione, che sono fondamentalmente una pericolosa combinazione di religione e nazionalismo”. 
L'APPELLO PER LA RACCOLTA DI FILM DI FAMIGLIA  

"Mi Ricordo", pellicole di vita ebraica

Nove minuti che raccontano la spensieratezza e la quotidianità di vite che anni dopo saranno sconvolte dalle leggi razziste e dalla Shoah. Nelle immagini che scorrono in bianco e nero, il matrimonio di Silvio Della Seta e Iole Campagnano, una gita sulla spiaggia di Anzio e una nelle montagne della Valtellina. Una preziosa testimonianza di vita ebraica, catturata nel 1923 da Salvatore Di Segni, dietro cui si dipanano biografie personali e la storia dell'Italia dell'epoca. Undici in tutto le bobine dei filmati 35 mm. girati da Di Segni, ritrovate dal giornalista Claudio Della Seta, fatte restaurare e oggi custodite dal Centro di Documentazione Ebraica di Milano. Quante altre pellicole di questo tipo sono ancora in mano alle famiglie e aspettano di essere restaurate? Se lo è chiesto il Cdec che ha lanciato una campagna nazionale di raccolta, digitalizzazione e catalogazione dei filmati conservati dalle famiglie ebraiche in Italia ma ampliando il ragione d'azione e temporale: “è difficilissimo trovare pellicole preziose come quelle filmate da Di Segni o della famiglia Ovazza (girate tra il 1930 e il 1936) – spiega il direttore del Cdec Gadi Luzzatto Voghera – e per questo il nostro appello fa riferimento anche a pellicole del dopoguerra, il cui valore magari viene sottovalutato da chi le ha ma che possono rappresentare, in una società di immagini, una fotografia importante per raccontare la storia dell'ebraismo italiano”. Il progetto, spiega Luzzatto Voghera, è partito su impulso dell'Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, che aveva portato avanti un'iniziativa simile sulle famiglie operaie dell'azienda Olivetti: un lavoro di ricerca decisamente peculiare visto che Adriano Olivetti regalò a tutti i suoi operai una cinepresa. “La dice lunga sulla lungimiranza di personaggi come Olivetti – sottolinea il direttore del Cdec – Il materiale filmato dagli operai è stato prezioso per raccontare il territorio. E un lavoro simile è stato fatto anche con i valdesi. Quando è stato proposto a noi, abbiamo subito colto l'occasione e avremo al nostro fianco il Mibac e importanti istituzioni ebraiche”. A condividere l'impegno con Cdec e l'Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, saranno infatti anche il Meis di Ferrara, il Memoriale della Shoah di Milano, la Fondazione Museo della Shoah di Roma, la Comunità ebraica di Torino e il Museo Nazionale del Cinema di Torino.
IL FESTIVAL DEI CORI EBRAICI EUROPEI

A Ferrara, l'ebraismo raccontato in note

Più di 200 coristi riuniti sul palco del Teatro comunale di Ferrara "Claudio Abbado" che intonano l'Hatikvah di fronte ad un pubblico commosso: questo il gran finale della 7° edizione del Festival dei Cori Ebraici Europei. A dare il saluto della città, l’assessore alla Cultura Marco Gulinelli che ha sottolineato l’importanza dell’universalità della musica “che si sposa con un’altra parola: la libertà”. “Una iniziativa - ha ricordato il presidente del coro romano Ha-Kol Richard Di Castro - resa possibile grazie al contributo dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, del Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah, Comune di Ferrara, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Ferrara Musica, della Comunità ebraica di Ferrara, l'Associazione Daniela Di Castro e l'Associazione Circolo Negozianti Palazzo Roverella”. L'emozione alla fine della iniziativa è condivisa dal direttore del Meis Simonetta Della Seta, orgogliosa di aver contribuito a portare la musica ebraica al Meis e a Ferrara dopo un lavoro di due anni. “Se il compositore Salomone Rossi fosse qui oggi - ha concluso il presidente del EUAJC Anthony Cohen - sarebbe fiero di noi”.
La rassegna culturale è stata anche l'occasione per un incontro tra la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e il nuovo Consiglio della Comunità ebraica ferrarese, guidato dal presidente Fortunato Arbib. Assieme a rav Luciano Caro, rabbino capo della città, al vicepresidente UCEI Giulio Disegni e al Consiglio sono state analizzate le sfide per la piccola comunità.


Rassegna stampa

Ue, vertici da scegliere
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 SEGNALIBRO 

Palermo e gli Ahrens,
romanzo di famiglia

A Palermo, il nome degli Ahrens, così come il nome dei Florio, evoca il ricordo di una stagione magnifica della sua storia: la Bella Epoque della Palermo felicissima dei primi anni del Novecento.
Se n’è parlato alla presentazione del volume La luce è là (Mondadori, 2019), romanzo d’esordio di Agata Bazzi, nella cornice di Villa Ahrens, a Palermo, oggi sede della Direzione Investigativa Antimafia.
Agata Bazzi è una discendente della famiglia Ahrens ed un’urbanista palermitana molto impegnata sul territorio e amante della sua città: questa storia è stata ispirata dal ritrovamento del diario di Albert Ahrens e dai racconti ascoltati da suoi familiari e parenti.
L’opera si presenta come un’avvincente saga di una famiglia ebraica tedesca, il cui capostipite, Albert Ahrens, giovane di umili origini e di intelligenza vivace, si trasferisce nel 1875 dalla Germania a Palermo, inserendosi con successo dapprima nell’ambito del commercio dei tessuti e poi nella produzione sia di vini che di mobili in stile Biedermeier.  

Adriana Castellucci

Rabbini di tutta l'Italia, unitevi
Il numero di Luglio di Pagine Ebraiche esce con un testo di rav Alberto Moshe Somekh che anticipiamo di seguito per i nostri lettori.

Il recente intervento di rav Pinhas Punturello, direttore degli studi ebraici alla Scuola della Comunità di Madrid, richiede qualche attenzione e riflessione. Tre mi sembrano i punti qualificanti della sua critica al Rabbinato italiano.
Kashrut senza Hekhsher. Rav Punturello lamenta una presunta decisa preferenza dei Rabbini italiani per la kashrut commerciale a scapito dell’attenzione che dovrebbero piuttosto recare alle reali necessità alimentari del pubblico ebraico italiano. Per anni mi sono dedicato a questo secondo settore. Mi sono fatto ricevere a mie spese in vari stabilimenti sollecitando i controlli nell’intento di garantire prodotti base facilmente reperibili in tutta Italia. Ultimamente questo genere di contatti è entrato in crisi: non per indisponibilità del Rabbinato, ma delle ditte stesse. Non essendo interessate alla certificazione ufficiale, ci vogliono probabilmente far capire che non sono neppure disposte a sobbarcarsi il lavoro di verifica da parte nostra senza un tornaconto. Dovremmo a questo punto accontentarci della sola lista degli ingredienti sulle confezioni, rinunciando a controllare linee di produzione e recipienti? No. Se così ci limitassimo a fare finiremmo per incoraggiare il kosherstyle anziché una vera kashrut, degna del suo nome.
rav Alberto Moshe Somekh
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Pacifica disobbedienza
“Non obbediremo a leggi ingiuste e neppure ci sottometteremo a pratiche ingiuste. Lo faremo pacificamente e apertamente perché ciò che vogliamo è persuadere”. Martin Luther King Jr., 1964, discorso alla ricezione del Premio Nobel.
Anna Foa, storica
Oltremare - Timone
Quando si vive in un paese che è stato fondato da immigranti illegali, contrastati attivamente e metodicamente da uno degli eserciti più potenti dell’epoca, e che ha avuto un primo ministro donna in anni in cui le donne in politica in tutta Europa si contavano sulle dita di una mano, non è proprio possibile capacitarsi del dibattito che è esploso in Italia in questi giorni.
E lo so, un dibattito si sviluppa, al massimo si dipana, ma a guardarlo da qui ha tutta l’aria di essere esploso. Sono saltati in aria punti di riferimento etici e di civile convivenza, soprattutto per quanto concerne quello che si può e quello che non si può scrivere, ma nemmeno dire e ancor meno pensare, di una donna. Una donna che in questo caso tiene il timone di una nave, e già solo per questo infrange una lista infinita di pregiudizi e frasi fatte.
Daniela Fubini
Autismo, nuove scoperte
Un recentissimo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Cell collega l’insorgere dei disturbi autistici a cambiamenti nella flora batterica dell’intestino.
È noto che nell’intestino ci sono 50 milioni di neuroni (un numero pari a quelli presenti nel midollo spinale), e che questi neuroni sono strettamente collegati ai loro “fratelli” nobili, tant’è vero che l’intestino è stato ribattezzato “il secondo cervello” –e questo spiega perché, quando siamo in ansia, stressati o abbiamo paura, subito le condizioni psicologiche si ripercuotono sul nostro sistema digestivo.
I neuroni del cervello e quelli dell’intestino parlano un linguaggio simile: si segnalano per esempio la necessità di bere e di mangiare, fondamentali alla sopravvivenza, o viceversa la tristezza che fa passare la fame.
Viviana Kasam
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